Appuntato addetto a stazione capoluogo, induceva una donna, con la quale intratteneva una relazione sentimentale, a prestargli un'ingente somma di danaro, rendendosi successivamente irreperibile e, dopo aver appreso che la stessa aveva denunciato l'insolvenza, la querelava, negando ogni addebito.
T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., (ud. 26/02/2019) 21-03-2019, n. 597
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3579 del 2014, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Rallo, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR Lombardia in Milano, via Corridoni, n. 39;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio ex lege in Milano, via Freguglia, n.1;
Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri - 1 Reparto Sm, Ufficio personale Brigadieri Appuntati e Carabinieri, Legione Carabinieri "Lombardia" non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
della determinazione del Comando generale dell'Arma dei Carabinieri, n. 237896/D-2-48 del 16 settembre 2014, di irrogazione della sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione a partire dall'8 giugno 2010 (data della messa in congedo del ricorrente per motivi di salute);
di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso, compresi tutti gli atti istruttori e la nota n. 188/6 di prot. con cui è stato comunicato l'avvio del procedimento disciplinare.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2019 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo
Il ricorrente, appuntato scelto dell'Arma dei Carabinieri, cessato dal servizio permanente per infermità e collocato in congedo assoluto a decorrere dall'8 giugno 2010, con l'atto introduttivo del giudizio ha impugnato il provvedimento con cui, nel 2014, è stata irrogata la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.
Il procedimento disciplinare scaturisce dal procedimento penale nel quale il ricorrente era stato imputato per i reati di truffa aggravata e calunnia (R.G.N.R. 4716/2004 presso il Tribunale di Varese). Tale procedimento veniva definito con la sentenza della Corte d'Appello di Milano, Sez. III, n. 4024/2013, emessa in data 6 giugno 2013, depositata il 4 luglio 2013 e divenuta irrevocabile il 31 ottobre 2013, con la quale il giudice d'appello, in riforma del giudizio di primo grado (conclusosi con una pronuncia di condanna), dichiarava di non doversi procedere nei confronti del ricorrente per intervenuta prescrizione dei reati addebitati.
A seguito di tale pronuncia veniva disposta inchiesta formale il 19 febbraio 2014 da parte del Comandante della Legione Carabinieri "Lombardia" nei confronti del militare, cui, con atto prot. n. (...) del 13 marzo 2014, veniva contestato il seguente addebito: "Appuntato addetto a stazione capoluogo, induceva una donna, con la quale intratteneva una relazione sentimentale, a prestargli un'ingente somma di danaro, rendendosi successivamente irreperibile e, dopo aver appreso che la stessa aveva denunciato l'insolvenza, la querelava, negando ogni addebito.
Fatti verificatasi in Induno Olona (VA) nel periodo Maggio 2003-Marzo 2004 ed in Varese il 18 Novembre 2004.
Il Tribunale di Varese, con sentenza del 7 Gennaio 2008, lo condannava alla pena - estinta per intervenuto indulto - di mesi nove di reclusione ed Euro 500 di multa in ordine al reato di truffa aggravata, anni due di reclusione in ordine al reato di calunnia, nonché alla refusione del danno arrecato alla parte civile. La Corte d'Appello di Milano, con sentenza del 6 giugno 2003, divenuta irrevocabile il successivo 31 Ottobre, dichiarava non doversi procedere nei confronti del graduato, nel frattempo cessato dal servizio attivo, per intervenuta prescrizione dei reati ascrittigli, confermando le statuizioni civili. Tale comportamento, censurabile sotto l'aspetto disciplinare, risulta lesivo del prestigio dell'istituzione e contrario ai principi di moralità e rettitudine che devono improntate l'agire di un militare, anche in congedo, in violazione del giuramento prestato, in violazione degli articoli 712, 713 e 732 del D.P.R. 15 Marzo 2010 N. 90".
L'interessato presentava memoria.
Con determinazione del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, n. 237896/D-2-48 del 16 settembre 2014, veniva irrogata la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione a partire dall'8 giugno 2010, data della messa in congedo del ricorrente per motivi di salute.
Avverso tale provvedimento l'interessato proponeva il ricorso indicato in epigrafe.
Si costituiva il Ministero della Difesa, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.
All'udienza pubblica del 26 febbraio 2019 la causa veniva chiamata e trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
Il ricorso proposto è affidato ai motivi di gravame di seguito sintetizzati:
1) violazione di legge in relazione all'art. 1392, comma 3 del D.Lgs. n. 66 del 2010: l'Amministrazione non avrebbe concluso il procedimento disciplinare entro il termine previsto dalla disposizione;
2) violazione di legge in relazione all'art. 9 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737: sarebbe stato violato il termine di avvio del procedimento disciplinare, come previsto dalla norma richiamata;
3) violazione di legge in relazione all'art. 1371 del D.Lgs. n. 66 del 2010: il ricorrente sarebbe stato sanzionato due volte per gli stessi fatti. Invero in data 30 gennaio 2004 con Provv. n. 6666 del 3424 di prot. gli sarebbe stata irrogata la sanzione disciplinare di corpo di giorni 7 di consegna per i medesimi fatti;
4) eccesso di potere: travisamento dei fatti e difetto istruttorio, sproporzionalità della sanzione e parzialità del procedimento disciplinare: posto che la sentenza ha dichiarato estinto il giudizio per prescrizione, l'Amministrazione avrebbe dovuto svolgere un'autonoma istruttoria; il ricorrente al momento del fatto, non avrebbe svolto attività di servizio, non si sarebbe trovato in luogo militare o destinato al servizio, non avrebbe indossato l'uniforme e non si sarebbe qualificato come militare in relazione a compiti di servizio e, nemmeno, avrebbe violato i valori descritti (segretezza, riserbo, doveri attinenti al grado) al comma 3 dell'art. 1350. Non si sarebbe considerato che il ricorrente è in stato di congedo dal 2010. La sanzione sarebbe sproporzionata.
Per ragione di economia espositiva il Collegio ritiene di dover esaminare in via prioritaria il terzo motivo di gravame, da ritenersi assorbente, con il quale il ricorrente fa valere un profilo di illegittimità sostanziale, deducendo di essere stato sanzionato disciplinarmente due volte per lo stesso fatto, dapprima con il provvedimento del 30 gennaio 2014, con la sanzione della consegna, e nel a distanza di 10 anni, nel 2014, con il provvedimento gravato.
Ad avviso del Tribunale il motivo è fondato.
In punto di fatto va precisato che la vicenda che ha dato origine al procedimento disciplinare oggetto del presente giudizio - per come accertata nella sentenza del Tribunale di Varese del 28 gennaio 2008 e secondo la contestazione di cui alla nota del 13 marzo 2014 - è la seguente: il ricorrente ha indotto una donna, con la quale intratteneva una relazione sentimentale, a prestargli un'ingente somma di danaro, rendendosi successivamente irreperibile e, dopo aver appreso che la stessa aveva denunciato l'insolvenza, l'ha querelata, negando ogni addebito.
Nel provvedimento disciplinare impugnato in questa sede l'Amministrazione ha rilevato che "l'interessato ha assunto un comportamento gravemente lesivo dell'immagine dell'Istituzione, tale da rendere incompatibile la sua ulteriore permanenza nell'Arma, sia pure nella posizione del congedo".
Con Provv. n. 6666 del 3424 del 30 gennaio 2004 - in relazione al medesimo contesto fattuale - è stata irrogata al ricorrente la sanzione di corpo di 7 giorni di consegna con la seguente motivazione: "Graduato addetto a Capoluogo recava grave nocumento all'Istituzione poiché contraeva ingenti debiti mai onorati nei confronti di persona di sesso femminile di comprovata rettitudine dalla quale veniva formalmente denunciato alla competente A.G.".
In relazione al motivo di gravame appena esposto l'Avvocatura ha replicato che, pur riguardando la stessa vicenda, si tratterebbe di fatti diversi: nel 2004 sarebbe stato punito il fatto di non aver onorato il debito contratto nei confronti della donna; nel 2014 sarebbe invece stato contestato al ricorrente di aver indotto la donna, con la quale intratteneva una relazione sentimentale, a versargli un'ingente somma di denaro, rendendosi successivamente irreperibile e, dopo essere venuto a conoscenza che ella lo aveva denunciato, di averla a sua volta querelata negando ogni addebito.
Le argomentazioni dell'Avvocatura non possono essere condivise.
La vicenda da cui traggono origine i due provvedimenti disciplinari, nella sua dimensione oggettiva, è la stessa. I fatti ritenuti disciplinarmente rilevanti sono i medesimi: aver indotto una donna a prestare denaro non avendolo poi restituito, ma anzi avendola denunciata. Peraltro anche il giudizio di disvalore è espresso negli stessi termini: la lesione del prestigio e dell'immagine dell'Istituzione.
Non sono emersi nuovi fatti che hanno costituito oggetto del secondo procedimento disciplinare.
Ciò posto, va ricordato che il principio del ne bis in idem - principio generale fondamentale del nostro sistema penale e disciplinare - trova declinazione positiva nell'art. 1371 del codice dell'ordinamento militare, ai sensi del quale "un medesimo fatto non può essere punito più di una volta con sanzioni di differente specie".
Nel caso di specie, come risulta da quanto sopra rilevato, ad una prima sanzione disciplinare risalente al 2004 ha fatto seguito, per i medesimi fatti, la sanzione oggetto del presente giudizio, che evidentemente risulta illegittima essendosi già consumato il potere disciplinare.
Il terzo motivo di gravame risulta pertanto fondato ed assorbente rispetto alle ulteriori censure dedotte.
In conclusione il ricorso va accolto e per l'effetto va disposto l'annullamento del provvedimento disciplinate impugnato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento a favore del ricorrente delle spese del presente giudizio che liquida Euro 4.000,00 (quattromila), oltre oneri fiscali, previdenziali e spese generali di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Ugo Di Benedetto, Presidente
Valentina Santina Mameli, Primo Referendario, Estensore
Andrea De Col, Referendario
26-03-2019 23:26
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