Poliziotto destituito per aver rilasciato una intervista sulla sicurezza e salubrità degli ambienti con particolare riferimento alla revisione degli estintori, ai presidi di sicurezza e alla copertura assicurativa di una specifica vettura in uso alla Polizia di Stato.
Cons. giust. amm. Sicilia, Sent., (ud. 16-12-2021) 21-01-2022, n. 111
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 507 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessia Fiore e Eugenio Pini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Eugenio Pini in Roma, via della Giuliana n. 82;
contro
Questura di Palermo, Questura di Cagliari, Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Questura di Trapani -Commissariato di P.S. di Alcamo, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6; Commissariato di P.S. di Alcamo (Tp), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Questura di Palermo e di Questura di Cagliari e di Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza e di Questura di Trapani -Commissariato di P.S. di Alcamo e di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2021 il Cons. Sara Raffaella Molinaro e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Svolgimento del processo
1. La controversia riguarda il decreto n. -OMISSIS-del Ministero dell'Interno, e l'allegata delibera del Consiglio provinciale di disciplina, con cui è stata disposta la destituzione del signor -OMISSIS- dalla Polizia di Stato ai sensi dell'art. 7 comma 2 nn. 2, 4 e 6 del D.P.R. n. 737 del 1981.
2. Il signor -OMISSIS-, dipendente dal 2002 della Polizia di Stato, con la qualifica di Assistente Capo, ha impugnato detto provvedimento davanti al Tar Sicilia - Palermo con ricorso contenente istanza cautelare.
3. Con ordinanza -OMISSIS-la domanda cautelare è stata accolta dal Tar ai fini del riesame.
4. In data 13 novembre 2019 il Ministero dell'Interno ha depositato in atti i nuovi provvedimenti adottati dall'Amministrazione in sede di riesame, fra i quali il -OMISSIS-, con il quale, richiamata la proposta sanzionatoria del Consiglio provinciale di disciplina del 17 settembre 2019, è stata confermata la destituzione del ricorrente.
5. Avverso i nuovi provvedimenti sono stati proposti motivi aggiunti.
6. Il Tar, con sentenza 4 gennaio 2021 n. 13, ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo e ha respinto i motivi aggiunti.
7. La sentenza è stata appellata davanti a questo CGARS con ricorso n. 507 del 2021.
8. Nel corso del giudizio di appello si sono costituiti il Ministero dell'interno, la Questura di Palermo, la questura di Trapani, il Commissariato di Alcamo e la Questura di Cagliari.
9. Con ordinanza -OMISSIS-sono stati disposti incombenti istruttori, evasi dall'Amministrazione in data 5 agosto 2021.
10. All'udienza del 16 dicembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
11. Si premette in fatto che il procedimento disciplinare che si è concluso con il provvedimento disciplinare impugnato trova causa in un'intervista resa dal ricorrente il 10 agosto 2018 e pubblicata su -OMISSIS-il successivo 28 agosto, che fa riferimento alla sicurezza e alla salubrità degli ambienti con particolare riferimento alla revisione degli estintori, ai presidi di sicurezza del complesso -OMISSIS-e alla copertura assicurativa di una specifica vettura in uso alla Polizia di Stato.
Detta vicenda è alla base del decreto 18.03.2019 n. -OMISSIS-, con il quale il Capo della Polizia ha destituito l'appellante ai sensi dell'art. 7, comma 2 nn. 2, 4 e 6 del D.P.R. n. 737 del 1981.
Con ordinanza propulsiva n. -OMISSIS- il Tar ha chiesto il riesame della posizione dell'appellante, specificando che l'Amministrazione avrebbe dovuto tenere in considerazione "la data in cui è stata rilasciata la contestata intervista giornalistica, in cui il ricorrente rivestiva ancora un ruolo sindacale che è venuto meno solo nelle more della pubblicazione del relativo articolo" e la "possibilità di una differente graduazione della sanzione disciplinare da irrogare nel caso di che trattasi".
Il Capo della Polizia ha quindi adottato, in esito al rinnovo del procedimento, il decreto 16 ottobre 2019 n.-OMISSIS-, con il quale ha approvato la delibera del Consiglio provinciale di disciplina 17 settembre 2019, e ha disposto la destituzione dell'ex Assistente Capo della Polizia di Stato sig. -OMISSIS-ai sensi dell'art. 7, nn. 2, 4 e 6 del D.P.R. n. 737 del 1981.
12. Con il primo motivo l'appellante ha dedotto l'erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse, "tenuto conto che, a seguito dell'ordinanza di riesame n. -OMISSIS-, l'Amministrazione si è attivata per riesaminare la posizione del ricorrente adottando un nuovo provvedimento di destituzione".
12.1. La censura non è meritevole di accoglimento.
Il provvedimento cautelare è ontologicamente caratterizzato dalla strumentalità e dalla interinalità.
L'interinalità, in particolare, è la naturale provvisorietà della misura cautelare, destinata a perdere ogni effetto con la definizione del giudizio.
Nel caso in cui l'Amministrazione, con un nuovo atto, sia pure a seguito di una pronuncia cautelare, ma non in mera esecuzione di quest'ultima, provvede nuovamente sul rapporto, può determinarsi la cessata materia del contendere, ove l'ulteriore provvedimento sia satisfattivo della pretesa azionata in giudizio, ovvero, in caso contrario, può determinarsi l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse (Cons. St., sez. IV, 28 gennaio 2020 n. 694).
Se è adottato un nuovo provvedimento, espressione di un rinnovato procedimento e basato su una nuova motivazione, si ritiene che il rapporto non sia più disciplinato dal provvedimento oggetto di impugnazione, ma dal nuovo atto, che potrà essere ancora una volta lesivo, con conseguente spostamento dell'interesse sull'eventuale impugnazione di quest'ultimo, con motivi aggiunti o con ricorso autonomo, e sopravvenuta carenza di interesse all'impugnazione del primo, ovvero pienamente satisfattivo dell'interesse sostanziale dedotto in giudizio dal ricorrente, con conseguente cessazione della materia del contendere ai sensi dell'art. 34 comma 5 c.p.a.
Atteso che, nel caso di specie, è stato adottato, sia pure in esecuzione di un'ordinanza cautelare propulsiva, un nuovo provvedimento di destituzione a seguito di un rinnovato, sia pure in parte, procedimento e con una motivazione parzialmente diversa, lo stesso deve ritenersi emanato dall'Autorità in sostituzione del precedente nell'esercizio dei propri poteri istituzionali (e non in sede di mera ed automatica esecuzione dell'ordinanza cautelare), per cui determina la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso sia per il ricorrente che per l'Amministrazione.
In particolare è stata valutata la sussistenza dei presupposti di esercizio del diritto di critica sindacale, ritenendo che tale esercizio abbia travalicato i limiti di continenza e verità.
Pertanto il Consiglio di disciplina ha ritenuto che la sanzione disciplinare irrogabile non potesse essere diversamente graduata. Ciò in considerazione del grave nocumento arrecato all'immagine della Polizia di Stato ed alla funzione di Autorità della Pubblica Sicurezza locale, consentendo agli organi di stampa di affermare fatti ritenuti diffamatori.
Il comportamento tenuto dall'ex dipendente, inoltre, è stato valutato di particolare gravità sia "perché atteggiamento reiterato, in quanto -OMISSIS- è stato destinatario di più sanzioni disciplinari anche gravi, quali in primis la sospensione dal servizio per mesi sei", sia perché "rilevando dati sensibili appresi durante lo svolgimento del servizio, ha compromesso importanti esigenze di sicurezza."
L'organo collegiale ha, infine, ritenuto che "una sanzione disciplinare diversa dalla destituzione non avrebbe l'effetto di porre fine all'atteggiamento del -OMISSIS-, che dimostra particolare insofferenza verso l'intero sistema ordinamentale dell'Amministrazione di Pubblica Sicurezza nei cui confronti si pone - come da ultimo nella vicenda in esame - in aperto contrasto, volendone danneggiare l'immagine e creando diffidenza nella collettività".
Il Capo della Polizia ha quindi accolto la proposta sanzionatoria deliberata dal Consiglio, confermando così il provvedimento espulsivo.
Ne deriva che l'atto di riesame è stato adottato in seguito a una rinnovata attività procedimentale e a una nuova valutazione degli elementi acquisiti e ciò sia da parte del Capo della Polizia (che ha adottato un nuovo decreto) sia da parte del Consiglio di disciplina, che ha adottato una nuova delibera, sicché esso tiene luogo del precedente provvedimento di destituzione.
13. Il secondo motivo consta di plurimi profili.
Con esso l'appellante ha innanzitutto dedotto l'erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha ritenuto che il sindacato giurisdizionale in materia di sanzioni disciplinari con riferimento alla loro gradualità sarebbe limitato in ragione della discrezionalità tecnica che connota l'attività sanzionatoria.
Il giudice di primo grado avrebbe errato laddove ha ritenuto sussistere una "sequela di altre sanzioni disciplinari" a carico dell'appellante, che, se anche impugnate, non risulterebbero sospese e contribuirebbero a giustificare la sanzione applicata.
Il Tar avrebbe erroneamente assimilato il trasferimento per incompatibilità ambientale alle sanzioni disciplinari, non avrebbe adeguatamente considerato che trattasi di provvedimenti sub iudice e che i fatti addebitati con tali "precedenti" sono differenti e che quindi non può parlarsi di reiterazione di condotta, oltre al fatto sarebbero stati contestati tardivamente, per essere sanzionati nell'arco di circa dodici mesi. "Nel -OMISSIS- il -OMISSIS- diviene rappresentante sindacale; i fatti a lui contestati risalgono non più addietro del -OMISSIS- e sono stati tutti sanzionati nel 2018/2019".
Il giudice di primo grado non avrebbe poi considerate che l'atto di riesame, impugnato con motivi aggiunti sarebbe stato adottato in violazione dell'ordinanza cautelare di cui costituisce esecuzione, non motivando adeguatamente e non considerando l'aspettativa del ricorrente a un esito del riesame per lui più favorevole. Ciò in quanto il riesame sarebbe stato ordinato dal Tar a causa di circostanze di fatto (data dell'intervista e carica sindacale) e di diritto (tutela della posizione e interessi sindacali e delle libertà di critica e di opinione, gradualità), non considerate nella precedente destituzione.
Con ulteriore profilo è stata censurata la sentenza per avere escluso l'applicabilità dell'art. 34 del D.P.R. n. 254 del 1990, ai sensi del quale "I dirigenti sindacali, nell'esercizio delle loro funzioni, non sono soggetti ai doveri derivanti dalla subordinazione gerarchica prevista da leggi o regolamenti".
In particolare l'appellante, presentandosi come sindacalista avrebbe fatto dichiarazioni in materie di interesse sindacale, già oggetto di precedenti denunce, quali lo stato di degrado (estintori scaduti, ambienti fatiscenti, servizi igienici sporchi, cavi elettrici pendenti, mancanze di scale per disabili, finestre divelte, mancanza e/o il malfunzionamento di congegni di video sorveglianza) e la mancata copertura assicurativa della vettura di servizio del Questore di Palermo.
14. Anche il quarto motivo consta di plurimi profili, che sono scrutinati dal Collegio congiuntamente alle censure contenute nel secondo motivo in quanto di contenuto analogo o comunque connesso.
Con un primo profilo l'appellante ha censurato la mancata considerazione del fatto che il medesimo, al tempo dell'intervista, era "in cumulo sindacale ex art. 32 comma 8 del D.P.R. n. 164 del 2020" e che più in generale rivestiva la carica di rappresentante sindacale e di responsabile per la sicurezza. Né la revoca dall'incarico sindacale, avvenuta il 22 agosto 2018, sarebbe idonea a dimostrare alcunché se non che alla data dell'intervista, il 10 agosto 2018, il -OMISSIS- aveva l'incarico sindacale.
L'Amministrazione, inoltre, non avrebbe reagito alle precedenti esternazioni del -OMISSIS-, "contestate solo dopo la cessazione della stessa carica sindacale" e quest'ultimo avrebbe svolto l'intervista nell'esercizio del diritto costituzionale di critica e senza avere alcuna intenzionalità lesiva.
Inoltre il Tar avrebbe trascurato la sussistenza di circa 17 anni di servizio irreprensibile e non avrebbe adeguatamente considerato che l'Amministrazione ha violato l'art. 7 comma 2 n. 6 del D.P.R. n. 737 del 1981, che prevede, quale causa di destituzione, la reiterazione delle condotte ivi specificate.
15. Premesso che il profilo della gradualità e le connesse osservazioni relative alla sussistenza di circa 17 anni di servizio irreprensibile e alla violazione dell'art. 7 comma 2 n. 6 del D.P.R. n. 737 del 1981 saranno scrutinati infra, congiuntamente al motivo sulla proporzionalità della sanzione, rispetto agli altri motivi si osserva quanto segue.
15.1. Si ricorda quanto già esposto: che il procedimento disciplinare che si è concluso con il provvedimento disciplinare impugnato trova causa in un'intervista resa dal ricorrente il 10 agosto 2018 e pubblicata su -OMISSIS-il successivo 28 agosto, che fa riferimento alla sicurezza e alla salubrità degli ambienti con particolare riferimento alla revisione degli estintori, ai presidi di sicurezza del complesso -OMISSIS-e alla copertura assicurativa di una specifica vettura in uso alla Polizia di Stato.
15.2. Si rileva innanzitutto che non risulta violata l'ordinanza cautelare n. -OMISSIS- con la quale il Tar ha chiesto il riesame della posizione dell'appellante, in quanto volto a soddisfare l'interesse strumentale del medesimo, rispetto al quale non si configura alcuna situazione di aspettativa giuridicamente tutelabile rispetto all'esito positivo della rinnovazione procedimentale.
Né risulta violata detta ordinanza laddove il Tar ha specificato che l'Amministrazione avrebbe dovuto tenere in considerazione "la data in cui è stata rilasciata la contestata intervista giornalistica, in cui il ricorrente rivestiva ancora un ruolo sindacale che è venuto meno solo nelle more della pubblicazione del relativo articolo" e la "possibilità di una differente graduazione della sanzione disciplinare da irrogare nel caso di che trattasi" in quanto risultano prese in considerazione entrambe le indicazioni del giudice di prime cure. E ciò indipendentemente dalla valutazione circa il rispetto del principio di gradualità, su cui infra, che può condurre all'accertamento di illegittimità del provvedimento gravato per violazione del principio di gradualità e proporzionalità, non per violazione dell'ordinanza cautelare, il cui decisum è stato superato dal fatto che l'Amministrazione abbia rivalutato nuovamente le circostanze acquisite nel corso dell'istruttoria anche al fine di valutare la proporzionalità della sanzione inflitta.
15.3. Quanto ai precedenti disciplinari, l'approfondimento istruttorio ha consentito di apprendere le seguenti informazioni:
- richiamo scritto inflitto con decreto del Questore di Palermo in data-OMISSIS-,
impugnato con ricorso gerarchico, respinto con decreto del Capo della Polizia datato -OMISSIS-;
- richiamo scritto inflitto con decreto del Questore di Palermo in data -OMISSIS-
-OMISSIS-, impugnato con ricorso gerarchico, respinto con decreto del Capo della Polizia datato -OMISSIS-;
- pena pecuniaria di 5/30 inflitta con decreto del Questore di Palermo in data -OMISSIS-, impugnata con ricorso gerarchico, respinto con decreto del Capo della Polizia del -OMISSIS-impugnato con ricorso al Tar n. -OMISSIS-, in attesa di fissazione di udienza;
- pena pecuniaria di 5/30 inflitta con decreto del Questore di Palermo in data -OMISSIS-, impugnato con ricorso gerarchico, respinto con decreto del Capo della Polizia del -OMISSIS-, impugnato con ricorso al Tar, in attesa di fissazione di udienza;
- pena pecuniaria di 3/30 inflitta con decreto del Questore di Palermo in data-OMISSIS-, impugnato con ricorso gerarchico, respinto con decreto del Capo della Polizia del-OMISSIS-, impugnato con ricorso al Tar, in attesa di fissazione di udienza;
- pena pecuniaria di 3/30 inflitta con decreto del Questore di Palermo in data -OMISSIS-, impugnato con ricorso gerarchico, respinto con decreto del Capo della Polizia del -OMISSIS-, decreto impugnato con ricorso al Tar, in attesa di fissazione di udienza;
- pena pecuniaria 5/30 inflitta con decreto del Questore di Palermo in data-OMISSIS-, impugnato con ricorso gerarchico, respinto con decreto del Capo della Polizia del -OMISSIS-, gravato con ricorso al Tar n. -OMISSIS-;
- sospensione dal servizio per mesi 1 inflitta con decreto del Capo della Polizia del -OMISSIS-, impugnato con ricorso al Tar n. -OMISSIS-
- sospensione dal servizio per mesi 6 inflitta con decreto del Capo della Polizia del -OMISSIS-, notificato il 23 gennaio 2019, impugnato con ricorso al Tar n. -OMISSIS-, in attesa di fissazione di udienza;
- sospensione dal servizio per mesi 1 inflitta con decreto del Capo della Poliziadell'11-OMISSIS-, impugnato con ricorso al Tar n. -OMISSIS-, in attesa di fissazione di udienza;
- pena pecuniaria di 1/30 inflitta con decreto del Questore di Palermo datato 29-OMISSIS-, impugnato con ricorso gerarchico definito con decreto di rigetto del Capo della Polizia datato -OMISSIS-, gravato al Tar con ricorso n. -OMISSIS-.
Al riguardo si rileva che il decreto 16 ottobre 2019 n.-OMISSIS- e l'allegata delibera del Consiglio provinciale di disciplina -OMISSIS-fanno riferimento a dieci precedenti disciplinari, così indicando un numero analogo a quanto accertato in sede istruttoria.
Detti provvedimenti disciplinari, che non comprendono il trasferimento per incompatibilità ambientale, pur essendo in gran parte stati impugnati, hanno prodotto i loro effetti, non risultando sospesi, sicché l'Amministrazione non ha potuto che tenerne conto.
Né rileva il fatto che siano ascrivibili a un periodo circoscritto della vita lavorativa dell'appellante (se non nei termini che saranno evidenziati al paragrafo 18, in riferimento al principio di proporzionalità), sovrapponibile all'attività sindacale del medesimo.
15.4. Con riferimento, infine, all'argomentazione in base alla quale i fatti addebitati con i provvedimenti precedenti sarebbero diversi si rileva innanzitutto che in base all'art. 13 del D.P.R. n. 737 del 1981 "l'organo competente ad infliggere la sanzione deve: tener conto di tutte le circostanze attenuanti, dei precedenti disciplinari e di servizio del trasgressore, del carattere, dell'età, della qualifica e dell'anzianità di servizio; sanzionare con maggior rigore le mancanze7 commesse in servizio o che abbiano prodotto più gravi conseguenze per il servizio, quelle commesse in presenza o in concorso con inferiori o indicanti scarso senso morale e quelle recidive o abituali". In detta disposizione non si rinvengono riferimenti alla necessità che i precedenti riguardino fatti analoghi (si rinvia invece a quanto illustrato al paragrafo 18 con riferimento al principio di proporzionalità, in ordine alla violazione dell'art. 7 comma 2 n. 6 del D.P.R. n. 737 del 1981).
A ciò si aggiunge che il provvedimento disciplinare qui gravato non richiama semplicemente la presenza dei precedenti ma argomenta nel senso che essi sarebbero indicativi della "riottosità" dell'appellante nel "recepire ed eseguire I delicate compiti correlate al suo status di poliziotto ed insofferenza rispetto al Sistema ordinamentale della pubblica sicurezza". Detta argomentazione non viene compromessa dall'asserita mancanza di analogia fra i comportamenti addebitati in sede penale, fondandosi piuttosto sul numero delle infrazioni.
15.5. Infine, rimane da esaminare il profilo del contenuto delle affermazioni rese dall'appellante, alla base del provvedimento disciplinare de quo, che sarebbero espressione delle prerogative proprie dei rappresentanti sindacali e del diritto di critica, oltre che già divulgate e rispondenti al vero.
Il giorno dell'intervista che ha originato il procedimento disciplinare, il 10 agosto 2018, l'appellante rivestiva infatti la carica di -OMISSIS-., appartenente alla Federazione -OMISSIS- della Polizia.
L'art. 34 comma 4 del D.P.R. n. 254 del 1999 prevede che i dirigenti sindacali, nell'esercizio delle loro funzioni, sono esentati dal rispetto dei soli doveri di subordinazione gerarchica previsti da leggi o regolamenti.
Nondimeno permangono in capo agli stessi (e senza che rilevi in tal senso la ricorrenza di un permesso sindacale per cumulo) i doveri connaturati al suo status di appartenente alla Polizia di Stato sanciti dalla L. n. 121 del 1981, istitutiva del "Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza", e dal Regolamento di servizio di cui al D.P.R. n. 782 del 1985.
Fra di essi, ai sensi dell'art. 34 del D.P.R. n. 782 del 1985, il "personale della Polizia di Stato è tenuto alla più rigorosa osservanza del segreto d'ufficio e non può fornire a chi non ne abbia diritto, anche se si tratti di atti non segreti, notizie relative a servizi di istituto o a provvedimenti o operazioni di qualsiasi natura, da cui possa derivare danno all'amministrazione o a terzi".
È la violazione del suddetto dovere che è alla base dell'infrazione disciplinare accertata con il provvedimento impugnato, non rilevando pertanto la qualifica sindacale dell'appellante.
15.6. Quanto all'esercizio del diritto di critica del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, esso è legittimamente esercitato se limitato a difendere la propria posizione soggettiva, nel rispetto della verità oggettiva, con modalità e termini inidonei a ledere il decoro del datore di lavoro o del superiore gerarchico e a determinare un pregiudizio per l'impresa, rilevando i limiti della continenza sostanziale e formale, superati i quali la condotta assume carattere diffamatorio (Cass. civ., sez. lavoro, ordinanza 7 gennaio 2020 n. 113).
Circa la veridicità di quanto dichiarato dall'appellante, e riportato nel provvedimento impugnato, con specifico riferimento alle date di attivazione e di scadenza della copertura assicurativa dell'autovettura ivi richiamata l'Amministrazione ha comprovato la sussistenza della medesima, con conseguente carenza di rispondenza alla realtà dei fatti di quanto dichiarato dall'appellante.
Per quanto riguarda la presenza e le date di revisione degli estintori nel medesimo citati, l'Amministrazione ha comprovato di averli sottoposti a controllo periodico, con cadenza semestrale, da parte di azienda specializzata in materia di antincendio e sicurezza, nelle date, per quanto concerne il 2018, del 19 giugno e 13 dicembre 2018. In occasione del controllo periodico effettuato in data 19 giugno 2018 è stata segnalata la necessità di sostituzione dell'estintore in polvere da kg 6 allocato nell'Ufficio Archivio del Commissariato, successivamente avvenuta in data 15 febbraio 2019.
Con riferimento alla sussistenza di presidi di sicurezza presso il parcheggio del complesso-OMISSIS-, il Ministero ha dichiarato che esso è dotato sin dall'agosto 2016 di un sistema di videosorveglianza che riprende l'ingresso carrabile e pedonale del complesso ubicato al civico -OMISSIS- di -OMISSIS-, comunque costantemente presidiato da personale appartenente alla Polizia di Stato in servizio di vigilanza.
È poi presente ulteriore sistema di videosorveglianza, gestito dai militari dell'Arma dei Carabinieri, che riprende l'ingresso della Stazione Palermo -OMISSIS-, ubicata in via -OMISSIS-, e le parti più significative del garage di pertinenza della Sezione Scorte del Reparto Servizi Magistratura.
Al fine di rafforzare ulteriormente le condizioni di sicurezza del complesso edilizio-OMISSIS-, in caso di disponibilità di personale, è implementato un servizio di vigilanza a cura di una pattuglia appiedata con il compito di ispezione nelle aree interne, con particolare riferimento al perimetro del complesso edilizio prospiciente la via -OMISSIS-.
Ne deriva che l'asserito esercizio del diritto di critica non è accompagnato da quel canone di veridicità che ne costituisce il presupposto.
15.7. Né ricopre una portata scusante la circostanza, affermata dall'appellante, che le notizie riferite nell'intervista del 10 agosto 2018 sarebbe già state diffuse in precedenza.
Al riguardo si osserva che il comunicato comparso sul quotidiano on line Palermo -OMISSIS- del 29 aprile 2018 e depositato dall'appellante fa riferimento alla tematica degli estintori scaduti mentre il comunicato comparso sempre in aprile 2018 sulla medesima testata, e depositato in giudizio dalla Questura, non fa alcun riferimento al complesso -OMISSIS-né all'autovettura in uso al Questore di Palermo, ma riporta piuttosto presunte anomalie igienico-sanitarie del Commissariato di Mondello.
Quanto sopra non è idoneo a superare il rilievo dell'Amministrazione circa la divulgazione di notizie riservate. In particolare nel provvedimento impugnato si legge che l'articolo di -OMISSIS-sarebbe stato corredato da diverse fotografie e che "in esso venivano riportati i dati identificativi e il numero di targa del veicolo in uso al Questore di Palermo e di proprietà del ministero dell'interno".
Detti elementi non risultano essere stati in precedenza divulgati, di talché non svolge alcuna portata esimente la circostanza che in precedenza siano già state divulgate alcune delle notizie comunicate dall'appellante nell'intervista dal 10 agosto 2018 (né rileva in senso scriminante la circostanza che l'Amministrazione abbia, o meno, stigmatizzato il comportamento dell'appellante prima di aprire il procedimento disciplinare).
15.8. Infine si rileva che è contestato che l'appellante rivestisse il ruolo di responsabile della sicurezza ai tempi del rilascio dell'intervista in quanto le modalità di individuazione del rappresentante per la sicurezza nella Polizia di Stato sono contemplate, secondo quanto riferito dall'Amministrazione, dalla circolare della Direzione centrale per gli affari generali n. 559/LEG/503.031.627 ter del 10.06.1997, a cui rinvia la circolare dipartimentale n. 557/RS/01/113/0461 del 08.03.2010, esplicativa dell'ultimo Accordo nazionale quadro (art. 23): alla stregua di tali testi normativi "le funzioni di rappresentante per la sicurezza dei lavoratori potranno esser svolte dalle segreterie provinciali più rappresentative sul piano nazionale".
È però contestato se fra queste ultime potesse all'epoca essere inclusa l'organizzazione sindacale P.N.F.D.
In ogni caso, se anche l'appellante avesse esercitato le prerogative di responsabile per la sicurezza, sarebbe stato comunque tenuto al "segreto in ordine ai processi lavorativi". In questi termini, infatti, si esprime il disposto dell'art. 50 comma 6 del D.Lgs. n. 81 del 2008. E ciò anche considerando che la normativa di riferimento (art. 50, comma 1, lettera o) e comma 6 del D.Lgs. n. 81 del 2008) dispone che il rappresentante dei lavoratori "può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti … non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro".
15.9. Ne deriva che le censure sopra scrutinate sono infondate (mentre saranno scrutinati al paragrafo 18 il profilo della gradualità e le connesse osservazioni relative alla sussistenza di circa 17 anni di servizio irreprensibile e alla violazione dell'art. 7 comma 2 n. 6 del D.P.R. n. 737 del 1981).
16. Con il terzo motivo l'appellante ha lamentato la violazione del proprio diritto di difesa, sostenendo l'assenza di una specifica contestazione per la convocazione per il 17 settembre 2019, successiva all'ordinanza con la quale il Tar ha ordinato il riesame.
16.1. Il motivo è infondato.
La nuova convocazione è stata disposta a seguito dell'ordinanza cautelare in precedenza menzionata, emessa sulla base del ricorso giurisdizionale proposto dallo stesso appellante, che non può dolersi di non sapere della rinnovazione del procedimento e dei motivi di detta rinnovazione, nonché del contenuto dell'ordinanza del Tar, così potendo predisporre le proprie tesi difensive.
L'appellante, essendo stato convocato, ha infatti potuto in quella sede svolgere le proprie difese attraverso la produzione di una memoria e presenziando personalmente e con l'assistenza di un difensore la trattazione orale.
Né può rimproverarsi all'appellante il contenuto dei rilievi contenuto nel provvedimento di destituzione del 16 ottobre 2019, successivo all'ordinanza propulsiva del Tar, riguardanti l'attività di critica sindacale per le dichiarazioni rese nell'intervista del 10 agosto 2018, atteso che i presupposti di fatto erano già richiamati nel precedente provvedimento e che il Tar ha sollecitato una valutazione di compatibilità fra ruolo sindacale e esternazioni contestate sottolineando come l'appellante rivestisse ancora un ruolo sindacale al tempo del rilascio dell'intervista.
17. Con il quinto motivo l'appellante ha dedotto l'erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha statuito sul rispetto della tempistica del procedimento sanzionatorio de quo.
I profili dedotti riguardano innanzitutto l'originario provvedimento di destituzione, impugnato con il ricorso introduttivo e richiamati in via derivata nei motivi aggiunti proposti davanti al Tar.
In particolare, con il ricorso introduttivo sono state stigmatizzate le seguenti circostanze:
a) il decreto impugnato con il ricorso introduttivo risulta adottato in data 18-OMISSIS- e notificato il successivo 20 aprile 2019, per asseriti fatti/comportamenti del dipendente risalenti a 220 giorni prima rispetto al decreto e a 253 giorni prima rispetto alla notificazione dello stesso, in asserita violazione dell'art. 120 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3;
b) la lettera di contestazione degli addebiti è datata 7 novembre 2018, notificata il 9 novembre 2018, in asserita violazione dell'art. 103 del D.P.R. n. 3 del 1957;
c) il decreto impugnato con il ricorso introduttivo è datato 18-OMISSIS- e la sua notifica è avvenuta in data 24 aprile 2019, in asserita violazione dell'art. 21 ultimo comma del D.P.R. n. 737 del 1981;
d) dalla contestazione degli addebiti, datata 7 novembre 2018, alla prima riunione del 24 gennaio 2019 sono trascorsi 78 giorni, in asserita violazione dell'art. 19 del D.P.R. n. 737 del 1981;
e) l'intervallo temporale di 78 giorni fra la contestazione degli addebiti, datata 7 novembre 2018, e la prima riunione del Consiglio di disciplina del 24 gennaio 2019, in asserita violazione dell'art. 20 del D.P.R. n. 737 del 1981.
La circostanza dedotta sub a) non viola l'art. 120 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ("il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi novanta giorni dall'ultimo atto senza che, nessun ulteriore atto sia stato compiuto. Il procedimento disciplinare estinto non può essere rinnovato") in quanto detta disposizione non introduce un termine di durata massima del procedimento sanzionatorio ma un intervallo massimo fra un atto del procedimento e il successivo.
La circostanza sub b) non viola di per sé l'art. 103 del D.P.R. n. 3 del 1957, laddove prevede che l'ufficio "contesta subito gli addebiti all'impiegato invitandolo a presentare le giustificazioni", in quanto la disposizione non mira a vincolare l'Amministrazione all'osservanza di un termine prestabilito e puntuale, tale da comportare col suo decorso la decadenza dell'azione disciplinare, bensì indica una regola di ragionevole prontezza e tempestività, da valutarsi caso per caso in relazione alla gravità dei fatti e alla complessità degli accertamenti preliminari, nonché allo svolgimento effettivo dell'iter procedimentale (Cons. St., sez. II, 17 febbraio 2021 n. 1464), circostanza, queste ultime, che non sono state evidenziate dall'appellante.
La circostanza sub c) non viola l'art. 21 ultimo comma del D.P.R. n. 737 del 1981 ("Il decreto deve essere comunicato all'interessato entro dieci giorni dalla sua data, nei modi previsti dall'art. 104 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3") in quanto tale termine, prescritto per la comunicazione del decreto, non si deve ritenere perentorio, non venendo sanzionata in alcun modo dalla legge la sua inosservanza (Cons. St., sez. VI, 23 maggio 2006 n. 3069).
La circostanza sub d) non viola il termine di 45 giorni previsto dall'art. 19 del D.P.R. n. 737 del 1981 per lo svolgimento dell'inchiesta, in quanto si riferisce all'indagine da svolgere prima di comunicare agli atti al Consiglio di disciplina e il ricorrente non ha indicato la data di trasmissione degli atti al Consiglio di disciplina.
Né l'intervallo temporale di 78 giorni fra la contestazione degli addebiti, datata 7 novembre 2018, e la prima riunione del Consiglio di disciplina del 24 gennaio 2019 (circostanza dedotta sub e) viola l'art. 20 del D.P.R. n. 737 del 1981 ("Il consiglio centrale o provinciale di disciplina è convocato dall'organo indicato nell'art. 16 entro dieci giorni dalla ricezione del carteggio") in quanto detto intervallo temporale di 78 giorni non contempla, in uno dei due estremi, la data di ricezione del carteggio (rilevante ai fini della disposizione di cui è contestata la violazione).
Le censure mosse avverso il decreto impugnato con il ricorso introduttivo (e quindi in via derivata avverso il provvedimento gravato con i motivi aggiunti) non sono quindi fondate.
Superate dette censure non rileva la tempistica di adozione del decreto con il quale è stata disposta la destituzione dell'appellante a seguito del riesame in quanto il divario di tempo intercorso tra i fatti in contestazione e il nuovo provvedimento di decadenza, siccome intervallati dal ricorso giurisdizionale, non si appalesano lesivi della posizione dell'appellante, cioè di colui che ha sollecitato l'ordinanza propulsiva che ha dato vita alla rinnovazione procedimentale e provvedimentale.
18. Rimangono da scrutinare le censure, contenute (come sopra illustrato) nel secondo e quarto motivo di appello, riguardanti la violazione dei principi di proporzionalità e gradualità, oltre che le connesse osservazioni relative alla sussistenza di circa 17 anni di servizio irreprensibile e alla violazione dell'art. 7 comma 2 n. 6 del D.P.R. n. 737 del 1981.
18.1. Dette censure sono fondate.
Il principio di proporzionalità, e il suo corollario in campo disciplinare rappresentato dal c.d. gradualismo sanzionatorio, è portatore di esigenze di civiltà giuridica, comportando la sproporzione tra il fatto e la sua sanzione un'evidente violazione del principio di ragionevolezza e di gradualità della sanzione stessa (Cons. St., sez. IV, 8 maggio 2020 n. 2895).
Costituiscono espressione di detto principio, codificato a livello eurounitario dall'art. 5 comma 4 del TUE, gli artt. 4, 5, 6 e 7 del D.P.R. n. 737 del 1981, che contemplano una serie di sanzioni disciplinari di carattere progressivo (quanto all'afflittività), l'art. 1, comma 2, del medesimo decreto, che dispone che "le predette sanzioni devono essere graduate, nella misura, in relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le stesse hanno prodotto per la Amministrazione o per il servizio" e il successivo art. 13, che dispone che "l'organo competente ad infliggere la sanzione deve: tener conto di tutte le circostanze attenuanti, dei precedenti disciplinari e di servizio del trasgressore, del carattere, dell'età, della qualifica e dell'anzianità di servizio".
Nonostante l'ampia discrezionalità di cui gode l'Amministrazione nella scelta - ove non normativamente tipizzata - della sanzione applicabile a ciascuna specifica violazione, in ogni caso il predetto principio - anche in quanto diretto corollario di quello di ragionevolezza sotteso all'articolo 3 della Costituzione - costituisce un limite invalicabile che preclude la legittimità dell'opzione per le sanzioni disciplinari c.d. espulsive al di fuori dei casi in cui, nella condotta del dipendente, sia dato riscontrare effettivamente i massimi livelli di disvalore.
Coerentemente la più grave sanzione della destituzione può ritenersi legittima, in quanto congrua ai principi di gradualità e ragionevolezza, solo ove essa risulti applicata in effettiva correlazione alla gravità del concreto comportamento del militare, in quanto si tratta della più grave delle sanzioni di stato previste dall'ordinamento militare.
Con specifico riferimento al caso di specie, pur nei limiti del sindacato giurisdizionale di legittimità sul potere sanzionatorio discrezionale dell'Amministrazione, è dato ravvisare la sussistenza di profili di manifesta illogicità e irragionevolezza nell'adozione della sanzione espulsiva, che comporta effetti irreversibili sullo stato dell'appellante.
Ai sensi dell'art. 7 comma 2 nn. 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. n. 737 del 1981 "la destituzione è inflitta: 1) per atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale; 2) per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento; 3) per grave abuso di autorità o di fiducia; 4) per dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all'Amministrazione della pubblica sicurezza, ad enti pubblici o a privati, 5) per gravi atti di insubordinazione commessi pubblicamente o per istigazione all'insubordinazione; 6) per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari; 7) per omessa riassunzione del servizio, senza giustificato motivo, dopo cinque giorni di assenza arbitraria".
Nel caso di specie la destituzione è stata disposta per violazione dei precedenti numeri 2), 4) e 6).
I numeri 2) e 4) riguardano rispettivamente gli atti in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento e la dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio all'Amministrazione.
Dette circostanza non paiono integrate dalla vicenda che ha portato alla destituzione dell'appellante, non rinvenendosi né il dolo né la gravità del contrasto con i doveri istituzionali.
Infatti, considerato che, ai sensi dell'art. 13 del D.P.R. n. 737 del 1981, devono essere considerate tutte le circostanze attenuanti, i precedenti disciplinari e di servizio del trasgressore, il carattere, l'età, la qualifica e l'anzianità di servizio, si rileva che:
- la vicenda contestata è incentrata sull'episodio dell'intervista rilasciata a una rivista, che poi ha montato articoli e fotografie, così non rendendo immediatamente evincibile da chi l'ha rilasciata la resa anche estetica del materiale fornito;
- in quel frangente l'appellante ricopriva un incarico sindacale e quindi era adito rivendicare un miglioramento delle condizioni lavorative (che si è detto sopra che non riveste un effetto scriminante ma comunque incide sulla riprovevolezza della condotta);
- i precedenti fatti di rilievo disciplinare sono stati posti in essere in un intervallo temporale determinato e breve rispetto ai quasi 17 anni di condotta esemplare.
A ciò si aggiunge che le infrazioni disciplinari compiute in precedenza dall'appellante non paiono integrare i presupposti del n. 6) dell'art. 7 del D.P.R. n. 737 del 1981, in quanto non vi è stata reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio, se non in due casi, e non può affermarsi, a cagione del breve periodo nel quale sono state commesse le precedenti infrazioni e del breve intervallo temporale intercorso fra esse e l'irrogazione della sanzione disciplinare de quo che vi sia stata una "persistente" riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari.
Ne deriva che non si ravvisano i presupposti per l'irrogazione della sanzione massima della destituzione, pur essendo in presenza di una condotta censurabile dal punto di vista disciplinare.
Viene quindi in evidenza la violazione del principio di proporzionalità e gradualità, nel senso che la sanzione non risulta essere stata graduata, nella misura, in relazione alla gravità dell'infrazione e a tutte le circostanze del caso.
Sussiste, quindi, il vizio di proporzionalità nella irrogazione della sanzione massima della destituzione, in relazione alle particolarità del fatto e alla condotta del poliziotto.
La censura merita pertanto di essere accolta.
19. In conclusione, l'appello deve essere accolto in parte, con conseguente riforma della sentenza e accoglimento parziale dei motivi aggiunti, con annullamento del decreto 16 ottobre 2019 n.-OMISSIS- nella parte in cui è comminata la sanzione disciplinare della destituzione.
20. La soccombenza parziale reciproca giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte i motivi aggiunti, con annullamento del decreto 16 ottobre 2019 n.-OMISSIS- nella parte in cui è comminata la sanzione disciplinare della destituzione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il signor -OMISSIS-.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2021 con l'intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Raffaele Prosperi, Consigliere
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere, Estensore
Maria Immordino, Consigliere
Giovanni Ardizzone, Consigliere
26-01-2022 22:28
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