Capitano di Fregata chiede danni quale conseguenza della condotta tenuta dall'Amministrazione Militare, che avrebbe, illegittimamente, escluso il ricorrente dalla procedura di cui al bando di concorso per posizioni di Material Support Manager con sede presso NAHEMA (Aix en Provence - Francia).
T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., (ud. 20-04-2020) 22-06-2020, n. 6908
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15109 del 2018, proposto da
F.M., rappresentato e difeso dagli avvocati Guglielmo Calcerano e Valerio Impellizzeri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Valerio Avv. Impellizzeri in Roma, via Giovanni Vitelleschi n. 26;
contro
Ministero della Difesa, Stato Maggiore della Difesa, Stato Maggiore della Marina non costituiti in giudizio;
nei confronti
F.C. non costituito in giudizio;
per l'accertamento del diritto al risarcimento danno patrimoniale e non patrimoniale, subìto e subendo dal Capitano di Fregata F.M. quale conseguenza della condotta tenuta dall'Amministrazione Militare, che ha, illegittimamente, escluso l'odierno ricorrente dalla procedura di cui al bando di concorso per posizioni a "status internazionale" presso la NATO, per la copertura di due posizioni nella qualità di "Material Support Manager" (p.o. 2230, grado A4-C.F.) da svolgere presso NAHEMA (Aix en Provence - Francia), nonché per il risarcimento del danno da ritardo ex art. 2 bis L. n. 241 del 1990.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2020 il dott. Roberto Vitanza;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Il ricorrente, ufficiale superiore della Marina militare, con il presente ricorso giurisdizionale ha chiesto il risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale in conseguenza alla violazione, da parte della p.a., della procedura selettiva per la copertura della posizioni di "Material Support Manager" con sede presso NAHEMA (Aix en Provence - Francia).
L'indicato organismo internazionale, infatti, ha partecipato alla Amministrazione Militare nazionale la necessità di ricoprire il posto sopra indicato.
La p.a. avrebbe, pertanto, dovuto segnalare due candidature per la copertura della posizione oggetto di selezione, la cui successiva valutazione e scelta era, poi, affidata all'organismo internazionale sopra riportato.
Il ricorrente ha presentato domanda per partecipare all'indicato interpello.
Tale procedura è rimasta riservata e sconosciuta, non avendo la p.a. pubblicato la graduatoria relativa alla indicata selezione.
Il predetto ricorrente ha appreso, in seguito all'accesso agli atti, che l'amministrazione aveva inviato una sola candidatura in quanto aveva ritenuto che il ricorrente non aveva assolto agli obblighi giuridici richiesti.
Il militare, pertanto, è insorto con ricorso giurisdizionale con il quale ha reclamato il risarcimento di tutti i danni conseguenti alla mancata segnalazione.
La p.a. non si è costituita in giudizio.
Alla udienza del giorno 20 aprile 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Osserva il Collegio.
La parte ha dimostrato, per tabulas, il possesso dei requisiti giuridici richiesti per essere scrutinato dall'organismo internazionale.
Il Collegio ignora se, all'indicato interpello, avevano risposto altri ufficiali, in ogni caso non avendo la p.a. inteso costituirsi nel presente procedimento, così da rappresentare eventuali altri impedimenti per la mancata segnalazione, il comportamento tenuto dalla p.a. deve essere valutato a mente dell'art. 64 cpa, così che si può affermare l'assenza di ulteriori istanze e/o impedimenti per la partecipazione del ricorrente alla riportata selezione, con conseguente obbligo per l'amministrazione di indicare, all'organo internazionale, anche il nominativo del ricorrente.
Ne consegue che il comportamento tenuto dalla p.a. risulta, all'evidenza, illegittimo proprio perché in violazione della richiesta avanzata dall'organismo internazionale, ha provveduto a segnalare, senza alcuna formale giustificazione, anzi affermando, contrariamente al vero, l'assenza, in capo all'ufficiale, dei requisiti richiesti, così da segnalare un unico candidato al posto dei due richiesti.
Ciò detto, risulta, pertanto, provato il comportamento illegittimo della p.a..
Con la presente azione giudiziaria, la parte ricorrente, in primo luogo, ha reclamato il risarcimento del danno patrimoniale, dallo stesso quantificato con riferimento, sia a tutte le indennità forfettariamente previste per l'impiego in ambito NATO, che agli aumenti stipendiali previsti.
E' opportuno rilevare che il concetto di indennità presuppone e si riferisce al solo ristoro per le effettive spese sostenute dal militare ( abitazione, spese di viaggio, istruzione ecc) che, nel caso di specie, non sono state sopportate e che pertanto non possono essere liquidate.
Né la parte ha provato l'eventuale esistenza di altri pregiudizi patrimoniali collegati alla vicenda in argomento.
Quanto agli aumenti della retribuzione mensile, conseguente al maggior onere per il servizio all'estero ed indicati nel 12% dello stipendio base, più un ulteriore 8%, da corrispondere al termine del servizio è necessario precisare che, in disparte il fatto che tale aumento stipendiale è connesso, come detto, all'effettivo svolgimento dei compiti istituzionali all'estero, lo stesso secondo la previsione regolamentare, doveva essere corrisposto al termine dell'impiego all'estero, per cui, allo stato, l'istanza risarcitoria difetta, anche, dell'attualità del pregiudizio conseguente al credito reclamato.
Infine, con riferimento al danno non patrimoniale, il cui risarcimento è stato chiesto dal ricorrente con la presente azione, è necessario osservare quanto segue.
E' pacifico che la p.a. non ha segnalato l'ufficiale, pur in possesso dei titoli prescritti, per la successiva valutazione ad opera dell'organismo internazionale.
Si tratta, all'evidenza, della violazione degli obblighi contrattuali della p.a. connessi al rapporto di servizio in essere con il militare e, pertanto, tale omissione deve collocarsi nell'ambito della responsabilità contrattuale della p.a..
L'opinione prevalente, sia in dottrina, che nella giurisprudenza di legittimità, era che il danno non patrimoniale conseguente all'inadempimento delle obbligazioni non era risarcibile.
L'ostacolo era ravvisato nella mancanza, nella disciplina della responsabilità contrattuale, di una norma analoga all'art. 2059 c.c., dettato in materia di fatti illeciti.
La necessità di superare tale limite è stata avanzata dalla giurisprudenza con la tesi del cumulo delle azioni, contrattuale ed extracontrattuale (cass.sent. n. 2975/1968; n. 8656/1996).
In realtà, solo attraverso la successiva interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., si è potuto affermare che, anche nella materia della responsabilità contrattuale, è dato il risarcimento dei danni non patrimoniali ( cass. n. 10490/2006).
Ciò detto, il comportamento tenuto dalla p.a. costituisce, certamente, un inadempimento contrattuale, causa immediata del pregiudizio non patrimoniale lamentato dal ricorrente ed al primo collegato da un evidente nesso causale.
Per la individuazione di un tale pregiudizio, la giurisprudenza, da tempo, ha superato il concetto di danno non patrimoniale quale sofferenza contingente, turbamento dell'animo transeunte, determinati da fatto illecito integrante reato, per approdare ad una concezione più ampia comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona ( Cass. nn.8827 e 8828 del 2003)
È necessario precisare : la Cassazione (cfr. Corte cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. 7513 del 27/03/2018; id. Sez. 3 -, Ordinanza n. 23469 del 28/09/2018, in continuità con le sentenze gemelle nn.8827 e 8828 citate), così come la Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 233 del 2003) hanno riconosciuto il carattere unitario del danno non patrimoniale, quale categoria giuridica distinta da quella del danno patrimoniale, dovendosi ricondurre ad essa tutte le diverse e molteplici "voci" di pregiudizio elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza (danno estetico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, ecc.) che non richiedono uno specifico ed autonomo statuto risarcitorio (e cioè una differente metodologia dei criteri di liquidazione per equivalente), ma possono -se fondate su circostanze di fatto oggettivamente apprezzabili- venire in considerazione in sede di "adeguamento" del risarcimento al caso specifico, laddove il danneggiato abbia allegato e dimostrato aspetti peculiari della fattispecie che impongano, nella attività di "aestimatio", di derogare alla applicazione dei criteri "standard" apprestati dalle Tabelle di liquidazione del danno biologico comunemente in uso presso gli Uffici giudiziari (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 24864 del 09/12/2010).
Nel caso, come quello in esame, in cui non sussiste una lesione della integrità psicofisica, peraltro non rappresentata, né provata nei motivi di ricorso, esiste solo una lesione al diritto al lavoro, inteso in senso ampio, anche quale concreta applicazione ed assegnazione a particolari mansioni, secondo le proprie possibilità e la propria scelta ( art. 4 cost.), per cui non è neppure astrattamente ipotizzabile l'adozione di parametri di risarcimento standardizzati.
Nondimeno, nella presente vicenda, il nocumento morale patito dal ricorrente deve imputarsi alla lesione di un diritto fondamentale ( diritto al lavoro) costituzionalmente garantito.
La Cassazione di Cassazione ha, da tempo, superato il rigido criterio letterale individuato nel combinato disposto di cui agli artt. 2059 cc e 185 cp ed ha ricondotto la possibilità del risarcimento alla violazione dei diritti sanciti dalla Carta ( Cass. sent. nn.26972, 26973, 26974, 26975 del 2008), con esclusione dei soli pregiudizi c.d. bagatellari.
Il risarcimento è subordinato alla prova del nocumento affermato, prova che può essere offerta anche attraverso semplici presunzioni (Cass. civ., sez. lav., 19 dicembre 2008, n. 29832).
Si deve premettere che la rappresentata ingiustizia ed il conseguente nocumento al diritto fondamentale del ricorrente riveste carattere permanente e non transitorio, proprio in ragione della definizione della procedura selettiva, in uno con il superamento del normale livello di tollerabilità.
Nella quantificazione del danno non patrimoniale si deve dar conto di una tesi, seppur minoritaria, prospettata dal giudice di legittimità che ha individuato il criterio per precisare il risarcimento del danno non patrimoniale nella realtà socio-economica del danneggiato ( Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2000, n. 1637).
In realtà, tale orientamento, apertamente osteggiato dai giudici di merito ( cfr per tutti : Tribunale di Torino, IV Sezione Civile n. 4932 del 20 luglio 2010), non è condiviso neppure dal Collegio, proprio perché risulta contrario al principio di uguaglianza.
Quindi, la traduzione, in termini monetari del nocumento morale, deve pertanto essere ricavata secondo una valutazione di carattere equitativo che tenga conto, attraverso un processo induttivo e presuntivo del pregiudizio morale sofferto e delle conseguenti frustrazioni sopportate in relazione all'altrui comportamento ingiusto nei termini indicati dall'art.1226 Codice Civile, per cui: "Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal Giudice con valutazione equitativa".
Si tratta di un procedimento obiettivamente approssimativo, le cui ragioni devono essere rappresentate e contemperate con il principio per cui il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre.
"Il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza (Cass. n. 8827 e n. 8828/2003; n. 16004/2003), che deve essere allegato e provato" ( Cass. Sez. U, Sentenza n. 26972 del 2008) anche, come detto, attraverso presunzioni:" il ricorso alla prova presuntiva è destinato ad assumere particolare rilievo, e potrà costituire anche l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore agli altri (Cass., sent. n. 9834/2002).
Emerge dalla documentazione versata in atti che il ricorrente aveva titolo per essere designato dall'amministrazione di appartenenza e, secondo il principio del più probabile che non, i precedenti professionali risultavano superiori a quelli del candidato segnalato.
Né può sottovalutarsi che tale incarico, ai fini professionali e di sviluppo di carriera, avrebbe costituito un pregevole attestato, per cui il nocumento morale, in questo caso patito dal ricorrente, è stato sicuramente dimostrato.
L'illegittimità del comportamento della p.a. emerge chiaro dal fatto che era precipuo obbligo della p.a. quello di segnalare, all'organismo internazionale, anche il ricorrente.
Pertanto il risarcimento del danno non patrimoniale, secondo la sua formulazione unitaria, deve essere quantificato in termini equitativi che il Collegio reputa dover individuare, complessivamente, in Euro 5.000,00 ( cinquemila).
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale.
Condanna la p.a al risarcimento del danno non patrimoniale che, equitativamente, quantifica in Euro 5.000,00 ( cinquemila).
Condanna la p.a. al pagamento delle spese di lite che complessivamente quantifica in Euro 2.500,00 ( duemilacinquecento), oltre Iva, cpa e spese generali.
Ordina alla Segreteria di trasmettere copia della presente Sentenza alla competente Procura della Corte dei Conti per quanto di competenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall'art. 84, comma 6, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Rosa Perna, Consigliere
Roberto Vitanza, Consigliere, Estensore
27-06-2020 16:25
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