Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Militare Trapani

Sentenza

Carabinieri: due comandanti di stazione vengono condannati per falsità ideologic...
Carabinieri: due comandanti di stazione vengono condannati per falsità ideologica. La Cassazione annulla per prescrizione.
Cassazione penale sez. V, 18/11/2022, (ud. 18/11/2022, dep. 21/12/2022), n.48356

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                       SEZIONE QUINTA PENALE                         
              Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:              
Dott. PEZZULLO Rosa             -  Presidente   -                    
Dott. CATENA   Rossella         -  Consigliere  -                    
Dott. DE MARZO Giuseppe         -  Consigliere  -                    
Dott. SESSA    Renata           -  Consigliere  -                    
Dott. CAPUTO   Angelo      -  rel. Consigliere  -                    
ha pronunciato la seguente:                                          
                     SENTENZA                                        
sul ricorso proposto da: 
       L.M., nato a (Omissis); 
avverso la sentenza del 04/03/2021 della CORTE APPELLO di VENEZIA; 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; 
udita la relazione svolta dal Consigliere CAPUTO ANGELO. 
Rilevato che il difensore del ricorrente ha formulato richiesta di 
discussione orale il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 
8, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, 
prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza del D.L. 30 
dicembre 2021, n. 228, art. 16, convertito, con modificazioni, nella 
L. 25 febbraio 2022, n. 15. 
Uditi in pubblica udienza il Sostituto Procuratore generale della 
Repubblica presso questa Corte di cassazione Odello Lucia, che ha 
concluso per l'inammissibilità del ricorso, e, per l'imputato, 
l'Avv. Vincenzo Arrigo, in sostituzione dell'Avv. Nicola Avanzi, che 
ha concluso per l'accoglimento del ricorso. 
                 

Fatto
RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 04/03/2021, la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del 15/10/2018 con la quale il Tribunale di Verona, per quanto è qui di interesse, aveva dichiarato L.M., quale Comandante della Stazione dei Carabinieri di Vigasio e in concorso con O.F. (Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Vilafranca), responsabile del reato di falsità ideologica in atto pubblico fidefacente, per avere, con nota del (Omissis), tra l'altro attestato contrariamente al vero di avere notato il (Omissis) O.F. uscire dal negozio di fiorista gestito dalla moglie B.S., inveendo contro la stessa e contro altra persona e inoltre di avere notato B.S. e il Brig. A.R. seduti al tavolo di una gelateria, intenti a consumare una bibita amoreggiando, incuranti dei presenti e mentre le figlie minori dei due giocavano; l'imputato veniva condannato alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni a favore della parte civile.

2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Venezia ha proposto ricorso per cassazione L.M., attraverso il difensore Avv. Nicola Avanzi, articolando quattro motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

2.1. Il primo motivo denuncia vizi di motivazione, in quanto le argomentazioni della sentenza impugnata sono del tutto illogiche e contraddittorie, posto che, oltre a L., anche A., B. e O. confermano che quel pomeriggio A. e B. erano presenti nel negozio di fiori della seconda, che tra i due era iniziata una relazione e che successivamente si erano incontrati al bar - gelateria, sicché anche a voler ritenere che le dichiarazioni di L. sulle parole proferite da O. e sulle persone presenti presso la gelateria non corrispondessero al vero, il punto era capire quale fosse l'elemento sostanziale che aveva indotto i pubblici ufficiali a redigere gli atti pubblici di cui si discute, apparendo chiaro che il procedimento disciplinare nei confronti di A. (che costituisce l'esito delle dichiarazioni di L. in discussione) mirava a stigmatizzare una relazione sentimentale con una donna sposata e non ancora separata legalmente, nonché di essersi recato presso l'esercizio commerciale della medesima. Pertanto, non può ritenersi che irrilevante A. fosse divenuto l'amante della moglie di O., costituendo tale circostanza il nocciolo della questione, confermato da tutti i testi escussi.

2.2. Il secondo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione dell'art. 476, comma 2, in relazione all'art. 479, c.p. e al combinato disposto degli artt. 58 e 59 del Regolamento di Disciplina Militare. L'atto oggetto di contestazione non può essere qualificato corna "relazione di servizio, trattandosi invece di un "rapporto", ossia di un atto iniziale di un procedimento disciplinare, come si desume dell'art. 58 del Regolamento di Disciplina Militare, di cui L. era competente. Il rapporto non può avere natura fidefacente, trattandosi di atto interno destinato a inserirsi del procedimento amministrativo, il che ne esclude la natura fidefacente, come si desume dall'art. 59 del Regolamento citato, che consente di sconfessare l'atto anche con prove testimoniali e non solo attraverso la querela di falso.

2.3. Il terzo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine agli artt. 479 e 476 c.p., comma 2, in quanto la Corte di appello omette qualsiasi ragionamento circa la natura degli atti in questione e desume la fidefacenza non dalle qualità intrinseche dell'atto, ma da quelli scaturiti dagli stessi, ossia dai provvedimenti assunti a seguito del rapporto di L. da altri carabinieri.

2.4. Il quarto motivo denuncia vizi di motivazione in ordine alla conferma del diniego dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato, ma deve essere rilevata l'estinzione del reato per prescrizione.

2. Il primo motivo è inammissibile, per plurime, convergenti ragioni.

In primo luogo, le censure articolate dal ricorso risultano reiterative di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito, dovendo le stesse essere considerate, pertanto, non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere alla tipica funzione di una critica argomentata alla sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708).

D'altra parte, le doglianze sono manifestamente infondate. La Corte di appello - non smentita sul punto dal ricorso (che, anzi, afferma, sia pure in via di ipotesi, che le dichiarazioni di L. sulle parole pronunciate da O. e sulle persone presenti presso la gelateria non corrispondessero al vero) - ha chiarito che testimoni oculari esaminati a proposito dell'episodio della fioreria escludono scenate e parolacce da parte di O. che, come riferito anche dalla parte civile era entrato nel negozio della moglie, in cui si trovava anche A., che, a quel punto preferì uscire dall'esercizio commerciale, laddove l'episodio della gelateria è del tutto inventato, in quanto, nella sua relazione, L. riferisce particolari del tutto mendaci (come la presenza della figlia di A. che quel giorno era sicuramente altrove).

Il ricorso fa leva su quello che viene indicato come "punto sostanziale", ossia la relazione sentimentale che doveva essere stigmatizzata, ma l'argomento è manifestamente infondato, in quanto il pubblico ufficiale non può certo redigere atti falsi per avviare procedimenti disciplinari per "stigmatizzare" fatti ritenuti no commendevoli.

3. Il secondo motivo non è fondato.

3.1. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare la natura di documenti dotati di fede privilegiata va riconosciuta a "quei documenti, o meglio a quei contenuti documentati, che - in quanto emessi da pubblico ufficiale autorizzato dalla legge, da regolamenti oppure dall'ordinamento interno della pubblica amministrazione ad attribuire all'atto medesimo pubblica fede presentino i requisiti dell'attestazione da parte del pubblico ufficiale, de visu o de auditu, di fatti giuridicamente rilevanti e della formazione dell'atto nell'esercizio del potere di pubblica certificazione" (Sez. 1, n. 37097 del 21/09/2011, Targhetti, Rv. 250832): pertanto, ai fini dell'attribuzione del connotato della fidefacenza occorre che il documento pubblico un suo particolare contenuto concernente "l'opera propria del pubblico ufficiale", ovverossia quanto da lui attestato come fatto, rilevato od avvenuto in sua presenza (Sez. 5, n. 4568 del 24/03/1972, Garbo) o quanto da lui attestato in relazione a constatazioni o accertamenti che era in sua facoltà e nella sua discrezionalità eseguire (Sez. 3, n. 5471 del 17/03/1987, Rapetti, Rv. 175868). In altri termini, sono documenti dotati di fede privilegiata quelli che, emessi da pubblico ufficiale autorizzato dalla legge, da regolamenti oppure dall'ordinamento interno della P.A. ad attribuire all'atto pubblica fede, attestino quanto da lui fatto e rilevato o avvenuto in sua presenza (Sez. 5, n. 15951 del 16/01/2015, Bandettini, Rv. 263265; conf. Sez. 5, n. 48738 del 14/10/2014, Moramarco, Rv. 261298; Sez. 6, n. 25258 del 12/03/2015, Guidi, Rv. 263806; Sez. 5, n. 39682 del 04/05/2016, Franchi, Rv. 267790; Sez. 3, n. 15764 del 13/12/2017, dep. 2018, Adinolfi, Rv. 272589; Sez. 1, n. 49086 del 24/05/2012, Acanfora, Rv. 253959).

Il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte rende ragione dell'infondatezza del motivo, posto che, al di là della questione del nomen, il documento oggetto di immutatio veri attestava falsamente circostanze che il pubblico ufficiale riferiva aver constatato di persona, ossia "l'opera propria del pubblico ufficiale".

3.2. Ne' in senso contrario può argomentarsi sulla base della prospettata natura di atto interno attribuito al documento oggetto di imputazione. Premesso che rientrano nel genus degli atti cosiddetti interni sia quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, sia quelli che si collocano nel contesto di un complesso iter - conforme o meno allo schema tipico - ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi (Sez. 5, n. 38455 del 10/05/2019, Carta, Rv. 277092), questa Corte ha chiarito che il concetto di atto pubblico e', agli effetti della tutela penale, più ampio di quello desumibile dall'art. 2699 c.c., dovendo rientrare in detta nozione non soltanto i documenti redatti da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, ma anche quelli formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato, nell'esercizio delle loro funzioni, per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, purché aventi l'attitudine ad assumere rilevanza giuridica e/o valore probatorio interno alla pubblica amministrazione, cosicché sono atti pubblici anche gli atti interni e quelli preparatori di una fattispecie documentale complessa (Sez. 5, n. 15901 del 15/02/2021, Pizzuto, Rv. 281041 - 01; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 37880 del 08/09/2021, Musso, Rv. 282028). Rileva il Collegio che il documento contestato a L. rientra tra quelli dotati dell'attitudine ad assumere rilevanza giuridica e/o valore probatorio interno alla pubblica amministrazione, sicché ben possono assumere - come hanno assunto nel caso di specie - l'attributo della fidefacenza correttamente contestato e ritenuto dalle conformi sentenze di merito.

3.3. Del pari infondata è la deduzione sulla "superabilità" dell'accertamento contenuto nel documento nel procedimento disciplinare, deduzione incentrata sul D.P.R. 18 luglio 1986, n. 545, art. 59, (vigente all'epoca dei fatti e successivamente abrogato), che, in realtà, si limita a disciplinare detto procedimento, senza in alcun modo incidere sulla valenza probante dell'atto pubblico dotato di fede privilegiata, fermo restando che, in tema di falso ideologico in atto pubblico aggravato ex art. 476 c.p., comma 2, la forza probante privilegiata degli atti pubblici originali è limitata, ai sensi dell'art. 2700 c.c., alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato e a quei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ma non anche alla valutazione di tali fatti (Sez. 6, n. 24768 del 31/03/2016, Caruso, Rv. 267316); valutazione, questa sì, di competenza dell'autorità (disciplinare, giudiziaria, etc.) procedente.

4. Il terzo motivo è del pari infondato. Al di là del rilievo che, quando le questioni di diritto, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte, non può sussistere ragione alcuna di doglianza (Sez. 2, n. 19696 del 20/05/2010, Maugeri, Rv. 247123), la Corte di appello, pur richiamando anche gli atti cui il falso documento dell'imputato ha offerto la necessaria base conoscitiva, sottolinea che tale documento conteneva una descrizione di fatti accaduti sotto la diretta percezione di L., di cui egli attestava - falsamente - la sussistenza quale pubblico ufficiale. Il che rende ragione dell'infondatezza del motivo.

5. Il quarto motivo è invece inammissibile. Con motivazione puntuale, la Corte distrettuale ha confermato il diniego dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche in considerazione dell'intensità del dolo e della totale mancanza di una pur minima resipiscenza. La deduzioni del ricorrente non scalfiscono la tenuta logico-argomentativa della motivazione della sentenza impugnata, tanto più che, nel motivare il diniego dell'applicazione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).

6. Il ricorso pertanto deve essere rigettato agli effetti civili, in quanto, come si è anticipato, va rilevato, agli effetti penali, il sopravvenuto perfezionamento della fattispecie estintiva del reato per prescrizione, intervenuto, calcolate le sospensioni, in data 20/09/2021.
PQM
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2022
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza