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Sentenza

Sussiste un'ampia discrezionalità dell'Amministrazione militare in punto...
Sussiste un'ampia discrezionalità dell'Amministrazione militare in punto di individuazione e, eventualmente, dosimetria della sanzione, sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo in casi di manifesta irrazionalità, insostenibile illogicità, palese arbitrarietà.
T.A.R. Piemonte Torino, Sez. I, 14/07/2020, n. 469

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3 del 2019, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Claudio Maria Polidori, Dalila Barbuio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo, in Torino, via P.D. Pinelli, n. 23;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Torino, via Arsenale, n. 21;

per l'annullamento

del decreto del Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare avente numero di protocollo M_D GMIL -OMISSIS-datato -OMISSIS-, notificato al ricorrente in data 10 ottobre 2018, avente ad oggetto la sanzione disciplinare di stato della "perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari" e, per l'effetto, la cessazione dal servizio permanente;

nonché di tutti gli atti antecedenti, preordinati, presupposti, consequenziali e comunque connessi al decreto di cui sopra;

nonché per l'accertamento del diritto del ricorrente a vedersi riconosciuti gli assegni non percepiti per effetto del provvedimento di cessazione dal servizio permanente decorrente dal 10 ottobre 2018.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 maggio 2020 la dott.ssa Flavia Risso;
Svolgimento del processo

Con il gravame indicato in epigrafe, il ricorrente ha impugnato il decreto del Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare, avente ad oggetto la sanzione disciplinare di stato della "perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari" e, per l'effetto, la cessazione dal servizio permanente, nonché gli atti connessi.

Con il gravame il ricorrente chiede altresì l'accertamento del suo diritto a vedersi riconosciuti gli assegni non percepiti per effetto del provvedimento di cessazione dal servizio permanente decorrente dal 10 ottobre 2018.

Il ricorrente ha sollevato in primis l'illegittimità costituzionale dell'art. 1388, comma 11, del D.Lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell'Ordinamento Militare) con riferimento agli artt. 97, 24 e 3 della Costituzione.

Avverso l'atto impugnato il ricorrente invece ha dedotto l'illegittimità per 1) violazione di legge con riferimento all'art. 1377, comma 2, del D.Lgs. n. 66 del 2010, eccesso di potere per violazione dei vincoli imposti dalla Circolare "Guida Tecnica Procedimenti disciplinari" del Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare 5^ Ed. (2016) e per eccesso di potere per carente, illogica e contraddittoria motivazione; 2) Eccesso di potere per manifesta illogicità del provvedimento impugnato; 3) Violazione di legge con riferimento all'art. 1355, comma 1, D.Lgs. n. 66 del 2010, eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità della sanzione e per difetto di motivazione.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa.

Con ordinanza n. -OMISSIS- questo Tribunale ha respinto l'istanza cautelare presentata congiuntamente al ricorso, ritenendo, seppur ad un sommario esame, non sussistenti elementi di fondatezza poiché "la normativa in vigore, per la tipologia di sanzioni di che trattasi, attribuisce all'Autorità che ha disposto l'inchiesta formale il potere di ordinare il deferimento ad una commissione di disciplina in base alle risultanze dell'inchiesta stessa e, nel caso in esame, dalla lettura dei provvedimenti impugnati emerge che il Comandante delle Truppe Alpine abbia comunque valutato la relazione finale dell'Ufficiale inquirente (seppur discostandosi dalle conclusioni ivi contenute) motivando la determinazione di che trattasi; - alla luce del contenuto della sentenza di primo e di secondo grado, della testimonianza degli investigatori e delle stesse dichiarazioni testimoniali rese dalla seconda delle donne imputate la sanzione di Stato comminata non pare essere illogica o sproporzionata; - prima facie la questione di incostituzionalità - che dovrà ovviamente essere meglio vagliata in sede di merito - pare infondata".

L'ordinanza di questo Tribunale è stata confermata dal Consiglio di Stato con l'ordinanza n. -OMISSIS-, sulla base delle seguente motivazione "Ritenuto che, allo stato della sommaria cognizione tipica della fase cautelare, non possono essere favorevolmente apprezzate le allegazioni della parte appellante, avuto riguardo, per un verso, alle considerazioni poste dal giudice di prime cure a base del rigetto della domanda di cautela e, per un altro verso, all'opportunità di ritenere prevalente, allo stato, e nel bilanciamento dei contrapposti interessi, la tutela dell'interesse pubblico al quale è preposta l'Amministrazione della difesa. Considerato, inoltre, che lo snodo procedimentale attraverso il quale è stata emanata la sanzione disciplinare (inchiesta formale, relazione dell'Ufficiale inquirente, relazione del Comandante delle Truppe Alpine, motivato deferimento alla Commissione di disciplina) consente di rimettere al merito la valutazione della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1388, comma 11, del D.Lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell'Ordinamento Militare), posta dalla parte appellante in relazione agli artt. 97, 24 e 3 della Costituzione".

In data 27 maggio 2020 il Collegio si è riunito per celebrare l'udienza camerale mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall'art. 84, comma 6, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 e dal decreto del Presidente del Tar Piemonte n. 14-2020 -Udienze collegamento a distanza e, ai sensi dell'art. 84 comma 5, primo periodo, del D.L. n. 18 del 2020, ha assegnato la causa a decisione.
Motivi della decisione

1. - In primis il Collegio deve valutare la questione di incostituzionalità sollevata dal ricorrente in via pregiudiziale rispetto alla decisione sul merito.

Il ricorrente sostiene che l'art. 1388, comma 11, del D.Lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell'Ordinamento Militare) sia costituzionalmente illegittimo con riferimento agli artt. 97, 24 e 3 della Costituzione, nella parte in cui, al comma 11, prevede che il giudizio della Commissione di disciplina militare non sia motivato.

Il ricorrente sostiene che il militare inquisito, non potendo ricostruire l'iter logico seguito dalla Commissione di disciplina nel formulare il proprio giudizio circa la "meritevolezza" o meno di conservare il grado o l'impiego, a causa della mancanza di una motivazione (imposta dall'art. 3 della L. n. 241 del 1990), risulta discriminato sotto tale profilo rispetto agli altri pubblici dipendenti, nei confronti dei quali l'obbligo motivazionale non trova alcuna deroga in sede disciplinare e che pertanto il militare deferito alla Commissione di disciplina non può esercitare a pieno il diritto di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione, in violazione del principio di eguaglianza stabilito dall'art. 3 della Costituzione.

Il ricorrente evidenzia che il giudizio finale espresso dalla Commissione di disciplina costituisce l'atto conclusivo del procedimento disciplinare iniziato con l'inchiesta formale venendo a costituire il presupposto del provvedimento disciplinare assunto con decreto dal Direttore Generale per il personale Militare.

Il Collegio ritiene che la questione di incostituzionalità dedotta dal ricorrente sia manifestamente infondata.

In via preliminare il Collegio osserva che l'art. 1377 del D.Lgs. n. 66 del 2010 recita "1. L'inchiesta formale è il complesso degli atti diretti all'accertamento di una infrazione disciplinare per la quale il militare può essere passibile di una delle sanzioni indicate all'articolo 1357. 2. Le autorità che hanno disposto l'inchiesta formale, in base alle risultanze della stessa: a) se ritengono che al militare deve o meno essere inflitta una delle sanzioni disciplinari indicate nell' articolo 1357, comma 1, lettere a) e b), ne fanno proposta al Ministro della difesa; b) se ritengono che al militare possono essere inflitte le sanzioni disciplinari indicate all'articolo 1357, comma 1, lettere c) e d) ne ordinano il deferimento a una commissione di disciplina...".

La Commissione di disciplina è pertanto chiamata ad esprimersi in merito all'applicazione delle più gravi delle sanzioni previste dall'Ordinamento militare, la cessazione dalla ferma o dalla rafferma per grave mancanza disciplinare o grave inadempienza ai doveri del militare e la perdita del grado per rimozione.

L'art. 1388 del Codice dell'Ordinamento militare, rubricato "Procedimento davanti alla commissione di disciplina" recita "1. Aperta la seduta, il presidente richiama l'attenzione dei membri della commissione sull'importanza dei giudizi che sono chiamati a esprimere; avvisa, inoltre, che devono astenersi, nel chiedere chiarimenti, dal fare apprezzamenti. 2. Fa introdurre quindi il militare, se presente, e: a) legge l'ordine di convocazione; b) legge le dichiarazioni scritte dell'avvenuto esame, la parte propria e degli altri membri, degli atti dell'inchiesta formale; c) fa leggere dal segretario la relazione riepilogativa; d) chiede se i membri della commissione o il giudicando e l'ufficiale difensore desiderano che sia letto qualsiasi atto dell'inchiesta e, se lo ritiene necessario, ne autorizza la lettura. 3. Il presidente e i membri della commissione previa autorizzazione del presidente possono chiedere al militare chiarimenti sui fatti a lui addebitati. 4. Il giudicando può presentare una memoria, preparata in precedenza e firmata, contenente la sua difesa e può produrre eventuali nuovi documenti. Se non intende valersi di dette facoltà ne rilascia dichiarazione scritta. 5. La memoria e i documenti sono letti da uno dei componenti della commissione e allegati agli atti. 6. Il giudicando, se presente, è ammesso a esporre, anche a mezzo dell'ufficiale difensore, le ragioni a difesa. 7. Il presidente chiede al giudicando, se presente, se ha altro da aggiungere. 8. Udite le ragioni a difesa ed esaminati gli eventuali nuovi documenti, il presidente fa ritirare il militare. 9. La commissione, se ritiene di non poter esprimere, il proprio giudizio senza un supplemento di istruttoria, sospende il procedimento e restituisce gli atti all'autorità che ha ordinato la convocazione, precisando i punti sui quali giudica necessarie nuove indagini. 10. Non verificandosi l'ipotesi di cui al comma 9, il presidente mette alternativamente ai voti i seguenti quesiti: a) "Il ................ è meritevole di conservare il grado? "; b) "Il ................ è meritevole di permanere in ferma (o in rafferma)? "; 11. La votazione si svolge con modalità tali da garantire la segretezza del voto di ciascun membro. Il giudizio della commissione è espresso a maggioranza assoluta e non è motivato. 12. Il segretario compila subito il verbale della seduta col giudizio della commissione; il verbale è letto e firmato dai componenti della commissione. 13. Il presidente scioglie la commissione e trasmette gli atti direttamente al Ministero della difesa. 14. I componenti della commissione sono vincolati al segreto di ufficio".

Dal combinato disposto delle due norme sopra richiamate si evince che la Commissione di disciplina è uno organo di garanzia per il militare sottoposto a procedimento disciplinare.

Il suo operare, infatti, è improntato alla partecipazione dell'incolpato e all'acquisizione di eventuali ulteriori memorie e elementi a discolpa, come avvenuto nel caso di specie.

Il fatto stesso che il procedimento disciplinare, nelle fasi iniziali incentrato su figure monocratiche (Comandante e Ufficiale inquirente), passi poi attraverso un organo collegiale, dimostra il carattere garantistico della procedura.

Ebbene, per quanto riguarda l'assenza di motivazione, il Collegio osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, dall'esame della normativa citata risulta evidente che la più grave delle sanzioni viene inflitta con un apparato motivazionale conoscibile dal dipendente che emerge dagli atti del procedimento nel loro complesso: dall'atto di deferimento alla Commissione di Disciplina da parte del Comandante, fino al decreto del Direttore Generale per il personale Militare del Ministero della Difesa (sul punto cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I, 5 ottobre 2016, n.1206).

Non si può pertanto ritenere che la normativa in questione, complessivamente valutata, si ponga in contrasto con gli articoli 97, 24 e 3 della Costituzione, poiché il militare è posto in condizioni di comprendere le ragioni sottese alla sanzione disciplinare e di esercitare il relativo diritto di difesa.

Il Collegio ritiene pertanto che la questione di incostituzionalità dedotta dal ricorrente sia manifestamente infondata.

2. - Per quanto riguarda le censure dedotte nei confronti del provvedimento del Direttore Generale per il personale Militare del Ministero della Difesa si osserva quanto segue.

2.1. - Con la prima censura, il ricorrente evidenzia che sebbene l'Ufficiale Inquirente non si fosse pronunciato in modo formale sulla fondatezza o meno dell'addebito, utilizzando la formula prevista dalla Guida Tecnica, sarebbe stato evidente che la Relazione si concludeva con l'affermazione dell'infondatezza dell'addebito mosso al ricorrente che, secondo l'inquirente, alla luce della documentazione acquisita, risultava vittima di un raggiro da parte delle due cittadine brasiliane che, ad insaputa dello stesso, avrebbero utilizzato l'appartamento come "casa di appuntamento".

Il ricorrente afferma che, nonostante le predette conclusioni, discostandosi dalle risultanze dell'inchiesta formale (e, dunque, dall'accertamento e dalla valutazione dei fatti effettuata dall'Ufficiale inquirente) il Comandante delle Truppe Alpine, aveva deciso di deferire il militare alla Commissione di disciplina, affermando che le difese dell'inquisito non risultavano "accoglibili in quanto in contrasto con le risultanze processuali".

Il ricorrente sostiene che il Comandante delle Truppe Alpine non avrebbe potuto deferire i militari alla Commissione di disciplina senza tenere conto delle risultanze dell'inchiesta formale, poiché, a suo dire, in base alla disciplina vigente, solo il Ministro della difesa può deferire il militare alla Commissione di disciplina senza tener in debito conto delle risultanze dell'inchiesta formale.

Il ricorrente sostiene altresì che il Comandante delle Truppe Alpine, nel travalicare i propri poteri, avrebbe inteso per "risultanze processuali" l'esito del giudizio di primo grado e non gli elementi probatori (documentali e testimoniali) acquisiti nel corso del procedimento penale.

Inoltre, secondo il ricorrente, il Comandante delle Truppe Alpine, attraverso un atto di deferimento contenente le proprie valutazioni, avrebbe influenzato negativamente l'Organo Collegiale chiamato ad esprimersi in ordine alla meritevolezza o meno del militare inquisito a conservare il grado.

Più nello specifico, a parere del ricorrente, il Comandante delle Truppe Alpine avrebbe enunciato alla Commissione la propria opinione circa la particolare gravità dei fatti in cui il militare inquisito era stato coinvolto, esternando, inoltre, i propri dubbi circa l'attitudine dello stesso "a continuare a svolgere con disciplina ed onore i compiti connessi al proprio stato giuridico", così indirizzando il giudizio del predetto Organo verso l'affermazione di non meritevolezza successivamente pronunciata da quest'ultima ed assunta in motivazione dal provvedimento impugnato.

In via preliminare, il Collegio evidenzia che l'art. 1377 del D.Lgs. n. 66 del 2010 recita "1. L'inchiesta formale è il complesso degli atti diretti all'accertamento di una infrazione disciplinare per la quale il militare può essere passibile di una delle sanzioni indicate all'articolo 1357. 2. Le autorità che hanno disposto l'inchiesta formale, in base alle risultanze della stessa: a) se ritengono che al militare deve o meno essere inflitta una delle sanzioni disciplinari indicate nell' articolo 1357, comma 1, lettere a) e b), ne fanno proposta al Ministro della difesa; b) se ritengono che al militare possono essere inflitte le sanzioni disciplinari indicate all'articolo 1357, comma 1, lettere c) e d) ne ordinano il deferimento a una commissione di disciplina. 3. Il Ministro della difesa può, in ogni caso e nei confronti di qualsiasi militare, ordinare direttamente una inchiesta formale...".

Ciò premesso, il Collegio osserva che nell'atto di deferimento alla Commissione di Disciplina del Comandante delle Truppe Alpine si legge "esaminata l'inchiesta formale disciplinare disposta in data 28 febbraio 2018 ed esperita dall'ufficiale inquirente -OMISSIS-, effettivo al comando brigata alpina "taurinense"; viste le memorie difensive prodotte dagli inquisiti a mezzo delle quali negano di aver commesso il reato oggetto di accertamento penale, riconoscendo una mera "responsabilità per difetto di vigilanza" sulla destinazione d'uso dell'appartamento risultato essere luogo di esercizio del meretricio; ritenuto che le predette argomentazioni difensive non siano accoglibili in quanto in contrasto con le risultanze processuali; ritenuto che la condotta perpetrata dal...C.le magg. Sc. -OMISSIS-, aggravata dall'essere stata realizzata in concorso, abbia determinato un indubbio nocumento all'immagine e al prestigio della forza armata, la cui salvaguardia costituisce un dovere che deve essere osservato incondizionatamente anche nei rapporti privati; ritenuto che l'eccezionale gravità della condotta in oggetto abbia ingenerato notevoli dubbi circa l'attitudine dei graduati a continuare a svolgere con disciplina ed onore i compiti connessi al proprio stato giuridico".

Il Collegio si limita ad osservare che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, dalla lettura dell'atto di deferimento si evince che il Comandante delle Truppe Alpine abbia tenuto conto delle risultanze dell'inchiesta formale (seppur discostandosi dalle conclusioni contenute nella relazione finale dell'Ufficiale inquirente); in esso, invero, si legge "esaminata l'inchiesta formale disciplinare disposta in data 28 febbraio 2018 ed esperita dall'Ufficiale Inquirente -OMISSIS-, effettivo al Comando Brigata Alpina "-OMISSIS-".

Più in generale, dalla lettura dell'atto di deferimento, si evince che il Comandante delle Truppe Alpine abbia tenuto conto di tutti gli elementi rilevanti nella fattispecie in esame.

Il Comandante delle Truppe Alpine non poteva non motivare la sua decisione di deferire il ricorrente alla Commissione di disciplina, considerato anche che egli aveva preso una decisione non in linea con le conclusioni dell'Ufficiale inquirente.

Le valutazioni contenute nell'atto di deferimento costituiscono dunque la semplice, legittima e necessaria motivazione della sua decisione.

In ogni caso, è di tutta evidenza che la Commissione di disciplina, nell'esprimere il suo giudizio, non abbia tenuto conto solo dell'atto di deferimento del Comandante delle Truppe Alpine.

Invero, dalla lettura del verbale del 1 agosto 2018, si evince che la Commissione di disciplina abbia preso in considerazione tutti gli atti del procedimento disciplinare.

Nel verbale infatti si legge "Il Presidente della Commissione legge l'ordine di convocazione e le dichiarazioni scritte dell'avvenuto esame, da parte propria e degli altri Membri, degli atti dell'inchiesta formale e fa leggere al segretario la relazione riepilogativa. Il Presidente chiede se i Membri della Commissione o il giudicando e il difensore desiderano che sia letto qualsiasi atto dell'inchiesta ed ottiene risposta negativa...".

Inoltre, dal verbale emerge che, in sede di audizione innanzi alla Commissione, vi sia stato un ampio confronto con il ricorrente, il quale ha potuto esprimere la propria posizione rispondendo alle domande poste.

Nel verbale infatti si legge "Il Presidente della Commissione chiede al giudicando se vuole presentare memorie difensive o eventuali nuovi documenti a sua discolpa ed ottiene risposta positiva. II Presidente chiede al Segretario di dare lettura delle memorie difensive che sono allegate al presente verbale. Il Presidente chiede ai Membri della Commissione se vi siano domande ed ottiene risposta, positiva...Il Presidente della Commissione chiede all'Ufficiale Difensore se ha qualcosa da aggiungere. Al riguardo, il difensore ha sottolineato che il giudicando negli ultimi anni ha assicurato un servizio impeccabile come evincibile dalla documentazione caratteristica e ha svolto mansioni di un certo rilievo; inoltre il giudicando risulta maturato, essendo diventato padre da quattro anni. II difensore ha posto inoltre l'accento sia sulla circostanza che un provvedimento di "non luogo a procedere per prescrizione del reato" esclude l'accertamento di un'eventuale innocenza sia sull'importanza della funzione rieducativa della pena che deve tendere in ogni caso al reinserimento sociale. Il Presidente della Commissione ribadisce che nell'esprimere un giudizio la Commissione terrà conto dei documenti agli atti e che il giudizio sarà espresso unicamente sulla base degli atti presenti. Il Presidente della Commissione udite le ragioni a difesa ed esaminate le nuove memorie fa quindi ritirare il giudicando e l'Ufficiale difensore...".

Complessivamente pertanto la censura è priva di pregio.

2.2. - Con il secondo motivo di gravame il ricorrente deduce l'illegittimità del provvedimento impugnato per eccesso di potere per manifesta illogicità.

Più nello specifico, secondo il ricorrente, le motivazioni contenute nel decreto del Direttore Generale per il personale Militare del Ministero della Difesa risulterebbero prive di coerenza, se si considera che durante il giudizio penale - durato ben 9 anni - il ricorrente avrebbe sempre svolto regolare servizio ed esercitato il proprio delicato incarico di "-OMISSIS-" e che, nel periodo interessato, il ricorrente è sempre stato giudicato "ottimo", superiore alla media ed "eccellente".

Il ricorrente infine evidenzia che la vicenda oggetto del procedimento disciplinare non abbia avuto alcuna risonanza mediatica al punto da non essere conosciuta all'interno del Reparto se non dai diretti Superiori del ricorrente e da ciò conseguirebbe l'impossibilità, per l'Amministrazione, di lamentare "un indubbio nocumento all'immagine e al prestigio della Forza Armata".

2.3. - Con l'ultimo motivo di gravame, il ricorrente sostiene che l'Amministrazione militare, nell'applicare la più severa delle sanzioni di stato, non parrebbe aver tenuto conto del principio enunciato dall'art. 1355 del Codice dell'Ordinamento Militare là dove, al secondo comma, recita: "Nel determinare la specie ed eventualmente la durata della sanzione sono inoltre considerati i precedenti di servizio disciplinari, il grado, l'età, e l'anzianità di servizio del militare che ha mancato", non avendo preso in debita considerazione il fatto che il ricorrente, in ventidue anni di onorevole servizio svolto, ricoprendo gli incarichi "particolarmente delicati" di "operatore telecomunicazioni" e "tecnico elettronico per missili", ha sempre conseguito valutazioni più che lusinghiere riportando in ambito internazionale compiacimenti ed elogi da parte dei Superiori.

Il Collegio ritiene di poter valutare congiuntamente le censure di cui ai punti 2.2. e 2.3. perché strettamente connesse e attinenti al profilo motivazionale del provvedimento impugnato.

In via preliminare, il Collegio evidenzia che il ricorrente, in concorso con un altro militare, veniva indagato e condannato in primo grado dal Tribunale -OMISSIS-, con la sentenza n. 1502/15 del 14 settembre 2015, perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, dal luglio al 25 novembre 2009 favoriva e sfruttava la prostituzione di donne straniere.

La sentenza suddetta lo aveva riconosciuto colpevole e condannato alla pena, non sospesa, di anni due e giorni dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici e dall'esercizio della tutela e della curatela.

La Corte d'Appello -OMISSIS-, con sentenza n. -OMISSIS-(divenuta irrevocabile per il ricorrente il 13 gennaio 2018), in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del ricorrente, in ordine al reato ascritto, in quanto estinto per intervenuta prescrizione, confermando nel resto la sentenza appellata.

Più nello specifico, nella sentenza si legge "Rilevato che: in ordine al reato ascritto ai predetti imputati risulta decorso il termine di prescrizione; le argomentazioni difensive formulate a sostegno della richiesta di assoluzione risultano validamente confutate dal primo giudice sulla base di considerazioni che devono intendersi pienamente condivise e qui integralmente riportate, non sussistendo elementi tali da consentire un proscioglimento ex art. 129 c.p.c.".

In merito, si osserva che il Consiglio di Stato ha avuto modo di evidenziare che l'ampio spatium deliberandi riconosciuto dalla legge alla potestà sanzionatoria dell'Amministrazione militare non è prosciugato né circoscritto dall'eventuale emanazione, in sede penale, di pronuncia dichiarativa della prescrizione del reato (Cons. Stato, sez. V, 15 gennaio 2020, n. 381).

Ciò premesso, si osserva che il decreto del Direttore Generale per il personale Militare del Ministero della Difesa richiama la sentenza di condanna del Tribunale -OMISSIS-, la successiva sentenza della Corte d'Appello -OMISSIS-che ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione, gli atti dell'inchiesta formale, il deferimento alla Commissione di Disciplina da parte del Comandante delle Truppe Alpine e il giudizio espresso con il verbale del 1 agosto 2018 dalla Commissione di disciplina.

In esso inoltre si legge "constatato che la condotta disciplinarmente rilevante addebitata all'inquisito è risultata acclarata durante il procedimento disciplinare; tenuto conto del rendimento in servizio e del quadro disciplinare del Graduato; ritenuta la condotta del Graduato incompatibile con il grado rivestito e con lo "status" di militare in servizio permanente, per aver disatteso i principi che devono improntare il comportamento di un militare, risultando da ciò minato il legame fiduciario sul quale deve necessariamente fondarsi il rapporto d'impiego con l'Amministrazione della Difesa... Il comportamento del Graduato costituisce gravissima violazione dei doveri propri dello stato di militare e di quelli attinenti al giuramento prestato e al senso di responsabilità, da risultare del tutto incompatibile con l'ulteriore permanenza in servizio e nel grado rivestito".

Dal provvedimento impugnato emerge che il Direttore abbia preso in considerazioni tutti gli atti del procedimento, nonché tutti gli elementi rilevanti, ivi compreso il rendimento in servizio e il quadro disciplinare del ricorrente, procedendo poi ad un'autonoma valutazione ritenendo che fosse venuto meno il rapporto fiduciario e che il comportamento del ricorrente costituisse gravissima violazione dei doveri propri dello stato di militare e di quelli attinenti al giuramento prestato e al senso di responsabilità, da risultare del tutto incompatibile con l'ulteriore permanenza in servizio e nel grado rivestito.

Sul punto, in linea generale, il Collegio osserva che per costante giurisprudenza (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 484; sez. IV, 15 gennaio 2020, n. 381) "la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità" (Cons. Stato, sez. IV, 23 marzo 2020, n. 2019).

Più nello specifico, il Consiglio di Stato ha sottolineato la sussistenza di un'ampia discrezionalità dell'Amministrazione militare in punto di individuazione e, eventualmente, dosimetria della sanzione, sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo in casi di manifesta irrazionalità, insostenibile illogicità, palese arbitrarietà (Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 484).

In sede disciplinare, l'Amministrazione può legittimamente tener conto delle risultanze emerse nelle varie fasi del pregresso procedimento penale, sì da evitare ulteriori accertamenti istruttori alla luce del principio di economicità del procedimento, ma a condizione che di tali risultanze sia autonomamente valutata la rilevanza in chiave disciplinare (sul punto, Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4392).

Ebbene, come emerge da quanto sopra esposto, è proprio quello che ha fatto nel caso in esame il Direttore Generale per il personale Militare del Ministero della Difesa: egli infatti ha preso in considerazione tutti gli atti del procedimento disciplinare, ivi comprese le risultanze del processo penale ma poi, come già osservato, ha valutato autonomamente la rilevanza della condotta oggetto del processo in chiave disciplinare, tenendo anche conto del rendimento in servizio e del quadro disciplinare del ricorrente.

Più nello specifico, sulla mancata coerenza tra la motivazione dell'atto finale e le valutazioni positive pregresse del ricorrente, il Collegio si limita ad evidenziare che, come già evidenziato, dalla lettura del decreto emerge che il Direttore Generale per il personale Militare abbia tenuto conto del rendimento in servizio e del quadro disciplinare del ricorrente.

In ogni caso, in materia, il Consiglio di Stato ha condivisibilmente evidenziato quanto segue "Da ultimo l'appellato deduce la contraddittorietà del comportamento dell'Amministrazione la quale lo ha sempre valutato in termini di eccellenza e, poco tempo prima di infliggergli la sanzione espulsiva, lo ha giudicato addirittura meritevole di un elogio formale per l'attività dispiegata. La censura è infondata, in quanto le valutazioni caratteristiche espresse nel tempo dall'Amministrazione afferiscono ad un genus di attività profondamente diversa da quella che costituisce espressione della potestà disciplinare" (Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4392).

La motivazione del provvedimento impugnato pertanto non può ritenersi manifestamente illogica.

Per quanto riguarda il principio di proporzionalità, in generale, si richiama quanto evidenziato dal Consiglio di Stato "il principio di proporzionalità consiste in un canone legale di raffronto che consente di rilevare macroscopici profili di abnorme distonia fra condotta e sanzione, escluso ogni controllo del merito dell'azione amministrativa: il principio, in sostanza, veicola un mero riscontro ab externo della scelta amministrativa, strutturalmente incapace di penetrarne il nucleo vivo, afferente alla sfera discrezionale riservata" (Cons. Stato, sez. IV, 15 gennaio 2020, n. 381).

Ebbene, alla luce di tutti gli elementi che emergono dagli atti di giudizio, la valutazione finale del Direttore Generale per il personale Militare del Ministero della Difesa, come già evidenziato, non risulta essere irragionevole, illogica, manifestamente irrazionale o in contrasto con il principio di proporzionalità.

Anche le censure sopra sintetizzate pertanto risultano essere prive di pregio.

3. - In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

4. - L'esito del ricorso esime il Collegio dal valutare l'istanza istruttoria.

5. - Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

- dichiara manifestamente infondata la questione di incostituzionalità sollevata con riferimento all'art. 1388, comma 11, del D.Lgs. n. 66 del 2010;

- respinge il ricorso;

- condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio a favore del Ministero della Difesa liquidate in Euro 1.000,00 (mille/00), più accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente e qualunque persona fisica indicata in sentenza.
Conclusione

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2020, celebrata con modalità telematica, mediante l'uso della piattaforma Microsoft Teams, con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Salamone, Presidente

Flavia Risso, Primo Referendario, Estensore

Angelo Roberto Cerroni, Referendario
Avv. Antonino Sugamele

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