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Sentenza

Casa Circondariale: Coordinatore dei reparti detentivi litiga con il direttore d...
Casa Circondariale: Coordinatore dei reparti detentivi litiga con il direttore del Carcere e per ripicca rimuove al PC un foglio Excel creato dallo stesso per la gestione informatica dei turni di servizi di tutto il personale. Sanzionato, il Tar annulla.
Pubblicato il 09/05/2022

N. 05716/2022 REG.PROV.COLL.

N. 02536/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2536 del 2014, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Riccardo Gozzi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Valadier n. 36;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del provvedimento emesso dal Ministero della Giustizia – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria – Provveditorato regionale del Lazio, in data-OMISSIS-, con il quale veniva irrogata -OMISSIS-la sanzione della pena pecuniaria (1/30 di una mensilità), prevista per l'infrazione di cui all'art. 3, lettera r), del d. lgs. n. 449/92;

- di ogni altro atto e provvedimento allo stesso consequenziale, presupposto e comunque correlato e connesso con riferimento al medesimo oggetto


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 25 marzo 2022 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I - Con l'atto introduttivo del giudizio il ricorrente, -OMISSIS-, all'epoca dei fatti in servizio presso la Casa Circondariale di -OMISSIS-, quale Coordinatore dei reparti detentivi, insorge avverso il provvedimento, meglio indicato in epigrafe, di irrogazione della sanzione disciplinare dell'applicazione della pena pecuniaria nella misura di 1/30 di una mensilità.

La condotta contestata riguarda un diverbio che l'interessato ha avuto con la Direttrice dell'Istituto penitenziario, a causa della sua presenza il -OMISSIS-nell'Ufficio servizi, cui era assegnato fino a poco tempo prima, invece che nel settore di competenza. Al diverbio il ricorrente ha reagito con la rimozione dal PC dello stesso Ufficio del programma per la gestione informatica dei turni di servizi di tutto il personale: si trattava di un foglio di lavoro in formato Excel, di cui l'interessato rivendicava la paternità, avendolo predisposto ed introdotto nell'Ufficio nel periodo in cui ne era il Coordinatore.

A seguito dell'episodio, dietro iniziativa della Direttrice dell'Istituto, veniva redatta dall'allora Coordinatore dell'Ufficio servizi, una relazione di servizio su quanto accaduto destinata al Comandante di reparto e elevato rapporto disciplinare.

Avviato quindi il procedimento disciplinare, con nota del 30.04.2013, il Funzionario Istruttore nominato contestava al ricorrente l'infrazione di cui all'art. 3 lett. r) del D.Lgs. n. 449/92 evidenziando che: "risulta che in data -OMISSIS-a seguito di una discussione, avvenuta all''interno dell'ufficio servizi tra lei e il Direttore dell'Istituto, la S.V. ha creato un disservizio rimuovendo totalmente dal p.c. dell'ufficio servizi il programma con il quale vengono disposti i servizi di tutto il personale di polizia penitenziaria lasciando l'ufficio in seria difficoltà e costringendo la compilazione manuale dei modelli 14 A".

All'esito della predetta procedura, in data-OMISSIS- veniva emesso, respinte le deduzioni difensive dell'interessato, dal Provveditorato Regionale del Lazio del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, il decreto con il quale, ritenuto sussistente l'addebito disciplinare contestatogli, veniva irrogata -OMISSIS-la sanzione della pena pecuniaria, nella misura minima di 1/30 di una mensilità, prevista per l'infrazione di cui all'art. 3, lettera r), del d. lgs. n. 449/92.

II - Il ricorrente, previamente illustrata nel dettaglio la vicenda che ha dato origine al provvedimento disciplinare, deduce avverso l'atto gravato le seguenti censure.

1) Violazione di legge per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 3, lett. r) del D.Lgs. n. 449/1992.

L'infrazione di cui alla norma citata risulta del tutto inconferente rispetto ai fatti oggetto del procedimento disciplinare.

2) Violazione di legge per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 3 L. 241/1990 per insufficienza erroneità e/o contraddittorietà della motivazione. Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti.

La motivazione appare insufficiente e contraddittoria, laddove dopo aver contestato l'addebito disciplinare precisa, da un lato, che "il diverbio non ha assunto toni accesi", dall'altro, che "la condotta dell'incolpato non ha comunque prodotto turbative nella prosecuzione del servizio".

3) Violazione di legge per violazione e falsa applicazione dell'art. 10 D. Lgs. n. 449/92.

Il rapporto disciplinare è stato redatto dal Comandante di Reparto, soggetto non competente in quanto non qualificabile quale "superiore" e non contiene chiaramente e concisamente tutti gli elementi obiettivi utili a configurare l'infrazione.

4) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 15 del D.Lgs. n. 449/92

L'atto di contestazione sarebbe tardivo, il funzionario istruttore nominato per l'inchiesta disciplinare avrebbe dovuto concluderla entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell'incarico, salvo proroga motivata di ulteriori quindici giorni.

III - Si è costituita in resistenza l'Amministrazione della giustizia, depositando la documentazione del fascicolo del procedimento.

IV - La controversia è stata trattenuta in decisione all'udienza smaltimento del 25 marzo 2022.

DIRITTO

I - Si controverte in ordine alla legittimità del provvedimento del Ministero della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Provveditorato Regionale del Lazio, di cui in epigrafe, che, ai sensi dell'art. 3, lett. r), del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449, ha irrogato al ricorrente la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura minima di 1/30 di una mensilità.

II – La condotta contestata, secondo la ricostruzione dei fatti desumibile dagli atti del giudizio provenienti da entrambe le parti, può essere riassunta, per quel che in questa sede rileva, nei seguenti passaggi salienti: il ricorrente, Ispettore Capo di polizia penitenziaria, all'epoca di fatti in servizio presso la Casa circondariale di -OMISSIS-, quale Coordinatore dei reparti detentivi, ha avuto un diverbio con la Direttrice dell'Istituto a causa della sua presenza presso l'Ufficio servizi (dove aveva prestato servizio, quale Coordinatore dell'Ufficio stesso, fino a poco tempo prima), piuttosto che nel settore in cui in quel momento risultava assegnato; al diverbio ha fatto seguito la rimozione da parte del ricorrente dal computer dell'Ufficio Servizi del programma, consistente in un foglio Excel – di cui rivendicava la paternità – di gestione e disposizione automatica dei turni di servizi di tutto il personale di polizia penitenziaria, creando un disservizio e costringendo ad una compilazione manuale dei cc.dd. "modelli 14 A", tuttavia previamente stampati dallo stesso.

Avviato il procedimento disciplinare, in ragione di quanto segnatamente riportato in narrativa, il ricorrente evidenzia che negli atti difensivi, a tutela della propria posizione, ha posto l'accento sulla non aderenza della contestazione elevata, di cui all'art. 3, comma 2, lett. r), del d. lgs. n. 449/1992, alla condotta tenuta.

III - Tanto premesso, il Collegio ritiene fondato il primo motivo di ricorso, con cui si mira a far discendere l'illegittimità dell'atto impugnato proprio dalla non attinenza dell'infrazione contestata al fatto occorso.

La sanzione disciplinare applicata consegue alla contestazione del fatto previsto dalla citata lett. r) del comma 2 dell'art 3 del d. lgs. n. 449/1992, con cui il legislatore ha voluto colpire "le parzialità manifeste, i modi inurbani, gli abusi di autorità coi dipendenti o coi detenuti o gli internati, i motteggi e le ingiurie rivolti a questi ultimi".

III.1 - Orbene, dall'esame degli elementi costituivi della fattispecie recata dalla disposizione de qua, si giunge ad affermare l'impossibilità di sussumere i fatti posti in essere dal ricorrente nella norma oggetto di contestazione, in applicazione del principio di legalità, sub specie del principio di tassatività.

Invero, la fattispecie in esame può dirsi integrata se la condotta è posta in essere nei confronti di specifici soggetti passivi, i dipendenti ovvero i detenuti o gli internati, la cui relazione rispetto all'autore del fatto si caratterizza per la presenza rispettivamente di un nesso di subordinazione gerarchica per ragioni di servizio ovvero di un rapporto di soggezione per ragioni legate al servizio e all'espletamento delle relative funzioni.

III. 2 - In particolare, sul punto al fine di fugare ogni dubbio interpretativo, giova precisare che alla luce dell'impianto sanzionatorio desumibile dal d. lgs. n. 449/1992 e dell'esame delle ulteriori infrazioni tipizzate in relazione a ciascuna sanzione disciplinare prevista (Censura, ex art. 2, Pena pecuniaria ex art. 3, Deplorazione, ex art. 4, Sospensione dal servizio ex art. 5, Destituzione ex art. 6), la nozione di "dipendenti" deve essere considerata non in un'accezione latamente omnicomprensiva volta a contenere tutto il personale appartenente al Corpo di polizia penitenziaria, ma quale categoria di agenti la cui posizione di servizio è caratterizzata da subalternità gerarchica rispetto a chi ha posto in essere la condotta censurata.

Quanto appena statuito trova palmare riscontro nella fattispecie contemplata dall'art. 2, lett. e), cui si applica la pena della censura - "il contegno comunque scorretto verso superiori, pari qualifica, dipendenti, pubblico" – che in generale mira a colpire un comportamento genericamente violativo dei doveri del servizio posto in essere, oltre che nei confronti del pubblico, nei confronti dei colleghi del personale del Corpo di polizia penitenziaria, enumerando, in ordine decrescente, i diversi tipi di rapporto gerarchico (di sovra ordinazione rispetto al superiore, di pari ordinazione rispetto al pari qualifica, di sotto ordinazione rispetto al dipendente – appunto a supporto di quanto postulato supra in relazione al caso di specie) che, in ipotesi, possono intercorrere tra soggetto passivo del fatto e il soggetto agente.

Pertanto, alla luce delle argomentazioni passate in rassegna, si può senza indugio affermare che uno degli elementi tipizzanti l'infrazione contestata all'odierno ricorrente è la relazione di sovraordinazione per rapporto di servizio o per ragioni legate al servizio dell'autore del fatto rispetto al soggetto destinatario della condotta.

III. 3 - Ad adiuvandum, si consideri altresì che le stesse condotte contemplate in prima istanza dalla norma, ad eccezione dei "modi inurbani" - per i quali il carattere generico della locuzione non consente una perimetrazione specifica – si prestano ad essere poste in essere da chi ricopre una posizione di responsabilità rispetto a soggetti latamente sottoposti:

- le parzialità manifeste possono essere imputate solo a chi, chiamato al rispetto del dovere di imparzialità e correttezza, può con il proprio comportamento dar luogo a disparità di trattamento e creare diseguaglianze di condizioni giuridiche e di fatto tra soggetti che passivamente lo subiscono;

- gli abusi di autorità espressamente afferiscono ad un'azione da una posizione privilegiata che, pur legittimamente attribuita, viene esercitata con sviamento rispetto ai doveri d'ufficio o di servizio ai danni di soggetti sottoposti ovvero assoggettati.

III. 4 - Pertanto, in disparte le ulteriori argomentazioni attoree, volte ad escludere il carattere inurbano del contegno tenuto dal ricorrente – alla luce della motivazione del provvedimento sanzionatorio avversato, dove si legge che "il diverbio non ha assunto toni accesi" – ciò che appare dirimente nella valutazione della sussistenza dell'infrazione di cui alla lett. r), comma 2, art. 3 citato è la circostanza che nessuno dei due fatti addebitati all'Ispettore Capo è stato rivolto nei confronti di un dipendente né di un detenuto o internato e che quindi manca la posizione di preminenza da cui agire o di cui abusare. In proposito, valga la pena osservare che:

- il diverbio addebitato ha avuto luogo tra il ricorrente e la Direttrice dell'Istituto penitenziario, quindi il fatto contestato è stato posto in essere nei confronti di un superiore, che peraltro in questo caso è anche il soggetto gerarchicamente più elevato all'interno della struttura carceraria - cui sono attribuiti poteri di organizzazione e coordinamento delle attività dell'intero istituto - rispetto a cui in nessun modo è possibile prospettare una condotta abusiva della posizione che, per quanto sopra delineato, rappresenta un ineliminabile elemento costitutivo dell'infrazione di cui alla più volte citata lett. r), comma 2, art. 3, d. lgs. n. 449/1992;

- la rimozione dal computer dell'Ufficio Servizi del programma per la gestione e la disposizione dei turni di servizio di tutto il personale è una condotta che si apprezza sul piano dei doveri di correttezza nel comportamento e di lealtà e diligenza nell'espletamento del servizio, preordinati all'ordinato e sereno svolgimento delle attività istituzionali della struttura di appartenenza, anch'essa posta in essere senza necessità di dover sfruttare una posizione privilegiata, nonostante l'asserita paternità del file, che tuttavia è stato agevolmente ripristinato con rapida ripresa e prosecuzione del relativo servizio.

IV - A lume dei postulati sopra declinati, assorbita ogni altra censura pure formulata nell'atto introduttivo del giudizio, il ricorso è fondato e conseguentemente deve essere accolto.

V - Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l'Amministrazione al pagamento in favore del ricorrente delle spese di lite, che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati:

Enrico Mattei, Presidente

Agatino Giuseppe Lanzafame, Referendario

Antonietta Giudice, Referendario, Estensore

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
Antonietta Giudice		Enrico Mattei
 		
 		
 		
 		
 		

IL SEGRETARIO
Avv. Antonino Sugamele

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