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Sentenza

Sui poteri dell'autorità amministrativa adita in virtù del ricorso gerarchico av...
Sui poteri dell'autorità amministrativa adita in virtù del ricorso gerarchico avverso il provvedimento di valutazione del personale militare
T.A.R. Roma, (Lazio) sez. I, 26/03/2020, n.3652
 Fatto

Con l'atto introduttivo del presente giudizio, depositato in data 7 luglio 2016, il ricorrente impugna il provvedimento con cui, in data 14 aprile 2016, il Ministero della Difesa ha respinto il ricorso gerarchico dal predetto proposto avverso la scheda valutativa n. 50 (periodo 16/11/2009-15/11/2010) e gli atti ad esso presupposti.

In particolare, il ricorrente espone quanto segue:

- la vicenda di cui trattasi è già nota a questo Tribunale, "avendo emesso la sentenza n. 4291 del 18/03/2015", di annullamento della scheda 50, originariamente elaborata, riportante il giudizio di "superiore alla media";

- premessa l'intervenuta emissione - medio tempore - di un decreto di archiviazione 19/04/2012 del procedimento penale avviato nei suoi confronti dal Col. -OMISSIS- e, ancora, della sentenza n. 12 del 2012 di non doversi procedere "per fatti avvenuti presso il RAV di Cassino dell'aprile 2010" contro il menzionato Colonnello, in quanto deceduto in data 10 maggio 2012, "a seguito della sentenza TAR" e, precisamente, in data 5 ottobre 2015 l'Amministrazione ricompilava la scheda n. 50, comunicata in data 6 novembre 2015, assegnandogli il medesimo giudizio di "superiore alla media";

- avverso tale scheda proponeva "ricorso gerarchico" in data 3 dicembre 2015;

- tale ricorso era rigettato con il d.m. n. 27 del 14 aprile 2016, indicato in epigrafe, "confermando la qualifica finale: superiore alla media".

Ai fini dell'annullamento del decreto di cui sopra e gli atti ad esso presupposti il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

1. VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO E DEI PRINCIPI E DIRITTI DELLA RAGIONEVOLE DURATA, CONTRADDITTORIO E DI DIFESA EX ART. 24,97,111 E 113 COSTITUZIONE, DPR 1199/1971 E LEGGE 241/1990 IN DANNO DEL RICORRENTE IN SEDE DI DETERMINAZIONE DEL RICORSO GERARCHICO ED ESERCIZIO DEL POTERE DI AUTOTUTELA. DIFETTO DI MOTIVAZIONE, per superamento del termine di legge di 90 giorni, assegnato dal d.P.R. n. 1199/1971 per la pronuncia sul ricorso gerarchico, in carenza, tra l'altro, di comunicazione di atti e relazioni tecniche delle autorità.

2. NULLITA' GENETICA. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 689 E 690 DPR 90/2010 IN ORDINE AI SOGGETTI PARTECIPANTI ALLA RICOMPILAZIONE DELLA SCHEDA VALUTATIVA N. 50 AI SENSI DEL GIUDICATO DEL TAR LAZIO SEZ. I BIS SENTENZA N. 4291/2015, in quanto, dalla lettura di tale scheda, risulterebbe che i revisori Gen.li -OMISSIS-"non erano più in servizio" alla data del 5/10/2015 e, "a tal proposito", si formula istanza istruttoria.

3. OMESSO ESERCIZIO AUTOTUTELA IN SEDE DI ESAME DEL RICORSO GERARCHICO DEL 3/12/2015. VIOLAZIONE ARTT. 4-6 DPR N. 1199/1971 ED ARTT. 21/OCTIES E 21/NONIES CON RIFERIMENTO AGLI ARTT. 2 E 3 L. 241/90. ECCESSO DI POTERE PER MANIFESTA ILLOGICITA, PALESE CONTRADDIZIONE. DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE DELL'ART. 97 COSTITUZIONE E DEI PRINCIPI DI AFFIDAMENTO, BUONA FEDE, CORRETTEZZA, IMPARZIALITA', RAGIONEVOLEZZA E BUON ANDAMENTO DELL'ATTIVITA' AMMINISTRATIVA, posto che l'autorità gerarchica non ha vagliato ed adeguatamente motivato i profili dedotti e documentati dal predetto con il ricorso gerarchico.

4. NULLITA' GENETICA SOTTO ALTRO PROFILO, IN QUANTO L'ATTIVITA' DI RIESERCIZIO AZIONE AMMINISTRATIVA È AVVENUTA IN VIOLAZIONE DEL GIUDICATO DEL TAR LAZIO SEZ. 1/BIS SENTENZA N. 4291/2015. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO CONFORMATIVO AL GIUDICATO, VIOLAZIONE SOTTO ALTRO PROFILO DELL'ART. 689 DPR 90/2010. ECCESSO DI POTERE, SVIAMENTO E TRAVISAMENTO DEI FATTI E DIFETTO DI MOTIVAZIONE. ILLOGICITA' MANIFESTA, in quanto - nonostante il TAR avesse annullato il precedente giudizio, "stigmatizzando la prevenzione ed ostilità del compilatore Col. -OMISSIS-" - "non solo il Revisore (ovvero Compilatore Gen. -OMISSIS-) ha riproposto la qualifica iniziale finale travolta dalla sentenza del TAR, ma lo ha fatto senza alcuna motivazione che giustificasse questa presa di posizione" e, in particolare, senza nulla dire "in ordine alla lamentata prevenzione del soggetto compilatore" e ciò "sembra potersi interpretare in due modi: o che il Revisore Gen. -OMISSIS- condivide i predetti sentimenti di prevenuta ostilità, facendoli propri, oppure che ritiene trascurabile ed ininfluente quanto deciso da codesto TAR".

5. DIFETTO DI GENETICA MOTIVAZIONE. DIVIETO DI MOTIVAZIONE POSTUMA, atteso che "è proprio in casi di supposta riduzione del rendimento" di un militare che, come il predetto, "è sempre stato a livelli d'eccellenza, che diventa più stringente e necessario fornire una compiuta motivazione, che consenta di verificare l'iter logico seguito" ma, nella vicenda in trattazione, le flessione di rendimento e le carenze nelle doti riscontrate nell'interessato sono del tutto immotivate.

6. ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA'/CONTRADDITTORIETA' ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI - DISARMONIA, derivanti - in particolare - dall'omessa totale modificazione di singole voci della scheda, per le quali ci si riporta a critiche avanzate con il ricorso gerarchico.

7. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLE ISTRUZIONI FORMULATE DAL MINISTERO PER L'APPLICAZIONE DELLA LEGGE N. 1695 DEL 1962 E DEL REGOLAMENTO APPROVATO CON DPR N. 1431/1965 ORA N. 90/2010, per incoerenza della valutazione non ottimale formulata nei suoi confronti "in mancanza di gravi giudizi negativi ..... sulle qualità e sul rendimento emergenti dalla documentazione personale dell'interessato" e per carenza in capo al Gen.-OMISSIS-di elementi di conoscenza indispensabili per una valutazione così pregnante ed incisiva "sulle qualità dell'Ufficiale".

In aggiunta, il ricorrente chiede il risarcimento dei danni patiti e subendi, "con salvezza di produrre ulteriore documentazione".

L'Amministrazione intimata - ancorché ritualmente evocata in giudizio - non si è costituita.

A seguito della produzione di documenti in data 9 gennaio 2020, il successivo 19 gennaio 2020 il ricorrente ha depositato una memoria, con cui ha posto in evidenza - in particolare - lo spessore di eccellenza deducibile da tali documenti e gli effetti negativi derivatigli dall'attribuzione del giudizio di "superiore alla media".

All'udienza pubblica del 19 febbraio 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Diritto

1. Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto ai sensi e nei termini di seguito indicati.

1.1. Come si trae dalla narrativa che precede, il ricorrente contesta la legittimità della decisione assunta in data 14 aprile 2016 dall'Amministrazione a definizione del ricorso gerarchico dal predetto proposto avverso la scheda valutativa n. 50, notificata il precedente 6 novembre 2015, e della stessa scheda n. 50 (periodo 16/11/2009 - 15/11/2010), ricordando, peraltro, l'intervenuta adozione di quest'ultima in sede di riedizione del potere, reso necessario dalla sentenza n. 4291 del 2015 di questo Tribunale, di accoglimento dell'impugnativa proposta per l'annullamento della scheda n. 50 in origine compilata.

A tali fini il ricorrente deduce i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

Le censure dal predetto formulate non sono meritevoli di positivo riscontro per le ragioni di seguito indicate.

2. Ai fini del decidere, preme ricordare che il "ricorso gerarchico" costituisce un mezzo di reazione c.d. "amministrativo", disciplinato dagli artt. 1 - 6 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.

Per quanto di rilevanza in questa sede, le su indicate prescrizioni prevedono che:

- "contro gli atti amministrativi non definitivi è ammesso ricorso in unica istanza all'organo sovraordinato, per motivi di legittimità e di merito, da parte di chi vi abbia interesse" (art. 1, comma 1);

- a definizione di tale ricorso - per la cui proposizione è fissato il termini di giorni 30 (trenta) dalla data di notificazione o della comunicazione in via amministrativa dell'atto (art. 2, comma 1) - deve essere emessa una decisione "motivata" (art. 5), con l'ulteriore aggiunta che "decorso il termine di novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che l'organo adito abbia comunicato la decisione, il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti, e contro il provvedimento impugnato è esperibile il ricorso dell'autorità giurisdizionale competente, o quello straordinario al Presidente della Repubblica" (art. 6).

Ciò detto, è da evidenziare che:

- l'autorità amministrativa, adita in virtù del ricorso gerarchico, risulta investita di un potere sovrapponibile a quello già esercitato, nel senso che è tenuta a pronunciarsi sì sulle censure formulate con il rimedio amministrativo ma ha anche facoltà di integrare la motivazione del provvedimento impugnato, di confermare il contenuto di quest'ultimo sulla base di un percorso argomentativo differente o, ancora, di rivalutare interamente la fattispecie concreta (tenuto conto della titolarità in capo ad essa della stessa competenza dell'organo gerarchicamente subordinato - cfr., tra le altre, TAR Sardegna, Cagliari, Sez. I, 27 marzo 2019, n. 273);

- secondo giurisprudenza ormai consolidata, l'inutile decorso del termine di 90 giorni, all'uopo previsto, determina essenzialmente l'effetto di fare acquisire definitività all'atto impugnato, ossia il silenzio mantenuto dall'Amministrazione assume valore non significativo (C.d.S, Ad.Plen., 27 novembre 1989, n. 16 e 4 dicembre 1989, n. 17), ma solo di contegno omissivo, utile per l'esperimento del ricorso avverso il provvedimento c.d. base dinanzi all'organo giurisdizionale (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. III, 27 agosto 2013, n. 4276; TAR Emilia Romana, Sez. Staccata di Parma, 13 luglio 2016, n. 235);

- da ciò necessariamente derivano svariate conseguenze, individuabili non solo nell'inammissibilità dell'impugnazione proposta specificamente per l'annullamento del silenzio de quo (in veste di silenzio significativo) o, ancora, dell'azione volta alla declaratoria di illegittimità del silenzio ex art. 117 c.pr.amm. (per l'impossibilità di configurare lo stesso silenzio come "inadempienza" - TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 21 settembre 2018, n. 1783), ma anche della persistenza in capo all'Amministrazione adita del potere di adottare una decisione anche dopo la scadenza del termini in trattazione (cfr. C.d.S., Ad. Plen., n. 16/1989, già cit.);

Per completezza, è da aggiungere che la scelta previamente operata dall'interessato di proporre ricorso gerarchico ha ricadute sul ricorso giurisdizionale, nel senso che - con la proposizione di quest'ultimo - si determina l'effetto "devolutivo" delle questioni inizialmente dedotte in via gerarchica, sicché i poteri da esercitare in sede di decisione del ricorso gerarchico non possono - comunque - prescindere dalla questioni sollevate dal ricorrente e, in stretta aderenza a tale constatazione, il ricorso giurisdizionale costituisce un mezzo di reazione per chiedere ed ottenere dall'interessato un ulteriore vaglio anche in rapporto al provvedimento originario in tutte le ipotesi in cui le misure già ottenute non dovessero rivelarsi per lo stesso "satisfattive" (cfr. C.d.S., Sez. II, n. 1654/2020).

2.1. Preso così atto delle peculiarità che connotano il ricorso gerarchico e, segnatamente, della valenza rivestita dal "silenzio" e degli effetti meramente processuali riconnessi alla maturazione del termine di 90 giorni di cui all'art. 6 del D.P.R. n. 1199 del 1971, nessuna ragione ostativa o, ancora, nessun impedimento giuridico risulta opponibile all'intervento di una decisione "tardiva" da parte dell'autorità adita, rivelandosi, peraltro, palese l'impossibilità di considerare una tale decisione di per sé illegittima (per violazione - in particolare - del principio del "ne bis in idem"), come, ancora, dimostrato dalla facoltà ordinariamente riconosciuta agli interessati di proporre ricorso giurisdizionale contro una decisione tardivamente adottata - sempre e comunque - per motivi sostanziali (e non - per contro - al mero fine di denunciare il ritardo), già affermata nel 1989 dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 16 (in cui è dato espressamente conto che "la consumazione del termine di 90 gg. non" consuma "il termine per provvedere").

Ciò detto, il primo motivo di diritto formulato dal ricorrente è infondato.

2.2. Per quanto attiene, poi, alla nullità genetica riconnessa alla persistenza in servizio o meno dei revisori Gen.li-OMISSIS-e-OMISSIS-, appare sufficiente prendere atto che si tratta di una censura avanzata per la prima volta con il presente ricorso, ossia non già formulata nel ricorso gerarchico, e, comunque, sfornita anche del benché minimo elemento di prova.

Ciò detto, la censura de qua è infondata.

2.3. Persistendo nella disamina dei vizi denunciati anche in relazione alla decisione assunta dall'Amministrazione a definizione del ricorso gerarchico, il Collegio ravvisa l'infondatezza degli ulteriori motivi di diritto formulati sulla base i seguenti rilievi:

- la decisione di cui sopra risulta adeguatamente motivata, riportando un'accurata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto che hanno condotto a non convenire con le censure prospettate (i quali forniscono, peraltro, una risposta diretta e precisa anche alle doglianze formulate nei confronti del 1° revisione, riferendo di dichiarazioni di quest'ultimo "nelle controdeduzioni rese" circa l'"adeguata conoscenza del ricorrente");

- in base alla disamina dei contenuti del ricorso gerarchico e, ancora, della decisione in trattazione non si rinvengono elementi oggettivi e concreti, utili a supportare le numerose "omissioni" denunciate dal ricorrente (cfr., in particolare, il "terzo motivo"). Al riguardo, è, peraltro, indispensabile ricordare che, nel caso in esame, si tratta della sottoposizione all'autorità gerarchicamente sovraordinata di un documento caratteristico già emesso. In ragione di tale constatazione, non è possibile sottacere l'ampia discrezionalità che connota le valutazioni di cui si discute e, quindi, i limiti di sindacato che necessariamente ne derivano (ordinariamente relegato ai casi di "macroscopico travisamento o incongruità riconoscibili ictu oculi"), a cui è da aggiungere, ancora, l'"ininfluenza dei giudizi in ipotesi positivi riportati dall'interessato in periodi diversi da quello oggetto di valutazione (anteriori e successivi)", attesa l'autonomia tra i giudizi, la quale conduce ordinariamente ad escludere che "il contrasto tra due valutazioni, l'una favorevole e l'altra sfavorevole" possa essere - di per sé - sintomatico di eccesso di potere (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. II, 12 dicembre 2019, n. 8456);

- nessuna illegittimità sotto il profilo della violazione del giudicato del TAR Lazio, Sez. I bis, n. 4291 del 2015 si palesa rinvenibile, tenuto conto che, nella decisione del ricorso gerarchico, è data dapprima evidenza delle ragioni poste a supporto della sentenza de qua, coerentemente rinvenute nell'"atteggiamento ostile e prevenuto da parte del compilatore", e, conseguentemente, è dato conto dell'astensione di quest'ultimo. Del resto, le considerazioni del ricorrente non valgono a dimostrare l'illegittimità denunciata. Non vi è chi non veda, infatti, come un'eventuale condivisione delle argomentazioni mediante di esse esplicitate condurrebbe - in verità - a configurare una sorta di obbligo per l'Amministrazione di ricompilare la scheda valutativa n. 50 con il giudizio di "eccellente" ma è sufficiente una veloce disamina della sentenza del 2015 per rendersi conto come - in quella sede - il TAR abbia accolto l'azione di annullamento esclusivamente in ragione di una situazione di incompatibilità riscontrata tra l'interessato e il compilatore, inidonea - di per sé - a determinare l'insorgenza di obblighi, in fase di riedizione del potere, su livelli differenti da quello propriamente afferente la salvaguardia dell'imparzialità, posta a presidio - come noto - dell'astensione. In altri termini, sussistono validi elementi per affermare che il documento caratteristico è stato ricompilato dall'Amministrazione conformandosi al disposto dal TAR, ossia ovviando all'illegittimità da quest'ultimo rilevata, sicché ogni censura sul punto non può che essere respinta, dovendo il giudizio conclusivo di "superiore alla media" in questa sede contestato ascriversi in via esclusiva e del tutto autonoma all'ultimo documento caratteristico redatto, e non già a quello precedentemente emesso e annullato, rilevando, ancora, che un eventuale convincimento dell'interessato circa l'impossibilità per l'Amministrazione di pervenire - in ragione dei vizi accertati in fase giurisdizionale - a riformulare nei suoi confronti il giudizio di "superiore alla media" non può che presentarsi basato su mere illazioni e, dunque, privo di ogni fondamento.

2.4. Per completezza, preme aggiungere - in stretta aderenza, tra l'altro, a quanto affermato dal Consiglio di Stato nella già richiamata decisione n. 8456/2019 - che:

- la cadenza annuale delle valutazioni e la conseguente autonomia dei relativi giudizi "costituiscono le linee portanti di un sistema all'interno del quale il pur comprensibile affidamento del dipendente in ordine alla conservazione dei livelli di classifica in precedenza attinti recede rispetto all'interesse pubblico cui è finalizzata la verifica; interesse pubblico che è da ravvisarsi, alla stregua della normativa primaria e secondaria applicabile, nel monitoraggio continuo della qualità del servizio prestato in relazione ad elementi presupposti (soggettivi ma anche oggettivi) necessariamente non rigidi ed immutabili; in tale quadro di riferimento, le diversificazioni dei punteggi riferiti a differenti periodi annuali oggetto di valutazione costituiscono evenienza fisiologica, e ciò porta tendenzialmente ad escludere che la variazione costituisca ex se indice di contraddittorietà (così, ex plurimis e da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 26 aprile 2019, n. 2674, e 20 marzo 2019, n. 1832, nonché, sempre ad es. e tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 14 novembre 2012, n. 5760)";

- "in sede di compilazione e revisione delle note caratteristiche del personale militare non occorre che sia data specifica indicazione di fatti, circostanze e criteri in base ai quali le autorità giudicatrici esprimono i loro giudizi (così Cons. Stato, Sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6330, nonché Sez. III, 11 febbraio 2003, n. 3090). Nel richiamare tale principio, la stessa giurisprudenza ha peraltro puntualizzato che, comunque, i documenti caratteristici sfuggono all'obbligo di puntuale e diffusa motivazione in quanto devono contenere apprezzamenti che, pur fondandosi sul complesso dei fatti verificatisi nello specifico periodo di valutazione, prescindono dai singoli accadimenti. Pertanto, l'esigenza di dettagliare le mende riscontrate nel militare sottoposto a valutazione trova un limite nella natura stessa del documento che non deve essere cronaca di avvenimenti né costituire un articolato rendiconto delle attività svolte nel periodo considerato: e ciò proprio in quanto esso assolve alla funzione di riassumere in poche e succinte proposizioni i connotati e le caratteristiche dei compiti assegnati e dell'attività svolta dal militare; ...... In questo contesto, pertanto, la motivazione sul complessivo calo di rendimento del militare - purché congrua e congruente con il resto del documento - ben può essere espressa ....... individuando in termini generali e con formula sintetica la complessiva condizione o situazione che ha giustificato i giudizi espressi in relazione alle singole voci analitiche e la conseguente valutazione finale".

2.5. In conclusione, l'azione di annullamento va respinta.

3. Tenuto conto dell'esito negativo dell'azione di annullamento, anche la domanda di risarcimento del danno non può essere accolta.

4. Per le ragioni illustrate, il ricorso va respinto.

Nulla si dispone in ordine alle spese di lite, attesa la mancata costituzione in giudizio del Ministero della Difesa.
PQM
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2020 con l'intervento dei Magistrati:

Concetta Anastasi, Presidente

Antonella Mangia, Consigliere, Estensore

Roberto Vitanza, Primo Referendario
Avv. Antonino Sugamele

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