Maresciallo dell'esercito, imputato del delitto di ingiuria ad inferiore continuata (artt. 81 cod. pen. e 196, secondo comma, cod. pen. mil . pace)
Penale Sent. Sez. 1 Num. 51865 Anno 2018
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CENTOFANTI FRANCESCO
Data Udienza: 02/10/2018
SENTENZA
sul ricorso proposto da
T.C.o, nato a V. il .......
avverso la sentenza del 20/12/2017 della Corte militare di appello
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Francesco Centofanti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Procuratore generale militare Maurizio
Block, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito, in difesa dell'imputato, l'avvocato Paolo Viezzi, che ha chiesto l'accoglimento
del ricorso;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Con la sentenza in epigrafe la Corte militare di appello dichiarava
inammissibile, per difetto d'interesse, il gravame proposto da C.T. -
maresciallo dell'esercito, imputato del delitto di ingiuria ad inferiore continuata
(artt. 81 cod. pen. e 196, secondo comma, cod. pen. mil
. pace) - avverso la
decisione del Tribunale militare di Verona, che, riqualificati i fatti come ingiuria
continuata, ex art. 226 cod. pen. mil
. pace, aveva dichiarato non doversi procedere
per difetto di richiesta del Comandante del corpo.
La stessa Corte contestualmente respingeva le impugnazioni proposte dal
pubblico ministero e dalla parte civile, L.I., condividendo le
argomentazioni sulla cui base il primo giudice aveva ritenuto accertate le condotte,
come sopra diversamente qualificate.
2.
L'imputato ricorre per cassazione, tramite il difensore fiducia, formulando
quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce l'inosservanza degli artt. 568, comma 4, 591,
lett. a), 652 e 653 cod. proc. pen.
La Corte di merito erroneamente avrebbe concluso per il difetto d'interesse
dell'imputato ad appellare, trascurando che la parte civile I. aveva reso in
primo grado una testimonianza calunniosa, in relazione alla quale la difesa
T. aveva chiesto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica.
Occorrerebbe inoltre considerare che, per i fatti in rubrica, l'imputato era stato
sottoposto a procedimento disciplinare nonché, rispetto ad uno di essi, a
procedimento penale ordinario.
Sul piano squisitamente giuridico il ricorrente osserva che l'interesse
all'impugnazione può consistere anche solo nella sua idoneità ad incidere
sull'efficacia extra-penale della sentenza, previa modifica della formula di
proscioglimento in senso più favorevole, nonché in generale ad incidere sull'esito
di procedimenti a vario titolo collegati alle vicende di causa, come pure ad evitare
il giudizio sfavorevole dell'opinione pubblica e della coscienza sociale.
2.2. Con il secondo motivo deduce la nullità della sentenza di primo grado,
emessa in relazione a fatti non contestati, e l'inosservanza degli artt. 521 e 522
cod. proc. pen.
L'imputazione originaria muoveva dal presupposto che i fatti fossero stati
commessi «per cause non estranee al servizio ed alla disciplina militare e durante
il servizio». Se tali circostanze si fossero rivelate insussistenti, come in effetti
avvenuto, il giudice avrebbe dovuto assolvere «perché il fatto non sussiste», e non
già dichiarare l'assenza di una condizione di procedibilità in relazione a fatto
diverso e mai contestato.
2.3. Con il terzo motivo deduce l'inosservanza dell'art. 192 cod. proc. pen.
Il motivo replica le censure di erronea valutazione delle risultanze istruttorie,
specie sul punto dell'attendibilità delle deposizioni I. e F. , già proposte
nell'atto di appello.
Si lamenta che la Corte di merito, senza una compiuta valutazione e con
ragionamenti contraddittori, abbia dato per accaduti fatti smentiti dal processo.
2.4. Con il quarto motivo deduce la nullità della sentenza di primo grado, e
degli atti consecutivi, derivante dalla genericità del capo d'imputazione.
La relativa eccezione, mossa sin dall'udienza preliminare e sempre
ingiustamente disattesa, riguardava sia il profilo temporale sia quello
dell'individuazione esatta delle condotte contestate.
3.
Il ricorso è inammissibile.
4.
La giurisprudenza di legittimità ha infatti ripetutamente affermato che
l'imputato non ha interesse ad impugnare una sentenza di improcedibilità per
mancanza di una condizione dell'azione penale; ciò anche se l'esistenza del relativo
limite, posto dall'ordinamento all'esercizio del potere giurisdizionale, venga
riconosciuta a seguito di una diversa qualificazione giuridica del fatto contestato,
trattandosi di causa originaria a tale esercizio ostativa, benché successivamente
dichiarata (Sez. 6, n. 1068 del 22/12/2015, dep. 2016, Marullo, Rv. 266538; Sez.
2, n. 2630 del 15/06/1982, dep. 1983, Smanti, Rv. 158076).
Tale difetto d'interesse già sussisteva rispetto all'appello, e la Corte di merito
lo ha inappuntabilmente rilevato, e sussiste
a fortiori in questa sede.
Le considerazioni spese nel primo motivo non inducono a diversa conclusione.
La sentenza d'improcedibilità costituisce pronuncia meramente processuale non
avente alcuna incidenza extra-penale, che possa recare ad alcuna delle parti
vantaggio o pregiudizio (Sez. U, n. 35599 del 21/06/2012, Di Marco, Rv. 253242).
I vantaggi dall'imputato avuti di mira con l'impugnazione sono di mero fatto e non
concretano alcun interesse giuridicamente apprezzabile.
I motivi ulteriori restano pertanto preclusi.
4. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell'art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e -
per i profili di colpa correlati all'irritualità dell'impugnazione (Corte cost., sentenza
n. 186 del 2000) - di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura
che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 02/10/2018
20-11-2018 14:15
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