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Sentenza

L'indennità di trasferimento prevista a favore dei militari dell'Arma de...
L'indennità di trasferimento prevista a favore dei militari dell'Arma dei Carabinieri dall'art. 1 della L. n. 100/1987, deve ritenersi sottoposta, nel silenzio della legge, allo stesso regime giuridico dell'indennità di missione, compresa la sussistenza della distanza chilometrica minima di dieci chilometri tra la nuova e l'originaria sede di servizio.
T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, 29/06/2020, n. 1591
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 480 del 2018, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Corrado Valvo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Mario Fiaccavento in Palermo, Piazza Castelnuovo 50;

contro

Ministero della Giustizia, Comando Legione Carabinieri "Sicilia", Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, Via Vecchia Ognina 149;

per l'annullamento

a) del provvedimento del -OMISSIS-, con cui è stato disposto il trasferimento del ricorrente dalla -OMISSIS-sul rilievo che "la condotta del militare" aveva "incrinato irrimediabilmente i rapporti interpersonali dello stesso -OMISSIS-"; b) del provvedimento-OMISSIS- con cui è stata rigettata la sua istanza volta ad ottenere l'indennità di trasferimento.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il giorno 24 giugno 2020 il dott. Daniele Burzichelli;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con il presente gravame il ricorrente, -OMISSIS-, ha impugnato: a) il provvedimento del -OMISSIS-, con cui è stato disposto il suo trasferimento dalla -OMISSIS-sul rilievo che "la condotta del militare" aveva "incrinato irrimediabilmente i rapporti interpersonali dello stesso -OMISSIS-"; b) il provvedimento-OMISSIS- con cui è stata rigettata la sua istanza volta ad ottenere l'indennità di trasferimento.

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) a seguito di continui comportamenti vessatori, -OMISSIS- b) dopo la presentazione della querela la situazione, nell'ambito della -OMISSIS-, è ovviamente divenuta molto complicata e il -OMISSIS- ha invitato il ricorrente (cioè l'aggredito) ad indicare alcune sedi dove avrebbe gradito essere trasferito; c) è, quindi, intervenuto il provvedimento di trasferimento in questa sede impugnato, la cui motivazione fa riferimento ad un insussistente comportamento dell'interessato, a cui non può certo attribuirsi la responsabilità per aver incrinato i rapporti -OMISSIS-; d) la sede di-OMISSIS-è particolarmente lontana e la scelta dell'Amministrazione risulta, quindi, punitiva (mentre risultavano più vicine le sedi di -OMISSIS-); e) il ricorrente ha presentato domanda per ottenere l'indennità di trasferimento, ma la sua richiesta è stata rigettata sul rilievo che la documentazione prodotta non fosse in linea con quanto richiesto dalla Circolare n. 6/19737 in data 14 novembre 2008.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) il ricorrente è stato vittima di diverse aggressioni -OMISSIS-e l'Amministrazione avrebbe dovuto procedere, semmai, al trasferimento di quest'ultimo; b) risulta abnorme la motivazione del provvedimento, nella parte in cui imputa al ricorrente la responsabilità per aver incrinato i rapporti interpersonali -OMISSIS-; c) il provvedimento costituisce, quindi, l'esito di un vero e proprio travisamento dei fatti e la sua motivazione arreca una grave lesione ai diritti e agli interessi del ricorrente; d) appare, inoltre, censurabile che, a seguito della richiesta di accesso agli atti, l'Amministrazione abbia fornito solo una parte dei documenti richiesti; e) è stata omessa la prescritta comunicazione di avvio del procedimento e il provvedimento risulta illegittimo anche per mancata individuazione del responsabile del procedimento e per l'omessa fissazione dei termini relativi alla partecipazione procedimentale dell'interessato; f) risulta, altresì, illegittimo il diniego sulla richiesta dell'indennità di trasferimento, la quale deve essere corrisposta allorquando il militare venga assegnato d'ufficio ad altra sede per esigenze di servizio, come sancito dall'art. 1 della L. n. 86 del 2001.

L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando, in sintesi, quanto segue: a) il ricorrente, a differenza di quanto risulta dalle relazioni di servizio prodotte dai militari presenti al fatto, ha riferito di essere stato aggredito verbalmente -OMISSIS-; b) i fatti dimostrano la sussistenza di una situazione conflittuale con l'ambiente di lavoro e con il diretto superiore, tale da pregiudicare ogni proficua utilizzazione dell'interessato con conseguente detrimento della funzionalità dell'ufficio; c) deve aggiungersi che il militare non è nuovo ad atteggiamenti intemperanti, essendo già stato sanzionato in due circostanze con la misura disciplinare del "rimprovero"; d) il ricorrente, inoltre, si è dichiarato non disposto ad un trasferimento a domanda; e) dopo aver preso servizio nella nuova sede il ricorrente si è assentato per malattia in data -OMISSIS- e, successivamente è stato giudicato non idoneo permanentemente al servizio militare e di istituto ed è stato collocato in congedo assoluto; f) il procedimento penale avviato a seguito della querela presentata dal ricorrente è stato archiviato per infondatezza della "notizia criminis"; g) in conseguenza del sopravvenuto congedo va dichiarata l'improcedibilità del ricorso in relazione all'impugnazione del provvedimento di trasferimento; h) gli ordini di trasferimento possono essere sindacati in sede giurisdizionale solo nel caso di manifesta irragionevolezza; i) essi sono, poi, sottratti alla disciplina di cui alla L. n. 241 del 1990, di talché non risultava necessaria alcuna particolare motivazione, né era prescritta la partecipazione procedimentale dell'interessato; l) ai fini dell'adozione di tali atti risulta, inoltre, sufficiente l'insorgenza di una situazione che in qualche modo turbi o faccia venir meno il rapporto di stima e serena colleganza con il superiore gerarchico e con i pari grado; m) ad ogni buon conto, nel provvedimento non si afferma alcuna eventuale responsabilità del militare; n) l'Amministrazione, invero, non era tenuta ad indagare dettagliatamente in merito alla fondatezza e alla ripartizione delle responsabilità soggettive dei militari coinvolti nella vicenda; o) l'indennità di trasferimento è prevista nel caso in cui le due sedi siano ubicate in Comuni diversi e distanti tra loro almeno dieci chilometri (sul punto, cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Planaria, n. 7 in data 28 aprile 1999); p) inoltre, se la nuova sede è ubicata in un Comune confinante, come nel caso di specie, l'indennità non spetta anche se la distanza tra i due Comuni ecceda i dieci chilometri; q) come risulta dall'attestazione dell'Ufficio Tecnico del Libero Consorzio Comunale di Siracusa, la distanza tra i due Comuni in questione è di chilometri 9,25.

Con note d'udienza in data 23 giugno 2020 il ricorrente ha ribadito le proprie difese anche alla luce delle deduzioni avversarie, precisando, in particolare, che sussisteva l'interesse alla decisione del ricorso in quanto la decisione sulla legittimità del trasferimento risultava fondamentale ai fini dell'accertamento dell'operato dell'Amministrazione e della valutazione in ordine alla sussistenza dei diritti consequenziali spettanti al ricorrente.

In data odierna la causa è stata trattenuta in decisione, con la partecipazione, tramite note d'udienza, del difensore indicato in verbale.

A giudizio del Collegio il ricorso risulta effettivamente improcedibile per quanto attiene alla questione relativa al disposto trasferimento, atteso che il ricorrente è stato posto in congedo e non ha avanzato domanda risarcitoria, né ha esplicitamente dichiarato di avere interesse a farlo.

Per quanto attiene, invero, alla persistenza dell'interesse ad una decisione di merito in casi come quello in esame e all'applicazione dell'art. 34, terzo comma, c.p.a. ("quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori"), si sono delineati differenti orientamenti interpretativi.

Secondo un primo indirizzo (cfr., in particolare, Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2063/2014 e T.A.R. del Lazio, Sede di Roma, Sez. II, n. 688/2014), la disposizione in esame troverebbe applicazione allorquando la domanda risarcitoria sia stata proposta nello stesso giudizio, oppure quando la parte ricorrente dimostri di aver già incardinato un separato giudizio di risarcimento del danno o dimostri, comunque, di essere in procinto di farlo.

Secondo un opposto indirizzo (cfr., in particolare, Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2916/2012 e n. 646/2013, nonché T.A.R. di Salerno, Sez. II, n. 298/2014), poiché la domanda di annullamento contiene in sé quella di accertamento dell'illegittimità dell'atto, non sarebbe necessaria, ai sensi del citato art. 34, terzo comma, alcuna specifica istanza dell'interessato.

Secondo un terzo, più consistente ed intermedio orientamento (cfr., in particolare, T.A.R. di Milano, Sez. IV, n. 730/2013; T.A.R. di Milano, Sez. I, n. 2367/2013 e n. 606/32014; T.A.R. di Napoli, Sez. I, n. 5495/2013 e n. 5744/2013; T.A.R. di Reggio Calabria, n. 731/2013; T.A.R. di L'Aquila, Sez. I, n. 785/2015 e n. 561/ 2015; T.A.R. di Bari, Sez. II, n. 648/2014; T.A.R. di Bolzano, n. 284/2014; T.A.R. di Torino, Sez. II, n. 868/2015; Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2063/2014), sarebbe onere della parte ricorrente, a fronte di sopravvenienze che abbiano reso inutile l'annullamento, prospettare al giudice, mediante una memoria depositata agli atti del fascicolo, ma anche nel corso della discussione orale della causa all'udienza pubblica, in termini dispositivi (cioè impegnativi) ed inequivoci, il proprio perdurante interesse ad avere comunque una decisione di merito sull'illegittimità degli atti impugnati, fornendo in proposito un'adeguata motivazione che consenta alle controparti di contraddire sul punto e al giudice di formarsi in proposito un adeguato convincimento.

Con sentenza della II Sezione, n. 2905/2016 del 10 novembre 2016, il nostro Tribunale ha condiviso tale prevalente orientamento, in quanto esso, come precisato dalla giurisprudenza richiamata: a) appare coerente con il contesto normativo che disciplina l'azione di risarcimento del danno (che può essere proposta insieme alla domanda di annullamento, durante la pendenza del relativo giudizio, ovvero in via autonoma); b) è rispettoso del principio generale della domanda (art. 34, primo comma, c.p.a.); c) attribuisce un significato utile all'inciso "...se sussiste l'interesse ai fini risarcitori" di cui al terzo comma dell'art. 34, in relazione all'obbligo del giudice di dichiarare improcedibile il ricorso se sopravviene il difetto di interesse, ex art. 35, primo comma, lett. c, c.p.a. (obbligo che non concerne solo il ricorso per annullamento ma tutte le domande proponibili davanti al giudice amministrativo); d) è conforme al principio di economia dei mezzi processuali (quale corollario della ragionevole durata del processo: cfr. art. 2, secondo comma, c.p.a.), per cui in mancanza di una espressa volontà della parte (in qualunque forma manifestata sino all'udienza di discussione), si evita un'inutile attività giurisdizionale volta a stabilire se il provvedimento sia o meno illegittimo; e) sotto il profilo sistematico è coerente con la lettera e la "ratio" dell'art. 104 c.p.a., il quale, dopo aver ribadito il divieto nel processo amministrativo di proporre domande nuove in appello, introduce tre eccezioni, la prima delle quali incentrata proprio sull'art. 34, terzo comma, c.p.a. ("Si tratta di un temperamento specifico per il processo amministrativo, innovativamente introdotto dal c.p.a., di cui non vi era traccia nel sistema previgente. La portata dell'eccezione al divieto di domande nuove, fatta dall'art. 104, primo comma, c.p.a., mediante richiamo all'art. 34, terzo comma, è da intendersi nel senso che la domanda di accertamento dell'illegittimità in funzione dell'interesse risarcitorio - indispensabile atteso che il giudice non può pronunciarsi "ex officio" ritenendo compresa la richiesta di accertamento in quella di annullamento - formulata per la prima volta in appello, non costituisce domanda nuova inammissibile, rispetto all'originaria domanda di annullamento, se nelle more tra giudizio di primo grado e di appello, è venuto meno l'interesse all'annullamento dell'atto, ma residua l'interesse al riscontro della sua illegittimità": in questi termini, Consiglio di Stato, Sez. V, 30 giugno 2011, n. 3913).

In particolare, nella pronuncia del Tribunale sopra indicata, si è affermato che cui la parte ricorrente, quanto alla sussistenza dell'interesse ai fini risarcitori, deve fornire un'adeguata motivazione che consenta alle controparti di contraddire sul punto e al giudice di formarsi in proposito un adeguato convincimento, non risultando sufficiente la mera dichiarazione dell'intenzione di proporre una domanda per il ristoro dei danni subiti.

Ciò in quanto il citato art. 34, terzo comma, c.p.c. va interpretato alla luce dell'art. 111, secondo comma, della Costituzione, il quale, nel sancire il principio della "ragionevole durata" del processo, inibisce l'espletamento di attività processuali ingiustificate o superflue.

Occorre così, quanto all'accertamento ex art. 34, terzo comma, c.p.a., che l'interesse ad una pronuncia di merito sia adeguatamente circostanziato dalla parte ricorrente per consentire al giudice una puntuale verifica in ordine alla sua serietà e consistenza, onde prevenire lo svolgimento di un'attività giurisdizionale che, senza alcuna obiettiva utilità, impedisca la più sollecita ed economica definizione del giudizio.

Nel caso in esame, l'interessato non ha rappresentato in modo esplicito ed inequivocabile di voler proporre domanda risarcitoria e non ha in alcun modo argomentato in ordine al pregiudizio patrimoniale sofferto, né la questione relativa alla legittimità del trasferimento influisce minimante sulla questione relativa alla spettanza dell'indennità, la quale va risolta a prescindere dalla natura - legittima ovvero illegittima - del trasferimento stesso.

Pertanto, il ricorso, per quanto attiene all'impugnazione del trasferimento, appare effettivamente improcedibile.

Può, comunque, osservarsi che, nel merito, il ricorso sarebbe comunque infondato, in quanto il trasferimento è stato disposto non per un intento punitivo, ma per ovviare a un'evidente e non più sanabile situazione di incompatibilità, mentre, per quanto attiene al riferimento alla "condotta" del ricorrente contenuto nel provvedimento impugnato, deve tenersi conto che la versione dei fatti resa dall'interessato contrasta irriducibilmente con quella fornita dai colleghi presenti in occasione dell'episodio di cui si tratta e che, a prescindere da eventuali responsabilità imputabili anche al Comandante della Stazione, anche il contegno del subordinato ha fornito un efficiente contributo causale al generarsi della situazione di disagio che ha imposto l'adozione dell'atto impugnato.

Deve, poi, osservarsi che, come affermato da una giurisprudenza torrenziale, agli ordini di trasferimento non si applica la disciplina di cui alla L. n. 241 del 1990, di talché non risultava necessaria alcuna comunicazione di avvio del provvedimento, né una motivazione particolare che enunciasse argomentazioni ulteriori rispetto all'indicazione stringente e succinta della ragione che aveva indotto l'Amministrazione a determinarsi in tal senso.

Neppure può ritenersi che l'Amministrazione abbia inteso perseguire una finalità punitiva, tenuto conto della particolare vicinanza tra-OMISSIS-e-OMISSIS-, mentre l'affermazione del ricorrente secondo cui risulterebbero più vicine le sedi di -OMISSIS- appare, a dir poco, stupefacente, atteso che, come risulta da un'agevole e immediata consultazione su Google Maps, i luoghi indicati sono molto più distanti da-OMISSIS- - più di cinque volte, in alcuni casi - rispetto a-OMISSIS-

Per quanto attiene, infine, alla richiesta di corresponsione dell'indennità di trasferimento, deve essere richiamata la pronuncia del Consiglio di Stato (Adunanza Plenaria, 28 aprile 1999, n. 7) nella quale si è affermato che "l'indennità di trasferimento prevista a favore dei militari dell'Arma dei Carabinieri dall'art. 1 della L. 10 marzo 1987, n. 100, deve ritenersi sottoposta, nel silenzio della legge, allo stesso regime giuridico dell'indennità di missione, compresa la sussistenza della distanza chilometrica minima di dieci chilometri tra la nuova e l'originaria sede di servizio", mentre nella specie la distanza tra-OMISSIS-e-OMISSIS- - che in linea retta risulta pari a 3 km - è di 9 chilometri circa sulla sede stradale (Strada Statale 124), per un transito di circa 10 minuti, come peraltro documentato dall'Amministrazione resistente.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato, mentre, tenuto conto della materia trattata, le spese di lite possono essere compensate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta e compensa fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di legge, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2020 con l'intervento dei magistrati:

Daniele Burzichelli, Presidente, Estensore

Giuseppa Leggio, Consigliere

Diego Spampinato, Consigliere
Avv. Antonino Sugamele

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