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Sentenza

Maresciallo aiutante della Guardia di Finanza. Accusato di corruzione perchè dur...
Maresciallo aiutante della Guardia di Finanza. Accusato di corruzione perchè durante l'effettuazione di una verifica fiscale avrebbe dapprima accettato la promessa e poi ricevuto il versamento della somma di L. 40 milioni in contanti dall'amministratore della società da verificare, al fine di alterare favorevolmente a quest'ultima le giacenze di magazzino rilevate all'atto dell'accesso. Penalmente il caso archiviato per prescrizione. Disciplinarmente condannato alla perdita del grado per rimozione.
T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., (ud. 16-06-2021) 19-07-2021, n. 1770
Procedimento e provvedimento disciplinari

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1146 del 2020, proposto dal Sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Carmine Farace e Giuseppe Milotta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio 'fisico' presso lo studio dell'avvocato Giuseppe Milotta in Milano, Via Monte Suello, 5;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze in persona del Ministro pro tempore e Guardia di Finanza - Comando Interregionale Italia Nord Occidentale - Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, entrambi rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio 'fisico' in Milano, Via Freguglia, 1, presso la sede dell'Avvocatura;

per l'annullamento

della determina datata 3 marzo 2020, di perdita del grado per rimozione e messa a disposizione del Centro Documentale competente come semplice soldato a decorrere dal 3 marzo 2020 del signor -OMISSIS-, emessa dalla Guardia di Finanza, Comando Interregionale dell'Italia Nord Occidentale, in data 3 marzo 2020, notificata al Ricorrente il 4 marzo 2020;

nonché per la condanna dell'Amministrazione alla rifusione delle spese, competenze ed onorari di giudizio.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Guardia di Finanza - Comando Interregionale Italia Nord Occidentale - Milano;

Visti tutti gli atti della causa;

Data per letta nell'Udienza del 16 giugno 2021, celebrata nelle forme di cui all'art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176, come modificato dall'art.6 del D.L. 1 aprile 2021, n. 44 convertito in L. 28 maggio 2021, n. 76 ed al Decreto Presidente del Consiglio di Stato del 28 dicembre 2020, la relazione della dott.ssa Katiuscia Papi, e trattenuta la causa in decisione sulla base degli atti;
Svolgimento del processo

1. Il Sig. -OMISSIS-, Maresciallo Aiutante in congedo assoluto della Guardia di Finanza, con lettera di contestazione degli addebiti comunicata il 24 settembre 2019 veniva sottoposto a procedimento disciplinare, con riferimento ai seguenti fatti: "avere, quale ispettore all'epoca dei fatti in forza ad una Compagnia del Corpo durante l'effettuazione di una verifica fiscale nei confronti della -OMISSIS-dapprima accettato la promessa e poi ricevuto il versamento della somma di L. 40 milioni in contanti da -OMISSIS-, amministratore della predetta società, al fine di alterare favorevolmente a quest'ultima le giacenze di magazzino rilevate all'atto dell'accesso. In -OMISSIS-il 30 ottobre 1998 e il 10 dicembre 1998. La vicenda costituiva oggetto del procedimento penale n.-OMISSIS- R.G.N.R. instaurato dalla Procura della Repubblica di Varese a carico, tra gli altri, di -OMISSIS-in ordine al resto di cui all'art. 319 (corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio) del c.p., che si concludeva in data 25 marzo 2019 con l'emissione, da parte del G.I.P. del Tribunale di Varese, del decreto di archiviazione per intervenuta prescrizione. La condotta del militare, tenuta in dispregio delle leggi dello Stato, costituiva gravissima violazione dei doveri assunti con il giuramento prestato, nel quale sono insiti i concetti di fedeltà, lealtà e rettitudine che devono sempre contraddistinguere l'operato dell'appartenente alla Guardia di Finanza, tanto più rilevanti in relazione alle qualifiche di ufficiale di P.G. e P.T. rivestite all'epoca dei fatti. Veniva così arrecato grave nocumento all'immagine e al prestigio del Corpo e al superiore interesse pubblico, della correttezza dei soggetti investiti di pubbliche funzioni, peraltro con precipui compiti di accertamento di polizia economico-finanziaria".

2. Il procedimento disciplinare si concludeva con la Det. in data 3 marzo 2020 del Comando Interregionale dell'Italia Nord Occidentale della Guardia di Finanza, che irrogava al Sig. -OMISSIS-la sanzione di stato della "perdita del grado per rimozione nei confronti di un militare del Corpo in congedo", sulla scorta delle considerazioni di seguito riportate: "… la rilevante gravità della condotta tenuta dall'interessato, così come riportata nell'atto di contestazione, è stata accertata nel corso del presente procedimento disciplinare, all'esito del quale, alla luce degli atti processuali legittimamente acquisiti nell'inchiesta formale, è risultato che il Maresciallo Aiutante - in congedo assoluto - -OMISSIS-fra il 30 ottobre 1998 e il 10 dicembre 1998, nella sua qualità di Ispettore della Guardia di Finanza in forza a una Compagnia del Corpo, durante l'effettuazione di una verifica fiscale … ha dapprima accettato la promessa e poi ricevuto il versamento della somma di L. 40 milioni in contanti dall'amministratore della predetta società, al fine di alterare favorevolmente a quest'ultima le giacenze di magazzino rilevate all'atto dell'accesso; … le memorie difensive presentate nel corso dell'inchiesta formale dall'inquisito e le dichiarazioni rese dal difensore del giudicando in sede di Commissione di disciplina non hanno intaccato il valore delle fonti probatorie legittimamente acquisite agli atti del procedimento disciplinare e non hanno fornito elementi in grado di giustificare l'illecita condotta né a sminuire le gravi responsabilità dell'interessato; i fatti addebitati all'interessato … denotano gravi carenze di qualità morali e di carattere, tenuto conto anche conto che il Maresciallo … al momento degli accadimenti, alla luce dell'anzianità di servizio maturata (35 anni) e delle rivestite qualifiche di p.g. e di p.t., era senza dubbio in grado di percepire il carattere antigiuridico dei fatti e doveva essere ben consapevole che realizzare la condotta descritta avrebbe costituito un grave illecito penale e disciplinare; la condotta consapevolmente tenuta è gravissima, atteso che con essa il militare: - violando la legge, non si è conformato ai principi di legalità, onestà e correttezza che devono essere osservati da ogni appartenente al Corpo in virtù del giuramento solenne prestato; - è venuto meno ai superiori doveri di lealtà e rettitudine …; - ha arrecato gravissimo disdoro all'immagine e al prestigio del Corpo; - ha ingenerato dubbi sulla correttezza degli appartenenti all'Istituzione e recato sicuro nocumento al superiore interesse pubblico e al buon andamento della Pubblica Amministrazione …; - la gravità della condotta innanzi descritta, inaccettabile ed esecrabile sempre, a prescindere dal notevole lasso di tempo trascorso (oltre 20 anni) rispetto alla commissione dei fatti, palesa un'assoluta inaffidabilità del -OMISSIS-, con conseguente perdita irrimediabile dei requisiti minimi di moralità indispensabili per poter rimanere nel Corpo e denota un'assoluta incompatibilità di status che impone l'adozione di un provvedimento di natura espulsiva a suo carico, a causa della manifesta e piena violazione del giuramento, da cui consegue la perdita del grado per rimozione".

3. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio il Sig. -OMISSIS- impugnava la suddetta determinazione, chiedendone l'annullamento, previa sospensione cautelare dell'efficacia, per i seguenti motivi:

I) "Improcedibilità per decorso del termine di 90 giorni", con cui il ricorrente affermava che la p.a. avrebbe violato l'art. 1392 D.Lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui esso stabilisce che il procedimento disciplinare deve essere iniziato entro 90 giorni dalla data in cui la p.a. ha avuto conoscenza integrale del provvedimento di archiviazione;

II) "Violazione del diritto alla difesa e al giusto processo (art. 111 Costituzione)", col quale si deduceva la violazione del principio del giusto processo, e della ragionevole durata dello stesso che ne è corollario, in presenza di un'archiviazione emessa nel 2019, e di un provvedimento disciplinare adottato nel 2020, per fatti occorsi nel 1998;

III) "Il merito del procedimento", ove il ricorrente affermava l'assenza di prove a suo carico circa i fatti oggetto della sanzione disciplinare.

Il Ministero si costituiva in giudizio, resistendo al ricorso.

La domanda di sospensione cautelare, trattata alla camera di consiglio del 16 luglio 2020, veniva respinta, con compensazione delle spese, mediante l'ordinanza n. -OMISSIS-.

All'udienza da remoto del 16 giugno 2021 la causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte.

1.1. L'Amministrazione, nell'esercizio dell'azione disciplinare, non ha violato l'art. 1392 comma 1 D.Lgs. n. 66 del 2010, a norma del quale: "1. Il procedimento disciplinare di stato a seguito di giudizio penale … deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione".

Emerge infatti dagli atti di causa che il decreto di archiviazione veniva acquisito dall'Amministrazione il 28 giugno 2019. Tale data costituisce pertanto il dies a quo per il computo del termine decadenziale di 90 giorni indicato dalla norma, che andava dunque a scadere il 26 settembre 2019.

Orbene, nel caso di specie l'Amministrazione contestava gli addebiti al Sig. -OMISSIS-in data 24 settembre 2019, dunque entro lo spatium temporis normativamente fissato per l'esercizio del potere disciplinare.

Nel contempo, le contestazioni sollevate dal ricorrente si fondano su elementi privi di consistenza.

In primis, si afferma nell'atto introduttivo che sarebbe eccessivo il tempo di sei mesi decorso tra l'emissione del decreto di archiviazione ad opera del GIP e la relativa acquisizione da parte della p.a. Tuttavia, la norma sopra riportata (art. 1392 D.Lgs. n. 66 del 2010) individua inequivocabilmente l'acquisita conoscenza del provvedimento definitivo quale dies a quo per l'esercizio dell'azione disciplinare da parte dell'Amministrazione. Conseguentemente, la data di emissione del provvedimento penale non ha rilevanza sotto tale profilo.

In aggiunta, la parte ricorrente contestava la veridicità della data del 28 giugno 2020, affermando che la stessa, come precisato al foglio (...) del Rapporto finale dell'inchiesta formale, costituirebbe il dies in cui l'archiviazione veniva trasmessa al Reparto competente per territorio, e non all'Amministrazione nel suo complesso considerata, che avrebbe dovuto avere una cognizione anticipata dell'atto. Ancora una volta, la censura non ha fondamento. La data di acquisizione viene individuata nel 28 giugno 2020 nell'ambito di atti pubblici, facenti fede di quanto affermato fino a querela di falso. La veridicità della circostanza non può pertanto essere revocata in dubbio nella presente sede. Inoltre, il foglio n. (...) dell'Allegato n. 9 del fascicolo di parte ricorrente conferma appieno l'individuazione del dies a quo, precisando che quella del 28 giugno è la data nella quale l'Amministrazione, per il tramite del Reparto competente per territorio, ha primieramente avuto conoscenza del provvedimento. Ove ve ne fosse bisogno, il dato è confermato dalla lettera "w" della Relazione riepilogativa dell'inchiesta formale, e dalla ricevuta prodotta in giudizio dall'Avvocatura, che attesta come il G.V. della Guardia di Finanza abbia acquisito dalla Procura della Repubblica il fascicolo del Sig. -OMISSIS-, e il provvedimento che lo riguarda, il 28 giugno 2020, senza che risultino intermediazioni di altri livelli della p.a.

Le argomentazioni di parte ricorrente risultano dunque, sul punto, da disattendere.

1.2. Nemmeno può imputarsi all'Amministrazione la violazione del principio del giusto processo, come declinato dall'art. 111 della Costituzione.

Detta disposizione della Carta Fondamentale riguarda infatti il processo svolto in sede giurisdizionale ("La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge", art. 111 comma 1 della Costituzione), svolto dinanzi a un giudice ("Ogni processo si svolge … davanti a giudice terzo e imparziale", art. 111 comma 2 della Costituzione), non già il procedimento amministrativo (L. n. 241 del 1990), genus cui appartiene la species del procedimento disciplinare, qui contestato.

Appare del resto singolare che possa dolersi dell'eccessivo protrarsi del tempo impiegato per la definizione della propria posizione processuale penale un soggetto che, come l'odierno ricorrente, ha beneficiato dell'istituto della prescrizione, causa estintiva del reato fondata proprio sul decorso del tempo.

Quanto alla durata del procedimento disciplinare, occorre precisare che lo stesso è iniziato (si veda il precedente punto 1.1) e si è concluso nei tempi fissati dal legislatore a garanzia del soggetto che vi è sottoposto.

1.3. Né sono ravvisabili le carenze istruttorie individuate da parte ricorrente. V'è infatti da precisare che del tutto legittimamente i mezzi di prova raccolti in sede penale sono stati tenuti in considerazione nel procedimento disciplinare e che, come emerge dal Rapporto finale dell'inchiesta formale, le risultanze istruttorie provenienti dall'indagine della Procura sono state oggetto di approfondita e autonoma valutazione da parte dell'Amministrazione procedente.

Del resto, eventuali vizi che affliggano la raccolta di tali elementi istruttori nell'indagine del P.M. non hanno un'automatica rilevanza in sede disciplinare: "In tema di rapporti fra processo penale e procedimento disciplinare dei dipendenti pubblici, gli eventuali errori nella procedura di acquisizione delle prove da parte dell'autorità giudiziaria che rendano le stesse inutilizzabili nel procedimento penale non ne comportano l'automatica inutilizzabilità in sede amministrativa" (Consiglio di Stato, VI, 10 dicembre 2009, n. 7703).

Nel caso di specie, peraltro, il ricorrente non ha evidenziato vizi procedurali da parte degli organi inquirenti, ma solo un'inerzia del p.m. che, da un lato, non ha effetti in sede disciplinare e, dall'altro, si è evidentemente rivolta a vantaggio del Sig. -OMISSIS-, destinatario di un provvedimento dichiarativo dell'estinzione del reato per prescrizione.

1.4. Infine, come si evince dal Verbale della Commissione di disciplina, oltre che dagli scritti difensivi depositati nel procedimento dal Sig. -OMISSIS-e dalla specifica valutazione degli stessi posta in esse nella Relazione conclusiva dell'inchiesta formale, ampio spazio veniva lasciato all'esercizio del diritto di difesa da parte dell'incolpato, le cui tesi difensive venivano specificamente considerate, e criticamente disattese dalla p.a.

Del resto, sul punto giova altresì rimarcare che, avendo il procedimento disciplinare carattere di procedimento amministrativo, la declaratoria sull'irrilevanza delle memorie difensive non richiede un'analitica e dettagliata motivazione volta a confutare analiticamente le memorie stesse, essendo al contrario sufficiente, come nel caso di specie, il richiamo alla rilevante gravità dei comportamenti tenuti dal militare (cfr. TAR Lombardia, Milano, II, 10 gennaio 2020, n. 74; IV, 28 aprile 2021, n. 1061).

1.5. Anche il secondo motivo di gravame risulta pertanto infondato.

1.6. Con l'ultimo motivo di impugnazione si evidenziava come il ricorrente avrebbe meritato l'assoluzione in sede penale.

La censura è inconferente, in quanto il giudizio penale e quello disciplinare, pur innestati su uno stesso presupposto fattuale, sono e restano autonomi. Dunque l'Amministrazione ben può decidere di ritenere censurabile, a fini disciplinari, anche una condotta che non attinga alla soglia della rilevanza penale.

In particolare, nel procedimento oggetto del presente giudizio, l'Amministrazione ha autonomamente ritenuto la veridicità dei fatti ascritti al -OMISSIS-, e valutato la relativa gravità ai fini dell'irrogazione e della scelta della sanzione.

L'operato della Guardia di Finanza va dunque, anche sotto tale ulteriore profilo, esente da vizi.

2. Per tutte le svolte considerazioni, ritiene il Collegio che il ricorso, siccome in toto destituito di fondamento, debba essere respinto.

3. Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vengono pertanto poste a carico della parte ricorrente.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge per le ragioni indicate in motivazione.

Condanna il Sig. -OMISSIS- alla refusione, in favore dell'Amministrazione resistente, delle spese del presente giudizio, che si quantificano nella complessiva somma di €. 1.500,00 (Millecinquecento/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte ricorrente, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente stesso e ogni altro soggetto menzionato nel provvedimento.

Così deciso in Milano nella Camera di consiglio del giorno 16 giugno 2021, tenutasi con collegamento da remoto in videoconferenza tramite Microsoft Teams ai sensi dell'art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176, come modificato dall'art.6 del D.L. 1 aprile 2021, n. 44, convertito in L. 28 maggio 2021, n. 76, e del Decreto Presidente del Consiglio di Stato del 28 dicembre 2020, con l'intervento dei magistrati:

Gabriele Nunziata, Presidente

Alberto Di Mario, Consigliere

Katiuscia Papi, Referendario, Estensore
Avv. Antonino Sugamele

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