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Sentenza

Sottoufficiale in servizio presso il nucleo radiomobile, responsabile al momento...
Sottoufficiale in servizio presso il nucleo radiomobile, responsabile al momento dei fatti del N.R.M., imputato di minaccia.-
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 03-05-2018) 06-06-2018, n. 25526
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente -
Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere -
Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere -
Dott. SCALIA Laura - rel. Consigliere -
Dott. D'ARCANGELO Fabrizio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
F.A., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/07/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa SCALIA LAURA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa PICARDI ANTONIETTA, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore l'avv. Stranieri Susanna, sostituto processuale dell'avv. Barbarossa Maria N., chiede il rigetto del ricorso e deposita nota spese e conclusioni alle quali si riporta;
l'avv. Cristina Terribile, sostituto processuale dell'avv. Pacifico Raffaele, si riporta ai motivi di ricorso.

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Forlì con sentenza del 17 ottobre 2013 ha dichiarato l'imputato, F.A. (responsabile dei reati di cui all'art. 336 c.p., ed all'art. 594 c.p., commessi nei confronti di L.G., diversamente qualificato in ingiuria il fatto in rubrica ascritto ex art. 341 bis c.p., (ed applicata la continuazione lo ha condannato alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili.
Il tribunale ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell'imputato quanto alle persone offese Fe.An. e C.G. in relazione al reato di cui all'art. 594 c.p., perchè l'azione penale non doveva essere iniziata per difetto di querela.
2. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 14 luglio 2017, in parziale riforma di quella resa dal tribunale, per quanto di interesse in questa sede, su ricorso dell'imputato e della parte civile, ha riqualificato la condotta ascritta a F., sottoufficiale in servizio presso il nucleo radiomobile, in danno della costituita parte civile, L.G., responsabile al momento dei fatti del N.R.M., nei termini i cui all'art. 612 c.p., comma 1 e art. 341 bis c.p., rideterminando la pena inflitta in quella di seicento Euro di multa; nel resto ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti di F. per essere stato egli, per i medesimi fatti e nei confronti delle altre persone offese, già giudicato con sentenza del Tribunale militare  di Verona, irrevocabile il 19 febbraio 2014 ed ha quantificato il danno riconosciuto alla costituita parte civile in mille Euro.
3. Per la vicenda contestata in rubrica, su denuncia dei reati di lesioni e minacce subite dalla moglie di un colonnello dell'esercito, personale del nucleo radiomobile operava il sequestro di un'arma in dotazione del  militare, M.N..
Sull'indicata premessa maturava la condotta ascritta all'imputato di minaccia, diretta ad influire sull'attività svolta dai colleghi e segnatamente sulla redazione di nota informativa relativa alla svolta attività di P.G., e di oltraggio (artt. 336 e 341 bis c.p.), dopo che F., in precedenza, si era speso presso i primi sostenendo le ragioni del colonnello, da lui conosciuto, e la riconducibilità di quanto occorso tra i coniugi ad una banale lite familiare.
4. Ricorre in cassazione avverso l'indicata sentenza il difensore di fiducia dell'imputato con sei motivi di annullamento.
4.1. La Corte di appello incorrendo in violazione di legge avrebbe erroneamente qualificato come querela l'atto di impulso della persona offesa, il maresciallo L., dovendo alla stessa invece attribuirsi la natura di mera denuncia, in difetto dei requisiti di cui all'art. 337 c.p.p., comma 2 e art. 333 c.p.p..
La denuncia, da valere come tale, non sarebbe stata ratificata da un ufficiale di P.G. ed inoltre sarebbe stata intempestivamente proposta (art. 124 c.p.).
4.2. La condotta qualificata quale minaccia non sarebbe stata, a sua volta, idonea a porre in pericolo il bene giuridico protetto e si sarebbe prospettata rispetto alla stessa la configurabilità di un reato impossibile (art. 49 c.p.).
La frase pronunciata all'indirizzo dei colleghi avrebbe avuto contenuti diversi da quelli contestati e l'imputato, con la stessa, avrebbe solo esternato il proprio punto di vista su come era stata gestita la vicenda e la brutta figura che il reparto avrebbe fatto dinanzi alla magistratura in ragione dell'operazione di polizia.
Il fatto contestato avrebbe dovuto ricondursi ad una discussione in caserma tra militari che si trovavano da tanti anni in servizio e tanto sarebbe stato avvalorato dalla reciprocità delle frasi pronunciate tra imputato ed offeso.
4.3. La Corte bolognese nel riqualificare il reato di cui all'art. 336 c.p., in minaccia, ai sensi dell'art. 612 c.p., comma 1, non avrebbe tenuto conto della competenza per materia del giudice di pace di Forlì ed avrebbe quindi mancato nel trasmettere gli atti alla Procura di Forlì per l'esercizio dell'azione penale dinanzi al giudice di pace.
Sarebbe stato leso il diritto di difesa in ordine alle facoltà previste dal D.Lgs. n. 274 del 2000, artt. 34 e 35, potendo l'imputato, dinanzi al diverso e competente giudice, accedere al beneficio della estinzione del reato per condotta riparatoria o a quello dell'esclusione della procedibilità per particolare tenuità del fatto.
4.4. Sarebbe inoltre rimasto inosservato l'art. 131 bis c.p., non avendo la Corte provveduto ad applicare il relativo istituto pur nella sussistenza dei suoi elementi e tanto in ragione dei lunghi anni di onorato servizio prestato dall'imputato.
4.5. La ritenuta qualificazione del fatto ascritto ai danni della parte civile, L.G., su ricorso della stessa, quale oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis c.p.), avrebbe violato il precetto penale.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che le frasi pronunciate in caserma avrebbero avuto quale teatro di svolgimento un luogo aperto al pubblico là dove gli uffici dovevano ritenersi area strettamente privata.
4.6. La pena irrogata sarebbe stata eccessiva, attesi i motivi di valore sociale che avrebbero sostenuto la condotta contestata ovverosia quelli di tutelare le ragioni di un collega nonchè l'incensuratezza, il prolungato servizio ed il comportamento processuale dell'imputato, evidenze, tutte, che avrebbero altresì comportato l'applicazione delle attenuanti generiche nella loro massima estensione.
5. In data 18 aprile 2018 la difesa dell'imputato ha depositato memoria contenente "Motivi nuovi", ai sensi e nei termini di cui all'art. 584 c.p.p., comma 4, con cui insiste: nella mancata autenticazione della sottoscrizione; nella tardività dell'atto - la querela riporta la data del 9 ottobre 2010 e risulta depositata nella procura della Repubblica presso il tribunale di Forlì solo in data 11 novembre 2011 e nella natura di mera annotazione di servizio redatta dalle persone offese, della prima. 

Motivi della decisione

1. Nell'ordine delle questioni introdotte dal proposto ricorso deve in via preliminare aversi riguardo a quella, contenuta nel primo motivo, su natura e tempestività dell'atto di querela ritenuto dalla Corte di appello, al fine di scrutinarsi la procedibilità dell'azione penale.
2. Si rinviene nel fascicolo del dibattimento una dichiarazione, in copia, di querela i cui contenuti sono stati correttamente apprezzati nell'impugnata sentenza in termini di univoca espressione della volontà del suo sottoscrittore di perseguire l'autore del reato.
2.1. Ciò posto, però, l'indicato atto, di contro a quanto rilevato nell'impugnata sentenza, risulta privo della sigla dell'ufficiale di P.G., formalità che, nei termini di cui all'art. 337 c.p.p., comma 4, valga a sostenere la presentazione della querela negli uffici della procura della Repubblica presso il Tribunale di Forlì.
Ed infatti una piana lettura dei contenuti del foglio spillato alla querela rivela dello stesso la diversa natura di atto di nomina del difensore di fiducia della parte civile, L.G., con sottoscrizione di quest'ultima ed autentica dell'avvocato, nonchè la presenza di un timbro a secco contenente la dicitura "Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forlì" che riporta la data del 11 novembre 2011.
2.2. Il principio affermato da questa Corte e per il quale deve ritenersi ritualmente proposta la querela presentata presso gli uffici della Procura della Repubblica e ricevuta da persona ivi addetta che si sia limitata, dopo aver registrato l'atto, ad apporvi la propria sigla senza altre precisazioni, nella presunzione che l'atto sia stato ricevuto da funzionario competente in difetto di prova contraria (Sez. 6, n. 12349 del 24/01/2007, Vitale, Rv. 235942), è invero destinato a valere là dove sia stata rispettata la sequenza indicata che dia conto della presentazione dell'atto di impulso privato presso gli uffici della procura della Repubblica, per univoca riconducibilità all'indicato incombente della dichiarazione apposta in calce al primo, nei termini di cui all'art. 337 c.p.p., comma 4.
La presunzione di ricezione dell'atto è infatti chiamata ad operare negli stretti limiti di determinazione della competenza del funzionario ricevente.
2.3. Sull'indicata premessa di principio e per le indicate eccentricità dell'atto non emendabili all'esito di ricerche condotte sugli atti trasmessi in sede di legittimità è necessario annullare la sentenza impugnata perchè la Corte di appello di Bologna verifichi, anche accedendo al fascicolo del P.M. procedente, la presenza di un tempestivo atto di querela rispettoso delle formalità di cui all'art. 337 c.p.p., comma 4.
3. La questione sulla procedibilità, rimasta pertanto aperta, non esime questa Corte dal dare valutazione, nei termini che seguono, agli ulteriori motivi di ricorso per definire i confini della cognizione propria del giudice del rinvio.
Poichè la Corte di appello di Bologna è chiamata a verificare il punto della procedibilità dell'azione limitatamente al reato di minaccia, restano assorbiti, e rimessi a nuova valutazione del giudice del rinvio all'esito del positivo scrutinio sulla procedibilità, tutti i motivi diretti a contestare competenza e sussistenza dell'indicata fattispecie di reato e del correlato trattamento sanzionatorio (motivi secondo, terzo, quarto, limitatamente all'indicato titolo di reato, e sesto).
4. Rimane alla cognizione di questa Corte il quarto motivo sull'applicabilità dell'art. 131 bis c.p., limitatamente al reato di oltraggio a pubblico ufficiale, ed il motivo quinto sulla qualificazione della condotta ascritta nei termini di cui all'art. 341 bis c.p..
5. Il quarto motivo sulla mancata applicazione dell'art. 131 bis c.p., definisce una questione nuova non dedotta nè con i motivi di appello nè nelle conclusioni rassegnate nel relativo giudizio ed è come tale inammissibile.
6. Il quinto motivo reitera questione che ha trovato nell'impugnata sentenza una ineccepibile soluzione per l'operata parziale riqualificazione, ai soli fini civili e su appello della parte civile, della condotta dell'imputato come fattispecie di oltraggio ex art. 341 bis c.p..
Ai fini della configurabilità del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale di cui all'art. 341 bis c.p., la caserma dei carabinieri va considerata luogo aperto al pubblico in quanto ufficio pubblico accessibile, nel rispetto di prefissate condizioni, ad una categoria di persone, in cui rientrano gli utenti, che possono avvalersi delle competenze dell'ufficio anche al di fuori degli orari di ufficio in casi di emergenza, e gli stessi appartenenti all'Arma nonchè il personale di servizio.
L'indicato estremo dell'apertura al pubblico non può pertanto neppure essere escluso dalla circostanza che la condotta oltraggiosa sia stata posta in essere dall'imputato in locali prevalentemente adibiti ad attività amministrativa interna.
7. In via conclusiva la sentenza impugnata va annullata limitatamente al reato di minaccia perchè la Corte di appello ne rivaluti la procedibilità.
In caso di esito negativo del controllo, con la rideterminazione della pena per il reato di cui all'art. 341 bis c.p., andrà corrispondentemente rivista la quantificazione del danno.
Sulla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile anche per questa fase del giudizio provvederà il giudice del rinvio. 

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di minaccia e rinvia alla Corte di appello di Bologna, altra sezione, per nuovo giudizio sul capo. Rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, il 3 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2018
Avv. Antonino Sugamele

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