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Sentenza

Maresciallo della Guardia di Finanza fa causa al Ministero per mobbing. Ricorso ...
Maresciallo della Guardia di Finanza fa causa al Ministero per mobbing. Ricorso rigettato.
T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., (ud. 29-06-2020) 20-07-2020, n. 926


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1908 del 2013, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Aristide De Vivo, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Marietta Gaudiosi n. 6;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze Comando Generale della Guardia di Finanze, in persona del Ministro in carica e del Comandante p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Salerno, corso Vittorio Emanuele n.58;

per l'annullamento

della determinazione n.-OMISSIS-- ha respinto il ricorso gerarchico presentato dal militare avverso la sanzione della "consegna di giorni 2" inflittagli dal Comandante del 2 Nucleo Operativo della Guardia di Finanza - -OMISSIS-, giusta determina n. -OMISSIS-;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 29 giugno 2020 il dott. Francesco Riccio e trattenuta la causa in decisione, ai sensi dell'art. 84, comma 5, del D.L. n. 18 del 2020;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con il ricorso, notificato e depositato nei termini e nelle forme di rito, la parte istante, in qualità di -OMISSIS-con funzioni di -OMISSIS-, ha impugnato l'atto meglio specificato in epigrafe in quanto lesivo del proprio interesse oppositivo alla cancellazione ed annullamento della sanzione di -OMISSIS-, tra l'altro impugnata in sede gerarchica e confermata dal Comandante della Guardia di Finanza - -OMISSIS-.

La relativa domanda impugnatoria proposta si affida - come motivi di doglianza - alla prospettazione dei seguenti vizi:

- violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della L. n. 241 del 1990 e 717 del T.U.O.M., eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifeste, arbitrarietà e sviamento, poiché non è dato comprendere quale sia stato il comportamento del ricorrente che abbia in concreto determinato una violazione del senso di responsabilità (il servizio si sarebbe svolto regolarmente ad eccezione della mancata reperibilità dell'interessato durante il servizio a causa del guasto del proprio cellulare di servizio e di ogni altro strumento in dotazione presso la medesima sede); non sarebbero state confutate in alcun modo le ragioni addotte dal sottoposto;

- violazione dell'art. 60 RDM, come sostituito dall'art. 1355 del C.O.M., nonché in relazione al principio generale di graduazione delle sanzioni disciplinari, violazione del giusto procedimento, eccesso di potere per sviamento ed arbitrarietà, poiché il potere sanzionatorio esercitato darebbe conto di un comportamento mobbizzante da parte dei superiori gerarchici.

E' rilevata in resistenza la costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, con cui si eccepisce in merito l'infondatezza delle doglianze prospettate.

All'udienza pubblica straordinaria del 29 giugno 2020 la causa è stata posta in decisione.

Nel caso di specie, le questioni sollevate con il ricorso in esame sono state compiutamente risolte dalla giurisprudenza nei termini che seguono - Cfr. TAR Lazio, Sez. I quater, 28.6.2016 n. 7494, secondo cui:

"Esaminando, più da vicino, il fenomeno del mobbing nel rapporto di impiego pubblico questo deve sostanziarsi in una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del dipendente nell'ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del medesimo dipendente, tale da provocare un effetto lesivo della sua salute psicofisica (Cons. Stato, Sez. VI, 12/3/2015 n. 1282). Pertanto, ai fini della configurabilità della condotta lesiva da mobbing, va accertata la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, dati in particolare: a) dalla molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio; b) dall'evento lesivo della salute psicofisica del dipendente; c) dal nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell'integrità psicofisica del lavoratore; d) dalla prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio.

E' stato quindi, ritenuto che la sussistenza di condotte mobbizzanti deve essere qualificata dall'accertamento di precipue finalità persecutorie o discriminatorie, poiché proprio l'elemento soggettivo finalistico consente di cogliere in uno o più provvedimenti e comportamenti, o anche in una sequenza frammista di provvedimenti e comportamenti, quel disegno unitario teso alla dequalificazione, svalutazione od emarginazione del lavoratore pubblico dal contesto organizzativo nel quale è inserito che è imprescindibile ai fini dell'enucleazione del mobbing (Cons. Stato, Sez. III, 14/5/2015 n. 2412). Conseguentemente un singolo atto illegittimo o anche più atti illegittimi di gestione del rapporto in danno del lavoratore, non sono, di per sé soli, sintomatici della presenza di un comportamento mobbizzante (Cons. Stato Sez. VI, 16/4/2015 n. 1945).".

Tanto precisato circa i principi da applicare ai fini che ne occupa, il Collegio non ritiene che dal complesso di elementi forniti al riguardo possa ritenersi senz'altro provata la condotta mobizzante, non emergendo con tutta evidenza l'elemento soggettivo, id est, la finalità persecutoria dalla congerie di provvedimenti e comportamenti che, nella concreta dinamica descritta, si sarebbe realizzata in un comportamento messo in atto dallo stesso ricorrente.

Sotto quest'ultimo aspetto, risultano infondate le altre doglianze relative al violazione di legge ed all'eccesso di potere per errata valutazione della condotta del ricorrente nello svolgimento delle proprie mansioni.

Secondo la difesa erariale le circostanze fattuali avrebbero avuto in concreto la seguente dinamica (affatto contestata):

- alle ore 17,30 il Comandante del -OMISSIS-, dopo aver appreso da parte della Squadra Comando della difficoltà di raggiungere telefonicamente il militare, interpellava il -OMISSIS-) per poter comunicare, al -OMISSIS-, la necessità di contattare il citato ufficio;

- alle ore 17,38 circa il M.C.-OMISSIS-riferiva di non aver in nessun modo rintracciato il -OMISSIS- e di non essere a conoscenza dei suoi spostamenti all''interno -OMISSIS-e di attività connesse a questi; - alle ore 17,45 circa il Comandante si recava, presso il -OMISSIS-e, successivamente, presso il Presidio, unitamente -OMISSIS-ove si constatava l'assenza;

- dopo aver effettuato numerosi giri di perlustrazione all'interno -OMISSIS-, coadiuvato da altro militare presente in servizio, e tentato di rintracciare, ancora una volta, telefonicamente (dal M.C. -OMISSIS-) il M.llo -OMISSIS-, alle 18,30 circa lasciava l'area portuale interna per proseguire le ricerche all'esterno -OMISSIS-fino al -OMISSIS-;

- solo alle ore 18,35 circa, il citato Comandante veniva contattato dal -OMISSIS- che lo informava che il telefono, per un non meglio compreso inconveniente, era "irraggiungibile".

In relazione ai comportamenti sopra evidenziati, rilevava il più volte citato Comandante che il -OMISSIS- non si era attivato per mettersi nella condizione di poter essere facilmente reperibile e, nel contempo, non si era interessato, diligentemente, di impartire ordini ai militari in servizio ai Varchi lasciando, de facto, gli stessi senza disposizioni.

Ciò posto, osserva la Sezione che il provvedimento impugnato e gli atti procedimentali dallo stesso richiamati, denotano chiaramente l'iter logico giuridico seguito nella scelta della sanzione da irrogare ed esprimono in maniera esaustiva le ragioni della determinazione assunta, non solo con astratto riferimento alla natura di "diserzione" del comportamento tenuto, ma con specifico riguardo all'episodio verificatosi, alla durata della assenza ingiustificata, al disservizio causato ed all'incidenza dello stesso in termini di irrimediabile compromissione della relazione fiduciaria tra amministrazione e dipendente.

Vi è stata, dunque, considerazione e valutazione della situazione fattuale concreta e, dunque, l'assunzione di una decisione che non è stata fondata sulla mera violazione formale dei doveri del militare, ma che ne ha apprezzato la gravità "in concreto", tenendo conto della specificità del fatto commesso.

Né può affermarsi l'omessa considerazione di elementi favorevoli al militare, risultando comunque gli stessi nella documentazione personale del medesimo e, dunque, da ritenersi presi in considerazione nel procedimento disciplinare per cui è causa.

Vi è, dunque, che la gravità del comportamento tenuto è stato ritenuto assorbente e prevalente rispetto ad ogni altro elemento di segno favorevole, sì da ritenere irrimediabilmente compromesso il rapporto fiduciario tra amministrazione e dipendente, così giustificandosi la sanzione espulsiva.

Allo stesso modo, ritiene il Collegio che l'irrogazione della minima sanzione di stato, nei limiti in cui è consentito l'intervento del giudice amministrativo, non risulti violativa dei principi di gradualità e di proporzionalità.

Non può, invero, non considerarsi che, in relazione al peculiare status del militare e ai doveri sullo stesso gravanti, la mancata reperibilità durante il servizio seppure secondo modalità dinamiche, peraltro protrattasi per un determinato lasso temporale, sia comportamento quantomeno significativo che giustifica, sotto il profilo della ragionevolezza, logicità e proporzionalità, una valutazione percepibile compromissione del rapporto fiduciario con i superiori gerarchici.

Inoltre, secondo altra consolidata giurisprudenza (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2.11.2017 n. 5053), l'operato dell'Amministrazione non è sindacabile, escludendo che sussistano i profili di macroscopica illegittimità (travisamento dei fatti, difetto di motivazione e di istruttoria) denunziati con i motivi ora vagliati e che l'Amministrazione stessa abbia fatto cattivo uso dell'ampio potere discrezionale che connota le sue valutazioni in ordine alla sanzione disciplinare da irrogare a fronte delle condotte accertate (giurisprudenza costante: cfr. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 15 marzo 2012, n. 1452; sez. IV, 31 ottobre 2012, n. 5582; sez. IV, 19 dicembre 2012, n. 6540; sez. IV, n. 5992/2013, cit.) infliggendone una sproporzionata, in relazione ad un fatto di evidente gravità, per il quale avrebbe potuto prendere in considerazione anche la misura espulsiva.

Neppure può ritenersi violato il principio di proporzionalità.

Come più volte precisato da questo Consiglio, "il principio di proporzionalità consiste in un canone legale di raffronto che, anche dopo la sua espressa codificazione a livello comunitario sulle suggestioni del diritto tedesco (art. 5, ultimo comma, del trattato Ce ora art. 5 trattato UE), non consente di controllare il merito dell'azione amministrativa ... il sindacato giurisdizionale non può spingersi ad un punto tale da sostituire l'apprezzamento dell'organo competente con quello del giudice, valutando l'opportunità del provvedimento adottato ovvero individuando direttamente le misure ritenute idonee (cfr. Corte giust. 18 gennaio 2001, causa C-361/98); il giudice amministrativo, pertanto, non può sostituirsi agli organi dell'amministrazione nella valutazione dei fatti contestati o nel convincimento cui tali organi sono pervenuti; ne discende che il principio di proporzionalità dell'azione amministrativa, ed il suo corollario in campo disciplinare rappresentato dal c.d. gradualismo sanzionatorio, non consentono al giudice amministrativo di sostituirsi alle valutazioni discrezionali compiute dall'autorità disciplinare, che possono essere sindacate esclusivamente ab externo, qualora trasmodino nell'abnormità; altrimenti opinando, si introdurrebbe surrettiziamente una smisurata ed innominata ipotesi di giurisdizione di merito del giudice amministrativo in contrasto con le caratteristiche ontologiche di siffatta giurisdizione, che sono, all'opposto, la tipicità e l'eccezionalità in quanto deroga al principio di separazione dei poteri, cui si ispira la legislazione (in tal senso depone ora la lettura testuale e sistematica dell'art. 134 c.p.a.)"(cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2017, n. 1302; sez. IV, 16 aprile 2015, n. 1968; sez. IV, 23 febbraio 2012, n. 1022; sez. IV, 9 ottobre 2010, n. 7383; sez. IV, 12 novembre 2008, n. 5670; sez. VI, 29 febbraio 2008, n. 758).

Nè può giovare al ricorrente - come giustamente eccepito dalla difesa erariale - affermare di non avere l'obbligo giuridico di recare con sé il telefono cellulare (v. pag. 7 del ricorso), essendo tale assunto smentito dal fatto che il militare era stato dotato di una "scheda aziendale" - come da lui stesso ammesso - da utilizzare sul proprio apparecchio: orbene, per quale motivo l'Amministrazione fornirebbe ai propri dipendenti schede telefoniche aziendali, se non per esigerne l'utilizzazione quantomeno durante l'orario di servizio. Ciò conferma che il ricorrente aveva l'obbligo giuridico, durante il suo turno di lavoro, di recare con sé un telefono cellulare funzionante, in modo da poter essere reperibile in qualsiasi momento e durante qualsiasi spostamento, specie allorquando si tratti di dipendenti preposti ad un servizio.

Nessuna censura può muoversi alla determinazione dell'autorità sanzionante, posto che la misura della sanzione è stata individuata tenendo ben presenti "tutte le circostanze della vicenda innanzi evidenziata, e anche dell'anzianità del servizio e del grado rivestito al momento dei fatti, nonché dei precedenti disciplinari e di servizio del medesimo". L'esiguità della medesima sanzione (due giorni) inducono il Collegio a ritenere irrilevante ogni altra doglianza in merito.

Ritenuto che per gli argomenti sopra enunciati il presente gravame va respinto stante la sua infondatezza;

Considerato, infine, che per la natura ed il contenuto della controversia sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte istante.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 29 giugno 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall'art. 84, comma 6, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente, Estensore

Nicola Durante, Consigliere

Angela Fontana, Primo Referendario
Avv. Antonino Sugamele

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