Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Militare Trapani

Sentenza

Mobbing militare. Tenente colonnello della Guardia di Finanza sostiene di essere...
Mobbing militare. Tenente colonnello della Guardia di Finanza sostiene di essere stato destinatario di un'attività vessatoria e ritorsiva, concretatasi in una serie di episodi e di provvedimenti che, complessivamente considerati, avrebbero espresso una ben definita strategia persecutoria, finalizzata allo scopo ingiustificato di danneggiarlo, emarginarlo e discriminarlo, sino a provocare in lui uno stato di malessere psicofisico, con i conseguenti richiesti danni di 130.000 euro.
Cons. di Stato II sezione  sentenza nr. 3666 del 2020.
Pubblicato il 26/03/2020

N. 03666/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00445/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 445 del 2008, proposto da -OMISSIS--OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Mandolesi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Paolo Emilio, 34;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale Guardia di Finanza Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS--OMISSIS-non costituito in giudizio;

per il risarcimento danni per -OMISSIS-


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Preso atto della costituzione in giudizio di Guardia di Finanza Comando Generale Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2020 la dott.ssa Francesca Mariani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio il signor -OMISSIS- -OMISSIS-– Tenente Colonnello della Guardia di Finanza, in servizio presso il Comando Regionale -OMISSIS-in -OMISSIS-– ha richiesto l'accertamento del suo diritto al risarcimento dei danni fisici, morali, patrimoniali e non, esistenziali e all'immagine professionale, subiti a causa degli atti illeciti e provvedimenti illegittimi, asseritamente posti in essere nei suoi confronti dall'Amministrazione di appartenenza e, in particolare, dal suo ex superiore gerarchico, entrambi convenuti, con la conseguente condanna dei predetti, in solido tra loro, al pagamento delle corrispondenti somme di denaro.

In particolare, secondo la ricostruzione del ricorrente, egli sarebbe stato destinatario di un'attività vessatoria e ritorsiva, concretatasi in una serie di episodi e di provvedimenti che, complessivamente considerati, avrebbero espresso una ben definita strategia persecutoria, finalizzata allo scopo ingiustificato di danneggiarlo, emarginarlo e discriminarlo, sino a provocare in lui uno stato di malessere psicofisico, con i conseguenti richiesti danni (condotta espressamente definita nel ricorso come di -OMISSIS- e/o bossing, cfr. pag. 17 del ricorso).

La condotta mobbizzante, più specificamente, avrebbe avuto inizio nell'aprile del 2004, a -OMISSIS-, a seguito della redazione, da parte del ricorrente, di una relazione di servizio in merito ad una denuncia di presunti illeciti commessi da un collega finanziere; tale condotta si sarebbe poi sviluppata tramite una serie di episodi che possono essere così riassunti:

- commenti e opinioni negative sulla sua attività di servizio, con mancata conferma di un incarico ad interim – Affari Generali – in precedenza conferito;

- attribuzione, nelle Schede valutative per Ufficiali e nei Rapporti informativi per Ufficiali, redatte in relazione a vari periodi servizio (31.07.2003-9.11.2003, 22.11.2003-2.08.2004, 3.08.2004-3.10.2004, 4.10.2004-29.11.2004 e 8.12.2004-31.07.2005), di un giudizio laudativo, da parte del 2° Revisore, meno lusinghiero rispetto al passato (le valutazioni sono state impugnate dal ricorrente dinanzi a questo Tribunale, con ricorsi depositati in atti);

- irrogazione della sanzione disciplinare del “rimprovero”, con provvedimento 14095 del 3.06.2005 del Capo di Stato Maggiore del Comando Regionale -OMISSIS-della G.d.F. (per fatti concernenti la sopra descritta attività di relazione su denuncia), sanzione poi annullata in autotutela con decreto del Comandante generale della Guardia di Finanza del 9.11.2005, per “chiari vizi di legittimità”;

- trasferimento d'autorità (disposto, ma non realizzato) a -OMISSIS-, nonostante il ricorrente avesse manifestato la propria intenzione di rimanere nell'ambito della Regione -OMISSIS-ovvero, in subordine, nelle vicine -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-e -OMISSIS-;

- altre “umilianti penalizzazioni a livello personale e, soprattutto, professionale” (così nel ricorso, cfr. pag. 12), quali: il fatto che il superiore gerarchico discutesse le pratiche assegnate all'ufficio diretto dal ricorrente con i suoi subalterni; la mancata comunicazione di due segnalazioni per presentare domanda di trasferimento per due incarichi di responsabile di sezione p.g. per Procure della Repubblica presso prestigiosi Tribunali; la mancata partecipazione, diversamente dal passato, alle preselezioni regionali e la mancata assegnazione dell'incarico di capo-delegazione del Comando G.d.F. Regionale -OMISSIS-per le gare di sci organizzate nell'anno 2005 dal Comando della Guardia di Finanza in -OMISSIS-; il mancato conferimento, nell'anno 2005, nell'ambito della festa del Corpo, dell'incarico del comando del battaglione schierato in armi, invece conferito nel 2004; la mancata possibilità, nell'estate del 2005, in occasione del trasferimento del Comando di Corpo ad altra caserma, di scegliere i locali ove adibire gli uffici del proprio Servizio, e un successivo trasloco di stanze nel periodo di assenza del ricorrente.

Il -OMISSIS-ha quindi esposto che, a seguito dei fatti sopra riassunti, ha iniziato a manifestare i primi sintomi di insofferenza e di malanno, per i quali è ricorso alle cure del caso, sia presso i competenti organi sanitari militari (Infermeria militare della Finanza de -OMISSIS-, Commissione medico militare ospedaliera dell'Ospedale militare di -OMISSIS-e Centro -OMISSIS-dell'Azienda USL di -OMISSIS-), che presso specialisti privati, i quali tutti hanno qualificato la sua patologia come disturbo dell'adattamento, con gastrite cronica ed esofagite da reflusso, dermatite cronica, oltre a sintomi psichici causanti un mutamento nelle abitudini di vita familiare e nei rapporti relazionali.

Nella perizia medico legale di parte, depositata in atti, il ricorrente viene infine indicato come affetto da “Disturbo cronico all'adattamento con ansia e depressione di grado severo. Gastroduodenite cronica non attiva, non atrofica. Dermatite cronica psicogena” e tali patologie sono ricondotte ad un unico quadro sindromico, che riconosce nell'aumento dello stress l'unica ed esclusiva causa eziopatogenetica e lo ricollega alle azioni messe in atto dai superiori gerarchici.

Il ricorrente ha chiesto quindi la condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni asseritamente subiti per la patologia descritta, quantificati in un totale di circa €130000, comprendenti il danno da invalidità temporanea per 88 giorni di assenza, il danno biologico permanente pari al 25%, il danno morale per il grave patimento d'animo, il danno esistenziale e quello all'identità personale, per il notevole peggioramento della qualità della vita di relazione, il danno derivante dalla lesione di valori costituzionalmente garantiti, nonché il danno patrimoniale.

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando generale della Guardia di Finanza, si è costituito con memoria depositata soltanto il 21.01.2020.

Con successive note per la discussione, depositate l'11.02.2020, la stessa Amministrazione ha eccepito l'incompetenza territoriale di questo Tribunale, per essere i fatti di cui al ricorso accaduti in un periodo nel quale il ricorrente prestava servizio presso il Comando Regionale -OMISSIS-- -OMISSIS-e per aver il medesimo proposto il ricorso quando era in servizio presso il Comando Regionale -OMISSIS-– -OMISSIS-; l'Amministrazione ha dunque richiesto al Tribunale di decidere anche d'ufficio della relativa questione.

Il convenuto -OMISSIS-non si è costituito in giudizio.

All'udienza del 18.02.2020, sentite le parti presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La domanda di risarcimento dei danni formulata dal ricorrente nel presente giudizio deve essere preliminarmente qualificata come domanda di risarcimento danni per la lesione della integrità psico-fisica nell'ambito dell'attività lavorativa alle dipendenze del Corpo militare di appartenenza (danno da -OMISSIS-).

Si ricorda al riguardo che, per giurisprudenza consolidata, per -OMISSIS- deve intendersi una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico complessa e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, indicativi di un disegno finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del lavoratore, tale che ne consegua un effetto lesivo della sua salute psicofisica. L'azione offensiva, in particolare, deve essere sistematica e frequente, deve essere posta in essere con una serie prolungata di atti e di comportamenti e deve avere le caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione o rivelare intenti meramente emulativi.

Non sussiste, invece, il -OMISSIS- quando sia assente la sistematicità degli episodi, ovvero nell'ipotesi in cui i comportamenti su cui viene basata la pretesa risarcitoria siano riferibili alla normale condotta del datore di lavoro, funzionale all'assetto dell'apparato amministrativo (o imprenditoriale nel caso del lavoro privato), o, infine, quando vi sia una ragionevole ed alternativa spiegazione al comportamento datoriale.

In sintesi, si ha -OMISSIS- lavorativo ove ricorrano due elementi: quello oggettivo, integrato da una pluralità di comportamenti del datore di lavoro con le caratteristiche sopra descritte, e quello soggettivo, integrato dall'intendimento persecutorio del datore medesimo (si vedano, tra le ultime, Cassazione civile, sez. lav., 11.1.2019, n. 32381; Cons. St., sez. IV, 27.11.2019, n.8104, sez. II, 28.10.2019, n. 7319; sez. IV, 01.07.2019, n.4471).

La giurisdizione spetta, in questi casi, in sede esclusiva al Giudice Amministrativo, trattandosi, nella specie, di pubblico impiego non privatizzato.

La giurisdizione, invero, per tale evenienza si estende anche alla cognizione delle azioni inerenti il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivante dal cosiddetto -OMISSIS-, a condizione che l'azione proposta possa in concreto qualificarsi in termini di responsabilità contrattuale per violazione dell'obbligo di garanzia imposto dall'art. 2087 c.c. (recentemente, Consiglio di Stato sez. III, 09.10.2018, n.5789). Tale qualificazione è possibile nella fattispecie, ove il rapporto di lavoro non rappresenta un mero presupposto estrinseco ed occasionale della tutela invocata, posto che essa attiene a posizioni giuridiche soggettive che si assumono lese direttamente da comportamenti che rappresentano l'esercizio di tipici poteri datoriali.

2. Chiarito quanto sopra, il Collegio, ancora in via preliminare, deve rilevare la tardività della eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla resistente Amministrazione nelle note di discussione depositate l'11.02.2020, che è dunque inammissibile; né la relativa questione può essere rilevata ed esaminata d'ufficio.

Invero nella fattispecie, trattandosi di ricorso notificato il 22.12.2007, per il regime dell'incompetenza territoriale, alla luce di quanto previsto dall'art. 2 dell'Allegato 3 al Cpa, deve trovare applicazione la disciplina di cui all'art. 31, commi 1 e 2, legge 6.12.1971, n. 1034, all'epoca vigente.

3. Nel merito, il ricorso deve essere respinto, non avendo il ricorrente fornito la prova degli elementi costitutivi del -OMISSIS-, con particolare riferimento alla sussistenza di una condotta complessa e protratta nel tempo, incongrua rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, caratterizzata da un intento persecutorio e vessatorio.

Si ricorda, infatti, che – per ciò che concerne la prova del -OMISSIS- a fini risarcitori – la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che va dimostrata dalla parte istante la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, dati: a) dalla molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente, secondo un disegno vessatorio; b) dall'evento lesivo della salute psicofisica del dipendente; c) dal nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell'integrità psicofisica del lavoratore; d) dalla sussistenza dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio (Cons. St., sez. II, 28.10.2019, n. 7319).

Con particolare riferimento a quest'ultimo aspetto, va inoltre sottolineato che la giurisprudenza più recente ha spiegato che l'onere della prova dell'animus nocendi — anche se suscettibile di essere soddisfatto mediante presunzioni fondate sulle caratteristiche dei comportamenti tenuti dal datore di lavoro —, grava sul dipendente, pur facendosi valere la responsabilità contrattuale del datore di lavoro, essendo un elemento fondante la stessa illiceità in termini di -OMISSIS- della condotta datoriale. In definitiva, quindi, la ricostruzione giurisprudenziale del -OMISSIS- richiede alla vittima di provare il dolo del mobber (Consiglio di Stato sez. IV, 01.07.2019, n.4471).

In applicazione dei principi come sopra affermati, il Collegio deve necessariamente rilevare che, nella fattispecie in esame, il ricorrente non ha fornito la prova che gli episodi descritti nel ricorso, e sopra riassunti, abbiano effettivamente costituito l'estrinsecarsi di una ben definita strategia di -OMISSIS-, finalisticamente rivolta alla sua vessazione e persecuzione da parte dell'Amministrazione.

Invero, dalla complessiva considerazione dei fatti di causa e della documentazione in atti, non è possibile affermare né la volontà dell'Amministrazione di vessare, umiliare o discriminare il ricorrente, né, prima ancora, la ricorrenza di condotte e scelte datoriali oggettivamente idonee a tali fini.

Più specificamente, si osserva che, da un lato, per la gran parte degli episodi elencati, il ricorrente si è limitato a una descrizione generica e priva di contestualizzazione, in assenza di qualsivoglia allegazione documentale, con la conseguenza che il Collegio non è obiettivamente posto nella condizione di valutare la fondatezza della doglianza, per apprezzare, se del caso, la denunciata potenzialità lesiva del singolo episodio narrato, neanche secondo le regole della comune esperienza.

Dall'altro lato, invece, l'esame degli episodi contestualizzati in maniera compiuta e documentati (in alcuni casi parzialmente) in atti conduce il Collegio ad una lettura della vicenda diversa da quella prospettata dal ricorrente, dovendosi escludere non soltanto l'oggettiva gravità e lesività dei vari episodi narrati, ma anche il (necessario) “intento persecutorio”.

3.1. In particolare:

a). La lamentata attribuzione, nell'ambito delle schede valutative (peraltro non depositate in atti), di giudizi laudativi inferiori rispetto al passato non risulta ictu oculi sintomatica di un intento mobbizzante, già solo ove si consideri che al ricorrente è stata confermata la qualifica di “eccellente”, che è la più elevata ed esprime, dunque, il massimo apprezzamento della sua attività di servizio.

Né il ricorrente ha fornito alcun ulteriore elemento probatorio, limitandosi a dedurre di aver gravato le schede valutative di cui si discute, senza poi dare conto né degli esiti dei relativi giudizi, né, tantomeno, dei contenuti delle schede valutative relative a periodi di servizio diversi, per esempio successivi e svolti in altra sede rispetto a quella in cui si sarebbe verificata la condotta di -OMISSIS-.

A ciò si aggiunga, in linea più generale, che per le valutazioni periodiche l'autorità militare gode di una significativa autonomia di espressione, connaturata da un'ampia discrezionalità; di conseguenza, stante l'autonomia dei giudizi affermati nei diversi periodi di riferimento, non può sostenersi l'illegittimità (e, a fortiori, l'intento mobbizzante) di una valutazione, per la sola circostanza che la stessa sia peggiorativa rispetto al periodo precedente, anche tenuto conto del fatto che le qualità professionali oggetto di valutazione ben possono essere collegate al diverso rendimento sul servizio svolto dal militare; peraltro, si ribadisce, nella fattispecie la valutazione eccellente è stata confermata (cfr. tra le tante Consiglio di Stato sez. IV, 28.11.2019, n.8124, T.A.R. Roma, (-OMISSIS-) sez. I, 12.11.2019, n.12974, Consiglio di Stato sez. IV, 15.10.2019, n.7021, Consiglio di Stato sez. III, 16.05.2019, n.3184).

b). Per quanto concerne poi la pretesa significatività, ai fini della denunciata condotta mobbizzante, della sanzione disciplinare del “rimprovero” irrogata al ricorrente in data 3.06.2005 (il cui carteggio, peraltro, pur richiamato nel ricorso, non risulta depositato in atti), il Collegio innanzitutto rileva che detta sanzione è stata annullata in autotutela con decreto del Comandante Generale della G.d.F. del 9.11.2005 (documento n. 5 in atti), il che già di per sé conduce ad escludere la configurabilità di un intento persecutorio, ma anche di una colpa facente capo all'apparato amministrativo.

Inoltre, tale annullamento non pare affatto costituire – come prospetta il ricorrente – la prova certa della precedente condotta mobbizzante, dovuta alla pretestuosità della dispiegata azione disciplinare, bensì, come si evince dalla lettura dei passaggi motivazionali del citato decreto, pare costituire il (corretto) annullamento d'ufficio di un provvedimento disciplinare illegittimo, per essere stato adottato oltre i limiti temporali previsti dalla disciplina militare applicabile, senza alcun riferimento al merito della vicenda.

Peraltro, l'intempestività del procedimento disciplinare era proprio il profilo di vizio denunciato dal legale del ricorrente al convenuto Sanfilippo, nella raccomandata dell'8.06.2005 (doc. 6), che poi evidentemente fu fatta circolare, poiché ad essa già rispose in primis il Comandante Regionale, con nota del 4.07.2005 (doc. 7).

c). Con riguardo, invece, al previsto “trasferimento d'autorità” del ricorrente verso la destinazione non gradita di -OMISSIS- (poi non realizzato), nella ricostruzione offerta dal medesimo la movimentazione avrebbe integrato, ancora una volta, la manifestazione di un intento persecutorio nei suoi confronti e sarebbe stata “annullata” dal Superiore Comando, lasciando “stranamente” non assegnato il posto di -OMISSIS- (cfr. ricorso pag. 11).

Tuttavia, in primo luogo va rilevato che secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (si vedano, ad esempio, Cons. St. sez. IV, 31.05.2018, n. 3261, sez. IV, 15.01.2016, n. 103; sez. IV, 1.04.2016, n. 1276), i provvedimenti di trasferimento d'autorità di militari sono qualificabili come "ordini", rispetto ai quali l'interesse del militare a prestare servizio in una determinata sede assume, di norma, una rilevanza di mero fatto, e sono strettamente connessi alle esigenze organizzative dell'Amministrazione ed alla disciplina che connota il rapporto di servizio del relativo personale.

Di conseguenza, già solo per questi motivi e in assenza di ulteriori elementi, non pare verosimile attribuire ad un (previsto) trasferimento verso una sede non gradita una valenza necessariamente mobbizzante.

Ma, soprattutto, nella specifica fattispecie qui in esame, dalla documentazione depositata in atti (doc. n. 8), risulta soltanto che, con nota del 13.05.2005, il Comandante generale dispose il trasferimento per motivi di servizio di un elevato numero di Ufficiali (tra cui il ricorrente) e che, con successiva nota del 28.07.2005, lo stesso Comandante generale modificò per motivi di servizio le destinazioni in precedenza stabilite, sempre per un numero altrettanto elevato di Ufficiali (tra cui, nuovamente, anche il ricorrente).

La circostanza che il trasferimento d'autorità, e la sua successiva modifica, abbiano interessato una moltitudine di Ufficiali su tutto il territorio nazionale conduce quindi il Collegio a ritenere che, dall'esame dei dati a disposizione, non sia possibile attribuire all'episodio la valenza significativa di -OMISSIS- illustrata dal ricorrente; fermo restando, peraltro, che – anche in questo caso – pare difettare l'intento persecutorio e anche la colpa dell'Amministrazione, considerato che il ricorrente ha conseguito una destinazione gradita in virtù della modifica intervenuta (per lui, come per molti altri Ufficiali) con la nota del 28.07.2005.

d). Per quanto riguarda, infine, gli altri episodi indicati nel ricorso come sintomatici del -OMISSIS-, sopra descritti (consistenti nel mancato conferimento di incarichi, in alcune mancate comunicazioni e nella impossibilità di scelta dei locali in occasione del trasferimento del Comando), in difetto di contestualizzazione e di qualsivoglia documentazione a supporto della tesi prospettata dal ricorrente, il Collegio non ritiene di poter attribuire agli stessi un significato peculiare e ulteriore rispetto alle normali, possibili, dinamiche dell'attività lavorativa che si svolge all'interno di un Corpo militare (caratterizzato, per definizione, da una severa disciplina e dove non tutti i rapporti possono essere amichevoli, non tutte le aspirazioni possono essere esaudite e non tutti i compiti possono essere piacevoli).

In altri termini, le circostanze tutte che il ricorrente adduce a sostegno della sua pretesa non hanno oggettivamente una connotazione persecutoria o discriminatoria, né hanno una gravità tale da poter essere considerate intrinsecamente vessatorie. Difetta, quindi, la prova che esse siano riconducibili ad un disegno unitario, volto a screditare il dipendente per emarginarlo e discriminarlo.

Quanto alle valutazioni medico legali sullo stato di salute del ricorrente e sulla sua riconducibilità all'ambiente di lavoro, secondo quanto riferito dal paziente ai medici curanti, esse non attestano, naturalmente, l'illegittimità del comportamento dell'Amministrazione.

In conclusione, per i motivi sopra esposti, il ricorso deve essere respinto. Sussistono comunque giusti motivi per compensare le spese tra le parti, anche tenuto conto della delicatezza e peculiarità della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il -OMISSIS- (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando:

- dichiara inammissibile l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla resistente Amministrazione;

- respinge il ricorso come in epigrafe proposto.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2020 con l'intervento dei magistrati:

Pietro Morabito, Presidente

Fabio Mattei, Consigliere

Francesca Mariani, Referendario, Estensore

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
Francesca Mariani		Pietro Morabito
 		
 		
 		
 		
 		

IL SEGRETARIO


In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza