L'assegnazione temporanea ad altra sede del dipendente pubblico genitore di minore di tre anni
Nel valutare la richiesta di assegnazione temporanea di cui all'art. 42-bis del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, la P.A. può tenere conto di proprie esigenze organizzative anche non direttamente o esclusivamente connesse con le competenze professionali dell'interessato o con l'insostituibilità delle mansioni da questi svolte nella sede di appartenenza, ma non può superficialmente riferirsi a una mera scopertura di organico. È a carico della P.A. l'onere di provare il ricorrere, in concreto, dei "casi o esigenze eccezionali" che possono comportare il diniego del beneficio.
di Massimo Asaro - Funzionario universitario responsabile Ufficio legale
Le fonti
Gli obiettivi
I destinatari
Le problematiche
De jure condendo
Le fonti
Il D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 reca il "Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53". Il provvedimento, su cui il legislatore è intervenuto in molte occasioni, nel 2003 è stato arricchito da una disposizione dedicata ai dipendenti pubblici: l'art. 42-bis, rubricato "Assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche". L'articolo è stato poi modificato, in senso ampliativo, dalla L. 7 agosto 2015, n. 124 recante "Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche" nell'ambito degli interventi volte a favorire e promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche. Il testo vigente così dispone: "1. Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda. 2. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione".
Gli obiettivi
L'obiettivo della disposizione è dare protezione a superiori valori quali la tutela dell'unità familiare e la crescita del minore in un ambiente dove possa sviluppare la sua identità e personalità. Tali valori hanno dignità costituzionale, in particolare nell'art. 30, per cui "È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli", e nel successivo art. 31, per cui "La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo". Anche fonti internazionali danno copertura ai citati valori, in particolare la Convenzione delle Nazioni unite 5 settembre 1991 sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia con la L. 27 maggio 1991, n. 176, e in ambito europeo la Carta di Nizza, del 7 dicembre 2000.
Passando alla disamina del contenuto della norma, si tratta di un istituto a carattere provvisorio, che cessa di produrre effetti in modo automatico al superamento del termine massimo di durata previsto per il quale è stato accordato, e non incide in modo definitivo sullo stato del dipendente interessato, il quale infatti lascia libero il proprio posto originario solo "temporaneamente". Il movimento può interessare due Amministrazioni diverse oppure può interessare la medesima Amministrazione, limitandosi così a uno spostamento temporaneo di sede di servizio. Nel primo caso, è indispensabile che presso l'Amministrazione di destinazione vi sia la "sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva", poiché il legislatore ha ritenuto impossibile che la pianta organica dell'Amministrazione destinataria, la quale non abbia in quel momento posti disponibili, possa essere variata in via temporanea.
I destinatari
Soffermandosi sull'ambito di applicazione oggettivo della disposizione, questo non può ritenersi riservato al solo personale civile dipendente delle PP.AA. di cui all'art. 1, comma 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ma essa è applicabile anche al personale militare, delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del Fuoco, purché con il carico familiare indicato (Cons. Stato., Sez. IV, 7/2/2020, n. 961; Cons. Stato, Sez. III, 16/12/2013, n. 6016 e Cons. Stato, Sez. VI, 21/5/2013, n. 2730). L'applicazione inclusiva si rende necessaria:
a) in ragione della regola interpretativa stabilita in più occasioni dalla giurisprudenza della Consulta secondo cui fra due interpretazioni in astratto ugualmente sostenibili, si deve scegliere quella conforme alla Costituzione;
b) per evitare una ingiustificata disparità di trattamento tra personale comunque dipendente nella P.A., in relazione a un istituto che vede a monte, nella temporaneità dell'assegnazione, il contemperamento tra le esigenze genitoriali e quelle dell'Amministrazione di appartenenza.
In ogni caso, il movimento è possibile "previo assenso" e può essere negato, a seguito della modifica del 2015, solo con un dissenso espresso "motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali". A tale proposito, la giurisprudenza aveva puntualizzato che l'istituto va inteso in un'accezione che consenta alle PP.AA. di tenere conto di esigenze organizzative anche non direttamente o esclusivamente connesse con le competenze professionali dell'interessato e con l'insostituibilità delle mansioni da questi svolte in sede, ma neppure superficialmente riferite alla mera scopertura di organico che, ove si mantenga entro un limite numerico tutto sommato contenuto, appaia comunque fronteggiabile con una migliore riorganizzazione del servizio e, dunque, con gli ordinari strumenti giuridici previsti dall'ordinamento, senza che venga perciò negata al lavoratore-genitore la tutela approntata dall'ordinamento (Cons. Stato, Sez. IV, 21/12/2020, n. 8180).
Le problematiche
La prassi applicativa delle varie PP.AA. risente delle funzioni istituzionali e del regime giuridico a cui è assoggettato il personale dipendente: regime di diritto pubblico puro (magistrati, avvocatura di Stato…), regime di diritto pubblico spurio (Forze dell'Ordine statali, Vigili del Fuoco…), regime di diritto privato (Funzioni centrali, Funzioni locali…). Talvolta le PP.AA. stabiliscono delle regole interne, con circolari e direttive (interna corporis), soprattutto per predeterminare criteri utili a motivare proprio le esigenze in base alle quali debba negarsi la richiesta del dipendente. È generalmente prevalente l'orientamento secondo cui l'ente pubblico può tenere conto di proprie esigenze organizzative anche non direttamente o esclusivamente connesse con le competenze professionali dell'interessato o con l'insostituibilità delle mansioni da questi svolte nella sede di appartenenza, ma non può banalmente riferirsi a una mera scopertura di organico. I Giudici amministrativi, che hanno giurisdizione per i dipendenti non contrattualizzati, hanno fornito una casistica esemplificativa:
- sede di appartenenza afflitta da una significativa e patologica scopertura di organico, che, in mancanza di un dato normativo di supporto, è individuata in via pretoria, equitativamente, nella percentuale pari o superiore al 40% della dotazione organica teorica;
- sede di appartenenza con una carenza di organico minore ma esposta a esigenze di servizio particolarmente impegnative (eventi, operazioni, programmi e progetti, etc.);
- il dipendente svolga un ruolo di primaria importanza nell'ambito della sede cui appartiene e non sia sostituibile con altro personale presente in essa o in altra sede da cui sia possibile il trasferimento (Cons. Stato, Sez. IV, 16/2/2021, sentt. n. 1419, 1420, 1421).
De jure condendo, è il caso di accennare che dal 2019 al Senato della Repubblica è presente il DDL S. 1209 XVIII legislatura, «Modifica all'articolo 42-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di assegnazione temporanea dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche». La modifica tende a minimizzare lo spazio alla discrezionalità delle PP.AA. per la valutazione in ordine all'an e al quomodo. Essa pone, inoltre, il limite massimo dei 50 chilometri quale distanza tra la sede di servizio, anche di altra amministrazione, assegnata a richiesta e quella del coniuge, prevedendo come sola condizione la sussistenza di una corrispondente posizione retributiva, anche se in soprannumero, fatta salva la specificità del ruolo, e fermo restando il parere concorde delle Amministrazioni interessate.
18-07-2021 05:51
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