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Sentenza

Vigile sanitario chiede il riconoscimento della causa di servizio e l'attribuzio...
Vigile sanitario chiede il riconoscimento della causa di servizio e l'attribuzione dell'equo indennizzo per un infarto occorsogli in servizio.
T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, Sent., (data ud. 12/02/2020) 18/03/2020, n. 406


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 234 del 2016, proposto da

-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, tutti in qualità di eredi di -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Vincenzo Operamolla, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Dante, n. 201;

contro

Azienda S.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Felice Ingravalle, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, corso Vittorio Emanuele, n. 185;

Azienda S.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Edvige Trotta, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, Lungomare Starita, n. 6;

per l'accertamento

del diritto dei ricorrenti al riconoscimento della causa di servizio e del relativo equo indennizzo di cui al D.P.R. 20 aprile 1993, n. 349, con condanna delle Amministrazioni convenute al pagamento del trattamento indennitario, in riassunzione di giudizio iniziato innanzi al Tribunale di Trani, in funzione di Giudice del lavoro.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Azienda S.L. e della Azienda S.L.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2020 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale medesimo;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ricorso in riassunzione notificato in data 16.02.2016 e depositato in data 24.02.2016, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, tutti in qualità di eredi di -OMISSIS-, adivano il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere il riconoscimento della causa di servizio e l'attribuzione dell'equo indennizzo di cui al D.P.R. 20 aprile 1994, n. 349 per la posizione del loro comune dante causa, con conseguente condanna al pagamento del dovuto da parte dell'Azienda S.L., nonché dell'Azienda S.L., in relazione ai profili di rispettiva competenza.

Esponevano in fatto che, con ricorso ex art. 414 c.p.c. del 13.03.1995, F.A. conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di Trani, quale Giudice del Lavoro, la ex. AUSL BA/4 chiedendo - in qualità di vigile sanitario della USL/BA2 - il riconoscimento della causa di servizio e l'attribuzione dell'equo indennizzo per un infarto occorsogli in data 2.07.1994 ed avvenuto in servizio, che, in tesi del ricorrente, sarebbe stato conseguente alle condizioni di stress in cui aveva svolto la propria attività lavorativa presso le Amministrazioni sanitarie convenute.

Con Provv. del 6 ottobre 2006, il ricorso veniva dichiarato estinto per mancata comparizione delle parti ed era successivamente riassunto con ricorso del 1.12.2006.

Con sentenza del 5.03.2010 il ricorso veniva dichiarato inammissibile dal Giudice del lavoro, attribuendosi natura di sentenza al provvedimento di estinzione del 6.10.2006.

In presenza di una decisione di natura meramente processuale ed in assenza di formazione del giudicato sul merito della domanda, l'interessato riproponeva la medesima con ricorso n. -OMISSIS-del 4.10.2011.

Con sentenza n. -OMISSIS-, pubblicata in data 25.5.2015, passata in giudicato il 4.12.2015, veniva dichiarato il difetto di giurisdizione dell'A.G.O. e la sussistenza della giurisdizione del Tribunale Amministrativo Regionale competente per territorio, assegnando termine di tre mesi per la riproposizione della domanda.

Con il ricorso in riassunzione depositato in data 24.02.2016, prendeva avvio il presente giudizio per l'ottenimento delle pronunce in oggetto.

In data 23.3.2016, si costituiva l'Azienda S.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, chiedendo la reiezione del ricorso.

In data 30.4.2016, si costituiva altresì l'Azienda S.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, parimenti instando per la reiezione dell'impugnativa.

Nel corso del processo, l'A.B. depositava il Parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie reso sulla vicenda in esame nell'adunanza n. 273 del 20.11.1996, trasmesso con nota del 26.02.1997 e in vista dell'udienza pubblica del 09.10.2019 depositava memoria conclusionale con cui evidenziava:

- l'applicabilità della disciplina di cui al D.P.R. n. 461 del 2001 alla fattispecie de quo e con particolare riferimento alla vigenza dei poteri valutativi del Comitato di verifica come previsto dall'art. 18;

- la rilevanza del parere negativo espresso dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie nella vicenda di cui è causa;

- l'inammissibilità dell'avversa domanda di riconoscimento della causa di servizio e di attribuzione dell'equo indennizzo, in quanto un'azione di accertamento della dipendenza stessa non sarebbe dovuta rientrare nelle competenze del Giudice Amministrativo, peraltro non essendo surrogabili, da parte di quest'ultimo, i poteri tecnico-discrezionali che la legge attribuisce in materia all'Amministrazione;

- il difetto di legittimazione passiva della A.B. in ragione del fatto che la medesima non era e non è titolare dei rapporti giuridici facenti capo ad alcuna delle Aziende U. precedentemente esistenti (tra cui quella alle cui dipendenze aveva prestato servizio il dante causa degli odierni ricorrenti), non essendo subentrata alle stesse in detti rapporti;

- l'infondatezza nel merito dell'avversa domanda, in virtù del presupposto giuridico della avvenuta formazione di un silenzio-diniego della P.A. quale è il parere negativo reso dal CPPO in data 20.11.1996, quale unico provvedimento da contestare per poter ottenere la declaratoria di illegittimità del diniego tacito che dallo stesso trae fondamento.

Con memoria del 6.09.2019 l'A.B., eccepiva la carenza di legittimazione passiva dell'Amministrazione in virtù della legge della Regione Puglia 14 giugno 1994 n. 18, l'inammissibilità per decadenza ai sensi dell'art. 69, comma 7 del D.Lgs. n. 165 del 2001 e nel merito l'inammissibilità per mancata impugnazione del parere del Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie del 20.11.1996.

Con ordinanza collegiale depositata in data 15.10.2019, il Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe disponeva che - a fini di completezza istruttoria - venisse acquisito agli atti di causa il fascicolo in originale di cui al n. R.G. -OMISSIS-, definito con la Sentenza n. -OMISSIS-, pubblicata in data 25.5.2015.

Con memoria del 4.12.2019, in vista dell'udienza pubblica del 12.02.2020, parte ricorrente contestava le deduzioni di rito e di merito delle Amministrazioni convenute.

Seguivano in data 8.1.2020 e 20.01.2020, memoria conclusionale e di replica dell'Azienda S.L..

All'udienza pubblica del 12.02.2020, la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione.

Tutto ciò premesso, in primis deve essere affrontata la questione relativa alla sussistenza della giurisdizione del Giudice Amministrativo e la correlata eccezione di decadenza ai sensi dell'art. 69, comma 7 del D.Lgs. n. 165 del 2001 formulata dalla A.B..

Tale eccezione non è condivisibile.

A riguardo, l'art. 69, comma 7, del citato D.Lgs. n. 165 del 2001 prevede che "Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'articolo 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000"; orbene, nel caso di specie, il giudizio è stato introdotto dal ricorrente in data anteriore al 15 settembre 2000, rilevando, ai fini dell'individuazione del Giudice giurisdizionalmente competente e della continuità dell'excursus processuale, la data di instaurazione del giudizio.

Nel merito, a prescindere dalle plurime eccezioni preliminari sollevate dalle Amministrazioni resistenti, il ricorso è infondato nel merito e, pertanto, non può essere accolto.

In proposito, occorre preliminarmente ricostruire la cornice normativa e giurisprudenziale della fattispecie in esame.

La disciplina del procedimento per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio e per la concessione dell'equo indennizzo è contenuta nel D.P.R. n. 461 del 2001.

Tale regolamento, nel dettare norme di "semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie", prevede la necessità che, sulle eventuali istanze presentate dai dipendenti, si pronuncino organi consultivi di natura tecnica.

In particolare, per i procedimenti relativi a domande di riconoscimento di causa di servizio e concessione di equo indennizzo, il D.P.R. del 29 ottobre 2001, n. 461, in via generale, stabilisce che la diagnosi dell'infermità o della lesione, l'indicazione della causa e del momento della conoscibilità della patologia, il giudizio sull'integrità fisica, psichica o sensoriale e sull'idoneità al servizio dell'istante debba essere effettuato dalla Commissione medica ospedaliera territorialmente competente in relazione all'ufficio di ultima assegnazione del dipendente.

Nondimeno, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. n. 461 del 2001, è il c.d. Comitato di Verifica per le cause di servizio l'organo investito del potere di esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza dell'infermità dalle cause di servizio.

Esso, infatti, è chiamato ad effettuare un duplice controllo diagnostico, l'uno sulla riconducibilità della menomazione ad attività lavorative e l'altro sulla sussistenza di un nesso eziologico tra i fatti di servizio invalidanti e la menomazione stessa.

In base all'art. 10 del regolamento, il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie - organo previsto dalla previgente normativa di settore, rappresentata dal DPR n. 349/1994 - ha assunto, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento stesso, la denominazione di Comitato di verifica per le cause di servizio, ai cui pareri motivati deve conformarsi l'organo di amministrazione attiva.

Il Comitato di verifica risulta dunque l'unico organo deputato ad esprimere un parere vincolante in merito al rapporto causale tra i fatti di servizio e l'infermità lamentata dal dipendente.

Ne deriva che, nel procedimento di verifica della sussistenza della dipendenza da causa di servizio, in presenza di pareri discordi tra la Commissione medico ospedaliera (CMO) ed il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (odierno Comitato di verifica per le cause di servizio), l'amministrazione non ha alcun obbligo di motivare le ragioni della preferenza accordata a quello reso dal CPPO, atteso che l'ordinamento non mette a disposizione dell'amministrazione una serie di pareri preordinati e resi da organi consultivi di diversa origine e competenza sui quali orientarsi, ma affida, per ciò che attiene al riconoscimento dell'equo indennizzo, ad un solo organo, ossia al CPPO, la competenza ad esprimere un giudizio conclusivo anche sulla base dei pareri resi nei rispettivi diversi procedimenti, con la conseguenza che un onere di motivazione a carico dell'amministrazione è concepibile solo se essa, per gli elementi di cui dispone e che non sono stati acquisiti dal comitato, ritenga di poter esprimere un diverso avviso (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 09 settembre 2008, n. 4297; Consiglio Stato, sez. IV, 03 settembre 2008, n. 4120; Consiglio Stato, sez. VI, 11 luglio 2008, n. 3487).

In altri termini, la P.A. è tenuta a motivare particolareggiatamente il proprio provvedimento solo nei casi in cui, in ipotesi, ritenga di non adeguarsi al parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (oggi, Comitato per la concessione dell'equo indennizzo), ma non quando ritenga, invece, di condividerlo, in quanto il parere del C.P.P.O. (anche per la variegata e qualificata estrazione tecnica dei suoi componenti) fornisce, a livello centrale, ogni auspicabile garanzia circa l'attendibilità della determinazione assunta in materia di equo indennizzo.

Conseguentemente, un obbligo di motivazione (ulteriore) in capo alla P.A. è ipotizzabile solo per l'ipotesi in cui essa, per gli elementi di cui dispone e che non sono stati vagliati dal Comitato, ritenga di non poter aderire al suo parere, che è obbligatorio, ma non vincolante (cfr. inter plures Cons. Stato, sez. VI, 23 giugno 2008, n. 3146).

Ciò premesso, il D.P.R. n. 461 del 2001 ha previsto all' art. 18, con disposizione transitoria che "I procedimenti relativi a domande di riconoscimento di causa di servizio e concessione dell'equo indennizzo, nonché di riconoscimento di trattamento di pensione privilegiata e accertamento di idoneità al servizio, già presentate all'Amministrazione alla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono definiti secondo i previgenti termini procedurali, fermo restando quanto previsto dall'articolo 6, comma 1, e dall'articolo 11, comma 1, sulla natura dei pareri delle Commissioni mediche e del Comitato"; come precisato dal Consiglio di Stato Sez. VI, nella sentenza n. 8935 del 15.12.2010, la disciplina pregressa resta ferma limitatamente ai termini procedurali mentre viene ribadita l'applicazione dello ius superveniens relativamente ai poteri valutativi del Comitato di verifica, quali individuati all' art. 11, primo comma, del regolamento, in ordine a tutte le pratiche in corso concernenti il riconoscimento della causa di servizio e del trattamento di pensione privilegiata, la concessione dell' equo indennizzo e l'accertamento dell' idoneità al servizio.

Con riferimento al caso di specie, dunque, non può ritenersi corretta la ricostruzione operata da parte ricorrente, nel ricondurre la vicenda nei binari normativi di cui al vecchio D.P.R. n. 349 del 1994, anziché alla luce del successivo D.P.R. n. 462 del 2001.

Ciò premesso, è opportuno sottolineare che gli accertamenti sulla dipendenza di una patologia da causa di servizio, rientrano nella discrezionalità tecnica del Comitato la cui valutazione conclusiva sul nesso eziologico, tra l'attività lavorativa svolta e l'infermità sofferta dal pubblico dipendente, ha alla base cognizioni di scienza medico-specialistica e medico-legale in particolare.

Per costante giurisprudenza, il sindacato giurisdizionale su tali decisioni deve considerarsi ammesso nelle ipotesi di vizi logici della motivazione che evidenzino un'inattendibilità metodologica o nelle ipotesi di manifesta irragionevolezza, di palese travisamento dei fatti, di omessa considerazione delle circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito; in generale, dunque, in ipotesi di manifesta erroneità (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 4160/2018
Cons. Stato, Sez. IV, Sent., (data ud. 05/07/2018) 09/07/2018, n. 4160
; Cons. Stato, Sez. IV n. 5067/2018
; Cons. Stato, Sez. III, n. 1212/2018).

Con specifico riferimento alla controversia in esame, il parere prodotto dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, nell'adunanza n. 273 del 20.11.1996, dichiarava che l'infermità lamentata dal sig. F.A., "non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, in quanto il soggetto è affetto da diabete mellito, infermità questa legata ad etiopatogenesi eredo-costituzionale, di natura endocrino-diatesica, sulla insorgenza e decorso della quale non possono avere nocivamente influito, neppure sotto il profilo concausale, efficiente e determinante, gli invocati fattori di servizio".

Ne consegue che il silenzio tenuto dall'Ente datoriale a seguito della domanda del ricorrente, deve essere apprezzato come silenzio diniego formatosi sulla base del citato parere del Comitato, non rilevando ai fini della controversia gli ulteriori pareri medici, sia pur discordanti, prodotti nel corso del precedente giudizio dinanzi al Giudice del Lavoro.

Né può essere condivisa l'eccezione di parte ricorrente volta ad evidenziare la supposta mancata conoscenza di detto parere, di per sé comunque venuta meno al momento della produzione in giudizio del parere medesimo.

Anche a voler aderire in toto a tale prospettazione, restava onere di parte ricorrente articolare una apposita impugnativa avverso detto parere, decorrendo un termine di sessanta giorni dalla scoperta del provvedimento lesivo per articolare avverso il medesimo le censure ritenute doverose o opportune.

In assenza di impugnativa, detto parere si è integralmente consolidato e, in tale contesto, fonda e giustifica il silenzio diniego formatosi sulla base del medesimo.

Ne consegue l'integrale reiezione del ricorso nel merito.

Da ultimo, in considerazione della natura assistenziale della presente controversia e della sua oggettiva peculiarità, sussistono i presupposti di legge per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Conclusione

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2020 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Desirèe Zonno, Consigliere

Alfredo Giuseppe Allegretta, Primo Referendario, Estensore
Avv. Antonino Sugamele

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