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Sentenza

Ufficiale della Guardia di Finanza, responsabile regionale del Servizio Intellig...
Ufficiale della Guardia di Finanza, responsabile regionale del Servizio Intelligence, avrebbe asservito la sua funzione pubblica, ricevendo periodicamente da un avvocato denaro (o la promessa della ricezione di danaro), nell'ordine di circa 5-7.000 Euro per volta, per fornire informazioni riservate grazie all'uso strumentale della sua funzione, anche attraverso l'accesso abusivo a banche dati in uso alla Guardia di Finanza, di natura giudiziaria, di intelligence o di natura economico-patrimoniale-tributaria.
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-02-2020) 10-03-2020, n. 9581


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente -

Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere -

Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere -

Dott. CALVANESE Ersilia - rel. Consigliere -

Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.P., nato a (OMISSIS);

avverso la ordinanza del 07/11/2019 del Tribunale di Potenza;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Ersilia Calvanese;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Fodaroni Maria Giuseppina, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

uditi i difensori, avv. Angela Pignatari D'Errico e avv. Donatello Cimadomo, che hanno concluso chiedendo all'accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Potenza, in sede di riesame, confermava parzialmente l'ordinanza del 14 ottobre 2019, che aveva applicato a D.P. la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 319, 319-ter, 321 c.p. (capo A), artt. 110, 81, 326, comma 3 c.p. (capo B) e artt. 110, 81, 61, n. 2, 615-ter c.p. (capo C).

In particolare, il Tribunale riqualificava il fatto di cui al capo B) ai sensi dell'art. 326 c.p., comma 1, ed escludeva la continuazione per il reato di cui al capo C), confermando per il resto il provvedimento cautelare.

Secondo le imputazioni provvisorie, il D., ufficiale della Guardia di Finanza, responsabile regionale del Servizio Intelligence, avrebbe asservito la sua funzione pubblica, ricevendo periodicamente dall'avvocato C.R.M.D.B. denaro (o la promessa della ricezione di danaro), nell'ordine di circa 5-7.000 Euro per volta, per fornire informazioni riservate grazie all'uso strumentale della sua funzione, anche attraverso l'accesso abusivo a banche dati in uso alla Guardia di Finanza, di natura giudiziaria, di intelligence o di natura economico-patrimoniale-tributaria. In particolare, sul fronte giudiziario, al fine di favorire il D.B., parte offesa e denunciante in un procedimento penale a carico di R.M. e altri, avrebbe fornito alle predette informazioni riservate sulle indagini preliminari pendenti presso la Procura della Repubblica di Potenza e delegate alla Guardia di Finanza di Potenza, ponendosi come intermediario fra la P.G. delegata alle indagini e lo stesso D.B. (con condotta perdurante sino ad agosto 2019).

2. Avverso la suddetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di fiducia dell'indagato, denunciando i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, disp. att. c.p.p..

2.1. Violazione di legge (art. 11 c.p.p.) e mancanza di motivazione e travisamento di atti processuali.

Il Tribunale ha respinto in modo censurabile l'eccezione di incompetenza ex art. 11 c.p.p..

Era stato prodotto in sede di riesame il decreto di proroga delle intercettazioni con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza, in relazione al procedimento in esame, dava atto della necessità di proseguire l'attività investigativa in ordine alla consegna da parte del D.B. di danaro al "Got che avrebbe emesso una sentenza su suo interessamento"; la informativa di P.G., richiamata nel decreto di proroga, era stata omissata dal P.M. proprio con riferimento alla suddetta vicenda.

Le argomentazioni del Tribunale non sono condivisibili.

Quanto all'individuazione del distretto del Got in questione, andava considerato che il P.M. in udienza non ha fatto rilevare che si trattava di reato trasmesso per competenza ad altro ufficio e che non poteva aver chiesto la stessa proroga delle captazioni per un reato appartenente alla competenza di altro ufficio. D'altra parte lo stesso Giudice non era titolato a prorogare le intercettazioni per reati non di propria competenza.

In ordine alla connessione del reato ex art. 11 c.p.p. con quelli in esame, è proprio la stessa proroga autorizzata dal Giudice - sulla base della informativa omissata per riservatezza - a far ritenere la stessa connessione sussistente, nè il P.M. in udienza ha allegato o documentato una diversa situazione processuale.

Relativamente infine al richiamo all'art. 12 c.p.p., il Tribunale non ha considerato che l'art. 11 c.p. detta una disciplina speciale che veniva pertanto a derogare alle regole ordinarie in tema di competenza territoriale.

2.2. Violazione di legge in relazione all'art. 319-ter c.p. e vizio di motivazione.

Il ricorrente ha interesse a contestare la qualificazione giuridica del fatto, sub A), quanto al solo reato ex art. 319-ter c.p., posto che si tratta di questione che viene incidere sulla gravità del fatto e quindi sulle valutazioni cautelaci del Tribunale.

Ciò premesso, erroneamente il Tribunale ha ravvisato la fattispecie di corruzione in atti giudiziari, ritenendo che, accanto alla messa a libro-paga del ricorrente in favore del D.B. per fornirgli informazioni riservate, sussumibili nell'ipotesi dell'art. 319 c.p., la medesima condotta assumesse anche la qualificazione del reato di cui all'art. 319-ter c.p. perchè erano state fornite informazioni al suddetto legale circa un procedimento penale nel quale questi figurava quale persona offesa.

In tal modo il Tribunale ha omesso di considerare che il reato ex art. 319-ter c.p. richiede il dolo specifico e che in ogni caso occorre la dimostrazione che p.u. abbia compiuto un atto volto a condizionare le indagini o quanto meno ad orientarle in modo callido.

Il ricorrente si sarebbe limitato a fornire informazioni riservate (il che viene ad integrare oltre alla corruzione ordinaria il reato sub B), ponendosi come intermediario tra la P.G. inquirente e l'avv. D.B., dando rassicurazioni sull'operato di un finanziere (il che costituiva una mera segnalazione e non una ingerenza nella conduzione delle indagini).

2.3. Violazione di legge in relazione all'art. 274 c.p.p. e vizio di motivazione.

Quanto al pericolo di cui all'art. 274 c.p.p., comma 1, lett. a), i giudici del merito non hanno saputo individuare effettive situazioni potenzialmente pregiudizievoli per lo sviluppo delle indagini, finendo la motivazione per essere del tutto carente.

Relativamente al pericolo di recidiva, il Tribunale ha motivato in modo censurabile sull'attualità del periculum, avendola desunta solo dalle condotte contestate e da un altro episodio che non può essere considerato sintomatico della tendenza a delinquere.

Andava tenuto conto della sospensione D.Lgs. n. 66 del 2010, ex art. 915.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito illustrate.

2. Non ha alcun fondamento la questione dedotta con il primo motivo, relativa all'eccezione di incompetenza ex art. 11 c.p.p..

Il dato dirimente per avere lo spostamento di competenza ai sensi dell'art. 11 c.p.p. - e che nella specie difetta - è pur sempre che vi sia un reato iscritto per il quale stia indagando la procura e che veda (per l'art. 11 c.p.p.) un preciso magistrato indagato.

L'operatività dell'art. 11 c.p.p. è infatti subordinata alla condizione che il magistrato assuma formalmente la qualità di imputato (ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato) (tra tante, Sez. 5, n. 21128 del 01/03/2018, C., Rv. 273168).

Come è stato già affermato, a detta opzione ermeneutica conducono sia il testo dell'art. 11 c.p.p., che nell'individuare l'ipotesi derogatoria alle regole di attribuzione della competenza del giudice attribuisce rilevanza esclusiva al fatto formale della "assunzione", da parte del magistrato interessato, di una delle tre qualità innanzi indicate, sia la ratio dell'istituto volto, in via eccezionale, ad evitare rischi incidenti sulla serenità del giudice, conseguenti alla preesistenza di rapporti personali con il magistrato interessato al procedimento non in astratto ma in concreto, quindi con riferimento alla specifica vicenda processuale al fine di offrire una tutela rafforzata dell'imparzialità e dell'immagine dell'organo giudicante nel singolo procedimento (cfr. C. Cost., sent. n. 147 del 2004).

Difettava allo stato quindi nel procedimento in esame il presupposto fattuale costituito dalla avvenuta iscrizione nel registro delle notizie di reato da parte del procedente p.m. di Potenza del nominativo del magistrato, non risultando sufficiente la mera presenza agli atti di un non meglio identificato magistrato onorario coinvolto in una vicenda illecita per giustificare lo spostamento della competenza ex art. 11 c.p.p..

Tra l'altro, proprio con riferimento alla figura del Got, la necessità di individuare con precisione la persona che ha assunto la qualità di indagato veniva ad assumere anche un ulteriore e decisivo rilievo.

Si è affermato invero che la deroga alle regole generali della competenza per territorio nei procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di indagato, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato, si applica anche al magistrato onorario il cui incarico sia connotato dalla stabilità, e cioè dalla continuatività riconosciuta formalmente per un arco temporale significativo, in quanto questa, essendo sufficiente a radicarlo istituzionalmente nel plesso territoriale di riferimento, potrebbe ingenerare il sospetto, stante il rapporto di colleganza e di normale frequentazione tra magistrati della medesima circoscrizione, di un non imparziale esercizio della giurisdizione dei suoi confronti (Sez. U, n. 292 del 15/12/2004, dep. 2005, Scabbia, Rv. 229632).

3. Il secondo motivo relativo alla erronea qualificazione giuridica dei fatti nell'ipotesi delittuosa di cui all'art. 319-ter c.p. presenta molteplici profili di inammissibilità.

In primo luogo, e in via assorbente, il ricorrente non ha rappresentato con specificità il suo interesse all'impugnazione sul punto, posto che il provvedimento cautelare si fonda comunque sulla gravità indiziaria - non contestata - per altri reati, tra i quali quello di corruzione ex art. 319 c.p. Il ricorrente sostiene al riguardo che l'impugnazione per il reato di cui all'art. 319-ter c.p. verrebbe a riflettersi sul quadro cautelare.

Peraltro, va osservato che tale reato non ha inciso concretamente sulla valutazione delle esigenze cautelari nè in sede di ordinanza genetica nè in sede di Riesame.

In ogni caso, anche a voler tacere sul concreto interesse all'impugnazione, il motivo di ricorso è aspecifico e di precluso merito.

La fattispecie delittuosa prevista dall'art. 319-ter c.p. richiama entrambi i reati ex artt. 318 e 319 c.p., caratterizzati dal dolo specifico (favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo): quindi per integrare tale reato è sufficiente l'accordo illecito (senza quindi il compimento dell'atto) purchè vi sia il dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice.

Si è affermato infatti che il delitto di corruzione in atti giudiziari si consuma con l'accettazione della promessa di denaro o di altra utilità da parte del pubblico ufficiale, indipendentemente dalla realizzazione del vantaggio perseguito dal corruttore e dalla legittimità dell'atto richiesto al pubblico ufficiale purchè lo stesso risulti, comunque, confluente in un atto giudiziario destinato ad incidere negativamente sulla sfera giuridica di un terzo (tra tante, Sez. 6, n. 5264 del 26/01/2016, Bindi, Rv. 265842).

Il Tribunale si è attenuto a tali principi, rilevando come non fosse necessario il concreto compimento dell'atto oggetto di accordo illecito e evidenziando, quanto al dolo specifico, che l'accordo era finalizzato a far sì che D.B. potesse seguire ed indirizzare le indagini che riguardavano una denuncia da lui presentata.

Nella ordinanza genetica, era stato evidenziato che il ricorrente, non solo si prestava dietro compenso a fornire al D.B. informazioni riservate relative ad indagini in corso, ma anche ad ingerirsi a suo favore sul loro sviluppo.

Il Giudice ha ricavato tale dato da un lato dalla rassicurazione fornita al D.B. che chi stava indagando sul procedimento di suo interesse fosse suo "fratello" e dall'altro che lo scopo di questo interessamento per D.B. era di precostituire e far emergere elementi di reità a carico dell'indagato (il giudice quando doveva sentire quest'ultimo doveva avere in mano "le carte").

Le diverse argomentazioni del ricorrente in ordine alla ricostruzione del fatto articolano censure di merito, notoriamente precluse in sede di legittimità.

4. E' fondato invece il terzo motivo sulle esigenze cautelari.

La ordinanza impugnata ha motivato adeguatamente e senza incorrere in vizi logico-giuridici in ordine alla sussistenza dei pericula libertatis, ravvisando coerentemente ai dati processuali gli elementi per sostenere la valutazione prognostica in ordine ai pericoli da tutelare, quali la capacità del ricorrente di accedere come intraneo ad informazioni segrete e riservate, la sua disinvoltura nel commettere i reati e la sua spregiudicatezza dimostrata nel soddisfare i desiderata del D.B..

Censurabile è invece la valutazione della circostanza indicata dalla difesa della sospensione dal servizio imposta al ricorrente D.Lgs. n. 15 marzo 2010, n. 66, ex art. 915.

Al riguardo, va rammentato che questa Corte ha più volte affermato che il pericolo di reiterazione di cui all'art. 274 c.p.p., lett. c), può ritenersi sussistente anche nei confronti di soggetto in posizione di rapporto organico con l'amministrazione che risulti sospeso dal servizio, purchè sia fornita adeguata e logica motivazione in merito alla mancata rilevanza della sopravvenuta sospensione, con riferimento alle circostanze di fatto che concorrono a evidenziare la probabile rinnovazione, da parte del predetto, di analoghe condotte criminose nella mutata veste di soggetto ormai estraneo e, quindi, di concorrente in reato proprio commesso da altri soggetti muniti della qualifica richiesta (tra tante, Sez. 6, n. 8060 del 31/01/2019, Romanò, Rv. 275087).

Orbene, il Tribunale ha ritenuto in ogni caso irrilevante la intervenuta sospensione dal servizio, in ragione del suo collegamento ex lege con la misura cautelare in atto.

Va peraltro considerato che la normativa applicabile (l'art. 915 cit.), nel prevedere la sospensione precauzionale obbligatoria dall'impiego nei confronti del militare se sono adottati a suo carico taluni provvedimenti, ovvero, per quel che qui interessa, le "misure cautelari coercitive limitative della libertà personale" o le "misure cautelari interdittive o coercitive, tali da impedire la prestazione del servizio", stabilisce che tale misura viene meno con la revoca dei suddetti provvedimenti.

Quindi in linea di principio, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, la presenza di un provvedimento di sospensione obbligatoria non è sempre un dato indifferente per il suo stretto collegamento alla misura cautelare, posto che la suddetta sospensione continua ad essere applicata laddove la misura cautelare custodiale sia sostituita da quella interdittiva "impeditivi della prestazione del servizio".

Pertanto, se la sospensione obbligatoria non veniva ad incidere - elidendola - sulla sussistenza dei pericoli ravvisati dal Tribunale, andava verificato se la misura interdittiva (combinata ex lege con quella sospensiva) risultasse in concreto e sulla base di circostanze di fatto idonea a tutelare le esigenze cautelari, così da evitare l'afflittività di una misura di tipo custodiale.

Conclusivamente, in relazione a tale ultimo profilo, l'ordinanza impugnata deve essere annullata per un nuovo esame.

Per il resto il ricorso va rigettato.
P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Potenza, Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari personali.

Rigetta nel resto il ricorso.
Avv. Antonino Sugamele

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