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Sentenza

Vigile del Fuoco in servizio in Lombardia ottiene trasferimento a Trapani....
Vigile del Fuoco in servizio in Lombardia ottiene trasferimento a Trapani.
T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., (ud. 13-05-2020) 18-05-2020, n. 373

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 213 del 2020, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Arianna Coppola e Antonio Zimbardi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Brescia, via S. Caterina, 6;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- del decreto n. 1321 del 06/04/2020, notificato in data 07/04/2020, con il quale il Ministero dell'Interno ha comunicato al ricorrente il rigetto della richiesta di trasferimento temporaneo ex art. 42 bis D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151;

- di ogni atto ad esso presupposto, connesso o consequenziale, anche se ignoto, che sia lesivo delle ragioni dell'odierno ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. Ariberto Sabino Limongelli nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2020, svolta secondo le modalità di cui all'art. 84 comma 5 del D.L. n. 18 del 2020;
Svolgimento del processo

1. Il ricorrente, residente ad A. (T.), assunto nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco a far data dal 7 maggio 2018 e assegnato al Comando dei Vigili del Fuoco di Bergamo, in data 30 settembre 2018 ha formulato domanda di assegnazione temporanea alla sede di Trapani, ovvero, in alternativa, a quelle di Palermo o di Agrigento, ai sensi dell'art. 42 bis del D.Lgs. n. 151 del 2001, precisando di essere genitore di una bambina nata il (...) e di avere la propria moglie in Sicilia, ove la medesima presta la propria attività lavorativa.

2. Il Ministero dell'Interno, dopo aver comunicato in data 30 marzo 2020 i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza e aver acquisito le osservazioni dell'interessato, ha respinto l'istanza con decreto del Direttore Centrale del Dipartimento dei Vigili del Fuoco n. 1321 del 6 aprile 2020, notificato il 7 aprile 2020.

Nella motivazione del provvedimento, il Ministero:

- ha richiamato l'orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato (sentenze nn. 5068 del 2018, 3876 del 2007, 3278 del 2010, 7506 del 2010, e 5730 del 2011) secondo cui l'art. 42 bis del D.Lgs. n. 151 del 2001 è applicabile al solo personale "civile" dipendente delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 comma 2 del D.Lgs. n. 151 del 2001, e non anche al personale militare, al personale delle Forze di Polizia e al personale dei VV.FF., inseriti nel novero del personale con rapporto di lavoro "di diritto pubblico", i quali restano assoggettati alla disciplina speciale dei rispettivi ordinamenti; orientamento ribadito di recente dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1896/2019;

- ha osservato, in aggiunta, con specifico riferimento al caso di specie, "che il Comando di Bergamo, sede di prima assegnazione, risulta in carenza di personale e che la richiesta di assegnazione provvisoria, in assenza di contestuale sostituzione nella posizione lavorativa, determinerebbe serie ripercussioni sul servizio in quanto andrebbe a sguarnire ulteriormente i contingenti di personale necessari a garantire la funzionalità delle squadre di soccorso nel Comando di Bergamo e, quindi, pregiudicherebbe l'espletamento del servizio tecnico urgente a salvaguardia della pubblica e privata incolumità".

3. Con ricorso notificato il 20 aprile 2020 e depositato in pari data, il ricorrente ha impugnato il predetto diniego e ne ha chiesto l'annullamento sulla base di tre motivi, con cui ha dedotto vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto plurimi profili.

4. Il Ministero dell'Interno si è costituito in giudizio depositando documentazione e memoria difensiva, contestando il fondamento del ricorso e chiedendone il rigetto.

5. All'udienza in camera di consiglio del 13 maggio 2020, il Collegio ha trattenuto la causa in decisione riservandosi di definirla con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti di legge e omesso ogni avviso alle parti costituite, secondo quando previsto dalla disciplina emergenziale di cui all'art. 84 comma 5 del D.L. n. 18 del 2020.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato sotto tutti i profili dedotti, nei sensi nei limiti e per gli effetti qui di seguito precisati.

1. Con il primo motivo, rubricato "Violazione dell'art. 42 bis del D.Lgs. n. 151 del 2001 - Applicabilità al personale appartenente al C.N.VV.F", il ricorrente ha richiamato il diverso e, a suo dire, prevalente orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo cui il beneficio in parola sarebbe applicabile anche al personale dipendente di pubbliche amministrazioni in regime di diritto pubblico; ha evidenziato, inoltre, che, con specifico riferimento al personale appartenente ai Vigili del Fuoco, il beneficio in parola è stato espressamente previsto nell'Accordo sindacale Nazionale del 19 aprile 2016, sottoscritto dalle parti pubblica e privata ai sensi del D.Lgs. n. 217 del 2005, nel quale è stato pattuito che, nonostante alcune pronunce di segno contrario, l'Amministrazione possa concedere al proprio personale anche i benefici di cui all'art. 42 bis del D.Lgs. n. 151 del 2001.

La censura, osserva il Collegio, è fondata.

1.1. L'art. 42-bis comma 1 del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 dispone che "Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda".

1.2. Il Collegio è consapevole che sull'interpretazione della norma appena citata la giurisprudenza amministrativa ha espresso - e continua tuttora ad esprimere, anche in tempi recenti e persino fra diverse Sezioni dello stesso Consiglio di Stato - orientamenti non univoci, l'uno contrario all'applicabilità dell'art. 42 bis anche al personale dipendente di pubbliche amministrazioni in regime di diritto pubblico (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 01/07/2019, n. 3361; Consiglio di Stato, sez. III, 21/03/2019, n. 1896; Consiglio di Stato, sez. VI, 13/06/2012, n. 2294); l'altro, invece, favorevole all'applicazione indifferenziata del beneficio in parola a tutti i dipendenti di pubbliche amministrazione, sia a quello "contrattualizzato" sia a quello "di diritto pubblico" (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 febbraio 2020, n. 961; Cons. Stato, Sez. IV, 17 maggio 2019, n. 2380; Cons. Stato, Sez. IV, 31 agosto 2018, n. 4079; Consiglio di Stato, sez. III, 16 dicembre 2013, n. 6016; T.A.R. Milano, sez. III, 07/01/2020, n. 28; T.A.R. Catania, sez. III , 22/04/2016, n. 1166; T.A.R. Cagliari, sez. I, 23/09/2013, n. 612).

1.3. Ebbene, il Collegio ritiene che, allo stato, non vi siano ragionevoli motivi per discostarsi dal proprio orientamento - di recente ribadito con sentenza di questa Sezione n. 1023 del 28 novembre 2019 - favorevole all'estensione generalizzata del beneficio di cui all'art. 42 bis D.Lgs. n. 151 del 1990 anche al personale dipendente di pubbliche amministrazione in regime di diritto pubblico, salva la facoltà dell'Amministrazione di denegare il beneficio in presenza di "casi o esigenze eccezionali", come previsto dalla norma, adeguatamente evidenziati nella motivazione del provvedimento conclusivo di diniego.

In particolare, nella citata pronuncia n. 1023 del 28 novembre 2019, questa Sezione ha affermato che "(...) Ancorché si siano registrate pronunce di segno opposto, questo Collegio ritiene che detto istituto si applichi anche al personale delle Forze armate; come recentemente ribadito dalla VI sezione del Consiglio di Stato, infatti, "l'art. 1493 D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), ivi inserito nel Capo V (Diritti sociali), Sezione I (Tutela della maternità e della paternità), sotto la rubrica "Estensione della normativa per il personale della Pubblica Amministrazione", al primo comma recita testualmente: "1. Al personale militare femminile e maschile si applica, tenendo conto del particolare stato rivestito, la normativa vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità, nonché le disposizioni dettate dai provvedimenti di concertazione". Attesa la chiarezza e univocità del rinvio alla normativa generale in materia di maternità e paternità nel settore del pubblico impiego, nonché tenuto conto della relativa sedes materiae, deve ritenersi che l'istituto in esame sia ormai, secondo regola generale, applicabile anche a tutto il personale militare e delle Forze di polizia di Stato di cui all'art. 3, comma 1, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Ritiene, in particolare, il Collegio che all'inciso "tenendo conto del particolare stato rivestito", contenuto nel sopra riportato art. 1493, comma 1, D.Lgs. n. 66 del 2010, anche in un'ottica interpretativa costituzionalmente orientata tesa alla tutela dei valori afferenti la famiglia, l'assistenza e l'educazione dei minori ed alla garanzia della parità di trattamento dei dipendenti pubblici, non possa essere attribuita la valenza di una clausola di riserva introduttiva di una fattispecie normativa indeterminata di natura eccezionale e derogatoria per determinati settori dell'amministrazione pubblica, la cui individuazione/delimitazione sia rimessa all'interprete, poiché, opinando diversamente, la previsione generale che estende anche al personale dell'ordinamento militare la disciplina in materia di maternità e paternità vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni - ancorché con i contemperamenti necessari a presidio dei valori sottesi alla peculiarità del servizio reso dal personale in questione - verrebbe (ri)convertita da regola ad eccezione, in contraddizione con la ratio legis sottesa alla disposta estensione e con il dato normativo dell'assenza, nel D.Lgs. n. 151 del 2001, di una limitazione soggettiva capace di escludere dal suo ambito applicativo il pubblico impiego non contrattualizzato. Il citato inciso si limita, per contro, a introdurre un quid pluris, che sottende ulteriori esigenze di tutela, oltre a quelle organizzative comuni a tutte le pubbliche amministrazioni, funzionali alle peculiarità istituzionali delle Forze Armate e di Polizia." (Cons. Stato Sez. VI, 1 ottobre 2019, n. 6577; id. T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 9 ottobre 2019, n. 2111)".

1.4. A tali rilievi, validi per tutto il personale dipendente di pubbliche amministrazioni in regime di diritto pubblico, va poi aggiunta un'ulteriore dirimente considerazione, riferita specificamente al personale dipendente dei Vigili del Fuoco, in relazione al quale il competente Dipartimento del Ministero dell'Interno ha sottoscritto in data 19 aprile 2016 con le organizzazioni sindacali rappresentative del personale non direttivo e non dirigente del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco l'"Accordo integrativo nazionale concernente i criteri per i trasferimenti temporanei del personale (...)", nel contesto del quale è stata espressamente prevista l'estensione a tutto il personale di ruolo dei Vigili del Fuoco della disciplina relativa alle assegnazioni temporanee di cui all'art. 42-bis D.Lgs. n. 151 del 2001 (ultimo capoverso del preambolo e art. 1).

In relazione al contenuto testuale di tale accordo, è palesemente illegittima la pretesa dell'Amministrazione di disapplicarne i contenuti invocando una sentenza del Consiglio di Stato del 2018 contraria alla concessione del beneficio (sentenza n. 5068 del 29 agosto 2018, sulla base della quale l'Amministrazione avrebbe "avviato un confronto con le OO.SS. per rappresentare l'inapplicabilità del beneficio"), sia perché, in attesa di un diverso accordo tra le parti sindacali, allo stato del tutto eventuale, l'Amministrazione deve ritenersi vincolata ai contenuti dell'Accordo integrativo del 2016, sia perché la citata sentenza del Consiglio di Stato non sembra aver apportato alcun elemento di novità all'interno dell'annoso dibattito giurisprudenziale sull'esatta interpretazione dell'art. 42 bis, già esistente (e ben noto all'Amministrazione) alla data di sottoscrizione dell'Accordo del 2016.

1.5. Alla luce di tali considerazioni, e in accoglimento del primo motivo di ricorso, il primo capo di motivazione del provvedimento impugnato deve ritenersi illegittimo, dal momento che l'appartenenza del ricorrente al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco con rapporto di lavoro "in regime di diritto pubblico" non costituisce motivo di per sé ostativo alla concessione del beneficio di cui all'art. 42 bis del D.Lgs. n. 151 del 2001.

2. Con il secondo motivo, rubricato "Violazione dell'art. 10 bis L. 07 agosto 1990, n. 241", il ricorrente ha lamentato che nel provvedimento conclusivo di diniego l'Amministrazione avrebbe introdotto, per la prima volta, un argomento nuovo (la presunta "carenza di organico" presso la sede di appartenenza), assente nel preavviso di diniego e rispetto al quale l'interessato non è stato posto in condizione di interloquire in sede procedimentale.

Anche tale censura è fondata.

2.1. Com'è noto, la previsione di cui all'art. 10 bis della L. n. 241 del 1990, introdotta dalla L. n. 15 del 2005, risponde all'esigenza di rendere nota all'interessato, prima dell'adozione del provvedimento sfavorevole, l'esistenza di profili che potrebbero ostare all'accoglimento della domanda, onde consentire al richiedente di far valere le proprie ragioni in seno allo stesso procedimento amministrativo, vuoi confutando gli argomenti dell'amministrazione vuoi adducendo nuovi elementi di valutazione in grado di orientare il procedimento verso un esito positivo, prevenendo in tal modo la necessità di una soluzione giurisdizionale del conflitto, come avveniva prima della novella del 2005; e tale specifica funzione dell'istituto reca con sé la necessità che il provvedimento conclusivo, sfavorevole al privato, non sia fondato su ragioni nuove, mai prima prospettate in sede procedimentale, e che abbiano, come tali, l'effetto di sorprendere l'interessato, pregiudicandone le garanzie di partecipazione procedimentale.

2.2. Nel caso di specie, nel preavviso di diniego trasmesso all'interessato con nota del 30 marzo 2020 ex art. 10 bis L. n. 241 del 1990, l'Amministrazione si è limitata ad evidenziare, come unico motivo ostativo all'accoglimento dell'istanza, l'orientamento giurisprudenziale secondo cui "al personale dei Vigili del Fuoco, inserito nel novero del personale con rapporto di lavoro di diritto pubblico, non risulta applicabile la normativa di cui all'art. 42 bis del D.Lgs. n. 151 del 2001". Nessun ulteriore motivo ostativo è stato, invece, prospettato dall'Amministrazione nel merito dell'istanza, neppure in relazione alle asserite situazioni di "carenza di organico" evidenziate, successivamente - e per la prima volta - nella motivazione del provvedimento conclusivo di diniego. In tal modo, come giustamente lamentato dal ricorrente, l'Amministrazione ha violato la lettera e la ratio dell'istituto in parola, avendo precluso all'interessato la possibilità di far valere le proprie ragioni in seno allo stesso procedimento amministrativo, con grave e sostanziale violazione delle regole del contraddittorio procedimentale.

2.3. La censura è quindi fondata, e ciò comporta che l'ulteriore fase procedimentale che dovrà seguire alla presente decisione - nei termini che saranno in seguito precisati - dovrà essere condotta dall'Amministrazione in contraddittorio con l'interessato e assicurando il rigoroso rispetto delle garanzie procedimentali previste dalla legge, nel contesto di un procedimento destinato a sfociare in un provvedimento dal contenuto prettamente discrezionale, e non vincolato.

3. Infine, con il terzo motivo, rubricato "Violazione degli artt. 42 bis del D.Lgs. 26 marzo 2001 n.151 e 3 della L. 07 agosto 1990, n. 241; Eccesso di potere per difetto di istruttoria", il ricorrente ha lamentato che nel caso di specie il Ministero si sarebbe limitato ad invocare una presunta "carenza di organico", senza nulla dire in ordine alla effettiva indispensabilità e insostituibilità del ricorrente presso la sede di appartenenza e, più in generale, in ordine alla sussistenza di ragioni eccezionali impeditive della concessione del beneficio, tale non essendo, secondo la giurisprudenza, la mera carenza di organico, peraltro dedotta nel provvedimento impugnato in modo del tutto generico.

Anche quest'ultima censura, osserva il collegio, è fondata.

3.1. Come sopra esposto, l'art. 42 bis del D.Lgs. n. 151 del 2001 precisa che l'eventuale dissenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione all'assegnazione temporanea del dipendente "deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali". Quest'ultimo inciso, aggiunto al testo originario della norma dall'art. 14, comma 7 della L. n. 124 del 2015, dimostra la volontà del legislatore di rendere il diritto alla fruizione del beneficio in parola preminente rispetto alle ordinarie esigenze di servizio - peraltro fisiologiche - potendo lo stesso recedere solo in presenza di casi o esigenze eccezionali, di cui l'Amministrazione deve dare puntualmente conto nel provvedimento. La disposizione è, infatti, rivolta a dare protezione a valori di rilievo costituzionale e il dissenso delle Amministrazioni di provenienza e di destinazione deve essere limitato a casi o a esigenze eccezionali e congruamente motivato.

In particolare, è stato affermato che "le ragioni ostative all'accoglimento della domanda di trasferimento temporaneo non possono consistere in semplici difficoltà organizzative rispetto al personale disponibile o nelle generiche esigenze della sede di attuale appartenenza, ma devono essere eccezionali e documentate" (Consiglio di Stato, sez. IV, 31/08/2018, n. 4079). Pertanto, la generica deduzione dell'esistenza di una situazione di "carenza di organico", spesso addotta dalle Amministrazioni per giustificare il diniego di concessione del beneficio in parola, finisce per costituire una mera clausola di stile laddove manchi la specificazione di elementi concreti e documentati che attestino l'esistenza di effettive "esigenze eccezionali" legate all'insostituibilità del richiedente presso la sede di appartenenza o all'impossibilità di analoga collocazione dell'interessato presso la sede (o le sedi) di possibile destinazione.

In tal senso, si è espressa di recente la Quarta Sezione del Consiglio di Stato con l'ordinanza cautelare n. 1944 del 17 aprile 2020, secondo cui: "Considerato che secondo l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato di questa Sezione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 febbraio 2020, n. 961, 17 maggio 2019, n. 2380, 31 agosto 2018, n. 4079), a seguito della novella dell'art. 42 bis del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 152, di cui all'art. 14, comma 7, della L. 7 agosto 2015, n. 124, il diniego di trasferimento temporaneo non può trovare giustificazione nel semplice raffronto tra le situazioni di scopertura degli organici dell'ufficio a quo rispetto all'ufficio ad quem, che possa trovare rimedio in migliore organizzazione del servizio, e ciò in modo tanto più evidente quando tale dato sia stato medio-tempore soggetto a riduzione, secondo quanto allegato e non contestato".

3.2. Nel caso in esame, ritiene il Collegio che il provvedimento impugnato non abbia individuato esigenze eccezionali ostative al trasferimento temporaneo del ricorrente, essendosi limitato a dedurre, peraltro in modo del tutto generico e non documentato, l'esistenza di una presunta "carenza di personale" presso la sede di Bergamo ove il ricorrente è attualmente assegnato e a prefigurare altrettanto generiche "ripercussioni sul servizio" derivanti dal trasferimento, senza però svolgere alcuna concreta considerazione sulla effettiva indispensabilità e insostituibilità del ricorrente presso la sede attuale in ragione delle mansioni svolte, come invece preteso dalla norma applicata.

3.3. Né l'Amministrazione sembra aver valutato la possibilità di conciliare le proprie esigenze organizzative e quelle dell'interessato attraverso la concessione del beneficio "in modo frazionato", come pure consentito dalla norma di cui si discute.

4. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va pertanto accolto ai fini di un motivato riesame da parte dell'Amministrazione resistente, da condursi nel rispetto delle garanzie procedimentali spettanti all'interessato e da concludersi con un nuovo provvedimento, di accoglimento o di rigetto, debitamente motivato sotto tutti i profili sopra evidenziati.

In particolare, si precisa che un eventuale nuovo diniego non potrebbe limitarsi a prospettare nuovamente l'esistenza di una situazione di carenza di organico presso la sede di appartenenza, ma dovrebbe evidenziare debitamente, sulla base di elementi concreti e documentati, l'effettiva infungibilità del ricorrente presso la sede di appartenenza.

In mancanza di "esigenze eccezionali" che impongano l'indispensabile permanenza del ricorrente preso la sede attuale, la domanda dovrà essere accolta.

5. Per l'espletamento del disposto riesame, considerata la delicatezza degli interessi coinvolti e il tempo già decorso dalla presentazione dell'istanza, si assegna all'Amministrazione resistente, ai sensi dell'art. 34 comma 1 lett. e) c.p.a., il termine perentorio di giorni 30 decorrente dalla comunicazione della presente sentenza. In caso di inutile decorso di tale termine, l'interessato potrà agire dinanzi a questo TAR in sede di ottemperanza chiedendo la nomina di un commissario ad acta che provveda in luogo dell'Amministrazione inadempiente.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato nei sensi nei limiti e per gli effetti indicati in motivazione.

Condanna il Ministero dell'Interno alla rifusione delle spese di lite, che liquida in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre oneri accessori e rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2020 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente

Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, Estensore

Alessandra Tagliasacchi, Primo Referendario
Avv. Antonino Sugamele

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