Medico capo della Polizia di Stato si presenta al Dirigente del Commissariato per intercedere in favore del figlio di una sua conoscente, al quale era stato notificato, ad opera di personale dipendente del Commissariato, un atto di individuazione in quanto indagato per il reato di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico.
Cons. giust. amm. Sicilia, Sent., (ud. 11-01-2022) 28-01-2022, n. 142
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 819 del 2019, proposto da Ministero Interno - Dip P S Polizia di Stato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato domiciliataria per legge in Palermo, via Villareale n. 6;
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Puliatti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 11 gennaio 2022, tenutasi ai sensi del combinato disposto del comma 4 bis dell'art. 87 c.p.a. e dell'art. 13 quater disp. att. c.p.a., il Cons. Antonino Caleca e udito per la parte appellata l'avvocati Antonio Puliatti;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ricorre in appello per chiedere l'annullamento della sentenza n.-OMISSIS- emessa dal TAR Catania, sez. III, il -OMISSIS-.
2. I fatti di causa rilevanti al fine di decidere devono ricostruirsi nei termini che seguono.
La controversia origina dalla relazione redatta dal Dirigente del Commissariato della Polizia di Stato di -OMISSIS- in data 31 gennaio 2019.
Il dirigente del Commissariato relazionava che il signor -OMISSIS-, Medico capo della Polizia di Stato, in data 30 gennaio 2014, si presentava al Dirigente del Commissariato di P.S."-OMISSIS- per intercedere in favore del figlio di una sua conoscente, al quale era stato notificato, ad opera di personale dipendente del Commissariato, un atto di individuazione in quanto indagato per il reato di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico.
Il giovane, nel richiedere la licenza di porto di fucile per uso tiro a volo, aveva infatti presentato un'autocertificazione relativa alla composizione della propria famiglia di origine, in cui aveva omesso di censire la paternità.
Il signor -OMISSIS- criticava la comunicazione di notizia di reato effettuata dal personale di quel Commissariato, ritenendola sproporzionata per una semplice omissione, e chiedeva di verificare la possibilità di far aggiungere all'interessato, nell'autocertificazione, la paternità mancante.
Il signor -OMISSIS- precisava che padre e figlio non erano legati da alcun rapporto di convivenza e per questo giustificava l'omissione chiedendo, altresì, se fosse possibile redigere un'eventuale dichiarazione che attestasse l'assenza di frequentazione con il padre, ai fini di una rivalutazione del caso.
Le richieste del signor -OMISSIS- non ottenevano positivo riscontro.
Successivamente, nella stessa giornata del 30 gennaio, il signor -OMISSIS- ricontattava telefonicamente il Dirigente del Commissariato, chiedendo se, a fronte di una rinuncia al titolo amministrativo da parte dell'interessato, si potesse procedere ad un'archiviazione.
Si legge nella relazione che al rifiuto del Dirigente, la telefonata veniva interrotta bruscamente.
Dalla citata relazione originava il procedimento disciplinare a carico del signor -OMISSIS- nell'ambito del quale lo stesso, in sede di articolazione delle proprie difese, ricostruiva i fatti in modo solo parzialmente coincidente con quelli descritti nella relazione appena citata.
In buona sostanza il signor -OMISSIS- precisava che durante l'incontro con la collega si era limitato a notare come non fosse condivisibile, al fine di procedere alla segnalazione del reato a carico del giovane, ritenere l'omessa indicazione della paternità riconducibile alla fattispecie della falsa dichiarazione.
Evidenziava le conseguenze negative che il pregiudizio penale poteva avere sul giovane che intendeva tentare la carriera militare.
Il signor -OMISSIS- precisava che la successiva telefonata era dovuta al fatto di avere avuto contezza del fatto che il ragazzo avrebbe voluto ritirare l'autocertificazione "sospetta" rinunziando alla richiesta della licenza per porto di fucile adibito al tiro a volo.
Il procedimento disciplinare aveva esisto sfavorevole per il signor -OMISSIS-.
Il suo comportamento veniva ritenuto dall'Amministrazione riconducibile alle fattispecie disciplinari previste dall'art. 4, n. 18 del D.P.R. n. 737 del 1981, che punisce "qualsiasi altro comportamento, anche fuori dal servizio, non espressamente preveduto nelle precedenti ipotesi, comunque non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti, intervenendo ed insistendo perché fosse modificato o archiviato un provvedimento relativo ad un suo conoscente già adottato dal Commissariato di P.S. "-OMISSIS-".
Il procedimento si concludeva con il decreto del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 14-7-2014, n. 333-E/MD/642/8/238/2014 con il quale all'odierno appellato veniva inflitta la sanzione disciplinare della pena pecuniaria.
3. Il provvedimento veniva impugnato dal signor -OMISSIS- innanzi al competente Tribunale amministrativo.
4. Con il ricorso per motivi aggiunti veniva impugnato il rapporto informativo per l'anno 2014 emesso dall'Ufficio di Vigilanza - Regioni Sicilia e Calabria della Polizia di Stato (Dirigenti e Direttivi Medici), nella parte in cui teneva conto della sanzione inflitta.
A sostegno del ricorso introduttivo veniva dedotto il seguente motivo:
Violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 4 e 13 del D.P.R. n. 737 del 1981; violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza delle sanzioni disciplinari; eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, travisamento, carenza di istruttoria, incongruità della motivazione e violazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990.
Con il ricorso per motivi aggiunti si deduceva l'Illegittimità in via derivata rapporto informativo per l'anno 2014.
5. L'amministrazione si costituiva in primo grado evidenziando che:
"in materia disciplinare sussisterebbe ampio potere discrezionale dell'amministrazione sindacabile solo in caso di travisamento dei fatti o illogicità manifesta; b) non sussisterebbe difetto di motivazione perché il provvedimento indicherebbe in maniera puntuale i motivi della sanzione, facendo riferimento alla contestazione degli addebiti, alle giustificazioni, ed agli atti dell'istruttoria; c) il provvedimento impugnato darebbe conto di aver valutato la posizione del dipendente in conformità a quanto previsto dall'articolo 13 del D.P.R. n. 737 del 1981; d) non sussisterebbe violazione del principio di proporzionalità atteso che la sanzione irrogata sarebbe quella minima; e) la valutazione del ricorrente non poteva non passare attraverso la vicenda disciplinare" (cfr sentenza di primo grado).
6. La sentenza oggi impugnata ha accolto il ricorso del signor -OMISSIS-.
7. La decisione favorevole per parte appellata trova fondamento nel rilievo che, il provvedimento che irroga la sanzione "di per sé, non consente di esplicitare per quale motivo l'Amministrazione abbia ritenuto che il comportamento del ricorrente integri una condotta "…non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza…", secondo quanto previsto dal citato art. 4, n. 18.".
Ed ancora "Nel caso di specie, quindi, l'impugnato provvedimento sanzionatorio non motiva adeguatamente in ordine al pregiudizio al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli della Amministrazione della sicurezza.
Sotto altro profilo, la motivazione addotta (aver tenuto "…una condotta estremamente superficiale, non operando con senso di responsabilità, nella piena coscienza della conseguenza delle proprie azioni…") non appare congruente con gli artt. 12, 13 e 14 richiamati nel provvedimento".
Dall'accoglimento del ricorso principale deriva anche l'accoglimento del ricorso per motivi aggiunti.
8. Ricorre in appello l'Amministrazione soccombente in primo grado.
9. Nel presente grado di giudizio si è costituito il signor -OMISSIS- per chiedere la conferma della sentenza di primo grado.
10. Il signor -OMISSIS- ha depositato la sentenza del Tribunale penale di Catania che ha mandato assolto il giovane dall'accusa di falso, di cui prima si è detto, evidenziando come le motivazioni a sostegno del dispositivo assolutorio siano sovrapponibili alle critiche formulate dallo stesso durante il colloquio con la collega che aveva provveduto a stilare la relazione da cui ha tratto origine la vicenda ora sottoposta all'esame del Collegio.
11. All'udienza straordinaria di merito dell'11 gennaio 2022 la causa è stata assunta in decisione.
L'appello deve essere respinto.
12. Sostiene l'Amministrazione che il giudice ha sbagliato laddove sanziona l'illegittimità del provvedimento impugnato ponendo in relazione la contestazione sulla condotta fatta al -OMISSIS- e la violazione delle norme di cui agli artt. 12, 13 e 14 del D.P.R. n. 782 del 1985.
L'amministrazione, poi, ritiene insussistente il difetto di motivazione essendo indicato sia il fatto che le norme di riferimento.
13. Il Collegio reputa che possano essere disattesi i profili di inammissibilità dell'appello sollevati da parte appellata in considerazione del fatto che lo stesso deve essere respinto nel merito.
14. Ricorda il Collegio che la materia delle sanzioni disciplinari ha subito in tempi recenti una rilevante evoluzione in forza anche di pronunciamenti del giudice multilivello.
Non può in alcun modo dubitarsi che le sanzioni disciplinari rientrino a pieno titolo nell'ambito del cosiddetto "diritto punitivo".
Ovviamente alle sanzioni disciplinari non può applicarsi in toto il principio di legalità come declinato dall'art. 25 della Costituzione, ma non può essere revocato in dubbio che alle stesse debba essere applicato, per giurisprudenza eurounitaria, il principio di proporzionalità.
Il principio di proporzionalità si collega con quello di tassatività degli illeciti.
Ora non vi è dubbio che, a differenza delle norme penali che individuano le fattispecie di reato, le fattispecie descritte dalle norme che disciplinano le sanzioni disciplinari sono spesso caratterizzate da estrema genericità.
A fronte di fattispecie "aperte" sussiste un obbligo dell'amministrazione di descrivere compiutamente la condotta che si ritiene punibile e di motivare in merito alla sanzione che si ritiene proporzionata evidenziando gli snodi del procedimento logico che hanno condotto alla formazione del giudizio sanzionatorio.
Nella presente fattispecie fin dalla comunicazione di avvio del procedimento disciplinare la norma di riferimento viene individua nell'art. 4, n. 18 del D.P.R. del 25 ottobre 1981.
Il citato articolo prevede che la sanzione pecuniaria possa essere applicata a "qualsiasi altro comportamento, anche fuori dal servizio, non espressamente preveduto nelle precedenti ipotesi, comunque non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza".
Si è in presenza di una norma di chiusura estremamente generica.
E'quindi al necessario ravvisare una condotta che descritta in modo approfondito integri la genericità dell'astratta fattispecie
"Per procedere in questo senso, infatti, occorre anzitutto individuare una condotta che sia delineata in precisi fatti addebitabili al dipendente, consistenti in comportamenti circostanziati anzitutto nelle modalità, nei contenuti e nel tempo del loro accadere, sì da rendere ipotizzabile la violazione dei doveri d'ufficio che è alla base della responsabilità disciplinare" (Cons. St. sent. n. 5287/2005).
Rileva il primo giudice come le versioni dei fatti fornite dai due appartenenti alla Polizia di Stato (il sanzionato e l'autore della relazione) non siano immediatamente sovrapponibili. Il signor -OMISSIS- afferma di essersi limitato semplicemente, pacatamente e rispettosamente, a fare semplici osservazioni e nessuna contestazione in merito alla sussistenza del reato di falso ideologico ascritto al ragazzo.
Le stesse argomentazioni addotte dal signor -OMISSIS- nel corso di quel colloqui si rinvengono nella sentenza del Tribunale di Catania che ha assolto il giovane di cui si tratta perché il fatto non sussiste.
Si legge nella motivazione della sentenza penale: "Nessuna prova certa in ordine alla sussistenza degli elementi soggettivo e oggettivo del delitto contestato in capo all'imputato il quale non ha omesso certamente di indicare i familiari conviventi né tanto meno ha omesso di indicare le generalità del proprio genitore non essendo stato questo dato espressamente richiesto."
Il fatto quindi cui andrebbe collegata la sanzione disciplinare non è ricostruito con la necessaria certezza.
La carenza riscontrata nella ricostruzione del fatto conforta l'assunto della sentenza secondo cui la motivazione del provvedimento "non consente di esplicitare per quale motivo l'Amministrazione abbia ritenuto che il comportamento del ricorrente integri una condotta "…non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza…", secondo quanto previsto dal citato art. 4, n. 18.
Afferma parte appellata che "si è trattato di un mero scambio di opinioni tra pari grado, con garbo, misura e pacatezza, rimasto confinato all'interno di un ufficio, senza alcuna rilevanza esterna".
15. Non è fondato il profilo della doglianza dell'amministrazione ove si valorizza l'ampia discrezionalità di cui la stessa gode nell'individuare le appropriate sanzioni disciplinari.
La discrezionalità non può far disattendere l'obbligo di una motivazione che faccia comprendere il rispetto del principio di proporzionalità che permea anche la regolamentazione delle sanzioni disciplinari.
Proporzionalità significa, anche, tenere conto anche di tutte le circostanze attenuanti, dei precedenti disciplinari e di servizio del trasgressore, del carattere, dell'età, della qualifica e dell'anzianità di servizio, come imposto dall'art. 13 dello stesso decreto.
Osserva il Collegio che la sanzione pecuniaria è prevista per comportamenti di particolare gravita. Ciò si evince dalle condotte descritte dal n. 1 al n. 17 dello stesso art. 4.
Il n. 18 deve intendersi quale norma di chiusura al fine di punire condotte non specificatamente descritte, ma che abbiano lo stesso tasso di lesività di quelle elencate sotto i numeri precedenti.
Le condotte indicano comportamenti particolarmente gravi (nn. 1,2,3,4) o violazioni di obblighi che attengono al servizio.
Il provvedimento impugnato non consente di comprendere l'iter motivazionale che ha condotto l'amministrazione a considerare la condotta rimproverata al signor -OMISSIS- così grave da irrogare la sanzione pecuniaria de quo non essendo sufficiente affermare che "la non conformità della condotta del -OMISSIS- al decoro delle proprie funzioni sarebbe in re ipsa.".
In conclusione, i motivi non sono fondati e l'appello deve essere respinto.
16. Le spese del giudizio di secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante a rifondere le spese del secondo grado di giudizio a favore della parte appellata che liquida in euro 2.000,00 (duemila) oltre spese accessorie se previste per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte appellata.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2022 tenutasi da remoto ed in modalità telematica con la contemporanea e continuativa presenza dei Signori Magistrati:
Raffaele Prosperi, Presidente FF
Marco Buricelli, Consigliere
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Giovanni Ardizzone, Consigliere
Antonino Caleca, Consigliere, Estensore
04-02-2022 20:47
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