Connessione tra reato militare e un reato ordinario più grave. Le sezioni unite dovranno sciogliere la questione di competenza giurisdizionale derivante dall'applicazione della regola di cui all'art. 13 c.p.p., comma 2 e se la stessa questione soggiaccia alla disciplina di cui all'art. 21, comma 3, ossia alla regola della rilevabilità - o eccepibilità - a pena di decadenza soltanto prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine di cui all'art. 491 c.p.p., comma 1.
Cass. pen. Sez. I, Ord., (ud. 13-07-2021) 27-07-2021, n. 29392
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Mariastefania - Presidente -
Dott. SANTALUCIA Giuseppe - rel. Consigliere -
Dott. DI GIURO Gaetano - Consigliere -
Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere -
Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B.G., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/12/2020 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SANTALUCIA;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale militare Dott. FLAMINI L. M., intervenuto ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, conv. con modificazioni dalla L. n. 176 del 2020, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso e, in subordine, la rimessione alle Sezioni unite.
Svolgimento del processo
1. La Corte militare di appello ha confermato la sentenza con cui il Tribunale militare di Napoli ha condannato B.G., sottocapo 3 cl. M. M. in servizio presso (OMISSIS), alla pena di anni uno, mesi sei e giorni venti di reclusione militare, perchè responsabile di assenza - diserzione aggravata - nel periodo dal 2 maggio 2015 all'8 marzo 2019, di simulazione di infermità per gli anni 2013 e 2014, e di truffa militare aggravata per gli anni dal 2013 al 2015.
Preliminarmente la Corte ha condiviso la decisione del primo giudice in ordine al riconoscimento della giurisdizione, contestata dall'imputato in ragione della pendenza presso l'Autorità giudiziaria ordinaria di Brindisi di altro procedimento per reati di falso, commessi per la realizzazione degli ulteriori reati di simulazione e truffa miliare, e quindi con gli stessi unificati da un medesimo disegno criminoso.
2. Ha ricordato che la materia del riparto di giurisdizione è regolata dal criterio di cui all'art. 13 c.p.p., comma 2, per il quale la connessione tra reati comporta la cognizione del giudice ordinario ove sia comune il reato più grave; ed ha aggiunto che nel caso in esame, pur essendo più gravi i reati comuni, la competenza è però del giudice militare.
La connessione, pur incidendo sulla giurisdizione, deve infatti essere ricondotta alla categoria della competenza; pertanto, la disciplina di riferimento è quella di cui all'art. 21 c.p.p., comma 3, secondo cui la questione può essere sollevata, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare, ove questa, come nel caso in esame, sia prevista, restando irrilevante che l'esistenza del connesso procedimento venga ad essere conosciuta dopo lo svolgimento dell'udienza preliminare o che, addirittura, l'inizio del connesso procedimento segua la conclusione dell'udienza preliminare.
Per quel che ora rileva, l'eccezione di incompetenza derivante da connessione non è stata sollevata in udienza preliminare e quindi non è stato possibile valutarla già nel dibattimento di primo grado.
3. In ordine al reato di diserzione la Corte di appello ha rilevato che dalla documentazione in atti risulta che l'imputato fu assente dal Reparto dal 2 maggio 2015 all'8 marzo 2019, che in più occasioni fu irreperibile al proprio domicilio, che non dedusse alcuna giustificazione sanitaria, che tale condotta omissiva si protrasse pur dopo la notifica del provvedimento di collocamento in aspettativa per infermità dal 20 marzo al 1 maggio 2015. Ha aggiunto che l'imputato non si presentò in servizio nemmeno dopo la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini con la contestazione dell'addebito di diserzione.
4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore di B.G., che ha articolato più motivi.
4.1. Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. I reati di falso di cui al parallelo procedimento pendente dinnanzi all'Autorità giudiziaria ordinaria di Brindisi costituirono lo strumento per la commissione dei reati di simulazione e truffa miliare, sicchè i due procedimenti sono connessi e la cognizione di tutte le imputazioni, in ragione del vincolo di connessione, spetta all'Autorità giudiziaria ordinaria atteso che i reati più gravi sono comuni, secondo quanto disposto dall'art. 13 c.p.p., comma 2. La questione non è di mera competenza ma di giurisdizione, sicchè è erronea la tesi che possa essersi verificata una decadenza dall'eccezione dopo lo svolgimento dell'udienza preliminare.
4.2. Con il secondo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge nella parte relativa alla condanna per diserzione aggravata. Difetta del tutto l'elemento psicologico del reato, perchè dopo essere stato posto in aspettativa per due mesi nel febbraio 2015 il ricorrente rimase in attesa di un qualsiasi provvedimento dell'Autorità militare, che non è mai arrivato. Da quel momento non ricevette alcun compenso, non ricevette alcuna richiesta o diffida di rientrare e si convinse così di non poter prendere più servizio.
5. Il Procuratore generale militare, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso e, in subordine, la rimessione alle Sezioni unite in riguardo alla questione di diritto posta con il primo motivo.
Motivi della decisione
1. La questione posta con il primo motivo di ricorso è interessata da un contrasto di soluzioni all'interno della giurisprudenza di legittimità.
2. La tesi accolta dalla Corte di appello si uniforma all'indirizzo interpretativo fatto proprio da una pronuncia della Corte di cassazione - Sez. 1, n. 3975 de128/11/2013, dep. 2014, n. m. - che sul punto della disciplina applicabile per la rilevazione della connessione ai fini dell'individuazione del giudice competente in quello ordinario - in un caso in cui si discuteva del vincolo di connessione tra il reato comune e più grave di violazione di domicilio, attribuito al giudice ordinario, e il reato di abbandono di posto, affidato al giudice militare - ha in premessa chiarito che non si profilava un difetto di giurisdizione dal momento che il reato, meno grave, connesso, e affidato alla cognizione del giudice militare, era oggettivamente militare perchè previsto dal relativo codice penale.
Il giudice militare, pertanto, conoscendo del reato militare seppure legato ad altro più grave reato comune - dal quale erroneamente si era ritenuto che non potesse essere attratto perchè il relativo procedimento pendeva già in grado di appello - non versava in difetto di potere giurisdizionale.
Rispetto a quell'addebito, correttamente qualificato come reato militare, il potere giurisdizionale dell'autorità militare trovava sicuro fondamento nella indiscussa natura, appunto militare, dell'oggetto della cognizione.
2.1. In detta occasione la Corte di cassazione ha osservato che l'applicazione della regola di cui all'art. 13 c.p.p., comma 2, siccome non è funzionale a prevenire o a rimediare a difetti di giurisdizione, risponde alle generali previsioni in punto di competenza per connessione, e quindi soggiace alla disposizione - art. 21 c.p.p., comma 3, - per la quale l'incompetenza per connessione è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine della conclusione dell'udienza preliminare o, ove questa manchi, del termine di cui all'art. 491 c.p.p., comma 1.
La conseguenza di una siffatta impostazione è che, seppure rilevi sul piano delle attribuzioni giurisdizionali, non v'è ragione di sottrarre i modi di rilevazione della connessione alla regola generale che li assoggetta a termini processuali di preclusione; e ciò perchè, pur quando non vi siano le condizioni per far operare la connessione, il reato che rimane alla cognizione del giudice militare, e che non è stato attratto nella competenza del giudice ordinario che conosce del più grave reato comune, è pur sempre un reato oggettivamente militare, naturalmente affidato alla cognizione del giudice militare.
3. La tesi appena illustrata sembra orientata, benchè la richiamata sentenza di ciò non faccia cenno, a salvaguardare quanto più possibile gli spazi che la legge assegna alla giurisdizione militare. In linea con la scelta del legislatore del codice, che ha consentito alla connessione di operare soltanto ove il reato comune sia più grave - a dispetto di quel che era previsto dal Progetto preliminare che assegnava alla giurisdizione ordinaria tutti i reati connessi - l'opzione ora in esame, facendo valere sbarramenti d'ordine temporale alla eccezione del vizio, impedisce che la giurisdizione militare, che è giurisdizione specializzata, sia privata della cognizione di fatti criminosi che sono, per quanto connessi a reati comuni, pur sempre reati militari.
Come ha ricordato ed evidenziato Corte Cost., ord. n. 441 del 1998, la scelta di limitare la connessione alle ipotesi di maggiore gravità del reato comune ha risposto all'esigenza di evitare una eccessiva e irragionevole penalizzazione della giurisdizione militare, che si sarebbe altrimenti avuta nel caso di connessione di un reato militare con un mero reato contravvenzionale di competenza del giudice ordinario.
E, come precisato da Corte Cost., ord. n. 204 del 2001, la particolare composizione del tribunale miliare risponde alla stessa finalità a cui è ispirata la previsione di organi giudicanti specializzati collegiali che si caratterizzano per la presenza, a fianco dei componenti "togati", di soggetti estranei alla magistratura "idonei a fornire, per il possesso di particolari requisiti culturali o professionali, un qualificato contributo alla comprensione delle vicende oggetto del giudizio", sicchè la scelta in punto di connessione tra reato miliare e reato comune traduce valutazioni di bilanciamento con le esigenze proprie del giudizio sui reati militari.
Alle stesse conclusioni sono giunte le Sezioni unite della Corte di cassazione, affermando che la rilevanza limitata della connessione tutela la giurisdizione militare che è specializzata anche per la particolare composizione di quel giudice - Sez. U, n. 5135 del 25/10/2005, dep. 2006, Rv. 232661 -.
3.1. Sulla scorta di queste considerazioni si può osservare che l'art. 21 c.p.p., stabilisce, al pari di quanto l'art. 20 prescrive per il difetto di giurisdizione, che l'incompetenza per materia è sì rilevata, anche di ufficio, in ogni stato e grado del processo e che, però, se l'incompetenza deriva da connessione, deve essere rilevata o eccepita, a norma di decadenza, entro i termini preclusivi già prima richiamati. Allo stesso modo potrebbe allora affermarsi che gli sbarramenti preclusivi espressamente posti per l'incompetenza da connessione valgano per la deduzione del vizio di giurisdizione derivante da connessione.
4. In ordine alla natura del difetto di giurisdizione, che la sentenza n. 3975 del 2014 sembra restringere al solo caso in cui il giudice militare conosca di un reato non militare - e non anche a quello in cui si inibisca l'operatività della connessione in favore del giudice ordinario -, va anzitutto evidenziato come non sia dubbio nella giurisprudenza di legittimità che il riparto di competenza tra giudice ordinario e giudice militare rilevi sul piano della potestà giurisdizionale.
Molte sono le decisioni che hanno affermato il principio secondo cui "il riparto di potestà tra giudice ordinario e giudice militare attiene alla giurisdizione e non alla competenza, in conformità all'art. 103 Cost., comma 3, con la conseguenza che, in caso di connessione di reati, la potestas iudicandi spetta al giudice ordinario anche per il reato militare solo se il reato comune sia da considerarsi più grave secondo i criteri di cui all'art. 16 c.p.p., comma 3" - Sez. 1, n. 44514 del 28/09/2012, Rv. 253825; Sez. 1, n. 5680 del 15/10/2014, dep. 2015, Rv. 262461; Sez. 1, n. 23372 del 15/05/2015, Rv. 263616; Sez. 1, n. 36418 del 21/05/2002, Rv. 222526 (massimata per altro); sez. I, n. 48461 del 09/09/2019; Cass., sez. I, n. 25352 del 15/01/2019; Cass., sez. I, n. 11619 del 26/02/2021.
Le uniche condizioni richieste perchè il difetto di giurisdizione rilevi sono, da un lato, che i reati siano contestati in procedimenti pendenti, quindi non ancora definiti con sentenza passata in giudicato; dall'altro, che il procedimento per il reato ordinario non sia stato definito con archiviazione: è concorde infatti l'affermazione che in tale ultima situazione non operi il principio della perpetuatio jurisdictionis, che potrebbe giustificare il permanere per tutti gli illeciti del potere cognitivo del giudice inizialmente individuato sulla base della connessione.
5. Sul carattere del difetto di giurisdizione rilevante nel rapporto tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione militare Sez. U, n. 25 del 24/11/1999, Rv. 214694 ha chiarito che esso ha carattere non assoluto, invece in tale veste apprezzabile nelle relazioni tra giurisdizione penale e giurisdizione civile con l'effetto di rendere inesistente l'atto eventualmente compiuto dal giudice che non sia incardinato nel ramo (civile o penale) di giurisdizione a cui quella potestà appartiene.
Quello che rileva tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione militare ha piuttosto carattere relativo, perchè resta all'interno dei confini delineati dall'art. 1 c.p.p., che definisce l'area della giurisdizione penale a cui concorrono i giudici penali, sia ordinari che militari. Ciò significa non che sia omologabile alle questioni di competenza ma che sortisce un effetto sostanzialmente diverso da quello assoluto, che produce inesistenza dell'atto, limitandosi ad operare nei confini dell'art. 20 c.p.p., che lo rende rilevabile in ogni stato e grado del procedimento ma che non gli assicura la sopravvivenza al giudicato.
Quel che è importante evidenziare, ai fini della migliore definizione dei contorni della questione controversa, è che il carattere e la disciplina del difetto di giurisdizione non mutano, per quel che si desume dalla pronuncia delle Sezioni unite, a seconda che si tratti della cognizione ad opera del giudice militare di un reato ordinario o di un reato militare ma connesso ad un più grave reato ordinario.
6. La questione di giurisdizione, secondo quanto concordemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità - v. Sez. 1, n. 4060 del 08/11/2007 dep. 2008, Rv. 239185; Sez. 1, n. 23372 del 15/05/2015, Rv. 263616; Sez. 5, n. 32372 del 06/04/2017, Rv. 270538 - è oggetto, in tutte le ipotesi in cui essa può manifestarsi, di una doverosa verifica giudiziale, anche officiosa, dal carattere necessariamente dinamico.
Il giudice ha il potere-dovere di controllare, sin dall'inizio del procedimento, che i fatti oggetto di impugnazione rientrino nel suo ambito di giurisdizione; e deve operare un controllo che si dispieghi lungo tutto il processo e che si misuri con le risultanze probatorie progressivamente acquisite, secondo il principio della costante verifica, anche ex officio, dei presupposti fattuali e normativi dai quali dipende la titolarità della giurisdizione, Quindi deve dichiarare il difetto di giurisdizione non appena gli elementi di prova "modifichino la struttura e l'impianto originari dell'imputazione facendola esorbitare dalla sfera cognitiva assegnata dall'ordinamento al giudice ordinario o al giudice speciale".
Con particolare riferimento ai rapporti tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione militare, occorre tener poi presente i principi affermati dalla Corte costituzionale, "secondo cui la giurisdizione dei Tribunali militari, in tempo di pace e di guerra, deve restare circoscritta entro precisi limiti soggettivi e oggettivi, sicchè, in carenza delle condizioni tassativamente prefigurate dalla legge, la giurisdizione normalmente da adire è quella dei giudici ordinari anche nella materia militare (Corte Cost., 8 aprile 1958, n. 29; 28 maggio 1987, n, 206; 26 marzo 1998, n, 73)" - così Sez. 1, n. 4060 del 08/11/2007 dep. 2008, Rv. 239185 -.
Questa disciplina di specificazione giurisprudenziale presuppone la piena operatività della regola posta dall'art. 20 c.p.p., per la quale il difetto di giurisdizione è, come più volte ricordato, rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento; e sembra per il vero ignorare, se non escludere, l'eventualità che anche il tema della giurisdizione, al pari di quello della competenza, possa essere precluso all'esame del giudice per il caso in cui agisca, come criterio di attribuzione, la connessione.
7. Ne è prova proprio la decisione che si pone in diretto contrasto con la tesi di legare anche il difetto di giurisdizione derivante da connessione al regime di deduzione condizionata alle scansioni processuali proprie dell'incompetenza derivante da connessione.
Sez. F, n. 47926 del 24/08/2017, Rv. 271058 (massimata per altro) ha fatto leva sul principio della costante verifica della giurisdizione lungo tutto l'arco temporale del processo per negare che potesse esser dichiarata inammissibile per tardività l'eccezione di difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria militare, perchè non prospettata all'udienza preliminare ma soltanto col ricorso per cassazione. Ha a tal fine evidènziato che la questione di giurisdizione è rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo "e di conseguenza altrettanto liberamente deducibile dalle parti senza doversi attenere al rispetto di determinate e rigide cadenze processuali".
7.1. Del resto - si può ora aggiungere -, se l'art. 21 c.p.p., comma 1, nel porre la regola della rilevabilità in ogni stato e grado del processo, anche d'ufficio, della questione di competenza per materia, fa salva, in via di deroga, la diversa e assai meno dirompente disciplina della deducibilità del difetto di competenza per materia derivante da connessione, il silenzio serbato sul punto dall'omologa disposizione dell'art. 20 c.p.p., che non opera una pari deroga per la rilevazione del vizio derivante da connessione, sembra fornire un argomento a favore della diversità di disciplina. Impedisce, infatti, di accreditare la tesi della completa assimilabilità delle due discipline e per tale via indebolisce la soluzione della vigenza di termini di preclusione per la rilevazione del difetto di giurisdizione da connessione.
8. In ragione del rilevato contrasto, gli atti vanno rimessi alle Sezioni unite perchè risolvano la questione se, in caso di connessione tra un reato militare e un reato ordinario più grave, la questione di competenza giurisdizionale derivante dall'applicazione della regola di cui all'art. 13 c.p.p., comma 2, soggiaccia alla disciplina di cui all'art. 21, comma 3, ossia alla regola della rilevabilità - o eccepibilità - a pena di decadenza soltanto prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine di cui all'art. 491 c.p.p., comma 1.
P.Q.M.
Visto l'art. 618 c.p.p., rimette il ricorso alle Sezioni unite.
Così deciso in Roma, il 13 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021
17-08-2021 13:00
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