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Sentenza

Ritardo progressione nella carriera. L'annullamento dell'atto amministrativo che...
Ritardo progressione nella carriera. L'annullamento dell'atto amministrativo che fa cessare illegittimamente la causa quali conseguenze determina?
T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 24-04-2019, n. 5178
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5240 del 2018, proposto da

F.B., rappresentato e difeso dall'avvocato Annamaria Santobuono, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Margherita Di Savoia, via Ix Marina, 5/A;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del decreto emesso dal Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare II Reparto - 6^ Divisione in data 08.06.2017 e di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali ad esso riferito e/o riferibili.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2019 la dott.ssa Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato in data 9 aprile 2018 e depositato il successivo 30 aprile, l'odierno esponente rappresentava quanto segue.

1.1 Il ricorrente esponeva di essere stato ammesso alla ferma di leva biennale con decorrenza giuridica 1 ottobre 1993 ed amministrativa 16 ottobre 1993 e di essere stato prosciolto d'autorità in data 12 febbraio 1994 e collocato in congedo illimitato. Avverso il provvedimento di proscioglimento, il B. proponeva ricorso al TAR Sicilia - Sez. Catania, che, nel rilevare il difetto di motivazione dell'atto, ne disponeva l'annullamento con sentenza n. 2035/1997.

In esecuzione di detta decisione, l'Amministrazione confermava, con atto del 7 ottobre 1998, il provvedimento di proscioglimento, riformulando la motivazione. Il ricorrente, pertanto, impugnava tale provvedimento dinanzi al TAR Sicilia - Sez. Catania che, con ordinanza n. 31 del 1999, ne sospendeva l'efficacia. In ottemperanza alla suddetta ordinanza, l'Amministrazione riammetteva con riserva il ricorrente dal 24 giugno 1999 fino al completamento della ferma biennale a suo tempo contratta.

Successivamente, il ricorrente chiedeva di partecipare al concorso per titoli a 960 posti per l'immissione nel ruolo dei volontari di truppa in servizio permanente della Marina Militare ma, con provvedimento del 3 maggio 2000, veniva escluso per carenza dei requisiti di cui all'art. 2 del bando di concorso. Con ordinanza cautelare n. 14695 del 2000, il TAR Sicilia - Sez. Catania sospendeva l'esecuzione del suddetto provvedimento ed il ricorrente veniva, pertanto, con decreto del 2 agosto 2001, immesso con riserva nel ruolo dei volontari di truppa in servizio permanente con decorrenza giuridica 18 novembre 2000. Con decreto direttoriale del 26 maggio 2005, il provvedimento di riammissione nonché l'immissione nel ruolo dei volontari di truppa in servizio permanente erano resi definitivi.

Il ricorrente, una volta immesso in servizio permanente a titolo definitivo, con decreto dirigenziale del 21 dicembre 2005, veniva promosso al grado di Sottocapo di 2^ classe con decorrenza giuridica e amministrativa 18 novembre 2001, ma veniva escluso dall'aliquota di avanzamento del 31 dicembre 2003 in quanto, con il decreto del 2 agosto 2001, era stato immesso con riserva, a titolo precario, in attesa della sentenza definitiva del TAR.

2. Tanto premesso, il ricorrente impugnava, chiedendone l'annullamento, il decreto emesso in data 8 giugno 2017 dal Ministero della Difesa. Per l'effetto, l'odierno esponente chiedeva la ricostruzione della propria carriera, sia giuridicamente che economicamente, nonché la restitutio ad integrum di tutti gli emolumenti stipendiali e le indennità retributive, contributive e previdenziali, anche ai fini pensionistici e in termini di riconoscimento del premio di congedamento mai corrisposto a far data dal 1 ottobre 1993. Chiedeva, infine, il risarcimento dei danni morali ed esistenziali nonché da perdita di chance.

Questi i motivi dedotti:

I. Violazione di legge e falsa applicazione della L. 24 dicembre 1986, n. 985 nonché del D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 196 e del D.Lgs. n. 66 del 2010 in relazione al (mancato) avanzamento e, quindi, progressione di carriera del militare B.F., ivi compresa la mancata partecipazione ai bandi di concorso interni per Marescialli M.M. e ai corsi di aggiornamento e formazione professionale riservato ai V.S.P. della M.M. da immettere nei ruoli deiSott.li della stessa F.A., nonché ruolo Sergenti CEMM e Sergenti CP, a causa ed in conseguenza di illegittimi provvedimenti adottati dalla Direzione Generale del Personale Militare, prontamente impugnati dinanzi al TR Sicilia e, tutti, puntualmente annullati.

L'Amministrazione procedente non avrebbe sanato le irregolarità sia a livello giuridico che economico relativamente al periodo di congedo illimitato, né quelle relative al periodo della ferma biennale né, infine, quelle relative al periodo di arruolamento. I provvedimenti emessi dall'Amministrazione avrebbero altresì fortemente danneggiato il ricorrente, compromettendo la sua partecipazione ai concorsi interni per Marescialli M.M.

II. Violazione di legge e segnatamente del principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. per non aver l'Amministrazione, a seguito dell'annullamento dei provvedimenti illegittimi anzitempo emessi in danno del militare B.F. proceduto alla ricostituzione della carriera, sia giuridicamente che economicamente, nonché al riconoscimento e conseguente attribuzione del grado superiore cui avrebbe avuto diritto se l'Amministrazione non avesse emesso gli illegittimi provvedimenti prontamente impugnati e tutti annullati dal TAR Sicilia- Sez. di Catania - Modalità di calcolo - Applicazione dell'art. 34, 4 comma D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

L'Amministrazione dovrebbe procedere alla ricostruzione della carriera del ricorrente, computando il periodo che va dal 20 gennaio 1994 al 23 giugno 1999 durante il quale il B. sarebbe stato ingiustamente congedato illimitatamente, con riconoscimento delle relative indennità stipendiali, contributive e previdenziali. In secondo luogo, l'Amministrazione dovrebbe rivalutare a titolo definitivo, sia giuridicamente che economicamente, il periodo che va dal 24 giugno 1999 al 15 marzo 2001 e quello dal 2 agosto 2001 al 17 novembre 2001 con riconoscimento e pagamento delle relative differenze retributive ed integrazioni stipendiali e indennità contributive e previdenziali, ad oggi mai corrisposte. Infine, dovrebbe essere attribuito al ricorrente il grado superiore rispetto a quello attuale. III. Eccesso di potere sotto i profili dell'incongruità e della carenza della motivazione, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, ingiustizia manifesta.

I provvedimenti del Ministero della Difesa sarebbero viziati sotto il profilo dell'eccesso di potere per incongruità e carenza di motivazione oltre che per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto e di ingiustizia manifesta. Il trattamento subito dal ricorrente avrebbe alterato le sue abitudini ed i suoi assetti relazionali. Al B. sarebbe stata impedita ingiustamente la partecipazione ai concorsi interni nonché la perdita del grado, con conseguente danno da perdita di chance.

3. In data 14 maggio 2018 il Ministero della Difesa si costituiva con atto meramente formale. In data 28 maggio 2018 l'Amministrazione resistente depositava memoria, eccependo preliminarmente l'irricevibilità per tardività dell'impugnazione ed inammissibilità del ricorso in quanto volto all'annullamento di un atto di natura non provvedimentale.

4. Con ordinanza cautelare n. 4266 del 12 luglio 2018 la Sezione respingeva l'istanza cautelare, non ravvisando il periculum in mora.

5. In data 15 ottobre 2018, l'Amministrazione depositava memoria, eccependo in via preliminare l'inammissibilità del ricorso per genericità della richiesta del premio di congedamento. Il ricorrente avrebbe beneficiato del concorso riservato al personale della Marina Militare per il transito nel servizio permanente, con conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'Amministrazione. Non potrebbe trovare, quindi, accoglimento la richiesta volta ad ottenere il premio in questione, atteso che esso spetta solo nell'ipotesi di congedamento assoluto del militare, ossia nel caso di cessazione completa di ogni rapporto di servizio con l'Amministrazione militare, mentre non compete nel caso in cui il rapporto con quest'ultima prosegua. In ogni caso, anche qualora si volesse ritenere sussistente il diritto al premio de quo, esso sarebbe comunque estinto per prescrizione quinquennale. Alla pubblica udienza del 15 aprile 2019 la causa veniva trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente il Collegio deve darsi carico di scrutinare le eccezioni in rito sollevate dall'Amministrazione resistente.

1.1 Il Ministero della Difesa eccepisce innanzitutto l'irricevibilità del ricorso per tardività dell'impugnazione.

1.1.1 L'eccezione è infondata.

1.1.2 L'Amministrazione della Difesa ha leso la posizione di diritto soggettivo vantata dal ricorrente, sorta a seguito dell'annullamento in sede giurisdizionale dei provvedimenti di proscioglimento e di esclusione. Non si controverte, pertanto, di interessi legittimi, con conseguente applicazione del termine di prescrizione e non di decadenza.

1.2. L'Amministrazione eccepisce, inoltre, l'inammissibilità del ricorso, in quanto volto all'annullamento di un atto di natura non provvedimentale.

1.2.1 L'eccezione deve essere disattesa.

1.2.2 L'atto impugnato è lesivo della sfera giuridica del ricorrente in quanto emesso dal Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare in riscontro all'istanza di ricostruzione di carriera inoltrata dal ricorrente in data 26 maggio 2017.

2. Nel merito, il ricorso è parzialmente fondato e può essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.

3. I motivi di ricorso, in quanto strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente.

Il ricorrente lamenta l'illegittimità del provvedimento impugnato quanto alla violazione e falsa applicazione della normativa sotto il profilo di una errata ricostruzione giuridica ed economica di carriera.

3.1 Quanto alla ricostruzione giuridica, osserva il Collegio che, secondo il recente orientamento della Sezione (TAR Lazio, Sez. I bis, 15 marzo 2019, n. 3489), "il dipendente pubblico che sia stato illegittimamente allontanato dal servizio ha diritto all'integrale ricostruzione della carriera, sia economica che funzionale, comprendendo tale diritto anche quello a ricevere la remunerazione relativa al periodo di tempo in cui il servizio non è stato prestato; tale principio, tuttavia, trova integrale applicazione solo quando l'allontanamento dal servizio sia stato tempestivamente impugnato e riconosciuto illegittimo in sede giurisdizionale, poiché una simile pronuncia, da una parte è ricognitiva della imputabilità alla Amministrazione della causa che ha impedito al dipendente di prestare l'attività lavorativa, d'altro canto è idonea a ricostituire ex tunc il rapporto di servizio, laddove l'allontanamento sia stato seguito da un provvedimento di destituzione o decadenza".

Nel caso di specie, il TAR Sicilia - Sez. Catania ha statuito l'illegittimità dei provvedimenti di proscioglimento e di esclusione, i quali sono stati tempestivamente impugnati dal ricorrente. Pertanto, il rapporto di servizio contratto dal B. si considera ricostituito ex tunc, a far data dal 20 gennaio 1994.

Il ricorso risulta, dunque, fondato limitatamente ai fini della ricostruzione giuridica della carriera del ricorrente.

3.2 Con riferimento alla ricostruzione economica di carriera, il ricorso si appalesa infondato, in quanto la giurisprudenza ha chiarito che "l'annullamento dell'atto amministrativo che fa cessare illegittimamente un rapporto di impiego pubblico (o ne ritarda la progressione) determina come conseguenza la reviviscenza del rapporto nella sua pienezza, quale si svolgeva o avrebbe dovuto svolgersi, con tutte le conseguenze di anzianità, di carriera e di retribuzione del ricorrente. In tal caso, spetta all'impiegato, avente diritto alla riammissione in servizio, la liquidazione delle retribuzioni in tutto o in parte ricevute a far data dalla sospensione cautelare, risalendo la naturale retroattività dell'effetto estintivo del rapporto di impiego per causa di destituzione - e così specularmente la reviviscenza del medesimo rapporto in caso di annullamento giurisdizionale della sanzione espulsiva - fin dall'epoca della disposta sospensione; non trova infatti applicazione il principio di corrispettività tra prestazione lavorativa e retribuzione ogni qualvolta la mancata prestazione dell'attività impiegatizia sia stata causata da un provvedimento riconosciuto giudizialmente illegittimo" (TAR Campania, Sez. V, 8 marzo 2016, n. 1249; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 24 settembre 2007, n. 8274; Cons. di St., Sez. V, 16 settembre 2004, n. 6053).

Nelle controversie inerenti il pubblico impiego, ed in particolare le assunzioni, la restitutio in integrum agli effetti economici (oltre che a quelli giuridici) spetta al pubblico dipendente solo nel caso di sentenza che riconosca l'illegittima interruzione di un rapporto di lavoro già in corso e non anche nel caso di diniego di costituzione del rapporto stesso (Cons. Stato, sez. III, 2 marzo 2015, n. 1029; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III 10 aprile 2002, n. 1978). Si ritiene, infatti, che il diritto alla retribuzione, in forza della natura strettamente sinallagmatica del contratto di lavoro, presuppone necessariamente l'avvenuto svolgimento dell'attività di servizio e che la piena reintegrazione del patrimonio del lavoratore deve reputarsi ammissibile solo in caso di illegittima interruzione di un rapporto di lavoro già in essere, ma non anche nel caso di illegittimo ritardo nella costituzione del rapporto di impiego stesso in quanto, in tale seconda fattispecie, spetta all'interessato solo il riconoscimento della medesima decorrenza ai fini giuridici attribuita a quanti siano stati nella medesima procedura nominati tempestivamente (Cons. Stato, Sezione VI, 26 novembre 2008, n. 826). Nel caso di specie, non spetta al ricorrente il pagamento delle retribuzioni non corrisposte, in quanto il TAR Sicilia - Sez. Catania non ha disposto l'annullamento di un atto che ha determinato la cessazione o l'interruzione del rapporto di impiego già in corso.

3.3 Conseguentemente, non può trovare accoglimento la richiesta di parte ricorrente volta ad ottenere il premio di congedamento, atteso che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, il suddetto premio spetta solo in caso di collocamento in congedo illimitato e per i soli concorrenti non idonei o non vincitori del concorso per il servizio permanente effettivo, avendo esso lo scopo di favorire il reinserimento nella vita civile dei soggetti che sono obbligati ad abbandonare il servizio militare senza aver conseguito alcun titolo a pensione (Cons. Stato, 30 settembre 2013; n. 4861; TAR Lazio, n. 4901 del 2007; n. 5426 del 2007; n. 13696 del 2007).

4. Il ricorrente chiede altresì il risarcimento dei danni morali, esistenziali e da perdita di chance.

4.1 Quanto al risarcimento dei danni morali ed esistenziali, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la domanda risarcitoria proposta avanti al giudice amministrativo è soggetta ai principi generali in tema di onere probatorio: chi la propone ha appunto l'onere di provare, in modo rigoroso, i fatti e gli elementi specifici che ne costituiscono fondamento, poiché si trova nella posizione migliore per poterlo fare, secondo la regola c.d. della vicinanza della prova (Cons. Stato, Sez. V, 11 maggio 2017, n. 2184; Sez. IV, 30 giugno 2011, n. 3887; Sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967). Di conseguenza, l'interessato deve provare in modo specifico il nesso causale tra il fatto dannoso ed il danno, l'elemento soggettivo della colpevolezza da parte del danneggiante, nonché l'esistenza del danno e la sua entità (Cons. Stato, Sez. V, 13 marzo 2017, n. 1139; Sez. IV, 7 settembre 2009, n. 5199).

Nel caso di specie, la domanda risarcitoria proposta dal ricorrente risulta generica e priva di supporti probatori. In altri termini, il Collegio rileva che l'odierno esponente non ha fornito prova del pregiudizio asseritamente patito.

4.2 Quanto al riconoscimento del danno da perdita di chance, deve rammentarsi che esso, per costante giurisprudenza presuppone "una rilevante probabilità del risultato utile" frustrata dall'agire illegittimo dell'amministrazione (Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 2013, n. 1403), non identificabile nella perdita della semplice possibilità di conseguire il risultato sperato, bensì nella perdita attuale di un esito favorevole, anche solo probabile (Cons. Stato, Sez. V, 27 dicembre 2017, n. 6088), se non addirittura - secondo più restrittivi indirizzi - la prova certa di una probabilità di successo almeno pari al cinquanta per cento (Cons. Stato, Sez. V, 25 febbraio 2016, n. 762) o quella che l'interessato si sarebbe effettivamente aggiudicato il bene della vita cui aspirava (Cons. Stato, Sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4822; Sez. V, 22 settembre 2015, n. 4431; 22 dicembre 2013, n. 6230). In altri termini, il risarcimento in parola può essere riconosciuto solo quando la "chance" perduta aveva la certezza o l'elevata probabilità di avveramento, da desumersi in base ad elementi certi ed obiettivi (Cass. civ., Sez. III, 10 dicembre 2012, n. 22376; Sez. lav., 11 ottobre 2017, n. 23862).

Nel caso di specie, l'odierno esponente non ha fornito la prova del danno prospettato in riferimento alla mancata possibilità di partecipare ai concorsi interni: difatti, il ricorrente asserisce di non aver potuto partecipare a ben 21 concorsi interni ma non specifica quali fossero.

5. Per le considerazioni svolte il ricorso risulta fondato e, di conseguenza, va accolto limitatamente alla domanda di ricostruzione giuridica di carriera.

6. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2019 con l'intervento dei magistrati:

Concetta Anastasi, Presidente

Rosa Perna, Consigliere, Estensore

Roberto Vitanza, Primo Referendario
Avv. Antonino Sugamele

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