Due sottufficiali (uno Presidente del Circolo Sottoufficiali e l'altro Direttore della Mensa del Circolo) condannati per truffa aggravata in concorso (dichiarata estinta in Cassazione per prescrizione) e per peculato militare aggravato in concorso .
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-10-2020) 15-12-2020, n. 35843
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Mariastefania - Presidente -
Dott. BIANCHI Michele - Consigliere -
Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio - Consigliere -
Dott. ROCCHI Giacomo - rel. Consigliere -
Dott. MAGI Raffaello - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
N.R., nato a (OMISSIS);
D.F.R., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/06/2019 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIACOMO ROCCHI;
udito il Pubblico Ministero che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
L'avvocato BRIGANTE NUNZIA M. del foro di REGGIO CALABRIA in difesa di D.F.R. anche in qualità di sostituto processuale dell'avvocato BRANCATO MARIO LUCIANO del foro di CATANIA, nomina depositata all'odierna udienza, in difesa di N.R. conclude insistendo sui motivi di ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte Militare di appello, in parziale riforma di quella emessa dal Tribunale militare di Napoli nei confronti di N.R. e D.F.R., ritenute prevalenti le attenuanti generiche sulla contestata aggravante, rideterminava la pena e concedeva agli imputati i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, confermando nel resto la sentenza impugnata.
N.R. e D.F.R., entrambi in servizio presso l'Arsenale della (OMISSIS), N. quale Presidente del Circolo Sottoufficiali e D.F. Direttore della Mensa del Circolo, sono stati condannati per truffa aggravata in concorso (capo 1 dell'imputazione), ai sensi dell'art. 234 c.p.m.p., commi 1 e 2, art. 47 c.p.m.p., n. 2 e art. 110 c.p., nonchè di numerosi episodi di peculato militare aggravato in concorso e R. di ulteriori episodi di peculato militare aggravato (capi da 2 a 27).
La truffa era consistita nel produrre documentazione intestata a D.F. al fine di permettere lo svolgimento di una manifestazione privata a persona non avente titolo all'uso dei locali del circolo nonchè di avere annotato il versamento della somma di Euro 238,45, mentre la effettiva utilizzatrice dei locali aveva versato ai due imputati quella di Euro 500 - 600, con la conseguente appropriazione della differenza.
I vari episodi di peculato discendevano dalla messa a disposizione della sede del Circolo a persone che non potevano usufruirne con appropriazione delle somme versate, resa possibile dall'omessa registrazione dell'evento e degli importi nella contabilità dell'Ente. L'istruttoria dibattimentale aveva dimostrato che pochissime feste tenute nel Circolo erano state registrate e che i pagamenti avvenivano in contanti, senza il rilascio di alcuna ricevuta. Quando erano registrate, invece, le somme versate erano registrate in misura inferiore.
Il Tribunale militare aveva ritenuto inconsistenti le giustificazioni degli imputati, secondo cui, per rapidità, gli eventi venivano registrati sul registro della mensa, scaricando le somme ricevute attraverso i bollini, sottolineando il mancato rilascio delle ricevute.
Nell'atto di appello, la difesa di N. aveva sostenuto che le condotte contestate costituivano, al più, irregolarità amministrative e non violazioni penalmente rilevanti; N. non aveva ricevuto alcuna somma in contante. Si rivendicava la bontà della registrazione nel registro della mensa tramite il sistema dei bollini e si sottolineava che tutta la documentazione che era stata formata era andata smarrita.
Anche la difesa di D.F. aveva chiesto l'assoluzione dell'imputato per insussistenza del fatto. In particolare, con riferimento ai singoli capi di imputazione, aveva evidenziato che le annotazioni sul registro della cassa della mensa erano compatibili con le somme che i capi di imputazione indicavano essere state versate, detratte le spese sostenute.
Il sistema dei bollini - in base al quale gli ospiti dell'evento risultano fruitori della mensa e l'incasso rappresentato dai bollini corrispondeva alla somma ricevuta dagli organizzatori dell'evento, decurtate dalle spese sostenute - era stato voluto da N. per velocizzare le pratiche e perchè, in mancanza di POS, i pagamenti avvenivano comunque in contanti. Il denaro e le ricevute delle spese venivano chiusi in cassaforte e successivamente lavorati dall'economo del circolo. La difesa insisteva sull'inesistenza della truffa, atteso che, in quell'occasione, parte della somma ricevuta era stata registrata sul registro degli eventi e altra parte sul registro della mensa.
Secondo la Corte territoriale i due imputati, per le loro qualità, avevano funzioni amministrative e poteri certificativi.
Esistevano due registri: quello degli eventi e quello della mensa. Per le manifestazioni private era prevista una serie di attività e di documentazione: il Direttore della mensa doveva predisporre un preventivo delle spese, che doveva essere firmato da lui, dal tesoriere e dal Presidente del Circolo e che doveva riportare, in calce, la ricevuta attestante il pagamento dell'intera somma come preventivata. Nel caso in cui il pagamento fosse avvenuto irregolarmente in contanti, l'importo corrisposto avrebbe dovuto risultare anche nel conto derivazione, con ricevuta firmata dall'interessato.
Tale procedura non era stata seguita negli anni 2012 e 2013: solo due eventi erano stati registrati nel registro delle manifestazioni private, in tale registro non erano stati contabilizzati i proventi ricevuti (ovvero l'importo era stato registrato in misura inferiore a quello versato), nè era stata rilasciata una ricevuta di pagamento.
Secondo gli imputati, N. aveva deciso di contabilizzare gli eventi privati secondo una procedura diversa: pagamento di un acconto, al fine di acquistare il cibo necessario, con pagamento del saldo il giorno della manifestazione, con annotazione soltanto di quest'ultima cifra mediante l'emissione di un numero di bollini ad essa corrispondente; la ricevuta doyeva essere rilasciata nei giorni successivi. Secondo la Corte, questa versione difensiva non aveva trovato alcun riscontro nell'istruttoria dibattimentale: in particolare, il fornitore del cibo che, secondo la versione degli imputati, veniva pagato dal Direttore della mensa utilizzando l'acconto versato, aveva riferito che il pagamento non avveniva mai prima, ma sempre dopo l'evento; per di più, non era stato in grado di produrre le fatture emesse, che avrebbero dimostrato le somme a lui pagate.
Non emergeva alcun riscontro nemmeno alla versione secondo cui il residuo della somma ricevuta veniva trasformata in bollini: ciò non risultava dal registro della mensa; comunque, non vi era nè coincidenza nè una minima vicinanza tra il numero degli invitati all'evento e il numero delle persone presenti in mensa il giorno interessato. In ogni caso, non era possibile ricondurre le presenze risultanti dal registro di mensa alla cerimonia privata: picchi di presenze risultavano frequentemente anche in giorni ben lontani da quelli interessati dalle manifestazioni, a dimostrazione dell'indipendenza del dato delle presenze in mensa rispetto alla celebrazione degli eventi privati.
La Corte evidenziava l'infondatezza della giustificazione secondo cui il sistema adottato semplificava gli adempimenti: gli stessi imputati avevano ammesso che dovevano essere predisposti il menù, il preventivo, l'elenco degli imputati e la consegna del permesso SIAE. L'unica attività eliminata era la disposizione di spesa in economia: quella che avrebbe consentito la contabilizzazione delle entrate e un riscontro sulle spese effettivamente sostenute.
Per di più, nei pochi casi in cui la procedura regolare era stata seguita, non vi era mai coincidenza tra la somma effettivamente ricevuta dai privati e quella contabilizzata: la prima veniva sempre fatta coincidere con le fatture indicate in uscita, ma era, in realtà, superiore.
La sentenza smentiva la tesi secondo cui la diversa procedura seguita portava maggior guadagno al Circolo e che la ricevuta poteva essere rilasciata nei giorni successivi all'evento.
In definitiva, il dato effettivo era che, a fronte di un preventivo forfetario, comprensivo di tutto, pari ad un dato importo, tale importo non veniva contabilizzato nel registro degli eventi del Circolo e, quindi, non entrava nella cassa, oppure veniva contabilizzato in misura inferiore al reale. Si trattava di denaro contabilmente inesistente, irrintracciabile e in alcun modo riconducibile alla causale della sua dazione. Non essendovi prova del versamento di tali somme nelle casse del circolo, le conclusioni del giudice di primo grado dovevano essere confermate. Il sistema adottato aveva consentito una gestione degli eventi privati parallela a quella ufficiale e del tutto libera da controlli.
Secondo la Corte non sussistevano i presupposti per il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 4 o per quella di cui all'art. 48 c.p.m.p., u.c.. La pena accessoria della rimozione del grado veniva confermata, trattandosi di pena che consegue di diritto alla condanna.
2. Ricorre per cassazione il difensore di N.R., deducendo, in un primo motivo, mancanza e manifesta illogicità della motivazione e violazione dell'art. 27 Cost., comma 2.
La Corte Militare aveva omesso qualsiasi motivazione sui motivi di appello e aveva ancorato il proprio convincimento su un'illegittima inversione dell'onere della prova.
Con riferimento alla truffa di cui al capo 1, il ricorrente non aveva posto in essere nessuna condotta ingannatrice: egli si era limitato a sottoscrivere il preventivo delle spese per lo svolgimento dell'evento privato, a ciò richiesto da D.F.R., amico della donna che organizzava l'evento. La somma versata di Euro 500 corrispondeva esattamente a quella indicata nel preventivo; quella minore, risultante dal registro degli eventi, costituiva la differenza tra la somma ricevuta e le spese sostenute.
Il ricorrente evidenzia che la procedura seguita per gli eventi privati, per quanto non corretta e non pienamente conforme a quanto stabilito dal regolamento, era seguita in forza di una prassi vigente da molto prima che N.R. diventasse Presidente del Circolo. Nel caso in esame, quindi, mancava il presupposto dell'artificio e raggiro, elemento costitutivo del reato di truffa, così come mancava la prova che N. si fosse impossessato di qualche somma di denaro.
In un secondo motivo, il ricorrente deduce analoghi vizi con riferimento alla condanna per i delitti di peculato.
Nessuna condotta appropriativa era stata posta in essere da N. che tranne in due occasioni - non aveva nemmeno ricevuto personalmente il pagamento dell'acconto e del saldo per gli eventi privati. Inoltre, il fatto che la ditta che forniva il cibo fosse pagata solo dopo l'evento e non avesse prodotto alcuna fattura non permetteva di escludere che gli eventi si erano tenuti e che dei soldi erano stati effettivamente spesi. Per di più, le indagini erano iniziate dopo la chiusura del Circolo, cosicchè molta documentazione era andata dispersa.
Il ricorrente ribadisce che il pagamento in contanti era stato deciso per la mancanza del POS e che il sistema dei bollini non permetteva di ritenere provata la colpevolezza di N. al di là di ogni ragionevole dubbio. Del resto, l'ispezione contabile aveva dimostrato che gli importi pagati dai soci registrati risultavano essere corrispondenti agli importi preventivati. Secondo il ricorrente, nessuna attività di indagine era stata svolta per riscontrare se i bollini risultanti dal registro mensa corrispondessero effettivamente al numero delle persone che avevano utilizzato la sala per la festa, nè per verificare se la somma trasmessa all'Ente Circoli corrispondesse a quella versata dal beneficiario dell'evento.
In definitiva, il giudice di appello aveva fatto ricorso ad un'inversione dell'onere della prova per confermare la condanna.
In un terzo motivo si deduce violazione dell'art. 62 c.p., n. 4 e vizio di motivazione.
La circostanza è di natura oggettiva e richiede una valutazione globale: la Corte Militare d'appello, al contrario, aveva limitato la sua valutazione ad una mera somma algebrica delle somme non risultanti dal registro della mensa a fronte di quelle pagate dai beneficiari dell'evento. In realtà, per ciascun evento, la somma in contestazione non superava quella di Euro 150 Euro: quindi un danno di lieve entità.
Il ricorrente conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
3. Ricorre per cassazione il difensore di D.F.R., deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
La sentenza aveva violato l'art. 192 c.p.p., commi 2 e 3, essendo necessario che la prova venga raggiunta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti e permetta una valutazione di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio.
I giudici di merito non si erano soffermati sulla valutazione della ricostruzione alternativa dei fatti fornita da D.F..
In primo luogo, la sentenza adottava come presupposto la conoscenza da parte del Direttore di Mensa di tutto l'iter contabile amministrativo che avrebbe dovuto essere seguito per gli eventi privati da tenersi presso il Circolo. In realtà, non era stato D.F. a decidere di adottare la tecnica di rendicontazione mediante il sistema dei bollini mensa; piuttosto - come dallo stesso ammesso l'aveva adottata il N., che aveva proseguito la prassi già seguita in precedenza.
In un secondo motivo il ricorrente deduce analoghi vizi con riferimento all'elemento psicologico del reato.
Su disposizione di N., chiunque riceveva pagamenti in contanti doveva riporre il denaro in cassaforte. La circostanza era stata confermata anche da una testimone esterna. Era N., poi, ad adottare le decisioni con riferimento agli eventi privati: le persone prendevano contatto con D.F. e questi riferiva a N.. Di conseguenza, mancava in D.F. il dolo della truffa e la condotta materiale del peculato, vale a dire l'appropriazione del denaro.
In un terzo motivo di ricorso si deducono analoghi vizi con riferimento all'onere gravante sulla pubblica accusa di provare gli elementi costitutivi del reato.
Il fatto che l'istruttoria dibattimentale non avesse fornito i riscontri alla versione dell'imputato non era sufficiente per ritenere sussistente il peculato: l'incompletezza dei giustificativi contabili non costituiva prova della condotta illecita. Sussiste una differenza tra la responsabilità amministrativa o contabile e quella penale: l'affermazione di responsabilità si fonda, quindi, sull'inversione dell'onere probatorio.
In effetti, i testimoni escussi avevano riferito di non avere verificato se le somme scaricate con i bollini fossero riferite alle persone che avevano utilizzato la sala per la festa privata, ma si erano limitati ad attestare che nel registro degli eventi privati non risultavano le somme versate. Non vi era, quindi, alcuna prova di una condotta fraudolenta o dell'intento fraudolento del ricorrente, così come dell'appropriazione delle somme.
In un quarto motivo si deducono violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell'attenuante speciale di cui all'art. 48 c.p.m.p., u.c., e alla determinazione della pena.
Motivi della decisione
1. I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati con riferimento ai delitti di peculato militare aggravato, mentre la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio con riferimento al meno grave reato di truffa di cui al capo 1.
Si deve preliminarmente osservare che i due ricorsi non contestano la qualificazione giuridica delle condotte recepita dai giudici di merito: trattasi di qualificazione corretta su cui, pertanto, non occorre effettuare approfondimenti.
2. Entrambi i ricorsi si muovono sul filo dell'inammissibilità, in sostanza contestando la ricostruzione dei fatti effettuata dai giudici di merito senza però dimostrare la manifesta illogicità o la contraddittorietà della motivazione.
Lo dimostrano numerosi passaggi dei due ricorsi, in cui si evidenziano determinati fatti (chi riceveva i pagamenti, la prassi di chiudere in cassaforte il denaro ricevuto, il fatto che la prassi seguita corrispondeva a quella adottata negli anni precedenti ecc.) con i quali si vogliono smentire o integrare quelli evidenziati dalle due sentenze di merito.
In realtà, come ben spiegato in un passaggio della sentenza impugnata, con il "sistema" adottato - si sostiene per semplificare gli adempimenti e per ovviare alla indisponibilità di un POS - la gestione degli eventi privati era in sostanza gestita privatamente e parallelamente a quella ufficiale.
Nessuna annotazione o registrazione veniva effettuata: l'evento non veniva annotato nel relativo registro, il pagamento in contanti, sia dell'acconto che del saldo, non risultava da alcun atto (eppure esisteva, anche in questo caso, un apposito registro per i pagamenti in contanti) e nessuna ricevuta veniva rilasciata a chi aveva organizzato l'evento; la ditta fornitrice non emetteva fattura nei confronti del Circolo e, quindi, nemmeno le spese per l'organizzazione dell'evento venivano registrate; infine, nessuna annotazione risultava nel registro della mensa, al contrario di quanto sostenuto nei ricorsi, essendo disponibile solo il numero dei "bollini" utilizzati in ciascuna serata (ma i bollini riguardavano tutti coloro che avevano accesso alla mensa e, quindi, non permettevano di individuare quali tra gli avventori fossero partecipanti all'evento privato).
A fronte di questa gestione del tutto opaca degli eventi privati, appare fragile l'addebito mosso ai giudici di merito di avere operato un'inversione dell'onere della prova, condannando gli imputati per non avere dimostrato di avere versato al Circolo tutte le somme che avevano ricevuto.
Per di più, la sentenza impugnata contiene due passaggi decisivi per dimostrare la logicità della decisione adottata: la motivazione smentisce, sulla base della testimonianza dell'azienda fornitrice, che l'acconto versato in contanti al momento della prenotazione servisse a pagare la fornitura, visto che l'azienda veniva pagata dopo l'evento; inoltre - e soprattutto - sconfessa la tesi di una corrispondenza tra il numero dei "bollini" della mensa utilizzati in un determinato giorno e gli invitati presenti all'evento privato di quello stesso giorno, sottolineando che, in alcuni giorni in cui si era tenuto un evento, non era stato "staccato" nessun bollino.
A ben vedere, quest'ultima considerazione - ovviamente tratta dall'analisi dell'ampia istruttoria dibattimentale svolta - travolge la linea difensiva dei due imputati, dimostrando che, in sostanza, il sistema permetteva loro di utilizzare il circolo come luogo privato, di incassare somme senza che ciò risultasse in nessun modo e di sostenere spese in nessun modo documentate.
3. Da questa conclusione, che emerge limpidamente dalla sentenza di condanna, non consegue che N. e D.F. si fossero impossessati dell'intera somma versata da colui che organizzava l'evento: essi avevano certamente sostenuto spese (peraltro di importo sconosciuto) per l'acquisto del cibo (anche se la sentenza di appello ricorda - pag. 50 - che D.F. aveva ammesso che, talvolta, per preparare la cena, venivano utilizzate scorte già presenti in dispensa) e, forse (ma, appunto, di ciò non vi è alcuna prova se non le dichiarazioni dei due imputati), avevano annotato qualche "bollino" sul registro mensa.
In definitiva, una prova piena sull'an dell'appropriazione, anche se - proprio come conseguenza della mancanza di documentazione o annotazioni - incerta sul quantum con riferimento a ciascun evento: da una parte, le testimonianze rese in sede dibattimentale dagli organizzatori dei singoli eventi fornivano certezza sulla somma complessiva da loro versata; dall'altra, non vi è analoga certezza sulle spese sostenute di volta in volta, nè sul numero dei "bollini" annotati la sera dell'evento (e nemmeno se qualche bollino fosse stato annotato).
Il fatto che il denaro versato venisse custodito in cassaforte non cambia il quadro: nessun versamento nelle casse del Circolo attribuito ad uno specifico evento risultava, se non per quello dell'unico evento registrato, quello contestato al capo 1.
4. Entrambi i ricorsi tendono, in via subordinata, ad addebitare la responsabilità al coimputato: la difesa di N. sostenendo che l'imputato non aveva ricevuto personalmente alcun pagamento, se non in due occasioni, poichè era D.F. a procurare i "clienti" desiderosi di organizzare eventi privati nel Circolo; la difesa di D.F., sostenendo che il Direttore di Mensa non aveva conoscenza dell'iter contabile e amministrativo che avrebbe dovuto essere seguito per gli eventi privati ed addebitando a N. la decisione di adottare il sistema come sopra rappresentato.
La motivazione della sentenza impugnata, tuttavia, dimostra adeguatamente la comune responsabilità dei due imputati, entrambi facenti parte del Consiglio Direttivo del Circolo e aventi il compito di validare, firmandoli, sia il registro della mensa che il preventivo delle spese necessarie allo svolgimento delle manifestazioni private: entrambi, quindi, con poteri amministrativi e certificativi.
Come si è visto, sia N. che D.F. avevano ricevuto pagamenti in contanti senza rilasciare ricevuta, avevano effettuato approvvigionamenti dalla ditta fornitrice senza pretendere l'emissione di fattura, avevano convalidato il registro della mensa contenente annotazioni false o mancanti in ordine alle persone presenti nelle singole occasioni.
In definitiva, la sentenza dimostra che il sistema rendeva necessario il contributo di entrambi gli imputati al fine di giungere alla organizzazione totalmente privatistica degli eventi privati. Del resto, la collaborazione emergeva fin dalla fase iniziale: Di Franco procurava gli eventi, concordava la cena da approntare e poi portava i soggetti da N..
5. L'esclusione delle due attenuanti è stata adeguatamente motivata in sentenza.
Questo vale per il diniego dell'attenuante di cui all'art. 48 c.p.m.p., u.c., invocata da D.F., atteso che la Corte Militare valuta, nella sua discrezionalità, il "peso" degli elogi e degli encomi conseguiti, ritenendoli non sufficienti a dimostrare una diminuita capacità a delinquere o una condotta militare esemplare, tenuto conto del numero degli episodi.
Ciò vale anche per il diniego dell'attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità: non per l'inesatta motivazione adottata dalla Corte - che erroneamente ha respinto il motivo di appello facendo riferimento al lucro e al danno complessivamente prodotti da tutti i reati contestati, mentre la circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., comma 1, n. 4 va valutata e applicata in relazione a ogni singolo reato unificato nel medesimo disegno criminoso, con riguardo al danno patrimoniale cagionato per ogni singolo fatto-reato (Sez. 2, n. 9351 del 08/02/2018 - dep. 01/03/2018, M, Rv. 272270; Sez. 6, n. 14040 del 29/01/2015 - dep. 03/04/2015, Soardi, Rv. 262975; Sez. 6, n. 30154 del 12/06/2007 - dep. 24/07/2007, Bortolotto e altro, Rv. 237329) - ma per la considerazione che il danno di alcune centinaia di Euro non permette, di per sè, il riconoscimento dell'attenuante in questione.
6. Il rigetto dei ricorsi comporta l'annullamento senza rinvio della sentenza di conferma della condanna per il delitto di cui al capo 1 di truffa aggravata che, alla data della presente decisione, risulta prescritto.
Ne consegue che la pena corrispondente - due giorni di reclusione militare, come si evince dal preciso calcolo della pena riportato a pag. 55 della sentenza impugnata - deve essere eliminata nei confronti di entrambi i ricorrenti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di truffa militare di cui al capo 1), perchè estinto per prescrizione, ed elimina la relativa pena, pari a due giorni di reclusione militare, per ciascun ricorrente.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020
30-12-2020 23:33
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