Sospeso per 6 mesi Vicebrigadiere del Corpo della Guardia di Finanza gravato da una richiesta di rinvio a giudizio per il reato di cui all'art. 326, comma 1, cod. pen., perchè – secondo l'ipotesi accusatoria – lo stesso avrebbe rivelato ad un collega che alcuni colleghi avevano intrapreso una attività investigativa con attività tecniche di intercettazioni telefonichenei confronti di colleghi del Gruppo Pronto Impiego.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5300 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuliano Gruner, Federico Dinelli e Maria Eugenia Albé, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Guardia di Finanza - Comando Generale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
- della determina del 26 febbraio 2021, prot. n. -OMISSIS-, del Comandante interregionale dell'Italia centrale della Guardia di Finanza, notificata in data 3 marzo 2021, con la quale il ricorrente è stato precauzionalmente sospeso dall'impiego a titolo discrezionale ai sensi dell'art. 916, comma 1, del d.lgs. n. 66 del 2010;
- degli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi, tra cui le proposte del Comandante Provinciale di Roma del 29 gennaio 2021 e del Comandante regionale del Lazio del 3 febbraio 2021, richiamate nell'atto impugnato ma non in possesso del ricorrente;
e, quanto ai motivi aggiunti:
- degli atti impugnati con il ricorso introduttivo;
- degli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi, tra cui le proposte del Comandante Provinciale di Roma del 29 gennaio 2021 e del Comandante regionale del Lazio del 3 febbraio 2021;
- della nota del Comandante Interregionale prot. n. -OMISSIS- del 15 dicembre 2020, della nota del Comandante Regionale prot. -OMISSIS- del 30 novembre 2020; dell'appunto per il Comandante Interregionale del 9 dicembre 2020, recante in oggetto «Procedimento penale nr. -OMISSIS- instaurato presso il Tribunale di Roma, nei confronti di nr. 13 militari appartenenti al ruolo I.S.A.F.. Valutazioni e proposte ai sensi dell'art. 1393 Codice dell'Ordinamento Militare»; della nota del Comandante Provinciale prot. n.-OMISSIS- del 13 novembre 2020;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Guardia di Finanza - Comando Generale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2022 la dott.ssa Marianna Scali e uditi i difensori delle parti come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il presente gravame, il sig. -OMISSIS-, Vicebrigadiere del Corpo della Guardia di Finanza, ha impugnato la determinazione n. -OMISSIS- del 26 febbraio 2021, con la quale l'Amministrazione ha disposto la sospensione precauzionale dall'impiego, a titolo discrezionale, nei suoi confronti, a decorrere dal 27 febbraio 2021.
Tale provvedimento è stato adottato a seguito (ed in ragione) dei seguenti fatti, di cui si dà conto nel provvedimento impugnato:
- in data 23 novembre 2020 il ricorrente veniva gravato da una richiesta di rinvio a giudizio per il reato di cui all'art. 326, comma 1, cod. pen., in quanto – secondo l'ipotesi accusatoria – lo stesso avrebbe rivelato al collega Maresciallo Aiutante -OMISSIS-, in data 18 gennaio 2019, che i propri colleghi del Nucleo P.E.F. - Sezione D.P.I.I. (Mar. -OMISSIS- e Brig. -OMISSIS-) avevano intrapreso una attività investigativa nei confronti dei fratelli -OMISSIS-, e che erano in corso attività tecniche di intercettazioni telefoniche, oltre che sugli stessi fratelli -OMISSIS-, anche, probabilmente, nei confronti del medesimo -OMISSIS- e di alcuni suoi colleghi del Gruppo Pronto Impiego;
- per le vicende appena descritte veniva emessa, dal GIP di Roma, un'ordinanza cautelare applicazione della misura interdittiva "della sospensione dal pubblico ufficio svolto per la durata di sei mesi", poi confermata dal Tribunale del riesame, a seguito del ricorso proposto dal ricorrente;
Il provvedimento impugnato, dopo aver ricostruito in fatto la vicenda, motiva la sospensione facendo riferimento, tra l'altro, alle "attuali gravi ipotesi accusatorie, rinvianti a connotazioni di spiccata pericolosità sociale del militare e che, qualora dovessero trovare conferma in sede dibattimentale potrebbero comportare la pena accessoria della rimozione", e alla considerazione che la permanenza del -OMISSIS- nel corpo "determinerebbe elevatissime criticità sotto il profilo dell'impiego, non possedendo, lo stesso, sufficienti requisiti di carattere morale per svolgere qualsiasi incarico, per cui non ricorrono le condizioni atte a legittimare, in capo allo stesso, al termine del periodo di sospensione precauzionale a titolo obbligatorio, l'esercizio delle proprie funzioni con pienezza d'autorità". Il provvedimento precisa altresì che l'"estrema gravità del reato contestato assorbe ogni altra considerazione in merito alla possibilità di soddisfare le esigenze cautelari dell'Amministrazione adibendo il medesimo a compiti non operativi anche presso una sede diversa da quella ove prestava servizio prima dei fatti".
Avverso il predetto provvedimento sono stati articolati, con il presente mezzo di tutela, i seguenti motivi di censura:
1) "Violazione e falsa applicazione dell'art. 1393, comma 1, e dell'art. 916 del d.lgs. n. 66 del 2010, nonché vizi di eccesso di potere per carenza dei presupposti e difetto di motivazione";
2) "Eccesso di potere per mancata autonoma valutazione dei fatti e degli elementi indiziari a carico di -OMISSIS-. Carenza dei presupposti e carenza di istruttoria per non aver colto e valutato le numerose e gravi contraddizioni tra le tre relazioni di servizio. Motivazione apparente.";
3) "Eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e difetto di proporzionalità, nonché per contraddittorietà dell'azione amministrativa";
4) "Violazione del principio generale della natura temporanea dei provvedimenti cautelari, nonché violazione e falsa applicazione dell'art. 919 cod. ord. pen. per mancata fissazione del termine di durata della sospensione. eccesso di potere per carenza di motivazione".
2. Con successivo atto di motivi aggiunti il ricorrente ha impugnato la nota, prodotta in giudizio dell'Amministrazione, del 15 dicembre 2020 (prot. n. -OMISSIS-) con la quale il Comandante Interregionale aveva deciso di rinviare all'esito del procedimento penale ogni valutazione in ordine alla rilevanza disciplinare dei fatti contestati al -OMISSIS-, ai sensi dell'art. 1393, comma 1, del codice dell'ordinamento militare (C.O.M.).
Avverso tale provvedimento vengono mosse le seguenti censure: "violazione e falsa applicazione dell'art. 1393, comma 1, cod. ord. mil. eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e illogicità, per carenza dei presupposti, per difetto di istruttoria, per carenza di motivazione, per perplessità dell'azione amministrativa, per contraddittorietà, per violazione del principio di proporzionalità e per sviamento".
3. L'Amministrazione si è costituita in giudizio chiedendo che venisse dichiarata l'infondatezza del ricorso.
4. All'udienza pubblica del 4 maggio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Il ricorso è infondato.
6. Il primo motivo del ricorso introduttivo e l'atto di motivi aggiunti vengono trattati congiuntamente per ragioni di connessione.
6.1. Con il primo motivo del ricorso introduttivo, il sig. -OMISSIS- contesta che l'Amministrazione abbia applicato, nei suoi confronti, la misura della sospensione precauzionale facoltativa dall'impiego, anziché avviare, previamente, un procedimento disciplinare, ai sensi dell'art. 1393, comma 1, C.O.M. Tale disposizione, dopo aver disposto l'autonomia del procedimento disciplinare rispetto a quello penale, consente tuttavia di subordinare l'avvio del primo all'esito del secondo in due ipotesi tassative. La prima, che concerne le infrazioni disciplinari di maggiore gravità, ricorre nei soli casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al militare ovvero qualora, all'esito di accertamenti preliminari, l'Amministrazione non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare (1393, comma 1, secondo periodo C.O.M.).
La seconda si verifica quando i fatti contestati in sede penale riguardano atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizi (1393, comma 1, ultimo periodo C.O.M.).
Nel caso di specie, l'Amministrazione avrebbe omesso di valutare la ricorrenza delle predette ipotesi eccezionali e quindi anche di motivare in ordine alle ragioni per le quali l'Amministrazione ha scelto di posticipare all'esito del procedimento penale le valutazioni in ordine alla necessità di un avvio del procedimento disciplinare.
6.2. Ciò premesso, occorre evidenziare che dall'esame documentazione depositata in giudizio dall'Amministrazione è emerso che la stessa, pur senza esternarlo al ricorrente con il provvedimento gravato con il ricorso introduttivo, abbia in realtà valutato la necessità o meno di avviare nei suoi confronti il procedimento disciplinare e sia giunta però alla conclusione di rinviare ogni valutazione di ordine disciplinare all'esito del procedimento penale stante la necessità di acquisire "maggiori elementi per poter compiutamente esaminare il coinvolgimento degli interessati nella vicenda in rassegna". Le censure contenute nel primo motivo di ricorso risultano dunque "superate" in fatto dal contenuto della documentazione esibita in giudizio dall'Amministrazione, avverso la quale sono stati proposti i motivi aggiunti.
6.3. Segnatamente, con l'atto di motivi aggiunti il ricorrente ha censurato le determinazioni con le quali l'Amministrazione ha deciso di rinviare l'esame dell'avvio del procedimento disciplinare all'esito del procedimento penale, in asserita assenza dei presupposti di legge e di un'adeguata istruttoria. Il mancato avvio del procedimento disciplinare avrebbe determinato anche una lesione delle garanzie partecipative proprie di tale procedimento.
6.4. Le censure non sono fondate.
Secondo quanto è emerso dagli atti di causa, la valutazione in ordine alla possibilità di un immediato avvio del procedimento disciplinare è stata oggetto di un'apposita istruttoria, che ha indotto l'Amministrazione a ritenere che ricorresse la prima delle enunciate eccezioni all'obbligo di immediato avvio del procedimento disciplinare.
Rilevano, in tal senso, la proposta del 30 novembre 2020 del Comandante Regionale nella quale si legge espressamente che: "gli elementi disponibili non appaiono sufficienti per valutare, sotto l'aspetto disciplinare, la condotta assunta dai militari atteso che, allo stato, l'Autorità Giudiziaria non ha rilasciato atti idonei alla compiuta ricostruzione dei fatti e, conseguentemente, il comportamento tenuto dai militari nell'ambito della vicenda".
Questa proposta è stata formulata sulla scorta dell'impugnata nota del Comandante Provinciale del 13 novembre 2020, nella quale, oltre ad una sintesi della vicenda penale che ha coinvolto i tredici militari, tra cui il -OMISSIS-, si legge che "nel ritenere che le attuali evidenze – per la complessità della vicenda e l'insufficienza di elementi di giudizio – portino a ricondurre il contesto alla prima eccezione alla regola generale di cui all'art. 1393 del C.O.M., si propone di procrastinare l'eventuale istruttoria amministrativa all'esito del procedimento penale in rassegna, ferma restando la possibilità per l'Amministrazione di promuovere la suddetta azione qualora se ne ravvisino i presupposti in epoca successiva".
Infine, il Comandante Interregionale ha concordato con la proposta del Comandante ragionale di "procrastinare ogni valutazione di carattere disciplinare all'esito della vicenda penale, allorquando si disporrà di maggiori elementi per poter compiutamente ritenuto che gli elementi a disposizione non fossero sufficienti a giustificare l'avvio del procedimento disciplinare dovendosi attendere gli esiti del giudizio penale".
Le notazioni che precedono portano ad escludere che l'Amministrazione sia incorsa nel dedotto vizio di istruttoria o di violazione dell'articolo 1393, C.O.M., tenuto conto che, come appena visto, la scelta di rinviare l'avvio del procedimento disciplinare all'esito del procedimento penale è stata adottata all'esito di un'istruttoria che ha dato precipuamente conto della ricorrenza della necessità di ulteriori approfondimenti ai sensi dell'articolo 1393, comma 1, C.O.M., secondo periodo.
Né gli argomenti addotti dal ricorrente a sono riusciti a dimostrare l'erroneità o l'irragionevolezza del modus procedendi dell'Amministrazione.
Sostiene al riguardo il ricorrente che il contenuto delle relazioni di servizio sarebbe stato sufficiente all'Amministrazione per valutare la posizione del -OMISSIS-; di talché non vi sarebbe alcuna necessità di acquisire ulteriori elementi e dunque di attendere l'esito del procedimento penale. Orbene, in disparte la considerazione che è del tutto verosimile che le posizioni e le responsabilità dei diversi soggetti coinvolti nel procedimento in discussione si definiscano e meglio si comprendano nel loro esame complessivo nel corso del dibattimento in sede penale, occorre rimarcare che, secondo la tesi difensiva dello stesso ricorrente, le relazioni di servizio non sarebbero in toto convergenti. Di talché non appare certo arbitrario che l'Amministrazione abbia deciso di attendere l'esito del procedimento penale ai fini di un più compiuto accertamento in fatto di una vicenda che non si presenta completamente definita.
Allo stesso modo risulta del tutto apodittica l'affermazione secondo cui l'Amministrazione non avrebbe svolto alcun accertamento preliminare rispetto alla rilevanza delle condotte contestate, dovendosi a tal fine ritenere sufficiente l'esame dalla stessa effettuato del contenuto delle tre relazioni di servizio riguardanti la vicenda il discussione e degli atti del procedimento penale ad essa relativi, non potendosi pretendere, come invece ipotizza il ricorrente, che l'Amministrazione dovesse procedere all'escussione dei militari coinvolti nella vicenda al fine di valutare l'avvio del procedimento disciplinare, ostandovi a ciò, tra l'altro, le esigenze cautelari che connotano tale procedimento.
6.5. Chiarita dunque l'infondatezza del primo motivo di ricorso e dell'atto di motivi aggiunti, osserva il Collegio, a fini di completezza, che non risulta nemmeno chiaro l'interesse del ricorrente all'esame delle censure in discussione, tenuto conto che la sospensione precauzionale dall'impiego ben può essere disposta in costanza di procedimento disciplinare, essendo suo presupposto l'imputazione del militare per un reato astrattamente idoneo a determinare la perdita del grado, come risulta dalla piana lettura degli articoli 916 "Sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale" e 917 "Sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento disciplinare" del codice dell'ordinamento militare. Se dunque la sospensione precauzionale dall'impiego può essere disposta anche in costanza di avvio del procedimento disciplinare, non si vede quale lesione il ricorrente possa aver subito dal mancato avvio di quest'ultimo, il quale, peraltro, potrebbe concludersi anche con l'irrogazione di una sanzione disciplinare anche per l'ipotesi di un'assoluzione in sede penale, stante la diversità dei presupposti dei due procedimenti. La censura, pertanto, oltreché infondata, presenta criticità sotto il profilo della sua stessa ammissibilità.
6.6. Da precisare, inoltre, che non si ritiene nemmeno sussistente l'asserita lesione delle garanzie difensive, quale conseguenza del mancato avvio del procedimento disciplinare, in quanto, a parte le considerazioni in ordine dalla diversa natura, funzione e presupposti della sospensione cautelare dall'impiego e delle sanzioni disciplinari – su cui ci soffermerà più ampiamente nell'analisi del successivo motivo di ricorso - occorre rilevare che dalla scansione delle singole fasi del procedimento cautelare in discussione, emerge come, fin dall'avvio di quest'ultimo, il ricorrente sia stato invitato a prendere visione degli atti ed a partecipare al procedimento, e che lo stesso sia avvalso di tale prerogative partecipative, con pienezza di garanzie, producendo documenti e memorie.
Alla luce di tali considerazioni il primo motivo di ricorso e l'atto di motivi aggiunti vanno respinti.
7. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto vizi eccesso di potere e di difetto di motivazione lamentando che l'Amministrazione, da un lato, abbia omesso di procedere ad un autonoma valutazione dei fatti e degli elementi indiziari a carico del -OMISSIS-, dall'altro, che la stessa non si sia avveduta delle contraddizione tra le affermazioni contenute nelle diverse relazioni di servizio riguardanti i fatti contestati al ricorrente, nonostante queste fossero state ben poste in luce nella memoria endoprocedimentale presentata dal -OMISSIS-.
7.1. Ai fini dello scrutinio di tale motivo di ricorso, si ritiene necessario effettuare un'opportuna ricognizione del quadro normativo e regolamentare disciplinante i provvedimenti cautelari adottati nei confronti degli appartenenti al Corpo coinvolti in vicende di natura penale.
L'art. 916 del C.O.M. statuisce che "la sospensione precauzionale può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado". La sanzione della "perdita del grado" è disciplinata dallo stesso C.O.M., il quale distingue l'ipotesi in cui essa viene adottata "a seguito di apposito giudizio disciplinare" (art. 865 C.O.M.) dai casi nei quali "senza giudizio disciplinare, [essa] consegue a condanna definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici" (art. 866 C.O.M.).
La sospensione precauzionale dall'impiego può essere disposta anche "durante lo svolgimento del procedimento disciplinare di stato instaurato per fatti di notevole gravità da cui possa derivare la perdita del grado" e anche "in vista dell'esercizio dell'azione disciplinare" (articolo 917 C.O.M.)
La sospensione precauzionale dall'impiego, a titolo discrezionale, è dunque una misura cautelare che non riveste natura disciplinare, in quanto prescinde da qualsiasi accertamento della responsabilità dell'imputato e non implica, quindi, alcun giudizio, neppure approssimativo e provvisorio in ordine alla colpevolezza dell'interessato.
Come chiarito dalla giurisprudenza, ai fini dell'adozione di tale provvedimento "non è necessario un puntuale apprezzamento sulla condotta del militare – accertamento proprio di altro procedimento [quello disciplinare] – dovendosi ricondurre le valutazioni discrezionali…alla necessità di rimuovere il pregiudizio derivante dalla permanenza nelle funzioni proprie, nel generale interesse tanto dell'Amministrazione quanto degli amministrati sino alla durata massima quinquennale prevista di sospensione" (così: Cons. St., sez. IV n. 3690 del 2010; cfr. pure T.a.r. Campania - Napoli, sez. VII, ordinanza n. 240 del 2021: "la sospensione facoltativa dall'impiego è una mera misura cautelare, la cui applicazione è caratterizzata da ampia discrezionalità e che non riveste natura disciplinare o sanzionatoria, in quanto prescinde da qualsiasi accertamento in ordine alla responsabilità dell'inquisito e non implica, quindi, alcuna valutazione, neppure approssimativa e provvisoria, circa la colpevolezza dell'interessato (cfr. TAR Lazio-Roma n. 10319 del 14.10.2014)").
Giova, altresì, ricordare che la giurisprudenza è concorde nel riconoscere all'Amministrazione, nell'adozione di provvedimenti della specie, un'ampia discrezionalità "nell'apprezzamento dei gravi motivi per i quali possa essere disposta la sospensione facoltativa, che possono consistere anche in situazioni di oggettivo turbamento che la riammissione in servizio dell'interessato determinerebbe nel Corpo" (Cons. St., sez. IV, n. 5669 del 2012; in senso analogo cfr. Cons. St., sez. IV, n. 5364 del 2015 "il potere dell'Amministrazione di disporre la sospensione facoltativa dall'impiego del militare, che versi nella situazione individuata dalla trascritta norma [è] connotato da ambiti ampiamente discrezionali in ordine alla valutazione della gravità dei fatti e delle ragioni di opportunità connesse con la permanenza in servizio dell'incolpato (Cons. Stato, Sez. IV, 7/11/2012 n 5669 e 16 30.11.2010 n. 8350)"; cfr. pure: Cons. St., sez. II, n. 5974 del 2020: "la scelta dell'Amministrazione se esercitare la facoltà riconosciutale dall'ordinamento giuridico circa l'adozione di un provvedimento di sospensione precauzionale dal servizio, ove fondata sul presupposto della gravità e rilevanza delle circostanze emerse nel corso delle indagini penali, intercetta valutazioni di merito ad essa riservate ed insindacabili dal giudice amministrativo, il cui controllo è limitato al solo riscontro delle figure sintomatiche dell'eccesso di potere nel senso tradizionale e nelle forme più evolute del rispetto del canone di ragionevolezza e proporzionalità. La valutazione in termini di gradualità e la corrispondenza alla significatività e gravità degli elementi emersi nel corso delle indagini (apprezzati, ovviamente, non per la loro rilevanza penale, ma funzionale, e cioè in correlazione con i riflessi sul servizio e sul prestigio dell'Istituzione di appartenenza), ben può trovare emersione mediante il rinvio per relationem agli atti giudiziari [come nel caso di specie], o addirittura perché ritenuta implicita nella gravità dei fatti [come nel caso di specie]. La valutazione della materia de qua costituisce una tipica manifestazione del suo potere discrezionale e non comporta la necessità di esporre la ragioni per le quali i fatti contestati al dipendente devono considerarsi particolarmente gravi, potendo tale giudizio essere implicito nella gravità del reato a lui imputato, nella posizione d'impiego rivestita dal dipendente, nella commissione del reato in occasione o a causa del servizio [come nel caso di specie], con la conseguente impossibilità di consentirne la prosecuzione".
7.2. Ebbene, nel caso di specie, a fronte di fatti contestati obiettivamente gravi, rispetto ai quali con il presente gravame il ricorrente non fornisce alcuna ricostruzione alternativa -limitandosi a lamentare alcune contraddizioni nelle relazioni di servizio solo con riferimento a specifici aspetti della vicenda -, deve ritenersi che l'Amministrazione abbia agito in aderenza al disposto normativo e alla consolidata giurisprudenza sopra richiamata, fornendo una motivazione in fatto e in diritto che consente al ricorrente con facilità l'iter logico seguito dalla stessa al fine dell'adozione del provvedimento impugnato.
Rilevano in tal senso, oltre a quelli evidenziati in premessa, i seguenti passaggi del provvedimento impugnato, nei quali si richiama il contenuto della misura interdittiva emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma: "Nonostante le condotte illecite loro contestate appaiano isolate, la disinvoltura con la quale gli stessi le hanno poste in essere appare di estremo inquietanti significato stante la pubblica funzione da loro svolta, potendo da esse desumersi l'incapacità degli indagati di resistere a fronte delle pressioni su di loro esercitate…In particolare appaiono di estremo significato, anche fini della valutazione della sussistenza del concreto pericolo di recidivanza, le modalità assai spregiudicate con le quali il -OMISSIS- ha operato avendo egli, al fine di acquisire ulteriori informazioni in ordine alle indagini che coinvolgevano i [fratelli coindagati] rivelato [ad un ispettore del Corpo] la presenza di un'attività captiva in corso che lo riguardava…".
Altro passaggio significativo del provvedimento impugnato per quel che attiene alla valutazione della consistenza degli elementi di prova a carico del ricorrente, è quello in cui si dà rilievo alla circostanza che la ricostruzione della vicenda relativa alla condotta attribuita al -OMISSIS-, secondo quanto emerso dalla richiamata ordinanza non "è apparsa in nulla inficiata dalle dichiarazioni rese da quest'ultimo nel corso dell'interrogatorio, avendogli negato non solo di essere stato a conoscenza delle informazioni oggetto di relazione, ma anche lo stesso verificarsi sia del incontro avuto con [un Ispettore del Corpo] che dei contatti intercorsi con [altro Ispettore del corpo] e ciò a fronte delle relazioni di servizio sul punto dei citati pubblici ufficiali redatte. Né d'altro canto ha offerto alcuna plausibile giustificazione a quanto oggetto delle relazioni dei colleghi, non inferendo alcunché in ordine rapporti sussistenti con questi ultimi".
Alla luce di quanto precede va radicalmente esclusa l'esistenza dei vizi dedotti con il secondo motivo.
7.3. Tali conclusioni non possono essere messe in discussione dalla circostanza che il ricorrente faccia rilevare alcune incongruità nelle diverse relazioni di servizio, in quanto, in disparte il rilievo che le stesse riguardano aspetti marginali della vicenda, deve rimarcarsi che la natura cautelare del provvedimento non abbisogna di un accertamento puntuale di tutti gli elementi della vicenda.
8. Con un terzo motivo di ricorso si contestano vizi di eccesso di potere nonché di violazione del principio di proporzionalità. Sostiene il ricorrente che, a fronte della incensuratezza della propria condotta e della circostanza che lo stesso fosse stato trasferito ad altra sede senza funzioni operative, non sarebbe stata necessaria la sospensione facoltativa dell'impiego stante l'impossibilità della reiterazione del medesimo reato da parta sua.
Le censure non hanno pregio. Oltre a richiamare quanto già rilevato in ordine alla discrezionalità dell'Amministrazione in siffatta materia, deve evidenziarsi che a giustificare l'adozione di provvedimenti come quelli nella specie adottati non è soltanto il rischio di reiterazione dei reati, ma anche la necessità di evitare un grave nocumento all'immagine ed al prestigio del Corpo dinanzi agli Organi Giudiziaria. Orbene, nel caso di specie, è incontestato che il procedimento penale in discussione abbia avuto un risalto mediatico sugli organi di informazione (Corriere della Sera - Cronaca di Roma, articolo del 16 ottobre 2020, intitolato "Roma: finanzieri & negozianti, la gang delle false griffe"), di talché il contenuto del provvedimento impugnato, anche sotto tale profilo, resiste ai vizi di censura (in argomento cfr. T.a.r. Lazio –Roma, Sez. III, n. 24 del 2014: "In tale contesto, poi, a nulla rileva il trasferimento del ricorrente ad un altro Reparto del Corpo, peraltro alla stessa sede di Roma, in quanto si tratta di un mero provvedimento d'impiego, che per sua natura e scopo ha presupposti e finalità differenti dal provvedimento cautelare, "(…) né può ritenersi che il provvedimento impugnato non sia supportato da un'adeguata motivazione sol perché il ricorrente al momento della sospensione dal servizio era adibito a mansioni non operative" e Cons. St., sez. IV, n. 3641 del 2006 che ha avuto modo di affermare che la sospensione precauzionale dall'impiego, a titolo discrezionale a carico dell'appartenente al Corpo "nei cui confronti penda un procedimento penale, è fondata sull'esigenza di salvaguardare il prestigio dell'Amministrazione in presenza di fatti di rilevanza penale, per i quali sussistano gravi indizi di colpevolezza" (conf. Cons. St., sez. IV, n. 3511 del 2005; ID, n. 4574 del 2004)
Alla stessa stregua appaiono, infine, inconsistenti le censure di parte attrice riguardanti la mancata comparazione tra gli interessi pubblici e quelli privati del militare. Difatti, una volta accertata la correttezza e la legittimità del procedimento seguito dall'Autorità amministrativa nell'individuazione dei presupposti per l'adozione del provvedimento impugnato, ogni altra considerazione sulle argomentazioni recate dal ricorrente volte a dimostrare l'insussistenza di qualsiasi vulnus all'interesse pubblico, conseguente al coinvolgimento penale del militare, riguarda squisitamente il merito della valutazione dell'Amministrazione in ordine all'operato dei propri dipendenti, non contestabile in sede giurisdizionale.
9. Le considerazioni che precedono valgono anche a respingere la censura riguardante la mancata fissazione, nel provvedimento impugnato, del termine massimo di sospensione precauzionale facoltativa, con conseguente applicazione del termine massimo di 5 anni, risultando la durata della sospensione proposta non irragionevole rispetto alle esigenze cautelari ravvisate dall'Amministrazione nel caso di specie.
10. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso va respinto.
Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati infatti dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione, e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
11. La peculiarità della controversia giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità delle parti private nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il loro coinvolgimento in procedimenti penali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2022 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Politi, Presidente
Marianna Scali, Referendario, Estensore
Giuseppe Grauso, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marianna Scali Roberto Politi
IL SEGRETARIO
14-05-2022 12:52
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