Esercito: sergente del I° BTG Bersaglieri Cosenza viene punito con la perdita del grado in primo grado. Per assenza ingustificata. Il Consiglio di Stato annulla.
Cons. Stato Sez. IV, Sent., (ud. 10/11/2015) 26-11-2015, n. 5368
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4735 del 2015, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
contro
B.C., rappresentato e difeso dagli avv. Salvatore Belfiore, Stefano Mungo, con domicilio eletto presso Stefano Mungo in Roma, Via Pasubio, 15;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 00409/2015, resa tra le parti, concernente irrogazione sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di B.C.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2015 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati Mungo e l'avvocato dello Stato Noviello;
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 409/2015 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) accoglieva il ricorso proposto dal signor B.C. avverso il D.M. 118/1-3/2014 del 21 marzo 2014, con il quale gli era stata comminata la sanzione disciplinare della perdita del grado.
La prefata decisione esponeva in fatto quanto segue.
"Con atto di ricorso ritualmente notificato e depositato, il sig. B.C., già sergente dell'Esercito Italiano in servizio al primo battaglione bersaglieri di Cosenza, ha chiesto l'annullamento del decreto ministeriale di destituzione dal corpo militare di appartenenza per non essersi presentato "in servizio, senza giustificato motivo, nei cinque giorni successivi a quello previsto per il rientro al corpo (8 maggio 2008), permanendo in stato di assenza ingiustificata (escluso il periodo dal 4 giugno 2008 al 17 febbraio 2009, perché giustificato da idonea cerificazione sanitaria) fino al 6 dicembre 2010, data in cui veniva sospeso disciplinarmente dall'impiego per mesi 12 con D.M. n. 375/III-7/2010 del 26 agosto 2010, a seguito di altro procedimento disciplinare di stato". Avverso detta determinazione , il ricorrente ha proposto le seguenti doglianze: 1) Violazione di legge. Eccesso di potere.Erronea applicazione dell'art. 1373, in combinato disposto con l'art. 1392 del D.Lgs. n. 66 del 2010....2) Violazione di legge. Eccesso di potere. difetto di motivazione. Violazione ed elusione del giudicato ex art. 21 septies L. n. 241 del 1990...3) Violazione di legge. Eccesso di potere. Violazione ed elusione del giudicato di cui alla sentenza del TAR Veneto n. 230/2014...4) Violazione di legge ed eccesso di potere in relazione alla data di decorrenza dell'efficacia della sanzione di stato applicata...5) Violazione di legge. Eccesso di potere. Difetto di motivazione. erronea applicazione degli artt. 1355 e 1357 del D.Lgs. n. 66 del 2010...6) Eccesso di potere. Travisamento dei fatti. Ingiustizia grave e manifesta".
Il giudice di prime cure riteneva fondato ed assorbente il secondo motivo di ricorso e disponeva l'annullamento dell'atto impugnato.
Avverso la sentenza del Tribunale ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato il Ministero della Difesa, chiedendone l'annullamento e/o la riforma con conseguente reiezione del ricorso di primo grado.
Con unico, articolato motivo ha censurato la decisione di primo grado per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto.
Si è costituito in giudizio il signor C., deducendo l'inammissibilità e l'infondatezza dell'appello; riproponendo, altresì, i motivi di ricorso articolati in primo grado e dichiarati assorbiti dal Tribunale, nonché la domanda di risarcimento danni.
In corso di giudizio è stata prodotta documentazione e sono state presentate memorie difensive.
La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all'udienza del 10-11-2015.
Motivi della decisione
Deve preliminarmente essere disattesa l'eccezione di inammissibilità dell'appello, avanzata dalla difesa del signor C., nella considerazione che le censure proposte risulterebbero "accomunate dall'essere dirette, più che alla caducazione della sentenza n. 409/2015 del Tar, alla contestazione della decisione assunta dal medesimo Tribunale con la precedente sentenza n. 430/2014.
Va, invero, evidenziato che l'amministrazione, pur non astenendosi dal criticare i contenuti di tale ultima decisione, muove comunque, come di seguito si evidenzia, specifiche doglianze nei confronti della sentenza in questa sede impugnata, assumendo che l'Amministrazione avrebbe comunque ottemperato, con il nuovo provvedimento disciplinare, alle statuizioni contenute nel giudicato di cui alla decisione n. 430/2014.
Tanto premesso, con l'appello in epigrafe il Ministero della Difesa censura la sentenza del Tribunale Amministrativo per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto.
Evidenzia in proposito che l'Amministrazione non ha violato il giudicato formatosi sulla sentenza n. 230/2014, in quanto essa ha ripetuto il procedimento per la irrogazione della sanzione ed ha correttamente interpretato quanto disposto dal giudice amministrativo, chiarendo che le giustificazioni addotte dall'interessato nel corso dell'inchiesta formale fossero assolutamente recessive e non meritevoli di un intervento "umanitario", a fronte di ben due precedenti disciplinari di stato di natura conservativa (sospensione dall'impiego), il primo per mesi 2, in seguito a sentenza irrevocabile di condanna per il reato di falsità materiale in atto pubblico commessa da privato e il secondo, nella misura massima di mesi 12, dopo che la Commissione lo aveva ritenuto meritevole di conservare il grado, esaminata un'ulteriore sentenza di condanna in ordine al reato di furto militare aggravato.
Aggiunge ancora che il Ministero ha anche dato atto dell'assenza di un credibile ravvedimento mostrato dal Sottufficiale, poiché anche nelle precedenti procedure disciplinari aveva sottoscritto di avere ben compreso i propri errori, garantendo che non sarebbe più incorso in nuove mancanze.
In tale situazione, pertanto, la soluzione della cessazione dal servizio permanente per perdita del grado per rimozione era una conseguenza naturale, essendosi determinata un'insanabile rottura del rapporto fiduciario tra il militare e l'amministrazione di appartenenza.
Ciò posto, osserva la Sezione che il Tribunale Amministrativo, con la citata sentenza n.409/2015, ha accolto il ricorso proposto dal C., ritenendo fondato ed assorbente il secondo motivo di censura, sulla base della seguente motivazione.
"Nel merito, il gravame è suscettibile di essere accolto con riferimento al secondo ed assorbente motivo di ricorso, con il quale si asserisce che il provvedimento impugnato andrebbe dichiarato nullo ai sensi dell'articolo 21 septies della L. n. 241 del 1990, perché adottato in violazione del giudicato di cui alla sentenza del TAR Veneto del 17 febbraio 2014, n. 230, di annullamento del precedente D.M. del 21 gennaio 2013, n. 40/III-7/2013, di destituzione del ricorrente per i medesimi fatti in contestazione. Con tale decisione, passata in giudicato e, pertanto, facente stato tra le parti in causa, questo Tribunale ha, infatti, statuito che l'Amministrazione avrebbe dovuto adeguatamente motivare il provvedimento sanzionatorio, con specifico riferimento alla esclusività della pena da irrogare ed effettivamente irrogata, dovendo quantomeno rappresentare le ragioni per cui, anche in considerazione dello stato di salute del ricorrente, così come documentato in atti e della conseguente situazione familiare, tutte le altre sanzioni non potevano essere assunte, atteso che la norma di cui all'art. 1355 del D.Lgs. n. 66 del 2010, recante i criteri per la irrogazione delle sanzioni disciplinari, statuisce una precisa scansione procedimentale nella individuazione della sanzione, che, a prescindere dalla definizione del dato fattuale, tenga, altresì, conto di una serie di fattori che vanno dall'età, al grado, nonché della intenzionalità della mancanza non escluso ogni altro elemento personale in grado di precisare la reale personalità del militare al momento della mancanza. In sede di riedizione del procedimento disciplinare non risulta, però, che l'Amministrazione militare si sia attenuta a quanto affermato con la suesposta pronuncia giurisdizionale, atteso che la rinnovata sanzione della destituzione dal servizio è stata assunta sulla base delle conclusioni cui era giunta l'originaria commissione di disciplina, senza il previo svolgimento delle richieste valutazioni inerenti, tra l'altro, lo stato di salute del ricorrente, la sua situazione familiare, nonché la condotta professionale da questi serbata a seguito dei fatti che hanno dato origine ai provvedimenti sanzionatori in questione".
La censura articolata nell'atto di appello è fondata ed è, pertanto, meritevole di accoglimento.
E' pur vero, ad un sommario esame del nuovo provvedimento adottato dall'amministrazione, che lo stesso non contiene alcun riferimento espresso allo stato di salute del ricorrente, alla sua situazione familiare ed alla condotta professionale serbata a seguito dei fatti che hanno dato origine al provvedimento sanzionatorio.
Ritiene, peraltro, il Tribunale che una approfondita disamina dell'atto sanzionatorio (propria della presente fase di merito) rivela che lo stesso, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, non è violativo del giudicato ed ha tenuto comunque conto delle circostanze favorevoli al militare, ritenendole però recessive rispetto a più gravi elementi, deponenti invece per l'irrogazione della massima sanzione di stato.
Va in primo luogo chiarito il contenuto del giudicato formatosi sulla sentenza del Tar Veneto n. 230/2014. Questa evidenzia che "dalla disamina della motivazione del provvedimento, non consta che la p.a., in disparte l'autonoma valutazione dei fatti di esclusiva pertinenza dell'amministrazione, abbia, in sede di irrogazione della sanzione, nei termini in cui emerge dalla motivazione della stessa, provveduto ad esternare adeguatamente il percorso logico, puntualmente indicato dall'art. 1355 del codice dell'ordinamento militare....In altre parole non risulta che l'amministrazione ha svolto e fornito, in merito al provvedimento sanzionatorio irrogato, adeguata motivazione circa la esclusività della pena da irrogare ed effettivamente irrogata, dovendo, di contro, la p.a., quanto meno rappresentare le ragioni per cui, anche in considerazione dello stato di salute del ricorrente, così come documentato in atti e della conseguente situazione familiare, tutte le altre sanzioni non potevano essere assunte, atteso che la norma citata statuisce una precisa scansione procedimentale nella individuazione della sanzione....La sintetica motivazione del provvedimento non dà conto, invece, di tali necessari ed indispensabili processi logico giuridici, per cui il ricorso deve essere accolto...".
Da quanto sopra emerge chiaramente che il giudice di primo grado ha individuato un difetto di motivazione del provvedimento impugnato, evidenziandone il contenuto nella circostanza che l'amministrazione "non ha fornito adeguata motivazione circa la esclusività della pena da irrogare ed effettivamente irrogata, dovendo, di contro, la p.a., quanto meno rappresentare le ragioni per cui , anche in considerazione dello stato di salute del ricorrente, così come documentato in atti e della conseguente situazione familiare, tutte le altre sanzioni non potevano essere assunte".
L'effetto conformativo nascente dal giudicato è, dunque, quello di fornire una più adeguata motivazione in ordine alla esclusività della sanzione della perdita del grado, con l'obbligo di rappresentare, valutando anche lo stato di salute del militare e la sua situazione familiare, le ragioni per le quali altre sanzioni, di portata più lieve, non potevano essere adottate.
La regola vincolante da seguire era, dunque, quella di rappresentare in maniera esaustiva le ragioni della esclusività della sanzione disposta, tenendo in proposito conto anche di elementi favorevoli all'incolpato.
Ritiene la Sezione che, nella rinnovazione provvedimentale operata, l'Amministrazione abbia osservato la regola posta dal giudicato.
Se si confrontano i contenuti del primo provvedimento sanzionatorio annullato dal giudice amministrativo (D.M. 40/III-7/2013 del 21 gennaio 2013) con quelli dell'atto oggetto della presente controversia (D.M. n. 118/I-3/2014), può agevolmente rilevarsi che il secondo contiene un supporto motivazionale più ampio rispetto al primo provvedimento.
In particolare, dopo aver rilevato la necessità di dover dare esecuzione alla sentenza del Tar al fine di evidenziare compiutamente l'iter logico giuridico seguito per adottare il provvedimento di perdita del grado, esso richiama specifici precedenti disciplinari del signor C. (in precedenza non rappresentati), affermando: "Visto il D.M. n. 364/3-9/2007 del 15 settembre 2007 con il quale il sergente C. era stato sospeso disciplinarmente dall'impiego per mesi due; visto il D.M. n. 375/III-7-/2010 con il quale il sottufficiale de quo era stato sospeso disciplinarmente dall'impiego per mesi 12 per fatti commessi nel dicembre 2006, dopo essere stato deferito dinanzi alla commissione di disciplina , che lo aveva ritenuto meritevole di conservare il grado".
Aggiunge ancora: "Valutate le giustificazioni addotte dal Sottufficiale nel corso dell'intero procedimento disciplinare di stato e ritenute le stesse non idonee a scagionarlo dagli addebiti mossigli, atteso che anche nei procedimenti disciplinari avviati nel recente passato nei suoi confronti, il medesimo aveva riconosciuto le proprie responsabilità e manifestato il proprio ravvedimento, salvo poi incorrere nuovamente in comportamenti penalmente illeciti; Tenuto conto del lunghissimo arco temporale in cui si è protratta l'assenza ingiustificata dal servizio; Constatata la reiterazione da parte del C. di gravissimi comportamenti, tutti anche penalmente illeciti, e l'oggettiva sua incapacità di emendare la propria condotta , informandola al rispetto dei valori che permeano lo stato del militare".
Dai nuovi contenuti del rinnovato provvedimento disciplinare emerge, in modo chiaro ed esaustivo, la ragione per la quale l'amministrazione ritiene la esclusività della sanzione da irrogare e, dunque, i motivi per i quali tutte le altre sanzioni non potevano essere assunte.
L'amministrazione, invero, valorizza in proposito due gravi precedenti disciplinari del C. (originati dalla commissione di fatti di falsità materiale in atto pubblico commesso da privato e furto militare aggravato, per come rappresentato dalla difesa erariale), in relazione ai quali era stata disposta la sanzione conservativa della sospensione dall'impiego ed il militare aveva riconosciuto le proprie responsabilità e manifestato il proprio ravvedimento.
Sottolinea, quindi, che la reiterazione di gravissimi comportamenti (nello specifico procedimento oggetto del presente contenzioso, la diserzione protrattasi per un lunghissimo arco temporale, da cui era originata la condanna penale per il reato di diserzione militare pluriaggravata) evidenzia una oggettiva incapacità di emendare la propria condotta, informandola al rispetto dei valori che permeano lo status di militare.
Di tanto è data contezza anche nella parte dispositiva del nuovo provvedimento, laddove la motivazione della disposta sanzione è così esternata: "Sottufficiale dell'esercito non si presentava in servizio, senza giustificato motivo, nei cinque giorni successivi a quello previsto per il rientro nel corpo (8 maggio 2008), permanendo in stato di assenza ingiustificata (escluso il periodo dal 4 giugno 2008 al 17 febbraio 2009, perché giustificato da idonea certificazione sanitaria) fino al 6 settembre 2010, data in cui veniva sospeso disciplinarmente dall'impiego per mesi 12...a seguito di altro procedimento disciplinare di stato. Fatti avvenuti in Cosenza. Tale condotta, peraltro, sanzionata penalmente, è censurabile anche sotto l'aspetto disciplinare, perché gravemente lesiva del prestigio dell'istituzione e così fortemente contraria ai doveri attinenti al giuramento prestato, al grado rivestito, al senso di responsabilità, al contegno esemplare che deve connotare l'operato di ciascun militare in ogni circostanza, nonché ai doveri attinenti alle comunicazioni dei militari, da risultare assolutamente incompatibile con la permanenza nel grado, essendo già stata irrogata nei suoi confronti la massima sanzione di stato conservativa".
I rilievi sopra svolti evidenziano, dunque, che l'amministrazione ha osservato la regola conformativa contenuta nel giudicato, offrendo adeguata contezza delle ragioni della esclusività della comminata sanzione espulsiva.
Né può affermarsi che il giudicato sia stato violato sotto il profilo della mancata valutazione dello stato di salute dell'incolpato, della sua situazione familiare e degli altri elementi indicati nell'art. 1355 C.O.M.
Osserva, invero, la Sezione che tale valutazione, sia pur non diffusamente esplicitata, risulta essere stata svolta, laddove l'Amministrazione ha chiarito di aver valutato le giustificazioni addotte dal sottufficiale e di non averle ritenute idonee a scagionarlo "atteso che, anche nei procedimenti disciplinari avviati nel recente passato nei suoi confronti, il medesimo aveva riconosciuto le proprie responsabilità e manifestato il proprio ravvedimento, salvo poi incorrere in comportamenti penalmente illeciti".
In buona sostanza, dalla complessiva lettura del provvedimento risulta che sono state presi in considerazione gli elementi favorevoli ed a discolpa del militare, ma che i rappresentati gravi precedenti disciplinari, la mancanza di effettivo ravvedimento, la reiterazione di comportamenti disciplinarmente (oltre che penalmente) illeciti assumono consistenza e rilevanza tali da rendere recessivi i primi nella determinazione della sanzione da irrogare e, dunque, non influenti in relazione alla eventuale applicazione di una sanzione più lieve.
Va in proposito evidenziato che "i precedenti di servizio disciplinari" sono anch'essi elementi da tenere presenti nella determinazione della specie della sanzione da irrogare.
Ritiene in proposito il Collegio che la motivazione sulla esclusività della sanzione da irrogare può essere legittimamente resa anche attraverso la esplicitazione del carattere dirimente e prevalente degli elementi che la giustificano, risultando in tal modo comunque evidenziato il carattere recessivo di ulteriori elementi favorevoli e l'avvenuta valutazione degli stessi, ritenuta comunque ininfluente ai fini della applicazione di una sanzione più lieve.
E che i suddetti elementi favorevoli siano stati oggetto di valutazione emerge, oltre che dal dato testuale del provvedimento sopra richiamato, anche dall'ulteriore passaggio motivazionale, laddove viene evidenziato : "Ritenuto condivisibile il giudizio espresso dalla commissione di disciplina, attesa la gravissima rilevanza disciplinare del comportamento in esame, alla luce dei principi di gradualità e proporzionalità che informano l'ordinamento disciplinare militare, non ricorrendo i presupposti nel caso di specie per l'applicazione del principio di cui all'art. 1389, lett. a) del codice dell'ordinamento militare, nel senso di discostarsi , per ragioni umanitarie, dal citato giudizio a favore del Sottufficiale, atteso che la massima sanzione conservativa era stata già disposta con il D.M. n. 375/III-7/2010 citato in epigrafe, peraltro dopo il deferimento dinanzi a commissione di disciplina".
Per tutte le considerazioni sopra esposte, l'appello dell'amministrazione è fondato.
Tale ritenuta condivisibilità dell'appello evidenzia, di conseguenza, l'infondatezza del secondo motivo del ricorso di primo grado proposto dal C., che era stato accolto dal Tribunale Amministrativo.
Deve a questo punto procedersi all'esame degli altri motivi del ricorso di primo grado, che il Tribunale ha dichiarato assorbiti e che il signor C. ha riproposto nella presente sede di appello.
Con il primo motivo egli deduce violazione di legge, eccesso di potere ed erronea applicazione dell'articolo 1373, in combinato disposto con l'art. 1392 del D.Lgs. n. 66 del 2010.
Evidenzia in proposito che, al momento di rinnovazione del procedimento disciplinare, i termini perentori di svolgimento dello stesso, fissati dall'articolo 1392 in 90 giorni dalla conoscenza integrale della sentenza (ai fini dell'avvio) e in 270 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza (ai fini della conclusione), erano scaduti, con conseguente decadenza dall'esercizio del potere disciplinare.
Precisa che con l'adozione del primo provvedimento sanzionatorio del 21-1-2013 e tenuto conto dei suddetti termini residuavano n. 12 giorni per la scadenza del termine di 270 giorni e n. 8 giorni per la scadenza di quello di 90 giorni.
Orbene, sostiene l'interessato, considerando che la data di acquisizione della sentenza di annullamento n. 230/2014 era stata indicata dall'amministrazione stessa nel giorno 21-2-2014, al momento della comunicazione dell'avvio del rinnovato procedimento disciplinare (avvenuta con la nota del 13-3-2014), i termini perentori erano già decorsi, risultando spirato l'ulteriore termine di giorni 8 alla data dell'1-3-2014.
Ancora, egli rileva in proposito che il termine di 60 giorni, cui fa riferimento l'articolo 1373 del D.Lgs. n. 66 del 2010, non è un termine che va ad aggiungersi all'originario termine di 270 giorni di cui all'art. 1392, in quanto, se così fosse, ne risulterebbe stravolta la previsione dello stesso articolo 1392, con la conseguenza che il termine entro cui dovrebbe concludersi il procedimento disciplinare non debba ritenersi di 270 giorni ma di 330 ( 270 più 60).
La censura non è meritevole di favorevole considerazione.
L'articolo 1373 del C.O.M. (rubricato "Rinnovazione del procedimento disciplinare") dispone che "Annullati uno o più atti del procedimento disciplinare a seguito di autotutela, anche contenziosa, di giudicato amministrativo ovvero di decreto decisorio di ricorso straordinario, se non è esclusa la facoltà dell'amministrazione di rinnovare in tutto o in parte il procedimento e non sono già decorsi, limitatamente alle sanzioni di stato, gli originari termini perentori, il nuovo procedimento riprende, a partire dal primo degli atti annullati, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto piena conoscenza dell'annullamento o dalla data di adozione del provvedimento di autotutela".
La lettura della norma opera riferimento ad un nuovo procedimento disciplinare, da porsi in essere a partire dall'ultimo degli atti annullati, ove non siano già decorsi gli originari termini perentori, e riferisce il termine perentorio di sessanta giorni alla "ripresa" del procedimento disciplinare.
Si osserva, di poi, che l'annullamento che consente la rinnovazione del procedimento è riferito al "giudicato amministrativo", dovendo, dunque, ritenersi questo l'elemento su cui calcolare, anche a voler accedere alla tesi di parte ricorrente, la verifica dell'osservanza dei residui termini di decadenza.
Orbene, giacché nella specie l'annullamento che ha portato alla ripetizione del procedimento è scaturito dalla sentenza n. 409/2015 depositata il 14 aprile 2015, risulta evidente che, al momento in cui il procedimento è stato riavviato (comunicazione del 13-3-2014), la stessa non risultava essere ancora passata in giudicato, con la conseguenza che il termine di decadenza invocato da parte ricorrente non era spirato, non essendosi ancora verificato il presupposto (passaggio in giudicato) per il decorso dei residui 8 giorni cui il signor C. opera riferimento.
Né può ritenersi che la conclusione del rinnovato procedimento avrebbe dovuto avvenire nei residui 12 giorni rispetto al termine originario di 270 giorni, considerandosi che la norma parla di "nuovo procedimento", sia pure connesso al precedente, come, poi, si dirà, e che viene individuato dalla stessa un termine perentorio di sessanta giorni.
Nella vicenda in esame, la rinnovazione del procedimento ha avuto inizio con la comunicazione del 13-3-2014 e si è conclusa, comunque, con l'adozione del nuovo provvedimento disciplinare, il 21-3- 2014.
Della infondatezza del secondo motivo di ricorso si è già detto in sede di disamina dell'appello proposto dall'amministrazione.
Con il terzo motivo il signor C. denunzia violazione di legge, eccesso di potere e violazione ed elusione del giudicato e della sentenza del Tar Veneto n. 230/2014.
Rileva, infatti, che il nuovo decreto impugnato contiene anche l'annullamento del precedente provvedimento sanzionatorio, lo stesso già annullato dal Tribunale.
Tale errore avrebbe condotto l'amministrazione a conteggiare erroneamente i termini del procedimento, non prendendo come momento di ripresa del termine per la conclusione del procedimento disciplinare l'acquisizione della sentenza del Tar.
A seguito dell'annullamento giurisdizionale l'amministrazione avrebbe, dunque, dovuto riammettere il C. in servizio, altrimenti avrebbe solo potuto proporre appello.
Pone, inoltre, una questione in ordine al destinatario effettivo del nuovo provvedimento sanzionatorio.
Ove, infatti, per effetto della sentenza del Tribunale, dovesse considerarsi dipendente della p.a., l'amministrazione avrebbe dovuto, prima dell'adozione del nuovo atto, formalmente disporne la riammissione in servizio, con la conseguenza che, in assenza di riammissione, il d.m. non poteva essere legittimamente adottato nei suoi confronti in quanto non militare in servizio attivo.
Ove, invece, si ritenesse che il D.M. del 21 gennaio 2013 non fosse stato annullato dal Tar e, dunque, che il C. non poteva essere ritenuto dipendente dell'Amministrazione, il d.m. sarebbe parimenti invalido in quanto colpirebbe un civile e non anche un militare.
La censura è infondata.
Risulta in primo luogo evidente che la sentenza del Tar n.230/14 del 17-2-2014 aveva disposto l'annullamento del D.M. del 21 gennaio 2013, sia pure per difetto di motivazione circa la esclusività della sanzione da irrogare.
Ciò, peraltro, non rende illegittimo il provvedimento impugnato laddove esso, all'art. 1, ne dispone l'annullamento.
Tale statuizione è da ritenersi ultronea - derivando l'effetto eliminatorio del primo atto irrogativo della sanzione già dalla pronuncia giurisdizionale -, ma essa non determina certamente, come preteso dal ricorrente, l'illegittimità del nuovo decreto, risultando lo stesso adottato proprio in esecuzione della predetta sentenza, che, nel disporre l'annullamento solo per difetto di motivazione, aveva fatta salva la eventuale e successiva azione disciplinare della p.a.
Né può farsi derivare illegittimità alcuna dalla mancata previa riammissione in servizio del ricorrente, considerandosi che il perdurante status di militare e di dipendente dell'amministrazione in capo allo stesso derivava dalla richiamata pronuncia giurisdizionale, la quale aveva tolto efficacia alla precedente perdita del grado per rimozione.
Con il quarto motivo il signor C. lamenta violazione di legge ed eccesso di potere in relazione alla data di decorrenza della efficacia della sanzione di stato applicata, coincidente con quella (21-1-2013) del primo provvedimento, oggetto di annullamento da parte del Tribunale.
Assume, pertanto, che la corretta data cui collegare gli effetti della cessazione dal servizio era quella del nuovo provvedimento, cioè il 21-3-2014.
Ritiene la Sezione che anche tale motivo di doglianza, sia pure acutamente prospettato, non meriti condivisione, dovendosi ritenere comunque legittima la decorrenza fissata dall'Amministrazione.
Va, invero, considerato che la citata sentenza n. 230/2014 ha accolto il ricorso ed annullato la sanzione irrogata sotto l'unico profilo della mancata espressione di adeguata motivazione circa la esclusività della pena da irrogare, ritenendo l'obbligo dell'amministrazione di dovere quanto meno rappresentare le ragioni per cui tutte le altre sanzioni non potevano essere assunte.
Il provvedimento, pertanto, risulta annullato non in relazione ai suoi contenuti sostanziali ( la pronuncia precisa: "in disparte l'autonoma valutazione dei fatti di esclusiva pertinenza dell'amministrazione"), ma con riferimento ai profili formali della mancanza di ragioni sufficienti a sorreggerlo.
La sentenza, poi, lascia impregiudicata la successiva azione disciplinare dell'amministrazione ed, infatti, il nuovo provvedimento viene assunto in applicazione dell'articolo 1373 del C.O.M., in sede di rinnovazione del procedimento disciplinare.
Tale rinnovazione prevede, per espressa disposizione normativa, la "ripresa" del procedimento "a partire dal primo degli atti annullati", così evidenziando l'esistenza di un collegamento tra i due procedimenti, qualificando sostanzialmente il secondo come una prosecuzione del primo, depurato dalle illegittimità rilevate.
Le circostanze sopra richiamate (obbligo di integrazione della motivazione nascente dalla sentenza e correlazione esistente tra il procedimento disciplinare originario e quello rinnovato) giustificano la possibilità di assegnare al secondo provvedimento disciplinare, emendato dal vizio motivazionale, la stessa decorrenza del primo provvedimento, pur essendo stato quest'ultimo oggetto di annullamento (solo per la peculiare carenza motivazionale di cui si è in precedenza detto).
Con il quinto motivo il militare deduce violazione di legge, eccesso di potere, difetto di motivazione ed erronea applicazione degli artt. 1355 e 1357 del D.Lgs. n. 66 del 2010.
Rileva in proposito violazione dei principi di proporzionalità e gradualità della sanzione comminata, evidenziando che nella specie non ricorrevano le condizioni previste dal comma 3 dell'articolo 1355 per le infrazioni da punire con maggior rigore, rilevando, altresì, che in pendenza del procedimento disciplinare non era stata applicata la sospensione dal servizio, ma solo un trasferimento di sede e che il giudice penale non aveva applicato la sanzione accessoria della rimozione.
La censura non è meritevole di accoglimento.
Va in primo luogo evidenziato che l'articolo 1355 C.O.M. dispone, con previsione generale, che "le sanzioni disciplinari sono commisurate al tipo di mancanza commessa ed alla gravità della stessa".
E' questa la regola che esprime il principio di proporzionalità e di gradualità della sanzione, onde l'elemento al quale precipuamente riferirsi nella individuazione della sanzione da irrogare è costituito dal tipo e dalla gravità della mancanza posta in essere.
Di poi, a mente del comma 2, nel determinare la specie ed eventualmente la durata della sanzione, "sono inoltre considerati i precedenti di servizio disciplinari, il grado, l'età, e l'anzianità di servizio del militare che ha mancato" .
Il comma 3 della disposizione individua, invece, i casi in cui le infrazioni "vanno punite con maggior rigore", ma tale previsione non esclude affatto che la sanzione di stato più grave possa essere comunque inflitta anche se tali condizioni non ricorrono, atteso che la regola generale è quella di modulare la misura disciplinare al tipo ed alla gravità dell'illecito, elementi che non necessariamente presuppongono l'esistenza dei casi contemplati dal richiamato comma 3.
Ciò posto e tenuto conto dei limiti di sindacabilità in materia in capo al giudice amministrativo, ritiene la Sezione che l'irrogazione della massima sanzione di stato non risulti violativa dei principi di gradualità e di proporzionalità.
Non può, invero, non considerarsi che, in relazione al peculiare status del militare e ai doveri sullo stesso gravanti, la diserzione, peraltro protrattasi per un non ridotto lasso temporale (oltre un anno), sia comportamento estremamente grave, tra l'altro, nella specie, penalmente sanzionato, che giustifica, sotto il profilo della ragionevolezza, logicità e proporzionalità, una valutazione di irrimediabile compromissione del rapporto fiduciario con l'Arma di appartenenza.
Quanto al profilo motivazionale, l'amministrazione dà conto di tale gravità, laddove rileva che la condotta del C., oltre che, si ripete, già penalmente sanzionata, risulta "lesiva del prestigio dell'Istituzione e così fortemente contraria ai doveri attinenti al giuramento prestato, al grado rivestito, al senso di responsabilità, al contegno esemplare che deve connotare l'operato di ciascun militare in ogni circostanza, nonché ai doveri attinenti alle comunicazioni dei militari, da risultare assolutamente incompatibile con la permanenza nel grado, essendo già stata irrogata nei suoi confronti la massima sanzione di stato conservativa".
Dunque, vi è una valutazione della vicenda concreta e della sua gravità, nonché esplicitazione delle ragioni che escludono la possibilità di applicare una sanzione meno grave, individuate nella esistenza di due precedenti disciplinari (pure per fatti penalmente rilevanti), in relazione ai quali era stata applicata la sanzione conservativa, e nella circostanza che la ulteriore reiterazione di gravi comportamenti dimostra l'oggettiva incapacità del C. di emendare la propria condotta, informandola al rispetto dei valori che permeano lo stato di militare.
Infondato è pure il sesto motivo del ricorso di primo grado, con il quale viene dedotto eccesso di potere per travisamento dei fatti ed ingiustizia grave e manifesta.
Con tale censura il ricorrente lamenta che l'amministrazione non avrebbe tenuto adeguato conto delle ragioni della sua protratta assenza, ragioni che dimostravano l'assenza di intenzionalità nella propria condotta di allontanamento.
Evidenzia che, a seguito di un procedimento penale avviato a suo carico, all'aggravarsi della propria condizione di salute ed alla rottura del rapporto con il coniuge, egli, non potendo più fruire di congedi per malattia e volendo comunque restare vicino ai propri affetti familiari ed ai propri figli, era incorso suo malgrado nella posizione di "disertore".
La doglianza non può essere condivisa.
L'esistenza di problemi familiari non elimina la consapevolezza, in capo al dipendente, della illiceità della condotta di assenza ingiustificata dal servizio, né è idonea a configurare la mancanza di una volontà cosciente in relazione ad essa.
Si è, poi, già sopra detto, nell'esame dell'appello dell'Amministrazione, che le suddette giustificazioni sono state valutate dall'Amministrazione, ma ritenute recessive in presenza di più pregnanti elementi di segno contrario, così supportando la determinazione di irrogare la massima sanzione di stato.
La ritenuta legittimità del provvedimento sanzionatorio impugnato palesa, infine, l'infondatezza della domanda risarcitoria proposta, mancando l'indefettibile presupposto del danno ingiusto, necessario per configurare una responsabilità risarcitoria ai sensi dell'art. 2043 c.c.
In conclusione, dunque, sulla base delle argomentazioni tutte sopra esposte, l'appello dell'amministrazione deve essere accolto, la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto n. 409/2015 riformata ed il ricorso di primo grado respinto.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
La peculiarità della controversia e delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto , in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto n.409/15 del 14-4-2015, rigetta il ricorso proposto in primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
Francesco Mele, Consigliere, Estensore
12-02-2019 15:25
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