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Sentenza

Soldato in servizio presso il 232° Reggimento Trasmissione di Avellino, mentre ...
Soldato in servizio presso il 232° Reggimento Trasmissione di Avellino, mentre era impegnato nell’operazione “Strade Sicure” in Roma, disperdeva n. 1 proiettile calibro 9 x 19 parabellum per pistola Beretta 92FS che gli era stato fornito dall’amministrazione militare per svolgere il servizio di vigilanza presso sede dell’Ambasciata Arabia saudita presso la Repubblica Italiana”.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6685 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
A.B., rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Fiore Tartaglia, domiciliato in via digitale presso la PEC del difensore come risultante da pubblici registri, con domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie D'Oro n. 266;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in via digitale pubblici registri e con domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

G.A., U, A. non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del provvedimento emanato dal Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – I Reparto – 2^ Divisione, notificato al ricorrente in data 4.5.2017, con il quale è stato comunicato al VFP1 B.A. il mancato accoglimento della sua domanda alla partecipazione al concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento, per il 2016, di 2.027 VFP4 nell'Esercito, nella Marina Militare, compreso il Corpo delle Capitanerie di Porto, e nell'Aeronautica Militare (Gazzetta Ufficiale – 4^ Serie Speciale – n. 13 del 16 febbraio 2016) – 2^ immissione in quanto il ricorrente sarebbe risultato imputato per delitto non colposo previsto dall'articolo 164 del Codice penale militare di pace e, pertanto, non avrebbe mantenuto fino alla data di effettiva ammissione alla ferma il possesso del requisito previsto dall'art. 2, comma 1, lettera e) del relativo bando e di conseguenza è stata disposta la sua esclusione dalla procedura concorsuale, ai sensi dell'art. 2, commi 3 e 4 e dell'art. 17, comma 1, lett. e) del relativo bando, nonché l'annullamento della prova di selezione a carattere culturale, logico deduttivo e professionale e l'accertamento della lingua inglese, le prove di efficienza fisica e gli accertamenti fisio psico attitudinali svolti dal ricorrente;

- della graduatoria di merito emanata dal Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – Il Vice Direttore Generale, recante prot. n. M_D GMIL REG2017 0295901 09-05-2017 contenente l'elenco dei vincitori alla 2^ immissione nell'Esercito del concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento, per il 2016, di 2.027 VFP4 nell'Esercito, nella Marina Militare, compreso il Corpo delle Capitanerie di Porto, e nell'Aeronautica Militare, indetto con il Decreto Interdirigenziale n. 23 dell'11 febbraio 2016 nella parte in cui non include il ricorrente nell'elenco degli idonei, nonché del relativo atto di approvazione della graduatoria;

- dall'art. 2, comma 1, lettera e) e dell'art. 2, commi 3 e 4 e dell'art. 17, comma 1, lett. e) del bando di concorso nell'interpretazione resa negli atti impugnati dall'Amministrazione, nonché di ogni altro atto collegato, presupposto o connesso;

per quanto riguarda il ricorso per motivi aggiunti:

- del provvedimento di collocamento in congedo illimitato per scadenza del periodo di ferma a firma del Comandante di Corpo del 232° Reggimento Trasmissioni datato 4.12.2017.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2018 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte ricorrente ha impugnato il provvedimento di esclusione dal concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento, per il 2016, di 2.027 VFP4, nell'Esercito, nella Marina Militare, compreso il Corpo delle Capitanerie di Porto, e nell'Aeronautica Militare, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4^ Serie Speciale – n. 13 del 16 febbraio 2016.

L'esclusione è stata adottata in quanto il medesimo ricorrente sarebbe risultato imputato per delitto non colposo previsto dall'articolo 164 del Codice penale militare di pace e, pertanto, non avrebbe mantenuto fino alla data di effettiva ammissione alla ferma il possesso del requisito previsto dall'art. 2, comma 1, lettera e) del relativo bando.

In particolare, parte ricorrente con domanda del 28 aprile 2016 ha chiesto di partecipare al concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento, per il 2016, di 2.013 VFP 4 nell'Esercito, nella Marina Militare e nell'Aeronautica Militare.

Nell'anno 2016 il ricorrente è stato coinvolto in un procedimento penale incardinato presso la Procura Militare di Roma e veniva indagato (Proc. Pen. n. 124/16 R.G.N.R.) in ordine al reato di “Dispersione di oggetti di munizionamento” (art. 164 c.p.m.p.), ricevendo, in data 17 marzo 2017, l'atto di citazione ai fini del rinvio a giudizio predisposto dalla Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale Militare di Roma, in quanto “Soldato in servizio presso il 232° Reggimento Trasmissione di Avellino, in data 10.04.2016 mentre era impegnato nell'operazione “Strade Sicure” in Roma, disperdeva n. 1 proiettile calibro 9 x 19 parabellum per pistola Beretta 92FS che gli era stato fornito dall'amministrazione militare per svolgere il servizio di vigilanza presso il sito “P106” denominato “sede dell'Ambasciata Arabia saudita presso la Repubblica Italiana” Roma via G. Pergolesi. Fatto avvenuto in Roma sino al 1.04.2016”;

Il ricorrente è stato, quindi, escluso dalla procedura concorsuale a prove già espletate ai sensi dell'art. 2, commi 3 e 4 e dell'art. 17, comma 1, lett. e) del bando concorsuale, con annullamento della prova di selezione a carattere culturale, logico deduttivo e professionale, e dell'accertamento della lingua inglese, delle prove di efficienza fisica e degli accertamenti fisio psico attitudinali svolti.

In sostanza, secondo l'Amministrazione il ricorrente avrebbe assunto la qualità di imputato dopo la presentazione della domanda ma prima della immissione in servizio permanente in violazione della previsione del bando di concorso ai sensi della quale non possono partecipare al concorso i soggetti imputati in procedimenti penali per delitti non colposi e tale requisito deve essere mantenuto dalla data di scadenza il termine di presentazione delle domande alla data di effettiva ammissione alla ferma quadriennale.

All'esito dell'udienza preliminare, tuttavia, veniva pronunciata dal G.I.P. sentenza di non luogo a procedere nei confronti del medesimo ricorrente perché il fatto non costituisce reato (Sentenza n. 41/2017 del Tribunale Militare di Roma).

Con decreto del 9 maggio 2017 veniva approvata la graduatoria di merito nella quale il ricorrente non veniva ricompreso.

Parte ricorrente nell'impugnare l'indicato provvedimento di esclusione e la relativa graduatoria di merito ha formulato il seguente articolato motivo di ricorso:

- Illegittimità per violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 1, lettera e), nonché dell'art. 2, commi 3 e 4 e dell'art. 17, comma 1, lett. e) del bando di concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento, per il 2016, di 2.027 VFP4 nell'Esercito, nella Marina Militare, compreso il Corpo delle Capitanerie di Porto, e nell'Aeronautica Militare (Gazzetta Ufficiale – 4^ Serie Speciale – n. 13 del 16 febbraio 2016) – 2^ immissione nell'interpretazione resa negli atti impugnati dall'Amministrazione; illegittimità e/o eccesso di potere per violazione degli artt. 1, 2, 3, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14 della L. n. 241/1990: violazione del principio del giusto procedimento e del contraddittorio procedimentale e difetto di motivazione; eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, contraddittorietà, errore sui presupposti, incongruità, arbitrarietà, ingiustizia manifesta, sviamento, violazione del principio di proporzionalità, disparità di trattamento, insufficienza di motivazione e carenza dei presupposti, omessa valutazione del contrapposto interesse del ricorrente; illegittimità dell'art. 2, comma 1, lettera e), nonché dell'art. 2, commi 3 e 4 e dell'art. 17, comma 1, lett. e) del bando di concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento, per il 2016, di 2.027 VFP4 nell'Esercito, nella Marina Militare, compreso il Corpo delle Capitanerie di Porto, e nell'Aeronautica Militare (Gazzetta Ufficiale – 4^ Serie Speciale – n. 13 del 16 febbraio 2016) – 2^ nell'interpretazione resa dall'Amministrazione per violazione degli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione e per illogicità, irragionevolezza, incongruità, incoerenza.

L'Amministrazione si è costituita in giudizio resistendo al ricorso e, tra l'altro, eccependo l'inammissibilità dello stesso per non aver il ricorrente impugnato il bando per la parte che ha comportato l'esclusione.

L'adito T.A.R., con ordinanza n. 4369/2017, ha accolto l'istanza sospensiva in funzione di riesame alla luce dell'intervenuto provvedimento di non luogo a procedere.

Con ordinanza n. 6479/2017 il medesimo T.A.R. ha nuovamente accolto l'istanza di sospensiva fissando per la trattazione di merito con la seguente motivazione: “la questione sottoposta all'esame del Collegio è stata oggetto di un orientamento inizialmente restrittivo, che ha trovato espressione nella sentenza 10943 del 27 agosto 2015, che è stata confermata, in appello, dal Consiglio di Stato con sentenza n. 629 del 14 febbraio 2017, osservando che “a nulla rileva l'assoluzione della ricorrente, sopravvenuta alla definizione della procedura concorsuale ed allo stesso provvedimento espulsivo: come correttamente evidenziato nell'impugnata sentenza e come sostenuto da granitica giurisprudenza, la legittimità di un atto amministrativo deve essere delibata in relazione alle circostanze di fatto e di diritto coeve alla sua emanazione (cfr., da ultimo, Corte cost. n. 49 del 9 marzo 2016), salve le future determinazioni amministrative; sotto tale angolazione non può essere seguito l'opposto principio espresso dalla isolata decisione di questa Sezione n.965 del 2015, pure ripetutamente invocato dalla difesa appellante”; successivamente, tuttavia, la Sezione ha mutato orientamento, con sentenza n. 13098/15, nonché, sulla base di un'approfondita analisi della posizione giuridica del soggetto sottoposto ad indagini, con sentenza n. 11281/2016 e n. 8065 del 31 maggio 2017, alle quali si fa integrale rinvio”.

L'amministrazione ha, quindi, adottato un provvedimento di collocamento in congedo illimitato per scadenza del periodo di ferma datato 4.12.2017, impugnato dalla parte ricorrente con ricorso per motivi aggiunti, deducendo, fra l'altro, l'illegittimità derivata e la violazione delle suindicate ordinanze cautelari.

L'adito T.A.R., con ordinanza n. 1063/2018, ha accolto l'istanza sospensiva, avendo “ritenuto che il ricorso per motivi aggiunti appare assistito da sufficiente fumus boni iuris sotto il profilo di censura dell'illegittimità derivata”.

Il ricorrente è stato quindi ammesso con riserva al concorso e collocato, sempre con riserva nella posizione 17 bis nella graduatoria di merito e l'Amministrazione ha indicato che lo stesso sarebbe stato convocato per l'ammissione con riserva, alla ferma prefissata quadriennale nell'Esercito, e incorporato con i vincitori dell'analogo concorso bandito per l'anno 2017, secondo le modalità che saranno indicate dalla Forza Armata.

Con ordinanza n. 5543/2018 è stata disposta l'integrazione del contraddittorio, che è stata curata da parte ricorrente.

DIRITTO

1) Il ricorso introduttivo si palesa fondato.

In via preliminare si deve rilevare l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità formulata dall'Amministrazione per la mancata immediata impugnativa del bando e, in particolare, delle previsioni di esclusione in caso di assunzione della qualità di imputato (art. 2, comma 1, lettera e) e dell'art. 2, commi 3 e 4 e art. 17, comma 1, lett. e).

Al di là della questione dell'effettività valenza escludente della clausola nei confronti del ricorrente, peraltro smentita da quando si argomenterà in sede dell'esame di merito del ricorso, il Collegio rileva come il bando sia stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4^ Serie Speciale – n. 13 del 16 febbraio 2016 e il ricorrente ha presentato domanda il 28 aprile 2016.

L'atto che eventualmente avrebbe fatto acquisire la qualità di imputato al ricorrente, ovverosia l'atto di citazione a giudizio predisposto dalla Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale Militare di Roma è del 17 marzo 2017, ovverosia successivo alla data di presentazione della domanda.

Parte ricorrente non avrebbe avuto motivo, né interesse, quindi a impugnare immediatamente il bando in quanto al momento della domanda non sarebbe comunque rientrato nella causa di esclusione, qualunque fosse stata l'interpretazione dell'Amministrazione delle relative clausole della lex specialis del concorso.

Le clausole del bando in questione sono state comunque puntualmente impugnate con il presente ricorso, considerata l'interpretazione data loro dall'Amministrazione.

2) Nel merito le censure si palesano fondate, come peraltro già indicato nell'ordinanza cautelare n. 6479/2017 sulla sussistenza del fumus boni iuris a seguito della più recente giurisprudenza di questa Sezione.

In buona sostanza, la parte ricorrente, dopo aver presentato la domanda di partecipazione al concorso, è stata oggetto di una richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale Militare di Roma e successivamente è stata prosciolta in sede di udienza preliminare dal G.I.P. che ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato.

L'amministrazione ha disposto l'esclusione dell'interessato dalla procedura concorsuale, quale conseguenza dell'aver acquisito lo status di imputato, ai sensi dell'art. 60 c.p.p., a seguito della richiesta di rinvio a giudizio avanzata nelle more della procedura concorsuale.

L'interessato, quindi, come già indicato nella parte in fatto, non avrebbe mantenuto il requisito previsto a pena di ammissibilità dal bando di concorso, risultando imputato in un procedimento penale per delitto non colposo.

Al riguardo, anche l'art. 635, comma 1, lett. g), del Codice dell'ordinamento militare prevede che sia impeditivo al reclutamento nelle Forze armate non solo l'essere stati “stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna” ma anche l' “essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”.

In punto di diritto si tratta di interpretare, anche alla luce dei principi costituzionali coinvolti, l'art. 635 lett. g), cod. ord.mil. e della conseguente lex specialis, nel peculiare contesto amministrativo.

Al riguardo, il Collegio rileva come si debba dare seguito alla recente giurisprudenza di questa sezione (sentenze n. 8065/2017, n. 12224/17 e, da ultimo, 28 marzo 2018, n. 3417), osservando come lo status di imputato, previsto dalla normativa di cui all'art. dell'art. 60 c.p.p. e costituente motivo di esclusione dal concorso, non può essere pedissequamente mutuato dal significato proprio dell'ordinamento penale, perché, in tale contesto, l'istituto ha una funzione di garanzia dei diritti del cittadino, mentre tale nozione introdotta, senza i necessari correttivi nel giudizio amministrativo, avrebbe una funzione opposta, pregiudicando oltremodo il cittadino, facendo, cioè, prevalere una esigenza amministrativa di immissione nei ruoli militari di persone immune da pregiudizi penali attraverso un mero riscontro formale.

Ciò comporta un possibile e irreversibile pregiudizio del cittadino, sia per essere stato oggetto di un procedimento penale, nel caso in cui l'esito finale ha smentito l'originaria ipotesi investigativa, che per la perdita di chance di ottenere una attività lavorativa.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha fornito risposte non uniformi sul punto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 964; 26 febbraio 2015, n. 965; contra, per tutti : Cons.St., Sez. IV, 1° dicembre 2017, n. 5626).

All'esito di tali considerazioni il Collegio ritiene, proprio alla luce del bilanciamento degli interessi e dei principi costituzionali coinvolti nella presente vicenda, che la richiesta di decreto di rinvio a giudizio del pubblico ministero, considerato dalla p.a. per l'adozione del provvedimento di esclusione del ricorrente, non possa costituire lo status di imputato ai fini amministrativi.

La mera trasposizione terminologica del concetto di imputato dal sistema penale in quello amministrativo, proprio per le differenti ed antitetiche finalità che l'istituto persegue nei due ordinamenti, comporta una diversa attività ermeneutica che non si limiti ad una mera ricostruzione formale, ma, in relazione alla ratio della norma, penetri il suo reale significato costituzionalmente orientato.

Pertanto, il Collegio ritiene che il concetto di imputato, indicato dall'art. 60 del c.p.p., rubricato proprio : “ assunzione della qualità di imputato” ed il cui articolato prevede sei ipotesi in cui tale status si acquista, non possa essere, nel sistema amministrativo, mutuato in senso letterale.

E' proprio la finalità e la funzione dell'istituto nel contesto processual-penalistico che non consente, per le ragioni che di seguito si esporranno, tale trasferimento formale nel contesto amministrativo.

La connotazione prevalente e prioritaria dell'istituto in ambito penale non è solo quella morfologica e/o formalistica, ma assume un peculiare significato in termini di garanzia e di salvaguardia dei diritti della persona.

Infatti, è lo stesso art. 61 del codice di rito che, estendendo le garanzie ed i diritti dell'imputato all'indagato, implicitamente riconosce la essenziale ed imprescindibile funzione di garanzia che l'istituto in questione sottende.

In altri termini allo status di imputato inferiscono peculiari e significative tutele inderogabili e non comprimibili.

Né il legislatore penale attribuisce all'indicato istituto una valenza negativa, come, invece, emerge dalle previsioni normative in tema di accesso nelle Forze armate.

Pertanto, trasferire nel contesto amministrativo l'istituto in questione in forza del solo aspetto nominalistico, costituisce, a parere del Collegio, una forzatura sistematica.

I diversi interessi, anche di natura costituzionale, coinvolti nella vicenda amministrativa impongono, proprio per una lettura della norma teleologicamente orientata, adeguati adattamenti ermeneutici funzionali alla ratio della stessa, che è quella di impedire l'ingresso nella compagine militare di aspiranti i cui precedenti comportamenti sono connotati da sicuro disvalore sociale (condanna penale), ovvero da una valenza penalistica altamente probabile (imputati).

Ora, la disamina dell'art. 635 cit. evidenzia che il legislatore, consapevole dei delicati interessi in gioco, non si è accontentato, per la esclusione dei candidati, della mera iscrizione del fatto reato nel registro di cui all'art. 335 c,p,p,, ma ha richiesto l'esistenza di fatti di rilevanza penale aventi una obiettiva consistenza debitamente documentata.

La evenienza paradigmatica e di sicura portata escludente è la condanna penale, proprio perché il giudizio è un actus trium personarum, in cui la imputazione, nei termini come formulata dal pubblico ministero, è vagliata e ponderata da un soggetto terzo.

Ora, anche lo status di imputato quale condizione escludente, deve, nel contesto amministrativo, seguire tale prospettiva.

La disamina delle sei ipotesi indicate dall'art. 60 c.p.p., consente di formulare alcune essenziali osservazioni proprio in relazione al modello di processo penale sopra riportato.

Infatti, ad eccezione della prima e della quarta ipotesi, le altre prevedono l'acquisizione dello status di imputato senza la intermediazione ed il vaglio del fatto, asseritamente reato, da parte del giudice.

In realtà, anche la prima e la quarta ipotesi, invero, risentono della precipua funzione di garanzia dell'istituto perché anticipano l'acquisto dello status di imputato ad una fase antecedente allo scrutinio del giudice.

In particolare nella prima ipotesi (assume la qualità di imputato … la persona alla quale è attribuito il reato nella richiesta di rinvio a giudizio…), la successiva valutazione del giudice può condurre anche alla dichiarazione di non luogo a procedere (art. 425 c.p.p.), così che l'originaria qualifica di imputato si estingue prima e fuori dal processo.

Lo stesso dicasi anche nella ipotesi di applicazione della pena a norma dell'art. 447.

In tal caso il dissenso del giudice comporta la caduta dell'imputazione, così che gli atti tornano al requirente ed il soggetto riacquista lo status di indagato, impregiudicato ogni successivo esito del procedimento.

Allora, l'interpretazione corretta e sistematica dell'istituto in questione come trasportato nel contesto amministrativo, non può prescindere dalla disamina del fatto asseritamente reato ad opera di un soggetto terzo che preliminarmente valuti le prove al riguardo raccolte come idonee a sostenere l'accusa (art. 425 c.p.p.).

Quindi il concetto di imputazione utilizzabile in ambito amministrativo è necessariamente diverso, o meglio, ridotto rispetto a quello penale, proprio perché in tale ambito risultano significativi i principi costituzionali sopra ricordati che possono essere compressi previo un necessario ed approfondito bilanciamento dei contrapposti interessi.

In altre parole, solo quando il fatto contestato ed oggetto di scrutinio penale, è stato preventivamente valutato da un giudice terzo che ha ritenuto sussistente il fumus del commissi delicti da parte del candidato, tale misura appare adeguata e prevalente sulle personali esigenze, anche costituzionalmente tutelate.

Allora la previsione normativa di cui all'art. 635 cit. risulta, nei termini ermeneutici sopra ricordati, coerente con il sistema.

Vi è da segnalare, per completezza espositiva, che nel caso di adozioni di misure cautelari disposte dall'autorità giudiziaria, ovvero da questa validate in caso di arresto in flagranza o fermo di p.g., esse non comportano, a differenza dell'art. 78 del codice di procedura penale del 1930, l'assunzione della qualità di imputato, malgrado il fatto reato sia stato, sia pure interinalmente, scrutinato da un giudice terzo.

Si arriva così al paradosso, conseguente ad una interpretazione formale della norma in esame, l'emissione del Decreto penale di condanna comporta l'acquisizione dello status di imputato e quindi l'esclusione dal concorso, mentre l'adozione di una misura cautelare, anche per gravi reati, non determina alcuna esclusione automatica.

Ciò conforta l'orientamento espresso dalla sezione circa la esclusione di una automatica attività escludente del candidato sulla base dei riferimenti pena processualistici.

Pertanto, nel caso di specie, il ricorrente risulta imputato e, quindi, escluso dal concorso in forza della sola richiesta di rinvio a giudizio della Procura Militare della Repubblica.

Si tratta, cioè, di una ipotesi accusatoria prodromica al vaglio del giudice.

Sul punto un'ultima considerazione.

Il codice di rito del 1989 ha sensibilmente ed incisivamente modificato la tradizione struttura inquisitoria del processo penale trasformandolo in una articolazione accusatoria: un processo di parti contrapposte ed equiordinate.

L'Ufficio del pubblico ministero è, nell'attuale sistema, uno dei soggetti del processo e, contestualmente, una parte dello stesso, cui sono assegnati significativi e singolari poteri finalizzati a sostenere l'accusa in giudizio.

Inoltre, la struttura gerarchica (attenuata) dell'Ufficio mal si concilia , pertanto, con la funzione di valutazione dei fatti secondo parametri di terzietà.

E' significativo che sinanche la posizione dei rispettivi banchi ( accusa e difesa) ha subito, nella scenografia dell'aula di udienza, una metamorfosi imponendo soluzioni simmetriche ( art. 146 disp. Att. cpp).

Allora, il concetto di imputato, cui consegue la esclusione del candidato, richiede una più attenta valutazione e deve essere attestato solo quando sul fatto è intervenuto il giudizio di un giudice terzo.

Una ultima notazione.

E' noto e non merita peculiari argomentazioni il fatto che è obbligo del Collegio quello di provvedere, prima di sollevare la questione di legittimità costituzionale, in questo caso dell'art. 635 cit. per manifesta contrarietà con l'art. 27, 97 e 3 della Carta, provvedere a sperimentare una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione censurata, proprio in ossequio al principio per cui una disposizione di legge può essere dichiarata costituzionalmente illegittima solo quando non sia possibile attribuire un significato che la renda conforme ai parametri costituzionalmente invocati.

Diversamente la questione sottoposta alla Corte sarebbe diretta, non già a risolvere un dubbio di legittimità costituzionale, ma a confortare l'interpretazione proposta (Corte Cost., Ord. n. 92/2015).

Non solo. L'invio alla Corte risulta poi inammissibile, quando, come nel caso di specie, sussistono indirizzi giurisprudenziali non stabilizzati circa la esatta definizione dell'art. 635 cit..

Pertanto, ritiene il Collegio, che uniformare il significato dell'istituto della imputazione nei diversi Ordinamenti penale ed amministrativo, costituisca una omogeneizzazione non consentita, atteso, proprio, il diverso percorso teleologico che connota i due Ordinamenti.

Né tale operazione risulta eccentrica, atteso che tale processo è comune nell'Ordinamento, come, ad esempio, il diverso significato del termine dolo nel contesto civile ed in quello penale.

3) Quanto al ricorso per motivi aggiunti, avverso il collocamento in congedo illimitato per scadenza del periodo di ferma, lo stesso si palesa fondato per illegittimità derivata in quanto basato e nei limiti in cui vertente sul provvedimento di esclusione, con conseguente annullamento dell'atto gravato.

4) Per le ragioni sopra esposte, il ricorso principale deve essere accolto e, conseguentemente, deve essere annullato l'atto escludente in questa sede contestato, così come deve essere accolto il ricorso per motivi aggiunti per illegittimità derivata.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Stante la peculiarità della vicenda e la non univocità degli orientamenti giurisprudenziali, il Collegio ritiene sussistano gravi ed eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e su quello per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie nei termini di cui in motivazione.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare ………….

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Concetta Anastasi, Presidente

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore

Roberto Vitanza, Primo Referendario

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
Fabrizio D'Alessandri		Concetta Anastasi
 		
 		
 		
 		
 		

IL SEGRETARIO
Avv. Antonino Sugamele

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