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Sentenza

Caporale maggiore capo scelto dell'esercito, assolto dal reato di disobbedie...
Caporale maggiore capo scelto dell'esercito, assolto dal reato di disobbedienza aggravata ex art. 173 c.p., art. 47 comma 1, n. 2, c.p., mil. pace, in quanto non punibile per particolare tenuita' del fatto a norma dell'art. 131-bis c.p.. L'imputato può ricorrere in Cassazione?
Corte di cassazione penale, sez. I, 30 giugno 2022 n. 24957
   ud. del 31 maggio 2022
Presidente Casa Filippo; Estensore Aprile Stefano; Ricorrente Omissis


Svolgimento del processo
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte militare d'appello ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale militare di Verona in data 10 novembre 2020 con la quale T.G.R., caporale maggiore capo scelto dell'esercito, e' stato assolto dal reato di disobbedienza aggravata ex art. 173 c.p., art. 47 comma 1, n. 2, c.p., mil. pace, in quanto non punibile per particolare tenuita' del fatto a norma dell'art. 131-bis c.p..
1.1. Concorde valutazione di entrambi i giudici di merito e' stata riconosciuta la sussistenza materiale del fatto addebitato all'imputato, che non ha eseguito l'ordine di effettuare il rifornimento del mezzo militare presso la caserma che forniva il supporto logistico alla missione, cosi' determinando una variazione del percorso sulla via del ritorno al reparto di provenienza e la necessita' di approvvigionarsi presso un distributore privato, nonché l'esistenza dell'elemento soggettivo, essendosi addivenuti, per l'episodicita' e scarsa rilevanza della condotta, al proscioglimento ex art. 131-bis c.p..
2. Ricorre T.G.R., a mezzo del difensore avv. Carlo Taormina, che chiede l'annullamento della sentenza impugnata, denunciando la violazione di legge, in relazione all'art. 131-bis c.p., e il vizio della motivazione, anche sotto il profilo del travisamento del fatto e della prova, con riguardo alla ritenuta responsabilita' poiché gli elementi accusatori sono contraddittori e la dichiarazione del superiore gerarchico, che costituisce la fonte di accusa, non sono attendibili e credibili poiché smentite da altre deposizioni testimoniali in ordine alla effettiva sussistenza dell'ordine impartito all'imputato di effettuare il rifornimento presso la caserma.

Motivi della decisione
1. Il ricorso e' inammissibile perché generico, assertivo e reiterativo di argomentazioni proposte nel giudizio di merito che sono state esaminate con motivazione che non viene specificamente criticata dal ricorso.
1.1. E' doveroso premettere che la giurisprudenza di legittimita' ha affermato che "sussiste l'interesse dell'imputato ad impugnare la sentenza che esclude la punibilita' di un reato militare in applicazione dell'art. 131-bis c.p., trattandosi di pronuncia che ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceita' penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso; e' soggetta ad iscrizione nel casellario giudiziale e puo' ostare alla futura applicazione della medesima causa di non punibilita' ai sensi del comma 3 della medesima disposizione" (Sez. I, n. 459 del 02 dicembre 2020 - dep. 2021, De Venuto, Rv. 280226), sicché devono essere esaminate le questioni relative alla sussistenza del fatto materiale che la difesa contesta.
2. Con riguardo alla ricostruzione del fatto il provvedimento impugnato riporta gli elementi emersi a carico del ricorrente, costituiti dalle dichiarazioni dei testimoni, assolutamente concordi nella ricostruzione dei fatti, li valuta adeguatamente e puntualmente motiva sulla attendibilita' delle dichiarazioni e sulla convergenza del materiale probatorio (i testimoni confermano la piena consapevolezza della disposizione concernente il rifornimento, tanto che il secondo automezzo vi aveva regolarmente provveduto), anche in considerazione del contributo conoscitivo portato, sul fatto materiale, dallo stesso imputato il quale non nega di non avere effettuato il rifornimento presso la Caserma, ma allega piuttosto che non si trattasse di un ordine.
2.1. Non ricorre - alla evidenza - il vizio della violazione di legge:
- ne' sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all'operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell'accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
- ne' sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il giudice a quo esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, ne', oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.
2.2. Neppure palesemente ricorre vizio alcuno della motivazione.
In ordine all'accertamento della condotta, alla valutazione delle fonti, alla convergenza delle rispettive rappresentazioni dei fatti oggetto del giudizio e all'apprezzamento delle inevitabili discrasie il giudice di merito da' conto adeguatamente delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicita' di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilita' di apprezzamento e valutazione e, pertanto, sottratta a ogni sindacato in sede di legittimita'.
Il Collegio non rileva nel tessuto motivazionale del provvedimento impugnato:
- ne' il vizio della contraddittorieta' della motivazione, che consiste nel concorso di proposizioni (testuali ovvero extra testuali, contenute in atti del procedimento specificamente indicati dal ricorrente), concernenti punti decisivi e assolutamente inconciliabili tra loro, tali che l'affermazione dell'una implichi necessariamente e univocamente la negazione dell'altra e viceversa;
- ne' il vizio della illogicita' manifesta, che consegue alla violazione di alcuno degli altri principi della logica formale o dei canoni normativi di valutazione della prova ai sensi dell'art. 192 c.p.p., ovvero alla invalidita' (o scorrettezza) dell'argomentazione per carenza di connessione tra le premesse della abduzione o di ogni plausibile nesso di inferenza tra le stesse e la conclusione.
I rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell'orbita delle censure di merito, sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 3.
2.3. Non e' compito del giudice di legittimita' compiere una rivalutazione del compendio probatorio, sulla base delle prospettazioni del ricorrente, avendo questa Corte chiarito gia' da tempo che esula dai suoi poteri una "rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Sez. U. n. 41476 del 25 ottobre 2005, Misiano; Sez. U. n. 6402 del 2 luglio 1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U. n. 930 del 29 gennaio 1996, Clarke, Rv. 203428).
Pur prospettando una contraddizione della motivazione, il ricorso e' del tutto aspecifico e generico, giacché si limita a proporre una diversa lettura delle acquisizioni probatorie ovvero a contestare con mere asserzioni elementi probatori ampiamente illustrati e riassunti in conclusioni che sono censurate per aspetti secondari e in modo assertivo.
Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede giacché non possono condurre a una rivalutazione del materiale probatorio le poche asserzioni riportate in ricorso, la cui pretesa contraddittorieta' non e' in alcun modo argomentata ne' risulta specificamente prospettata.
2.4. Il ricorso si presenta, poi, non autosufficiente nella parte in cui riporta per stralcio alcune dichiarazioni testimoniali, che dovrebbero risultare in contrasto con quelle sopra indicate, non consentendo alla Corte di verificare tale discrepanza a causa della mancata allegazione del relativo verbale di prova.
2.4. Del resto, il ricorso e' inammissibile poiché propone censure di merito, a contenuto generico e aspecifico (non essendo state indicate le specifiche dichiarazioni dalle quali dovrebbe desumersi la contraddittorieta' delle narrazioni), senza confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato che si caratterizza, invece, per la logica esposizione degli elementi indiziari raccolti i quali promanano da diverse fonti, tutte convergenti, circa l'ordine di procedere al rifornimento impartito dal superiore a tutto il plotone impegnato nella missione, nonché la significativa evidenza, non contestata dal ricorrente, che a causa del mancato rifornimento, i veicoli militari hanno dovuto deviare dal percorso (anche abbandonando l'autostrada per avventurarsi su strade secondarie) per fare urgente rifornimento al veicolo affidato alla responsabilita' dell'imputato che era rimasto privo di carburante sufficiente a raggiungere la destinazione finale.
2.4.1. Non e', in particolare, specificamente dedotta ne' illustrata la denunciata divergenza tra quanto risulterebbe dalla relazione di servizio redatta da Giannetti (non richiamata per esteso e neppure allegata) e quanto riportano in proposito entrambi i giudici di merito.
Dalla motivazione risulta, piuttosto, che il teste, le cui dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria sono state acquisite per le contestazioni, aveva un atteggiamento evasivo alle domande del pubblico ministero e del giudice, mentre si e' limitato a confermare, a domanda della difesa, la relazione di servizio dalla quale, comunque, non emerge affatto quanto asserito dalla difesa.
3. All'inammissibilita' del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Riferimenti normativi:
Art. 131 bis R.D. del 19 ottobre 1930 n. 1398
Art. 47 R.D. del 19 ottobre 1930 n. 1398
Art. 173 R.D. del 19 ottobre 1930 n. 1398
Art. 606 C.P.P.
Art. 616 C.P.P.
Avv. Antonino Sugamele

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