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Sentenza

Ingresso arbitrario in luoghi ove l`accesso è vietato nell`interesse militare de...
Ingresso arbitrario in luoghi ove l`accesso è vietato nell`interesse militare dello Stato, Elemento oggettivo, Luogo militare, Nozione, Fattispecie relativa a gommone della Guardia costiera.,
Cass. pen., sent. II, 20 aprile 2023, n. 16758 , (ud. 21 dicembre 2022 ) S. ed altri , in Riv. pen. n. 6/2023

Svolgimento del processo
1. S.N. e P.G., per il tramite dei rispettivi difensori e con separati ricorsi, impugnano la sentenza in data 7 maggio 2021 della Corte di appello di Palermo, che ha confermato la sentenza in data 16 giugno 2020 del Tribunale di Termini Imerese, che li aveva condannati per i reati di cui all'art. 628 comma 3, n. 1, c.p., artt. 682, 337 e 341-bis c.p..
Deducono:
2. S.N..
2.1. "Violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione agli artt. 628, 610 e 624-bis c.p.. Violazione di legge penale e carenza assoluta di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti contestati".
Il ricorrente premette che la Corte di appello ha disatteso il motivo di gravame con cui la difesa aveva sostenuto che nel caso in esame sarebbe configurabile una violenza privata e non una rapina. Precisa, che i magistrati dell'appello non hanno dato risposta neanche alla doglianza subordinata, con cui aveva sostenuto la configurabilità del reato di furto con strappo e non quello di rapina.
Secondo il ricorrente sarebbe configurabile una violenza privata, mancando l'ingiusto profitto e il dolo specifico; aggiunge che - comunque - la violenza è stata esercitata direttamente sullo smartphone e non sulla persona, così configurandosi il delitto di furto con strappo e non quello di rapina.
A sostegno dell'assunto riassume il fatto.
2.2. "Violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b), in relazione all'art. 682 c.p.. Violazione di legge penale in relazione alla sussistenza del reato contestato al capo 3)".
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta il vizio di omessa motivazione in relazione al motivo di gravame con cui aveva eccepito la non configurabilità del reato di cui all'art. 682 c.p. (Ingresso arbitrario in luoghi, ove l'accesso è vietato nell'interesse militare dello Stato) in quanto l'imbarcazione della Guardia Costiera non poteva farsi rientrare nella nozione di luogo militare che, invece, ricomprende le caserme, le navi e gli aeromobili. Aggiunge che la norma ha lo scopo di tutelare la segretezza o la riservatezza di luoghi militari e, quindi, è finalizzata alla prevenzione dei delitti di spionaggio militare.
2.3. "Violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione agli artt. 125 e 133 c.p.p. e art. 81 c.p.. Manifesta illogicità della motivazione in relazione alla pena inflitta a titolo di aumenti per la continuazione in relazione ai capi 1, 3 e 4".
Con l'ultimo motivo il ricorrente lamenta l'apparenza della motivazione in punto di giustificazione della misura degli aumenti di pena per i reati satellite ritenuti in continuazione.
3. P.G..
3.1. "Nullità per violazione di legge e mancanza-illogicità della motivazione in riferimento all'art. 628 commi 1 e 3, n. 1, c.p. (art. 606 c.p.p., lett. B ed E)".
Con il primo motivo il ricorrente denuncia l'illogicità della motivazione, nella parte in cui ha esteso a P. la responsabilità per la rapina, pur in assenza di un suo coinvolgimento nella condotta realizzata da S.N. e S.R.. Aggiunge che i magistrati dell'appello non hanno considerato l'assunzione di responsabilità di S.N. - che era l'unico ad avere interesse alla sottrazione dello smartphone -, nè la condotta inerte tenuta dal militare S.L., che non è intervenuto a supporto del collega P. durante lo svolgimento dei fatti.
Aggiunge che la stessa dinamica dei fatti rendeva impossibile la partecipazione di P. al reato e che i testimoni nulla riferivano circa a tal proposito.
A sostegno dell'assunto vengono illustrati e compendiati lo svolgimento dei fatti, la vicenda processuale e la motivazione della Corte di appello, al fine di evidenziare i vizi denunciati.
3.2. "Nullità della sentenza con riferimento all'art. 341-bis c.p., all'art. 682 ed all'art. 337 c.p. per violazione di legge e vizio di motivazione (art. 606 c.p.p., lett. B ed E)".
Il ricorrente osserva che l'imbarcazione teatro della vicenda è un luogo interdetto al pubblico, così che non poteva affermarsi che i fatti si fossero svolti in luogo pubblico, nè in un luogo aperto al pubblico, nè in presenza di persone, così mancando uno degli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 341-bis c.p..
Rimarca la mancanza della prova circa la pubblicità dell'offesa, che non emerge dalle testimonianze e che viene negata da una logica valutazione delle emergenze processuali, che vengono illustrate e compendiate al fine di dimostrare la fondatezza dell'assunto.
3.3. "Nullità della sentenza con riferimento all'art. 133 c.p., in relazione alla quantità di pena inflitta ed al diniego delle attenuanti generiche (art. 606 c.p.p., lett. B ed E)".
In questo caso il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 133 c.p., con particolare riferimento alla negazione delle circostanze attenuanti generiche e al riconoscimento della recidiva.
3.4. Il 5 dicembre 2022 sono pervenuti motivi nuovi, con i quali P. deduce ulteriormente:
3.4.1. "Violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) del codice di rito penale in relazione all'art. 61 c.p., n. 10, art. 628 commi 1 e 3, n. 1, c.p.".
Il motivo si rivolge alla partecipazione di P. alla rapina, che si assume che sia stata affermata dai giudici pur in mancanza dell'elemento soggettivo e in assenza di una condotta materiale a lui riconducibile.
3.4.2. "Violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) del codice di rito penale in relazione agli art. 341 bis c.p.".
Anche in questo caso si sostiene che manca la logica possibilità di ricondurre a P. una condotta oltraggiosa ai danni del militare P..
3.4.3. "Violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b), ed e), in relazione all'art. 99 c.p.".
Il ricorrente assume che in relazione alla recidiva la Corte di appello si è soffermata esclusivamente sui precedenti penali, ancorché risalenti nel tempo e commessi in giovane età; lamenta, inoltre, che i giudici non hanno tenuto conto del carattere del tutto occasionale dei reati e -al contempo- non hanno verificato l'eventuale correlazione con il nuovo reato e la conseguente sintomaticità di una maggiore pericolosità.

Motivi della decisione
1. Il ricorso di S.N. è complessivamente infondato.
1.1. Il primo motivo di impugnazione è inammissibile perché manifestamente infondato e perché propone questioni non consentite in sede di legittimità.
1.1.1. La manifesta infondatezza attiene alla qualificazione giuridica del fatto, nella parte in cui il ricorrente sostiene la configurabilità di una violenza privata, mancando il requisito dell'ingiusto profitto, che - secondo la difesa - deve avere "natura intrinsecamente patrimoniale o, quantomeno, economicamente valutabile".
La Corte di appello ha dato risposta all'identica doglianza e, a tale riguardo, ha spiegato che per la configurabilità del delitto di rapina non è rilevante la natura (patrimoniale, ludica, sessuale o di altro genere) o il grado (diretto o indiretto, mediato o immediato) dell'utilità, in quanto la nozione di profitto è ampia e si configura anche quando non abbia connotazioni squisitamente economiche.
La motivazione della Corte di appello è conforme all'insegnamento di questa Corte, che ha più volte affermato che "nel delitto di rapina, l'ingiusto profitto non deve necessariamente concretarsi in un'utilità materiale, potendo consistere anche in un vantaggio di natura morale o sentimentale che l'agente si riproponga di conseguire, sia pure in via mediata, dalla condotta di sottrazione ed impossessamento, con violenza o minaccia, della cosa mobile altrui", (Sez. II , Sentenza n. 23177 del 16 aprile 2019, Gelik, Rv. 276104 - 01).
Alla luce di tale ampia nozione di ingiusto profitto, anche il fine di cancellare le fotografie che documentavano l'infrazione commessa da S.R., perseguita con la sottrazione - mediante minaccia e violenza - dello smartphone, integra quell'utilità che indirizza il dolo (specifico) del reato di rapina, distinguendolo dalla violenza privata.
L'orientamento di questa Corte è risalente e assolutamente consolidato, con la conseguenza che il motivo in esame si mostra manifestamente infondato, anche sotto il profilo della mancata verifica della sussistenza del dolo specifico.
1.1.2. La manifesta infondatezza caratterizza anche l'ulteriore doglianza, secondo cui la Corte di appello avrebbe omesso di motivare sul motivo di appello con cui la difesa aveva sostenuto la configurabilità del delitto di furto con strappo.
In realtà, la Corte di appello ha puntualmente e ampiamente spiegato le ragioni per cui doveva ritenersi configurata una rapina, essendo presenti tutti i requisiti a tal fine richiesti in una condotta prima minacciosa e poi violenta, commessa per impossessarsi dello smartphone, al fine di cancellare le fotografie che documentavano l'infrazione.
La ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi della rapina si mostra incompatibile con la possibilità di dare al fatto una diversa qualificazione giuridica, così che tutte le deduzioni difensive intese a far riconoscere la sussistenza di un furto con strappo risultano implicitamente disattese.
In tal senso va ribadito che "in tema di motivazione della sentenza, è necessario che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del proprio convincimento, così da consentire l'individuazione dell'iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata, essendo irrilevante il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame ove essa sia disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, posto che non è necessaria l'esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese, ma è sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione, senza lasciare spazio a una valida alternativa", (Sez. III , Sentenza n. 3239 del 4 ottobre 2022 Ud., dep. il 2023, T., Rv. 284061 - 01).
Da cio' discende la manifesta infondatezza della denuncia di omessa motivazione quanto alla configurabilità del delitto di furto con strappo in luogo della ritenuta rapina.
1.1.3. Le ulteriori argomentazioni sviluppate dal ricorrente per sostenere la configurabilità di una violenza privata ovvero di un furto con strappo si risolvono in una ricostruzione dei fatti alternativa e antagonista a quella dei giudici di merito e, in quanto tali, non sono scrutinabili in sede di legittimità.
1.2. Il secondo motivo di impugnazione è infondato.
Il ricorrente sostiene la non configurabilità del reato di cui all'art. 682 c.p. perché l'imbarcazione della Guardia Costiere non è un luogo militare.
1.2.1. A tale riguardo, va anzitutto evidenziato che quello delle Capitanerie di Porto - Guardia Costiera è uno dei corpi in cui è suddivisa l'organizzazione della Marina militare, per come previsto dal D.L.vo 15 marzo 2010, n. 66, art. 118, comma 1, lett. E (Codice Ordinamento militare); più nello specifico, in tale ambito, il Corpo delle Capitanerie di Porto svolge le funzioni militari espressamente assegnatele dall'art. 132 del Codice dell'Ordinamento militare, che dispone la sua dipendenza dalle forze armate, con il compito - tra l'altro - di difesa marittima e costiera e di difesa dello Stato.
Tale premessa relativa all'inquadramento della Guardia Costiera nella Marina militare e - più in generale - nelle Forze Armate, porta a puntualizzare che gli appartenenti a tale corpo sono dei militari.
Tale puntualizzazione è necessaria al fine di stabilire se l'imbarcazione su cui erano di servizio i due appartenenti alla Guardia costiera potesse considerarsi un luogo militare.
A tale proposito occorre fare riferimento all'art. 230 c.p., comma 4, militare in tempo di pace, che offre la nozione di luogo militare e lo identifica con "le caserme, le navi, gli aeromobili, gli stabilimenti militari e qualunque altro luogo, dove i militari si trovano, ancorché momentaneamente, per ragione di servizio".
Alla luce di tale definizione, si deve affermare che costituisce un luogo militare, non solo le caserme, le navi, gli aeromobili e gli stabilimenti militari, ma anche qualsiasi ambito -di qualsiasi natura- in cui si trovino dei militari, per ragione di servizio.
In tale nozione rientra ampiamente senz'altro l'imbarcazione della Guardia Costiera, attesa la presenza su di essa di militari -ossia gli appartenenti al Corpo della Capitaneria di Porto - per ragione di servizio, da individuarsi - nel caso in esame- in quello attribuito al detto Corpo dal D.L.vo 15 marzo 2010, n. 66, art. 234, comma 2, lett. b), in combinazione con L. 8 luglio 2003, n. 172, art. 9, ossia quello di effettuare i controlli relativi alla sicurezza della navigazione, nell'ambito della nautica da diporto e del turismo nautico, cui si colloca la navigazione in mare con acquascooter (moto d'acqua), ai sensi del D.L.vo 18 luglio 2005, n. 171, art. 3, comma 1, lett. h).
Da cio' discende l'infondatezza dell'assunto difensivo secondo cui l'imbarcazione della Guardia Costiera non sarebbe un luogo militare.
1.2.2. Va ulteriormente rilevata l'infondatezza dell'ulteriore assunto difensivo, secondo il quale l'interesse protetto dall'art. 682 c.p., sarebbe la tutela della segretezza o la riservatezza di luoghi militari e, quindi, la prevenzione dei delitti di spionaggio militare.
Questa Corte -al contrario- ha già avuto modo di spiegare che l'art. 682 c.p. correla in via esclusiva la sanzione penale a un ingresso in luogo vietato, sicché per la configurabilità della contravvenzione è sufficiente accertare, oltre all'introduzione abusiva sorretta da dolo o colpa, il "solo fatto che un divieto sia stato legittimamente imposto, indipendentemente dalle ragioni che in concreto hanno determinato la limitazione dell'accesso nella zona militare" (Sez. I 2350 del 16 gennaio 1997 De Palma Rv. 207142; Sez. I -, Sentenza n. 42071 del 18 luglio 2019, Arboscelli, Rv. 277293 - 01).
D'altra parte, il riferimento all'"interesse militare dello Stato" quale unica ratio giustificativa del divieto di accesso la cui violazione è indispensabile per integrare il reato, senza l'aggiunta di altre specificazioni, implica necessariamente che la valutazione delle esigenze da tutelare attraverso l'imposizione del divieto sia attribuita in via esclusiva all'autorità competente ed esclude, al contrario, che detta valutazione possa essere sindacata dal giudice penale che deve limitarsi a verificare la legittimità degli atti da cui dipende l'esistenza del divieto.
Sotto tale ultimo profilo, la Corte di appello ha evidenziato che i due appartenenti alla Guardia Costiera avevano reiteratamente invitato i due imputati ad allontanarsi dall'imbarcazione su cui essi si trovavano e questi, noncuranti, non solo non si allontanavano, ma addirittura salivano a bordo del gommone della Guardia Costiera, nonostante il divieto loro intimato. A cio' si aggiunga che è certamente interdetto l'accesso a un'imbarcazione di un Corpo delle Forze Armate.
Da tutto cio' discende l'infondatezza del secondo motivo d'impugnazione.
1.3. Il terzo motivo di impugnazione è inammissibile perché manifestamente infondato e perché aspecifico.
La denuncia di apparenza della motivazione con riguardo agli aumenti di pena per la continuazione -invero- risulta smentita dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata, che ha ampiamente spiegato le ragioni della proporzionalità e adeguatezza della pena, sia in riferimento alla rapina, sia in riferimento ai reati puniti in continuazione.
Si legge a tale proposito nella sentenza impugnata: "La peculiarità della vicenda in esame sta oltretutto nelle concrete modalità esecutive della condotta di rapina e dei connessi reati di ingresso non autorizzato nell'imbarcazione militare, danneggiamento del dispositivo cellulare e oltraggio a pubblico ufficiale, la cui gravità non è stata neppure percepita dagli imputati che devono pertanto essere adeguatamente sanzionati (...). Nel caso di specie non si è trattato di una sola rapina ma di ben quattro reati commessi tutti simultaneamente da più persone riunite, durante il loro divertimento e a scopo di pura prevaricazione, umiliazione e sopraffazione dei rappresentanti delle forze dell'ordine, la cui attività istituzionale, a salvaguardia della sicurezza pubblica nella navigazione (non si dimentichi che il procedimento ha tratto origine da alcune segnalazioni che individuavano un acquascooter che effettuava pericolose evoluzioni sotto costa nello specchio d'acqua antistante la zona di Porticello; acquascooter poi identificato in quello condotto da S.R., che lo guidava senza patente) è stata ostacolata e in parte vanificata con la rapina e il danneggiamento con il lancio a mare del cellulare di proprietà del 2 Capo P.. Sono dunque evidenti, da un canto, la gravità dell'offesa alla persona dello Scovino e del P., nonché all'immagine, all'autorevolezza e agli interessi istituzionali della Guardia Costiera e, dall'altro, la pericolosità insita nell'assoluta tracotanza e indifferenza degli imputati agli ordini dell'autorità, spintisi sino al punto di dileggiare con il loro comportamento i due pubblici ufficiali, al cospetto che ridevano per quanto stava accadendo".
1.3.1. La presenza di una così articolare e puntuale motivazione, esplicitamente riferita anche agli aumenti di pena per la continuazione, risalta la manifesta infondatezza dell'assunto secondo cui la Corte di appello avrebbe confermato la pena sulla base di generici richiami alla congruità e all'adeguatezza della pena. Al contempo essa dimostra come il motivo, in realtà, pretermetta il reale contenuto della motivazione, con la quale in effetti non si confronta.
Tale rilievo mostra che il motivo di impugnazione è -altresì- affetto dal vizio di aspecificità, che si configura non solo nel caso della indeterminatezza e genericità, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591 comma 1 lett. c), all'inammissibilità (Sez. un., n. 8825 del 27 ottobre 2016, Rv. 268823; Sez. II, Sentenza n. 11951 del 29 gennaio 2014 Rv. 259425, Lavorato; Sez. IV, 29 marzo 2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. I, 30 settembre 2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. IV, 3 luglio 2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. III, 6 luglio 2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
1.4. Quanto fin qui esposto provoca il rigetto del ricorso.
2. Il ricorso di P.G. è complessivamente infondato.
2.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché propone questioni non consentite in sede di legittimità, in quanto si risolve in una valutazione delle emergenze processuali alternativa a quella dei giudici della doppia sentenza conforme.
Con esso il ricorrente reitera argomentazioni di merito in tema di responsabilità puntualmente affrontate e risolte della Corte di appello, che ha ritenuto il concorso di P. evidenziando la genericità degli opposti argomenti difensivi oltre che valorizzando le dichiarazioni rese dai militari così come riscontrate dalle immagini acquisite in atti e dalle stesse dichiarazioni rese dagli imputati, nonché dall'ingresso di P. sull'imbarcazione dei militari, senza esservi autorizzato.
A fronte di una motivazione puntuale, adeguata, logica e priva di contraddizioni, che ha dato conto di tutte le deduzioni difensive, il ricorrente oppone una ricostruzione dei fatti alternativa e antagonista a quella dei giudici della doppia sentenza conforme, senza mai sollevare questioni scrutinabili in sede di legittimità.
Tanto conduce a ribadire che, sono inammissibili tutte le doglianze che -come nel caso in esame- "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. II , Sentenza n. 9106 del 12 febbraio 2021, Caradonna, Rv. 280747 - 01; Sez. II, Sentenza n. 5730 del 20 settembre 2019 ud., dep. 13 febbraio 2020, Russo e altro, non massimata; Sez. VI, n. 13809 del 17 marzo 2015, 0., Rv. 262965).
Da qui l'inammissibilità del primo motivo d'impugnazione.
2.2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
2.2.1. Il ricorrente sostiene che i fatti non si sono svolti in "luogo pubblico", non potendosi ritenere tale l'imbarcazione della Guardia Costiera, il cui ingresso anzi - è interdetto al pubblico; aggiunge che all'interno dell'imbarcazione dove si svolgevano i fatti non erano presenti altre persone oltre agli attori della vicenda, ossia le persone offese e gli odierni imputati.
2.2.2. Va preliminarmente osservato come il capo d'imputazione - dopo un generico richiamo al fatto commesso "in luogo pubblico" e "in presenza di più persone" - contesti in maniera specifica che la condotta oltraggiosa veniva perpetrata da S. e P. "alla presenza di S.R., S.F., T.V., C.M. e T.S. e di altri utenti del mare".
Da cio' discende che il requisito che viene in rilievo nel caso in esame è soltanto quello della presenza di più persone, per come correttamente inteso anche dai giudici della doppia sentenza conforme, che più volte hanno rimarcato come i fatti si svolgessero davanti alle persone presenti sui natanti coinvolti nella vicenda, provocando la derisione dei militari presso di loro.
A tal proposito va ricordato che "in tema di oltraggio, l'offesa all'onore ed al prestigio del pubblico ufficiale deve avvenire alla presenza di almeno due persone, tra le quali non possono computarsi quei soggetti che, pur non direttamente attinti dall'offesa, assistano alla stessa nello svolgimento delle loro funzioni, essendo integrato il requisito della pluralità di persone unicamente da persone estranee alla pubblica amministrazione (ossia dai "civili"), ovvero da persone che, pur rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, siano presenti in quel determinato contesto spazio-temporale non per lo stesso motivo d'ufficio in relazione al quale la condotta oltraggiosa sia posta in essere dall'agente", (Sez. VI , Sentenza n. 6604 del 18 gennaio 2022, Pagliari, Rv. 282999 - 01; Sez. VI -, Sentenza n. 30136 del 9 giugno 2021, Leocata, Rv. 281838 - 01).
2.2.3. Il ricorrente sostiene che nel caso in esame non puo' ritenersi sussistente il requisito in questione, in quanto le persone estranee alla vicenda non erano sull'imbarcazione della Guardia Costiera, ma -pacificamente- su altri natanti dappresso.
L'assunto è infondato, dovendosi a tal riguardo chiarire che, in tema di oltraggio, il requisito della presenza di più persone deve intendersi configurato ogni qual volta la condotta venga perpetrata nel mentre una pluralità di persone vi assiste.
Tanto è accaduto nel caso in esame, dove la condotta oltraggiosa è stata perpetrata da S. e P. nel mentre tutte le persone indicate nell'imputazione vi assistevano dalle loro imbarcazioni, stazionate nelle immediate vicinanze, così risultando ininfluente che quelle stesse persone non si trovassero sull'imbarcazione della Guardia Costiera.
Da qui la corretta configurazione del reato di cui all'art. 341-bis c.p. e l'infondatezza dell'assunto difensivo.
2.2.4. Quanto al tema della prova delle frasi offensive, il motivo si risolve nella reiterazione delle medesime argomentazioni di merito affrontate e risolte dalla Corte di appello, senza che siano sollevate questioni scrutinabili in sede di legittimità.
Va, dunque, richiamato il principio di diritto esposto al p. 2.1..
2.3. Il terzo motivo di impugnazione è inammissibile perché si risolve in un'apodittica quanto assertiva violazione dell'art. 133 c.p., in riferimento alle circostanze attenuanti generiche e alla recidiva, del tutto priva di censure alla sentenza impugnata.
In tal guisa il motivo risulta privo del requisito della specificità, in quanto il ricorrente ha l'onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, insieme a quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze.
Tanto più quando la Corte di appello ha puntualmente e ampiamente esposto le ragioni per cui ha negato le circostanze attenuanti generiche (in ragione della personalità dimostrata e delle false dichiarazioni rese nel corso dell'interrogatorio, là dove ha dichiarato di non avere precedenti penale) e ha ritenuto la recidiva (in considerazione della stretta analogia e contiguità tra i precedenti penali e i fatti in esame, che così diventano indice di maggiore pericolosità).
Motivazione del tutto pretermessa dal ricorrente che con essa non si confronta, neanche nei motivi nuovi.
Da qui il difetto di specificità, in ragione del principio di diritto già richiamato al p. 1.3.1., enunciato nell'esaminare il ricorso di S. e valido anche per il motivo in esame.
2.4. Il ricorso va, dunque, complessivamente rigettato, comprendendosi nel rigetto anche gli argomenti esposti con i motivi nuovi.
3. Quanto esposto conduce al rigetto dei ricorsi, cui consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
Avv. Antonino Sugamele

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