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Sentenza

Lite giudiziaria Tra la Capitaneria di Porto di Cagliari e Poste Italiane Spa....
Lite giudiziaria Tra la Capitaneria di Porto di Cagliari e Poste Italiane Spa.
Cass. civ. Sez. II, Ord., (ud. 23-11-2018) 06-03-2019, n. 6461
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni - Presidente -

Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -

Dott. CARRATO Aldo - Consigliere -

Dott. SCALISI Antonino - rel. Consigliere -

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5699/2015 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, in persona del legale rappresentate pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. TORLONIA 33, presso lo studio dell'avvocato STEFANO ASTORRI, che la rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del legale rappresentate pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

- resistente -

e contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del Ministro pro tempore;

CAPITANERIA DI PORTO DI (OMISSIS), in persona del Comandante in carica;

- intimati -

avverso la sentenza n. 571/2014 della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI, depositata il 21/10/2014;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/11/2018 dal Consigliere ANTONINO SCALISI.
Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 24 ottobre 2008, Poste Italiane S.p.A. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Cagliari, l'Agenzia del Demanio esponendo che in data 6 novembre 1956, l'Amministrazione autonoma delle Poste telecomunicazioni ottenne la consegna di demanio pubblico marittimo, di circa 810 mq, da parte della Capitaneria di Porto dell'(OMISSIS).

Su tale area, situata nella (OMISSIS) e distinta in catasto al foglio n. 14, mappale 1433, la stessa amministrazione costruì un edificio da adibire ad ufficio postale.

Il 15 maggio 1976, la Capitaneria di Porto dell'(OMISSIS) e l'Amministrazione delle Poste stipularono un'apposita convenzione ai sensi della quale quest'ultima ottenne l'utilizzo, a titolo gratuito, dell'area demaniale e dell'edificio su di essa costruito al fine di svolgervi il servizio pubblico postale.

In seguito al mutamento della natura giuridica dell'Amministrazione delle Poste, trasformata per legge in Poste Italiane S.p.A., la Capitaneria di Porto e l'Agenzia del Demanio ritennero venute meno le condizioni, previste dall'art. 34 c.n., e dall'art. 36 reg. esec., del medesimo codice, per utilizzo del bene demaniale. Conseguentemente, intimarono a Poste Italiane S.p.A. il pagamento dei canoni dovuti per l'occupazione illegittima del bene demaniale nonchè il rilascio del medesimo.

La società attrice, pertanto, chiese che venisse accertata l'infondatezza di siffatte pretese. Evidenziava, in primo luogo, come il bene in contestazione (comprensivo dell'area di sedime e del fabbricato sovrastante) fosse divenuto di proprietà di Poste Italiane S.p.A., essendo stato incluso per legge nel suo patrimonio.

Osservò, inoltre, come, pur a non voler riconoscere la titolarità del bene in capo a Poste Italiane s.p.A., quest'ultima avrebbe comunque diritto al suo utilizzo titolo gratuito.

Ciò in quanto non sarebbero venute meno le condizioni richieste dal codice della navigazione.

Infatti, Poste Italiane S.p.A., oltre a continuare a svolgere il servizio in funzione del quale il bene demaniale le era stato gratuitamente consegnato, avrebbe mantenuto, al di là della sua denominazione formale, una chiara natura pubblicistica.

Concluse, pertanto, affinchè venisse accertato il proprio diritto di proprietà sull'immobile in contestazione; domandò, in subordine, il riconoscimento della persistente applicabilità dell'art. 34 c.n., e art. 36 reg. esec. c.n., eccependo conclusivamente la prescrizione di parte del credito vantato dall'Agenzia del demanio e della Capitaneria di porto.

Costituendosi in giudizio, l'Agenzia del Demanio e, a seguito di integrazione del contraddittorio, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la Capitaneria di Porto di (OMISSIS) contestarono integralmente le pretese di parte attrice, sollecitando il rigetto della domanda, evidenziarono in particolare come un bene del demanio marittimo potesse perdere tale caratteristica soltanto in base alio specifico procedimento indicato dall'art. 35 c.n., e non già in virtù di sdemanializzazioni tacite disposte per legge. Asl tempo stesso il D.L. n. 487 del 1993, art. 6, nel prevedere il trasferimento degli immobili dell'ente economico Poste Italiane alla nuova società per azioni non avrebbe certamente potuto produrre alcun effetto in relazione a beni mai entrati a far parte dei patrimonio dell'ente pubblico trasformato. Sicchè sarebbe del tutto evidente, che detta delle amministrazioni convenute, l'abusiva occupazione del bene da parte di Poste Italiane S.p.A..

Istruita la causa il Tribunale di Cagliari con sentenza del 14 aprile 2012, accoglieva la domanda di parte attrice per quanto di ragione, ritenendo sussistente la natura demaniale dell'immobile in contestazione, ma non ravvisando, nella fattispecie in esame, i caratteri propri di un'occupazione abusiva.

In particolare, quanto al diritto di proprietà sull'immobile, osservò come la sua inclusione per legge nel patrimonio della società attrice non avesse modificato la natura demaniale. Infatti, oltre a non essere ipotizzabile una sdemanializzazione tacita del demanio marittimo, contrastante con il disposto dell'art. 35 c.n.; il legislatore non avrebbe potuto trasferire alla S.p.A. un bene non appartenente all'Amministrazione delle Poste.

Ciò posto quanto al diritto di proprietà sull'immobile oggetto della causa, il giudice di primo grado osservò come tale bene, per quanto demaniale, non fosse stato illegittimamente occupato da parte della società attrice.

Infatti, quest'ultima aveva utilizzato legittimamente l'edificio, per lo svolgimento del servizio pubblico postale, in base alla convenzione (risalente al 15 maggio del 1976) stipulata a tal fine con la Capitaneria di Porto dell'(OMISSIS).

Tuttavia, a seguito della privatizzazione formale delle Poste, divenute un soggetto con fini necessariamente lucrativi, sarebbero venute meno le condizioni, previste dall'art. 34 c.n., e dall'art. 36 del reg. esec.. Del medesimo codice, per l'occupazione gratuita di siffatto bene demaniale. In questa logica, sussisterebbe un credito, parzialmente prescritto per il periodo antecedente al luglio del 2003, in favore del Ministero dei Trasporti, derivante dalla mancata corresponsione, da parte delle Poste, dei canoni dovuti per il godimento dell'immobile.

Avverso tale sentenza interponeva appello Poste Italiane S.p.A. chiedendone la riforma integrale.

Si sono costituiti l'Agenzia del Demanio, il Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti e la Capitaneria di Porto dell'(OMISSIS) che, evidenziandone l'infondatezza, hanno chiesto il rigetto dell'appello. Hanno inoltre proposto appello incidentale relativamente alla parte della sentenza in cui il primo giudice ha ritenuto parzialmente prescritto il credito ad essi riconducibile.

La Corte di appello di Cagliari con sentenza n. 571 del 2014 respingeva l'appello incidentale proposto dall'Agenzia del demanio e accoglieva in parte l'appello preposto da Poste Italiane e in riforma della sentenza impugnata accerta il diritto di Poste Italiane spa ad utilizzare gratuitamente per lo svolgimento del servizio pubblico postale l'immobile demaniale costituente la sede dell'Ufficio postale dell'(OMISSIS) e conseguentemente dichiarava che Poste Italiane non era tenuta a corrispondere alcun canone concessorio in favore del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Secondo la Corte territoriale la sentenza appellata era corretta e andava confermata nella parte in cui riconosceva la persistente natura demaniale del bene oggetto della causa. A sua volta nella fattispecie in esame, sussistevano le condizioni richieste dall'art. 34 c.n., e art. 36 reg. esec. c.n.. Per l'utilizzo a titolo gratuito di un bene appartenete al demanio marittimo.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Poste Italiane spa con ricorso affidato ad un motivo. L'Agenzia del Demanio ha depositato in data 24 febbraio 2016 atto di costituzione al solo fine dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione della causa ai sensi dell'art. 370 c.p.c., comma 1. Si da atto che l'Agenzia del Demanio ha depositato memoria fuori termine che, pertanto, non sarà presa in considerazione.
Motivi della decisione

1.- Con l'unico motivo di ricorso Poste Italiane spa lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 71 del 1994, art. 6, della L. n. 448 del 1998, art. 40, n. 3, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). In particolare, la ricorrente sostiene che la Corte distrettuale nell'escludere che il bene di cui si dice facesse parte del patrimonio di Poste italiane non avrebbe tenuto conto che in forza della L. n. 71 del 1994, e della L. n. 448 del 1998, sono entrati a far parte del patrimonio di Poste Italiane spa tutti quegli immobili regolarmente iscritti nei propri Registri Ufficiali e in questi registri risulta annoverato il bene di che trattasi.

1.1.- Il motivo è infondato.

Va qui premesso che secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, la sdemanializzazione di un bene può verificarsi "in via di principio" anche tacitamente, in carenza di un formale atto di declassificazione, purchè si sia in presenza di atti e fatti che evidenzino in maniera inequivocabile la volontà della P.A. di sottrarre il bene medesimo a detta destinazione e di rinunciare definitivamente al suo ripristino. Il provvedimento sul passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio, a norma dell'art. 829 c.c., ha carattere semplicemente dichiarativo, considerando che la dichiarazione della cessazione di demanialità, quando già sussistono le condizioni di fatto di incompatibilità con la volontà di conservare la destinazione ad uso pubblico, si limita in sostanza a dare atto del passaggio dei beni stessi dall'uno all'altro regime (Cass., Sez. 2, 22/04/1992, n. 4811; Cass., Sez. 1, 04/03/1993, n. 2635; Cass., Sez. 2, 19/02/2007, n. 3742).

Questo principio non vale, tuttavia, per i beni del demanio marittimo (che fanno parte del c.d. "demanio necessario"), quale la spiaggia comprensiva dell'arenile, relativamente ai quali la disciplina è più rigorosa. Questa Suprema Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che la sdemanializzazione dei beni appartenenti al demanio marittimo non può verificarsi tacitamente, ma richiede, ai sensi dell'art. 35 c.n., un espresso e formale provvedimento della competente autorità amministrativa, che ha carattere costitutivo (Cass., Sez. 2, 05/08/1949, n. 2231; Cass., Sez. 1, 06/05/1980, n. 2995; Cass., Sez. 2, 14/03/1985, n. 1987; Cass., Sez. 2, 02/03/2000, n. 2323). Ciò perchè l'accertamento della sopravvenuta mancanza di attitudine di determinate zone a servire agli usi pubblici del mare, è riservato a speciali organi amministrativi che vi debbono provvedere sulla base di una valutazione tecnico-discrezionale dei caratteri naturali di essi, variabili e contingenti secondo le diverse caratteristiche geofisiche e le varie esigenze locali, in relazione alla diversità degli usi. Perciò, solo ove gli organi amministrativi competenti esprimano la volontà - in seno ad appositi provvedimenti da essi adottati - di considerare cessata l'idoneità del bene appartenente al demanio marittimo agli usi specifici della demanialità marittima si determina il trasferimento dell'area, con efficacia costitutiva, dal demanio al patrimonio.

Pertanto, va ribadito il principio di diritto - costantemente affermato da questa Corte suprema e condiviso dal Collegio - secondo cui, a differenza di quanto previsto dall'art. 829 c.c. (secondo cui il passaggio di un bene dal demanio pubblico al patrimonio ha natura dichiarativa e può avvenire anche tacitamente), per i beni appartenenti al demanio marittimo, la sdemanializzazione non può mai avvenire in forma tacita ("per facta concludentia"), ossia per non essere il bene più adibito all'uso pubblico, ma può avvenire solo in forza di una legge ovvero mediante un espresso e formale provvedimento della competente autorità amministrativa (decreto del Ministero della Marina Mercantile, adottato di concerto col Ministero dell'Economia e delle Finanze), avente carattere costitutivo (Cass., Sez. 2, 11/05/2009, n. 10817; Cass., Sez. 2, 02/03/2000, n. 2323;Cass., Sez. 2, 14/03/1985, n. 1987; da ultimo, Cass. Sez. 1, 09/06/2014, n. 12945, che ha cassato la sentenza di merito, ritenendo che la natura demaniale di un bene non venisse meno per il semplice fatto che il terreno non facesse più parte della spiaggia, nè del lido del mare, trattandosi di circostanze insufficienti ad escludere definitivamente l'attitudine a consentire in futuro usi pubblici del mare).

Alla luce di questi principi, corretta è l'affermazione della Corte territoriale secondo cui "Infatti l'appartenenza di tal bene al demanio marittimo ne impedisce la sdemanializzazione secondo modalità difforme da quella dettagliatamente stabilite dall'art. 35 c.n. (Cass. n. 12945 del 2014): Ciò implica che nè la legge n. 553 del 1994 di approvazione del rendiconto dell'Amministrazione autonoma delle Poste, nè la L. n. 448 del 1998, art. 40, avrebbero potuto mutare (in favore delle Poste Italiane spa) la titolarità dell'immobile in contestazione.

1.2.- Infatti, non sussiste la pretesa violazione della L. n. 488 del 1998, art. 40, comma 3, e della L. n. 71 del 1994, art. 6, perchè per determinare l'inclusione di un bene nel patrimonio del nuovo Ente, era imprescindibile l'accertamento della proprietà in capo all'ex Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni, epperò, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la proprietà di cui si dice non risulta in alcun modo dal significato letterale delle disposizioni e, cioè, che, per il suddetto accertamento, fosse sufficiente controllare che il bene fosse stato incluso nel rendiconto approvato con la L. n. 555 del 1994. La norma non dice che i conservatori dei registri immobiliari debbano trascrivere a favore della società Poste Italiane spa la titolarità dei beni in quanto individuati nel rendiconto approvato con L. n. 555 del 1994. Piuttosto la norma afferma che i conservatori dei registri immobiliari trascrivono a favore della società Poste Italiane spa la titolarità dei beni di cui risulti accertata la proprietà da parte dell'ex Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni individuati nel rendiconto approvato con legge n. 555 del 1994. Insomma, la trascrizione a favore della società poste italiane riguarda solo quei beni individuati nel rendiconto di cui risulti accertata la proprietà da parte dell'Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni. E nel caso concreto l'ex Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazione non era mai divenuta proprietaria del bene di cui si dice e proprio perchè quel bene apparteneva al demanio marittimo e non era stato sdemanializzato, come già si è detto. Per altro, risulta pacifico e confermato dalla stessa sentenza impugnata nella parte inerente alla domanda subordinata del ricorrente, e non contestata, che l'ex Amministrazione fosse titolare di un mero diritto di uso gratuito del bene ex art. 34 c.n., in alcun modo equiparabile al diritto domenicale. Pertanto non essendo l'ex Amministrazione delle poste e delle telecomunicazione proprietaria del bene di cui si dice, per il noto principio "nemo plus iuris in alium transferre potest quam ipse habeat", non ha, e non poteva trasferire alle Poste Italiane spa una titolarità che non ha mai avuto. E ciò trova conferma anche nella L. n. 487 del 1993, art. 6, laddove conferma il passaggio al nuovo Ente dei soli "rapporti attivi e passivi nonchè dei diritti e dei beni dell'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazione".

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere al regolamento delle spese del presente giudizio posto che l'Agenzia del Demanio è rimasta intimata. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. n. 228 del 12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 23 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2019
Avv. Antonino Sugamele

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