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Sentenza

Comandante di Stazione dei Carabinieri, avendo ricevuto, a mezzo fax, l'ordi...
Comandante di Stazione dei Carabinieri, avendo ricevuto, a mezzo fax, l'ordine di carcerazione emesso dalla Procura di Mantova nei confronti di un soggetto, avrebbe omesso di eseguirlo senza ritardo; anzi lo avrebbe rintracciato presso la propria abitazione, lo avrebbe reso edotto dell'atto e gli avrebbe consentito, tenendosi in costante contatto telefonico con il Luogotenente G., del Comando Provinciale dei Carabinieri di Verona, di recarsi autonomamente a Padova per farsi ricoverare presso il Centro Trapianti, favorendo in tal modo la sottrazione del medesimo alla carcerazione. Gli imputati si salvano con la prescrizione.
Corte di cassazione penale, sez. VI, 19 settembre 2023 n. 38308
 
ud. del 22 giugno 2023
Presidente Fidelbo Giorgio; Estensore D'Arcangelo Fabrizio; Ricorrente Omissis


Svolgimento del processo
1. G.M. e R.F. sono stati tratti a giudizio dal Pubblico Ministero del Tribunale di Verona per rispondere: il G. del delitto di cui all'art. 110 c.p., art. 61 c.p., n. 9, D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commesso in (Omissis), (capo a); il G. e il R., in concorso, dei delitti di cui agli artt. 374 bis, 390 e 328 c.p., art. 61 c.p., n. 9, art. 81 c.p., comma 2, commessi in (Omissis) (capo b); il solo R. per il delitto di cui agli artt. 328 e 378 c.p., commesso in (Omissis).
Al capo b), in particolare, sono contestati agli imputati congiuntamente i delitti di cui all'art. 81 c.p., comma 2, artt. 110, 374 bis, 390 e 328 c.p., art. 61 c.p., n. 9, commessi in concorso tra loro, con più azioni ed omissioni esecutive del medesimo disegno criminoso.
Il R., infatti, nella qualità di Comandante della Stazione dei Carabinieri di (Omissis), avendo ricevuto, a mezzo fax alle ore 15.05 del 13 maggio 2013, l'ordine di carcerazione emesso dalla Procura di Mantova nei confronti di P.A., avrebbe omesso di eseguirlo senza ritardo; il R., in particolare, dopo aver rintracciato il P. presso la propria abitazione, lo avrebbe reso edotto dell'atto, e tenendosi in costante contatto telefonico con il Luogotenente G., del Comando Provinciale dei Carabinieri di Verona, avrebbe consentito che il condannato si recasse autonomamente a Padova e si facesse ricoverare presso il Centro Trapianti, favorendo in tal modo la sottrazione del medesimo alla carcerazione.
2. Il Tribunale di Verona, con sentenza emessa in data 28 marzo 2019, ha ritenuto il R. colpevole dei reati ascritti al capo b) e, ritenuti i medesimi unificati, dalla continuazione e riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, lo ha condannato alla pena sospesa di dieci mesi di reclusione.
Il Tribunale di Verona ha, inoltre, dichiarato il G. colpevole dei reati ascritti ai capi a) e b), relativamente ai delitti di cui agli artt. 390 e 328 c.p., e, ritenuti i medesimi unificati, dalla continuazione e riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, lo ha condannato alla pena sospesa di dieci mesi di reclusione.
Il Tribunale ha, inoltre, assolto il G. dal reato di cui all'art. 374 bis c.p. al medesimo ascritto al capo b) e dal reato di cui al capo c) perché il fatto non sussiste.
3. La Corte di appello di Venezia, con la pronuncia impugnata, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto il G. dai delitti di cui ai capi a) e b), limitatamente al delitto di cui all'art. 390 c.p., perché il fatto non sussiste e ha assolto il R. dal delitto di cui al capo b), limitatamente al delitto di cui all'art. 390 c.p., perché il fatto non sussiste e al delitto di cui all'art. 374 bis c.p., perché il fatto non costituisce reato.
La Corte di appello ha, dunque, confermato la sentenza di primo grado nei confronti del G. e del R. solo con riferimento al reato di cui all'art. 328 c.p., comma 1.
4. L'avvocato Nicola Avanzi, difensore del R., e l'avvocato Paolo Teodoro, nell'interesse del G., hanno presentato ricorso avverso tale sentenza e ne ha chiesto l'annullamento.
5. L'avvocato Paolo Teodoro, nell'interesse del G., ha dedotto, con unico motivo, ai sensi dell'art. 606 comma 1, lett. e), c.p.p., la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione con riferimento al requisito dell'antigiuridicità speciale espresso dalla locuzione "indebitamente".
La Corte di appello aveva, infatti, ritenuto integrato il delitto di rifiuto di atti di ufficio nei confronti di entrambi gli imputati, in quanto "ai Carabinieri certamente non spettava di mettere in discussione l'esecutività dell'ordine del Procuratore, né di metterne in discussione la correttezza".
Immediatamente dopo, tuttavia, la Corte di appello aveva rilevato che "...gli elementi introdotti dalla difesa nel corso dell'istruttoria dibattimentale, suffragati dalla documentazione, però, rendono credibile che detta condotta costoro non l'abbiano tenuta per consentire all'affidato di sottrarsi all'esecuzione della pena come in effetti non si è sottratto - ma di verificare la correttezza dell'ordine, a fronte delle gravi condizioni di salute del P., come peraltro sono state successivamente certificate dai medici competenti".
Rileva, dunque, il ricorrente che, pur avendo la Corte di appello correttamente escluso la sussistenza del dolo del delitto di procurata inosservanza di pena di cui all'art. 390 c.p., illogicamente non aveva esteso i medesimi rilievi all'elemento soggettivo del delitto di rifiuto di atti di ufficio.
L'esecuzione della pena del P., peraltro, non sarebbe stata mai interrotta; il ritardo nell'esecuzione dell'ordine di carcerazione sarebbe, infatti, stato determinato dalla "necessità di verificare la correttezza dell'ordine" e non avrebbe compromesso l'adozione efficace dell'atto urgente.
Deduce, infatti, il difensore che il ritardo nell'attuazione dell'ordine di esecuzione sarebbe stato determinato non già dalle sole condizioni di salute del P., bensì dalla necessità di risolvere l'inconciliabilita' giuridica tra i plurimi provvedimenti di esecuzione pena notificati nei confronti dello stesso.
Le considerazioni svolte dalla Corte di appello, dunque, dimostrerebbero la buona fede dell'imputato e, sul piano logico, sarebbero inconciliabili con l'attribuzione al medesimo della consapevolezza del carattere indebito del ritardo nell'eseguire l'ordine di carcerazione.
6. L'avvocato Nicola Avanzi, nell'interesse del R., ha proposto due motivi di ricorso.
6.1. Con il primo motivo il difensore deduce, ai sensi dell'art. 606 comma 1, lett. b), c.p.p., l'inosservanza dell'art. 328 c.p., comma 1, in relazione al D.P.R. n. 545 del 1986, art. 729, commi 1 e 2, (Approvazione del regolamento di disciplina militare, ai sensi della L. 11 luglio 1978, n. 382, art. 5, comma 1).
L'imputato, infatti, non avrebbe agito con la volontà di violare i propri doveri, bensì con l'intento di segnalare le incongruenze dell'ordine di esecuzione ricevuto.
La condotta dell'imputato, dunque, non sarebbe indebita, ma al più dovuta a colpa e non già a dolo.
6.2. Con il secondo motivo il difensore censura, ai sensi dell'art. 606 comma 1, lett. e), c.p.p., la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione.
Ad avviso del ricorrente, infatti, la sentenza impugnata, a fronte di un aspetto psicologico dell'imputato sostanzialmente unitario, dopo aver escluso il dolo del delitto di procurata inosservanza di pena, incomprensibilmente avrebbe ritenuto integrato, anche quanto alla sussistenza dell'elemento soggettivo, il reato di rifiuto di atti di ufficio.
7. Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, convertito in L. n. 176 del 2020, prorogato per effetto del D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. n. 15 del 2022, e per le impugnazioni proposte sino al 30 giugno 2023 dal D.L.vo n. 150 del 2022, art. 94, comma 2.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 6 giugno 2023, il Procuratore generale ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata.
Con le conclusioni depositate in data 13 giugno 2023 l'avvocato Nicola Avanzi, nell'interesse di R.F., ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Con le conclusioni depositate in data 15 giugno l'avvocato Paolo Teodoro, nell'interesse di G.M., ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
2. Il difensore del G., con l'unico motivo proposto, e il difensore del R., con il secondo motivo dedotto, hanno censurato, ai sensi dell'art. 606 comma 1, lett. e), c.p.p., la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata quanto all'affermazione della sussistenza del dolo del reato di rifiuto di atti di ufficio.
3. I motivi sono fondati.
Secondo l'ipotesi di accusa, gli imputati, in concorso tra loro, con una medesima condotta e, dunque, contestualmente, avrebbero posto in essere sia il delitto di rifiuto di atti di ufficio, che quello di procurata inosservanza di pena in favore di P.A..
Il ritardo nell'esecuzione dell'ordine di carcerazione sarebbe, infatti, stato determinato dalla precisa volontà degli imputati di favorire un confidente delle forze dell'ordine, consentendogli di sottrarsi alla detenzione mediante la proposizione di un ricorso strumentale.
La Corte di Appello di Venezia ha, tuttavia, affermato la responsabilità penale degli imputati unicamente per il reato di cui all'art. 328 c.p., in quanto non spettava ai carabinieri mettere in discussione la legittimità, né l'esecutività dell'ordine di esecuzione emesso dalla Procura della Repubblica di Mantova.
Non avendo, dunque, gli imputati dato tempestiva esecuzione all'ordine di carcerazione del P., avrebbero commesso, in concorso, il reato di rifiuto di atti di ufficio.
Tuttavia, la Corte di appello, nell'escludere la sussistenza del delitto di procurata inosservanza di pena, ha rilevato che gli imputati avevano omesso di eseguire il titolo detentivo emesso dalla Procura di Mantova non per consentire al P. di sottrarsi all'esecuzione della pena, ma per verificare la correttezza dell'ordine, a fronte delle gravi condizioni di salute del condannato, che, per quanto accertato dai medici competenti, erano risultate incompatibili con lo stato di detenzione.
L'intento degli imputati di sincerarsi della conformità alla disciplina di legge dell'atto da eseguire, affermato dalla Corte di appello di Venezia con riferimento al delitto di procurata inosservanza di pena, è, tuttavia, radicalmente incompatibile con la ritenuta volontà degli imputati di rifiutare l'esecuzione dell'atto di ufficio a mezzo della medesima condotta omissiva.
L'irriducibile inconciliabilita', interna alla trama argomentativa della sentenza impugnata, tra opposte argomentazioni del discorso giustificativo relative alla ricostruzione storica del medesimo fatto dimostra, dunque, la contraddittorietà della motivazione.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, il vizio di contraddittorietà, rilevante ai sensi dell'art. 606 comma 1, lett. e), c.p.p., consiste nell'insanabile contrasto, per difformità di valutazione, di uno stesso e rilevante punto di fatto, in plurimi momenti del suo apprezzamento dell'ambito della motivazione della sentenza (ex plurimis: Sez. III, n. 13678 del 20 gennaio 2022, Perrotta, Rv. 283034 - 01; Sez. I, n. 11484 del 24 marzo 1986, Bartolotta, Rv. 174057 - 01).
Il vizio denunciato dunque, sussistente e l'accoglimento di tali censure, in ragione del loro carattere assorbente, esime dall'esaminare gli ulteriori motivi di ricorso proposti.
4. Non deve, tuttavia, disporsi l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, in quanto il reato di cui si controverte risulta prescritto in data 13 dicembre 2022 (in ragione delle numerose sospensioni del corso della prescrizione disposte alle udienze del 23 gennaio 2015, del 26 febbraio 2015, del 22 maggio 2015, del 9 ottobre 2015, del 22 gennaio 2016, del 26 febbraio 2016, del 12 maggio 2016 e del 13 ottobre 2016).
La causa di non punibilità della prescrizione, del resto, può essere riconosciuta anche in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 129 c.p., sulla base delle circostanze di fatto appurate dal giudice del merito (Sez. V, n. 25155 del 15 febbraio 2005, Sampaolesi, Rv. 231896 - 01; Sez. V, n. 11885 del 5 ottobre 1998, Fabiani, Rv. 211923 - 01).
Secondo il costante orientamento di questa Corte, in presenza della causa estintiva della prescrizione, l'obbligo di declaratoria, da parte del giudice di legittimità, di una più favorevole causa di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2, comporta il controllo unicamente della sentenza impugnata, nel senso che gli atti dai quali può essere desunta la sussistenza della causa più favorevole sono costituiti unicamente dalla predetta sentenza, in conformità con i limiti di deducibilità del vizio di mancanza o manifesta illogicità di motivazione, la quale, ai sensi dell'art. 606 comma 1, lett. e), c.p.p., deve risultare dal testo del provvedimento impugnato (così, tra le tante, Sez. I, n. 35627 del 18 aprile 2012, P.G. in proc. Amurri e altri, Rv. 253458; Sez. VI, n. 27944 del 12 giugno 2008, Capuzzo, Rv. 240955; Sez. I, n. 10216 del 05 febbraio 2003, De Stefano, Rv. 223575; Sez. IV, n. 9944 del 27 aprile 2000, Meloni e altri, Rv. 217255).
Gli elementi da cui poter evincere l'inesistenza del fatto, la irrilevanza penale di esso o la non commissione dello stesso da parte dell'imputato, devono, dunque, emergere dagli atti in modo assolutamente non contestabile, con la conseguenza che la valutazione richiesta alla Corte di Cassazione attiene più al concetto di "constatazione", ossia di percezione ictu ocuii, che a quello di "apprezzamento" ed è, quindi, incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n, 35490 del 28 maggio 2009, Tettamanti, Rv. 244275 -01).
Declinando tali principi nel caso di specie, deve rilevarsi che mancano le condizioni per prosciogliere gli imputati dal delitto di rifiuto di atti di ufficio, in quanto le sentenze di merito hanno accertato che i medesimi hanno obiettivamente ritardato l'esecuzione di un atto urgente adottato per ragioni di giustizia.
Dalle sentenze di merito, dunque, non risulta evidente che il fatto non sussiste o che gli imputati non lo hanno commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, secondo quanto previsto dall'art. 129 c.p.p., comma 2.
5. La sentenza impugnata deve essere, dunque, annullata, senza rinvio nei confronti di entrambi gli imputati perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di entrambi gli imputati perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
Avv. Antonino Sugamele

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