Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Militare Trapani

Sentenza

Appuntato scelto dei carabinieri viene rinviato a giudizio per ritenzione indeb...
Appuntato scelto dei carabinieri viene rinviato a giudizio per ritenzione indebita, all'interno dell'ufficio e della propria cameretta, di 60 cartucce cal. 9 parabellum e di un caricatore per pistola 92 FS in uso esclusivo alle forze di polizia e alle forze armate, di cui non era dimostrata la cessata appartenenza all'amministrazione militare.
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-12-2020) 08-01-2021, n. 493
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano - Presidente -

Dott. SANDRINI Enrico - rel. Consigliere -

Dott. SARACENO Rosa Anna - Consigliere -

Dott. MAGI Raffaello - Consigliere -

Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul conflitto di giurisdizione sollevato da:

TRIBUNALE MILITARE NAPOLI;

nei confronti di:

GUP CATANZARO;

con l'ordinanza del 09/07/2020 del TRIBUNALE MILITARE di NAPOLI;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI;

lette le conclusioni del Procuratore Generale Dr. ELISABETTA CESQUI che ha chiesto sia dichiarata la giurisdizione del Tribunale Militare di Napoli.
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 9.07.2020 il Tribunale militare di Napoli ha sollevato conflitto positivo di giurisdizione, rimettendo gli atti a questa Corte, con riguardo al reato di cui all'art. 166 e art. 47 c.p.m.p., n. 2 per il quale M.E., appuntato scelto dei carabinieri in servizio a (OMISSIS), è stato rinviato a giudizio davanti al Tribunale remittente; rileva che per il medesimo fatto-reato, consistito nella ritenzione indebita, all'interno dell'ufficio e della propria cameretta, di 60 cartucce cal. 9 parabellum e di un caricatore per pistola 92 FS in uso esclusivo alle forze di polizia e alle forze armate, di cui non era dimostrata la cessata appartenenza all'amministrazione militare, il pubblico ministero presso il Tribunale di Catanzaro aveva chiesto il rinvio a giudizio del M. - a titolo di violazione della L. n. 895 del 1967, art. 2 - davanti a quel Tribunale ordinario, unitamente ai connessi reati di detenzione e cessione a terzi di sostanza stupefacente del tipo marijuana di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73; la natura speciale del reato militare, avente ad oggetto armamento destinato ad uso militare, rispetto a quello comune (in realtà riconducibile alla violazione dell'art. 697 c.p.) radicava la giurisdizione del Tribunale militare, con conseguente necessità di sollevare il conflitto.

2. Non essendo stata formulata istanza di discussione orale, il procuratore generale presso questa Corte ha tempestivamente trasmesso ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, le proprie richieste scritte, con cui chiede dichiararsi la giurisdizione del Tribunale militare di Napoli.
Motivi della decisione

1. Il denunciato conflitto di giurisdizione non sussiste, per le seguenti ragioni.

2. Sussiste conflitto positivo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 28 c.p.p., comma 1, lett. a), quando un giudice ordinario e un giudice speciale contemporaneamente prendono cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona: il conflitto, dunque, è configurabile soltanto tra due (o più) organi giurisdizionali, e non tra un giudice e un pubblico ministero (Sez. Un. 9605 del 28/11/2013, dep. 27/02/2014, Rv. 257989).

Nel caso in esame, il conflitto di giurisdizione è stato sollevato dal Tribunale militare di Napoli con riguardo a una richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero presso il Tribunale di Catanzaro, sulla quale il GUP non si è ancora pronunciato, nè risulta fissata l'udienza preliminare e pendente la relativa fase: il conflitto, pertanto, allo stato non sussiste, e comunque non è nè attuale nè concreto; e, del resto, in sede di udienza preliminare il GUP potrebbe rilevare in limine il proprio difetto di giurisdizione in ordine alla violazione della disciplina delle armi e delle munizioni contestata all'imputato, prevenendo la stessa insorgenza del conflitto (art. 29 c.p.p.).

3. Inoltre, neppure appare configurabile, allo stato degli atti, l'identità del fatto attribuito a M.E. per il quale si procede davanti al Tribunale militare di Napoli con quello per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio davanti al Tribunale ordinario di Catanzaro, identità che in questa sede deve essere apprezzata dalla Corte di legittimità sulla base degli atti a disposizione, valutando la corretta qualificazione giuridica delle fattispècie, senza che rilevino eventuali giudizi prognostici, anticipatori del merito della decisione (Sez. Un. 18621 del 23/06/2016, dep. 14/04/2017, Rv. 269585).

Nel processo pendente davanti al giudice militare il fatto-reato ascritto al M. consiste, infatti, nell'aver indebitamente ritenuto 60 cartucce cal. 9 parabellum e un caricatore per pistola 92 FS in uso esclusivo alle forze di polizia e alle forze armate, senza che fossero munite del marchio o di altro segno di rifiuto e di cui non era comunque dimostrata la legittima cessazione dell'appartenenza all'amministrazione militare, costituente violazione dell'art. 166 c.p.m.p. che punisce l'acquisto o la ritenzione di effetti militari (che possono essere rappresentati non solo da armamenti, ma anche da articoli di vestiario, da equipaggiamento militare in genere o da altre cose destinate all'uso militare).

Il fatto-reato per il quale stata esercitata l'azione penale dal pubblico ministero di Catanzaro è invece costituito dalla detenzione in assenza di denuncia all'autorità di p.s., da parte del M., delle medesime munizioni e caricatore per pistola, qualificati rispettivamente come munizioni e componente di arma da guerra, in violazione del L. n. 895 del 1967, art. 2.

Da un raffronto immediato tra le due imputazioni emerge la strutturale diversità dei fatti, e in particolare delle rispettive condotte, nella loro stessa dimensione naturalistica oltre che sotto il profilo dei beni giuridici tutelati: la prima incrimina, invero, una condotta, di tipo dinamico-funzionale e a connotazione istantanea, propedeutica a quella - di natura invece statica, materiale e caratterizzata da permanenza - oggetto della seconda incriminazione, posto che l'acquisto o la ritenzione indebiti delle componenti di armamento militare devono precedere necessariamente la loro (successiva) detenzione illegale, che trova causa proprio nell'azione ritentiva antecedente, secondo una scansione logico-temporale assimilabile a quella che intercorre tra la ricettazione e la detenzione illegale di armi e munizioni, di cui è pacifica la possibilità di un concorso materiale.

Inoltre, diversa è l'offensività giuridica dei reati, rappresentata nel caso del reato militare dalla tutela del relativo servizio mediante l'incriminazione di condotte lesive, nel caso in esame (capo V del titolo II del libro II del codice penale militare di pace), dell'interesse - anche patrimoniale - dell'amministrazione alla corretta conservazione dei beni costituenti la dotazione dei militari in servizio, offesa dalle condotte di distruzione, alienazione o ritenzione indebita di effetti militari in genere, che possono riguardare anche beni diversi dalle armi, privi di intrinseca pericolosità come i capi di vestiario; mentre nel caso del reato comune è costituita dalla tutela della sicurezza pubblica messa in pericolo dall'incontrollata detenzione di oggetti di armamento.

Del resto, la reciproca autonomia delle due incriminazioni emerge evidente, con riferimento alla diversità delle rispettive aree di punibilità proprio nella materia delle armi e relative parti, in relazione al caricatore per pistola 92 FS, la cui ritenzione indebita appare sempre idonea, ove dimostrata, a integrare il reato militare di cui all'art. 166 c.p.m.p. in ragione della sua natura oggettiva di componente dell'equipaggiamento militare, mentre la punibilità della relativa detenzione agli effetti della disciplina comune delle armi - riguardando una componente di arma comune da sparo e non di arma da guerra (Sez. 1 n. 45992 del 30/09/2016) - deve essere verificata con riguardo alle caratteristiche tecniche del caricatore alla stregua del disposto dell'art. 38, comma 1 T.U.L.P.S. nella sua formulazione attuale risultante (da ultimo) dalla novella di cui al D.Lgs. n. 104 del 2018, secondo cui la denuncia all'autorità di p.s. non è più necessaria per i caricatori in grado di contenere un numero non superiore a dieci colpi per le armi lunghe e a venti colpi per le armi corte (Sez. 1 n. 3116 del 9/02/2017, dep. 23/01/2018, Rv. 272057).

Anche sotto questo profilo, dunque, deve essere escluso il prospettato conflitto tra giudice militare e giudice ordinario.
P.Q.M.

Dichiara insussistente il conflitto.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2021
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza