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Sentenza

La valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'...
La valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare a carico dell'appartenente al Corpo della Guardia di finanza costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento; in particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità.
Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 06/06/2023) 28-07-2023, n. 7390

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3928 del 2021, proposto dal Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante pro tempore, ed il Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

il signor -OMISSIS- non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Campania, Sezione VI, n. -OMISSIS- resa inter partes.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2023 il consigliere Giovanni Sabbato e udito per le amministrazioni appellanti l'avvocato dello Stato Liborio Coaccioli;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Oggetto dell'appello in trattazione è la determinazione prot.n.(...) del 13 marzo 2015, a firma del Comandante della Guardia di Finanza della Compagnia di -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso gerarchico proposto dal signor -OMISSIS- Maresciallo Capo, avverso il provvedimento disciplinare del rimprovero ai sensi dell'art. 1360 del Codice dell'ordinamento militare, emesso in data 13 gennaio 2015 per presunte mancanze accertate nei giorni 24-26 novembre 2014.

2. Avverso tali atti (il ricorso gerarchico ed il previo provvedimento disciplinare) il militare -OMISSIS- proponeva ricorso (n. -OMISSIS-) al T.a.r. Campania, chiedendone l'annullamento con un unico complesso motivo di censura, con il quale deduceva l'insussistenza dei fatti addebitatigli.

3. Nella resistenza dell'Amministrazione il Tribunale adìto con la sentenza segnata in epigrafe:

- ha accolto il ricorso e, per l'effetto, ha annullato gli atti impugnati;

- ha compensato le spese di lite.

4. In particolare il Tribunale ha ritenuto che:

- la "pausa psico-fisica" di 30 minuti è un diritto del dipendente e comunque a questa il ricorrente ha rinunciato in una sola occasione;

- era privo di rilievo disciplinare il fatto che il ricorrente "il giorno 25/11/2014 aveva indicato sul foglio di servizio l'orario 8/14 anziché quello 8/14 - 15/18 per essere di rientro settimanale";

- quanto all'addebito di non corretta esecuzione dell'incarico affidato al militare il 26 novembre e da questi delegato ad un militare subordinato, lo slittamento dell'adempimento di un solo giorno non aveva provocato alcun nocumento al regolare espletamento della pratica e nemmeno ricorreva "un indebito ricorso alla delega, invero operante - a quanto consta - sin dal 2014 senza che le gerarchie abbiano dimostrato sul punto alcuna specifica opposizione".

5. Avverso tale pronuncia le amministrazioni segnate in epigrafe hanno interposto appello, notificato il 27 aprile 2021 e depositato il giorno successivo, lamentando, attraverso un unico complesso motivo di gravame (pagine 3-8), che il T.a.r. non solo non aveva considerato che la sanzione disciplinare è espressione della discrezionalità di cui è titolare l'amministrazione, ma anche che le ragioni poste a base del provvedimento erano plurime e concordanti in quanto denotavano una certa superficialità da parte del militare nel disbrigo dei compiti d'istituto; questi non solo non aveva effettuato la necessaria pausa dal lavoro in ripetute occasioni, ma altresì (e soprattutto) aveva mancato di richiedere preventivamente l'autorizzazione a proseguire il servizio in orario straordinario; aveva inoltre riportato erronee indicazioni sui fogli di servizio e nessuna informazione utile aveva fornito al militare "inopportunamente" sub-incaricato dell'esecuzione del servizio, di cui era stato investito.

6. Le Amministrazioni hanno concluso chiedendo, in riforma dell'impugnata sentenza, il rigetto del ricorso di primo grado.

7. L'appellato, sebbene ritualmente intimato, non si è costituito nel presente giudizio.

8. La causa, chiamata per la discussione all'udienza del 6 giugno 2023, è stata trattenuta in decisione.

9. L'appello è meritevole di accoglimento alla stregua delle considerazioni che seguono.

10. Le questioni poste dalle amministrazioni appellanti ineriscono al corretto esercizio del potere disciplinare nei confronti dei militari, nel caso di specie di un sottufficiale della Guardia di Finanza.

10.1. Orbene, come ha ribadito di recente la Sezione, "la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare a carico dell'appartenente al Corpo della Guardia di finanza costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento; in particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità" (cfr. sentenza, 20 febbraio 2023, n.1724; v. anche Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 2019, n. 7335; id., sez. IV, 22 marzo 2017, n. 1302; id. sez. III, 31 maggio 2019, n. 3652).

Sotto tale profilo sono condivisibili le deduzioni delle appellanti in ordine alla ridotta latitudine del vaglio consentito al giudice amministrativo, non potendo questi sostituirsi agli organi preposti all'esercizio dell'azione disciplinare in sede di valutazione dei fatti addebitati al militare inquisito se non quando sia ravvisabile una delle evenienze su elencate.

10.2. Ciò posto e rilevato che nel caso di specie viene in considerazione una sanzione di assai modesta gravità, trattandosi di un semplice rimprovero, occorre in concreto verificare se effettivamente dalla documentazione di causa emergano con adeguata evidenza i fatti addebitati al militare, valutando per ciascuno di essi la fondatezza delle osservazioni critiche formulate con i motivi di appello rispetto alle argomentazioni poste dal T.a.r. a sostegno della sentenza impugnata.

Secondo le amministrazioni appellanti infatti ricorrevano appieno i presupposti per l'irrogazione della sanzione de qua, in quanto il sottufficiale "non rispettava in maniera puntuale gli orari di lavoro correlati alle disposizioni impartite circa la fruizione della pausa psico-fisica, eseguiva ore di straordinario senza richiedere per tempo l'autorizzazione a effettuarle, evidenziava ripetute superficialità nella redazione dei fogli di servizio a latere di tali fatti, ma nello stesso contesto temporale, il militare mostrava leggerezza e mancanza d'iniziativa nella esecuzione dl un particolare incarico affidato determinandone un allungamento dei tempi di esecuzione".

10.2.1. Per quanto attiene al primo aspetto (quello concernente la mancata fruizione della pusa psico-fisica), la sentenza impugnata ha rilevato che detta rinunzia alla pausa pranzo si sarebbe consumata "in una singola occasione".

Sul punto le amministrazioni appellante sostengono invece che:

- "già in altre occasioni allo -OMISSIS- gli era stato ricordato di attenersi alle disposizioni in merito, circostanza peraltro non contestata o smentita nelle proprie osservazioni (doc. 8)";

- "allo -OMISSIS- è stato contestato non solo la mancata effettuazione della pausa ma anche (e soprattutto) il non aver richiesto preventivamente l'autorizzazione a proseguire il servizio in straordinario".

Tali deduzioni trovano in effetti riscontro negli atti di causa, dovendosi rilevare che il Comandante della Tenenza aveva contestato al sottufficiale di essere stato costretto a ricordare "più volte", laddove il servizio si protraesse in ufficio in orario straordinario e sempre che la prestazione di quest'ultimo fosse stato autorizzato, di fruire al rientro della pausa psico-fisica e di recuperare al termine del servizio: le contestazioni non erano insomma ristrette ad un singolo episodio, ma abbracciavano condotte plurime e reiterate.

Quanto alla rilevanza disciplinare di tali condotte occorre rilevare che la pausa psico-fisica, come evidenziato dalle appellanti, riflette l'esigenza di salvaguardare non solo l'integrità psicofisica del dipendente, ma anche la sua produttività e pertanto dalle circolari in materia (in particolare quella in data 28 ottobre 2005 del Comando Generale) traspare la giusta esigenza di assicurare la sfera di controllo del Comandante di reparto. Se è vero, come ha notato il T.a.r., che la pausa psico-fisica costituisce espressione di un diritto del lavoratore (da tanto facendo discendere l'irrilevanza sul piano disciplinare della sua mancata fruizione), non può tuttavia sottacersi che essa costituisce anche un preciso obbligo collegato all'interesse dell'amministrazione di potersi giovare di prestazioni lavorative pronte, sicure, produttive ed efficienti che solo una ottimale integrità psicofisica può garantire e che è normalmente e tendenzialmente assicurata proprio dal rispetto della c.d. pausa pranzo.

Non è irragionevole o illogico ipotizzare che il dipendente che si privi con frequenza della pausa psicofisica possa andare incontro ad un possibile surmenage tale da potenzialmente inficiare la sua salute, ma anche accrescere il rischio di infortuni. La inderogabile necessità di recupero delle energie psicofisiche consente di configurare, come accennato, la fattispecie in termini di diritto-dovere riflettendo interessi ascrivibili, da un lato, al dipendente e, dall'altro, alla stessa Amministrazione di appartenenza. Non vi è ragione di distinguere, in termini funzionali, tra pausa psicofisica e pausa pranzo, sia pure dovendosi intendere questa seconda innanzitutto rispondente ad esigenze nutrizionali del dipendente oltre che di ristoro delle energie psicofisiche. Non a caso il D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, all'art. 8, statuisce che "1. Qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo. 2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, in difetto di disciplina collettiva che preveda un intervallo a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo".

E' di tutta evidenza che il legislatore ha operato una ricostruzione dell'assetto causale dell'istituto identificandone le ragioni giustificative non solo nell'esigenza di consentire la consumazione del pasto, ma innanzitutto in quella di ripristino delle energie lavorative configurandone l'utilizzo in termini di doverosità ("il lavoratore deve beneficiare"). Delle finalità sottese all'istituto ha già avuto modo questo Consiglio di prenderne atto, rilevando come gli organi ispettivi dell'Amministrazione di appartenenza del dipendente siano legittimati a svolgere gli opportuni controlli (anche) al fine di verificare l'effettiva fruizione della pausa dal lavoro (Cons. Stato, sez. VI, 4 maggio 2015, n. 2210).

10.2.2. Quanto al secondo profilo della contestazione, concernente il difetto di autorizzazione all'espletamento di ore di straordinario, in relazione al quale, secondo la tesi delle amministrazioni appellanti, la sentenza impugnata sarebbe lacunosa, occorre rilevare che nel ricorso di primo grado il sottufficiale aveva opposto che:

- tale contestazione era da intendersi assorbita da quella inerente alla mancata fruizione della pausa psico-fisica;

- per prassi consolidata dell'ufficio le ore di straordinario non necessitavano di autorizzazione preventiva;

- le ore di straordinario erano da intendersi necessarie in ragione dell'urgente espletamento dei compiti assegnati nei giorni in contestazione.

Sennonchè deve rilevarsi che:

- la contestazione de qua si palesa distinta ed autonoma rispetto a quella relativa alla fruizione della pausa psico-fisica;

- le amministrazioni appellanti hanno documentato che le ore di straordinario erano sottoposte comunque ad autorizzazione successiva mediante firma del superiore gerarchico sui fogli di servizio, annotazione nel caso di specie del tutto mancante;

- ogni considerazione afferente alla prospettata necessità di prestare ore di lavoro straordinario andava vagliata dall'organo competente.

10.2.2. L'ulteriore censura di appello è dedicata al capo della sentenza impugnata che ha ritenuto irrilevante, perché episodica, la contestazione delle "ripetute superficialità nella redazione dei fogli di servizio a latere di tali fatti": le amministrazioni appellanti, rivendicando la correttezza ed effettività della contestazione, hanno sottilineato che tali errori, per quanto lievi, "vanno comunque evitati, compilando le scritture di servizio con maggiore attenzione e correttezza", così alludendo alla reiterazione di tale condotta superficiale che ne conferisce rilevanza disciplinare, il che trova adeguato sostegno negli atti di causa.

Pertanto le conclusioni raggiunte al riguardo dal primo giudice devono essere considerate erronee e apodittiche.

10.2.3. Per quanto riguarda infine l'addebito relativo al fatto che il sottufficiale aveva delegato un sottoposto al disbrigo di una pratica, la motivazione della contestazione è fondata sul presupposto che "il particolare tipo di incarico affidato al militare avrebbe dovuto essere compiuto con maggior senso di responsabilità e spirito d'iniziativa dopo aver attribuito allo stesso la giusta priorità d'esecuzione" (doc. 5).

Come emerge dagli atti di causa, il Comandante della Tenenza aveva chiesto al riguardo al sottufficiale (doc. 7) chiarimenti nei termini che seguono: "Nello scorso mese di agosto le ho affidato un sollecito del Sost. Dr. -OMISSIS-inerente il P.P. nei confronti di -OMISSIS- + altri. Si tratta di una pratica urgente, delicata e complessa, più volte sollecitata dall'A.G. ed in carico al Nucleo Mobile già dal 2011. Al mio rientro dalla licenza (24.11.2014) la trattazione non era stata ancora iniziata. Il 26.11 le affidavo l'incarico di andare in Procura per acquisire l'esposto originario e chiedere l'orientamento dell'A.G. I documenti da Lei acquisiti risultavano incompleti (alcune pagine dell'esposto non erano state fotocopiate) e nessuna informazione utile veniva data al militare da Lei (inopportunamente!) sub-incaricato per l'esecuzione del servizio. Ciò non consentiva, tra l'altro, di iniziare a lavorare sulla trattazione nemmeno il 27.11.".

Ciò posto, siccome non è stato contestato né il fatto in sé, né le sue modalità, non può dubitarsi che, come non irragionevolmente valutato dall'amministrazione, il comportamento del sottufficiale è sintomatico di una "gestione superficiale della trattazione affidatagli", rispetto alla quale dell'affidamento dell'adempimento ad un militare di truppa costituisce solo uno dei profili rilevanti. Emerge pertanto anche sotto tale profilo l'erroneità della sentenza impugnata, in quanto, come dedotto dalle amministrazioni appellanti, non solo non ha tenuto conto della complessità della vicenda disciplinare valorizzando soltanto l'"indebito ricorso alla delega", trascurando la effettiva dimensione temporale del ritardo erroneamente riducendolo ad un solo giorno, per quanto ha finito per apprezzare autonomamente i fatti ai fini della rilevanza disciplinare degli stessi, così invadendo la discrezionalità dell'amministrazione.

11. In conclusione l'appello va accolto e pertanto, in riforma dell'impugnata sentenza, si impone la reiezione del ricorso di primo grado.

11.1. Le spese del doppio grado di giudizio, stante l'assoluta peculiarità della vicenda, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (n.r.g. 3928/2021), lo accoglie e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado n. -OMISSIS-.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dell'appellato.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2023 con l'intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore

Francesco Guarracino, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere

Alessandro Enrico Basilico, Consigliere
Avv. Antonino Sugamele

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