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Sentenza

Associazione a delinquere per un Ufficiale del Reparto Lavori del genio dell'Ae...
Associazione a delinquere per un Ufficiale del Reparto Lavori del genio dell'Aeronautica Militare di Ciampino.
Cassazione Penale Sent. Sez. 6 Num. 45837 Anno 2024
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: DI GERONIMO PAOLO
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
M.G., nato a F.il ...
R. A. M. , nata in R. il ....
avverso la sentenza del 5/12/2023 emessa dalla Corte di Roma
visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso per M. G. l'annullamento con rinvio limitatamente
ai reati di cui ai capi 7), 8), 12), 13), 26) e 27) e rigetto nel resto; per R.A.
l'annullamento senza rinvio limitatamente alla confisca e rigetto nel resto;
udita l'Avvocatessa Beatrice Rinaudo, in difesa di G.M. , che ha
concluso per l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Roma, riformando parzialmente la sentenza di primo
grado, confermava la condanna di G.M.  in ordine al reato di
associazione per delinquere finalizzata alla commissione di plurimi reati di
corruzione e turbata libertà degli incanti, nonché per i reati di corruzione di cui ai
capi 5), 8), 13), 18), 24) e 27), assolvendolo dalle imputazioni di cui ai capi 2) e
3) e dichiarando l'intervenuta prescrizione relativamente alle collegate
contestazioni per il reato previsto dall'art. 353 cod. pen., con conseguente
rideterminazione della pena in anni 5 e mesi 9 di reclusione.
L'imputata R., invece, veniva assolta dal reato associativo, mentre per
le turbative d'asta di cui ai capi 7), 11) e 16) si dichiarava l'intervenuta
prescrizione, conseguentemente la condanna veniva confermata unicamente in
relazione al reato di corruzione contestato al capo 8), con rideterminazione della
pena in anni 2 e mesi 8 di reclusione.
Secondo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, M., in
qualità di ufficiale in servizio presso il Reparto Lavori del genio dell'Aeronautica
Militare di Ciampino, unitamente ad altri compartecipi e, in particolare, a G.
S. e F. C., alterava sistematicamente le procedure di gara cui
l'ufficio di appartenenza era preposto, nell'ambito di accordi corruttivi raggiunti
con i privati aggiudicatari che, in cambio, promettevano e in alcuni casi versavano,
importi variabili nella misura del 5-10% del valore degli appalti ottenuti.
In tale contesto, M. operava quale intraneus e consentiva a C. -
addetto al settore falegnameria dell'aeroporto - di accedere alle offerte, aprendo
le buste al fine di individuare la percentuale di ribasso che gli imprenditori collusi
avrebbero dovuto indicare al fine di vincere la gara. M.non intratteneva
direttamente i contatti con gli imprenditori che, invece, si rapportavano in via
sostanzialmente esclusiva con S. e C..
L'accertamento del modus operandi avveniva sia grazie alle dichiarazioni
confessorie rese da alcuni degli imprenditori, sia sulla base delle intercettazioni,
anche ambientali, che consentivano di far emergere l'attività dei predetti associati
e le modalità utilizzate per accedere alla documentazione di gara.
La ricorrente R.- moglie di C. - avrebbe avuto un ruolo secondario
e circoscritto a singole condotte corruttive, essenzialmente eseguendo le
indicazioni ricevute dal marito.
2. Nell'interesse di G. M.sono stati proposti quattro motivi di
ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce il travisamento della prova relativamente
all'interpretazione della ripresa video relativa all'accesso del 6 novembre 2015
effettuato da C. nell'ufficio del Comandante del reparto, ove era custodita la
cassaforte con i documenti, relativi ad un'imminente gara di appalto, che dovevano
essere modificati. Sostiene la difesa che la Corte di appello sarebbe incorsa nel
travisamento della prova lì dove dà atto che M. e C. sarebbero ritratti
congiuntamente, mentre l'unico soggetto ripreso era C..
2.2. Con il secondo motivo, deduce travisamento della prova e vizio di
motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per le ipotesi di corruzione
contestate ai capo 8) e 18), rispettivamente connesse alle turbative delle gare di
cui ai capi 7), 17), 20) e 21).
Per quanto concerne la vicenda che vede, nella veste di privato corruttore,
l'imprenditore B. (capo 8), si sottolinea come questi non ha in alcun modo
coinvolto nella vicenda M., limitandosi a riferire di conoscerlo, senza che
C. - suo diretto interlocutore - gli avesse confidato che l'importo della
tangente veniva poi distribuito a eventuali altri soggetti coinvolti.
Questione sostanzialmente analoga si pone anche in relazione alle gare e alla
corrispondente corruzione coinvolgente l'imprenditore Chiaro, il quale, sentito in
due occasioni, ha menzionato M. solo nell'interrogatorio del 12/1/2016,
senza attribuirgli alcun ruolo nella vicenda corruttiva, il cui artefice era da
individuare esclusivamente in C..
A fronte della sostanziale carenza di riferimenti da parte degli imprenditori
rispetto al presunto ruolo svolto da M., anche quale destinatario di una quota
delle tangenti versate o promesse, la Corte di appello avrebbe erroneamente
ritenuto la responsabilità dell'imputato, sul presupposto che l'appartenenza
all'associazione e le modalità di commissione dei reati-fine, consentivano di
ritenere la sua piena partecipazione a questi ultimi.
Sottolinea la difesa come la partecipazione all'associazione non possa
comportare l'automatica responsabilità anche per i reati-fine, in difetto di una
prova concreta dell'apporto fornito dall'associato.
2.3. Con il terzo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione
relativamente alle corruzioni contestate ai capi 13), 24) e 27) e alle connesse
ipotesi di turbativa d'asta riguardanti i privati corruttori C. e B..
Anche in questo caso, a fronte della sostanziale carenza di elementi probatori
forniti dai privati corruttori, la responsabilità per le contestate corruzioni veniva
desunta indirettamente dalla mera partecipazione di M. all'associazione a
delinquere e dall'impiego del medesimo metodo, affidato alle condotte materiali di
C., per alterare l'esito delle procedure di gara.
2.4. Con il quarto motivo, deduce la carente motivazione relativa alla
commissione dei reati fine, sottolineando come la sentenza, a pg. 31 (§7.4), rega
una frase tronca e, quindi, dal significato non compiutamente intellegibile.
3. Nell'interesse di A.M. R. sono stati formulati quattro
motivi di ricorso.
3:1. I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente,
denunciando il vizio di motivazione e travisamento della prova relativamente alla
medesima vicenda fattuale, concernente la corruzione coinvolgente l'imprenditore
B..
Sostiene la ricorrente che, dalla corretta lettura delle dichiarazioni rese dal
privato corruttore, emerge pacificamente come il suo ruolo si sia limitato nel
riferire all'imprenditore che, in base alle indicazioni date dal C., avrebbe
dovuto depositare un'offerta con la percentuale di ribasso in bianco.
Si tratterebbe di una condotta al più qualificabile quale un'ipotesi di mera
connivenza, ma sicuramente inidonea a dar luogo al reato di concorso nella
corruzione, collocandosi nella fase successiva al raggiungimento dell'accordo.
Né a diverse conclusioni conduce il rinvenimento presso l'abitazione dei
coniugi C.-R. di documentazione relative alle gare da svolgere e alle
ripartizioni di tangenti, trattandosi di atti nella disponibilità del C. e rispetto ai
quali alcun ruolo avrebbe svolto la ricorrente.
In definitiva, l'unico soggetto che aveva avuto rapporti con B. era
C. che, al contempo, poteva essere individuato quale autore della turbativa
d'asta, senza l'emersione di elementi di reità relativamente alla corruzione a carico
della ricorrente.
2.2. Con il quarto motivo, deduce violazione di legge in ordine alla disposta
confisca per la somma di €71.000, pari all'importo complessivo delle corruzioni
contestate e, quindi, non parametrata rispetto alla sola imputazione confermata
nei confronti della ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è proposto nell'interesse di M. è infondato.
2. Il primo motivo, concernente il travisamento della prova relativa alla
videoripresa del 6 novembre 2015, è manifestamente infondato.
Il ricorrente sostiene che, diversamente da quanto risultante dalla ripresa
video, la Corte di appello avrebbe dato atto che il filmato in oggetto raffigurava la
contemporanea presenza di C. e M. all'interno dell'ufficio del
Comandante del reparto, ove era collocata la cassaforte contenente le offerte
relative ad una delle gare oggetto di turbativa.
Deve premettersi che il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di
motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena
l'inammissibilità, ad addurre l'esistenza di atti processuali non esplicitamente presi
in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non
correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano
carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l'atto processuale cui fa
riferimento; b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto
emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c)
dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato,
nonché della effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda; d)
indicare le ragioni per cui l'atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta
logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale
incompatibilità all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento
impugnato (Sez.6, n. 10795 del 16/2/2021, Rv. 281085).
I requisiti sopra elencati non ricorrono nel caso di specie.
Deve in primo luogo evidenziarsi come nel ricorso non vi sia alcun riferimento
alla presunta decisività della prova che si assume travisata. Del resto, la Corte di
appello ha richiamato la videoripresa in questione al solo scopo di ribadire come
le modalità operative dell'associazione seguivano uno schema costante nel tempo,
senza che tale dato sia di per sé decisivo nella struttura complessiva della
motivazione. È significativo, al riguardo, che la prova in questione sia stata
evocata essenzialmente per dimostrare il ruolo associativo svolto da M. e,
quindi, si riferisca ad un'ipotesi di reato (capo 1) per la quale l'imputato non ha
proposto ricorso.
Ma a ben vedere è infondato lo stesso presupposto sul quale si fonda il dedotto
travisamento della prova.
La Corte di appello, infatti, ha sintetizzato quanto emergeva dalla
videoripresa, richiamando espressamente la ricostruzione in fatto contenuta nella
sentenza di primo grado (si veda pg 73), lì dove si specifica che ad entrare
nell'ufficio del Comandante e ad essere ripreso è stato il solo C. il quale,
tuttavia, subito dopo contattava M. per avvisarlo di andare a riprendersi le
chiavi della porta, dimostrando come i predetti fossero entrambi coinvolti
nell'accesso abusivo al locale ove si trovava la cassaforte, oltre ad essere ben
consapevoli dell'illiceità dell'attività svolta.
Ne consegue che, a prescindere dall'errore relativo all'indicata compresenza
fisica di M. con C., il dato probatorio saliente è costituito dalla piena
compartecipazione di entrambi i soggetti all'accesso abusivo nell'ufficio del
Comandante del reparto in data 6 novembre 2015, dato pienamente confermato
dalla concorde ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito.
3. Il secondo e terzo motivo di ricorso possono essere esaminati
congiuntamente, in quanto la questione dedotta è sostanzialmente la medesima,
contestandosi che la prova della responsabilità per i reati fine (corruzioni) possa
essere desunta dalla partecipazione all'associazione.
Deve premettersi che la difesa ha correttamente sottolineato come i privati
corruttori, pur quelli che hanno dichiarato di aver conosciuto M., non hanno
in alcun modo reso dichiarazioni accusatorie nei suoi confronti.
Si tratta di un dato con il quale i giudici di merito si sono adeguatamente
confrontati, sottolineandone la non rilevanza ai fini dell'esclusione della
responsabilità di M..
Viceversa, è stato valorizzato il quadro indiziario fondato su plurimi e univoci
elementi dai quali desumere che tutte le turbative d'asta e le connesse corruzioni
erano necessariamente gestite nell'ambito dell'attività associativa, con
conseguente attribuzione della responsabilità dei reati fine anche a M..
In particolare, i giudici di merito hanno evidenziato che M. era l'unico
soggetto intraneus all'apparato militare, nonché al reparto che si occupava dello
svolgimento delle procedure di gara, avendo anche ricoperto in più occasioni il
ruolo di presidente della commissione aggiudicatrice. Rispetto alla compagine
associativa, gli altri correi agivano essenzialmente all'esterno
dell'amministrazione, individuando gli imprenditori con i quali concludere gli
accordi corruttivi e fornendo loro il necessario aiuto per la predisposizione di offerte
destinate, grazie ai sotterfugi materialmente posti in essere da C., a prevalere
sui restanti concorrenti.
La stessa attività del C. centrale nell'alterare l'esito delle gare mediante
la visione delle offerte dei contraenti e l'indicazione delle percentuali di ribasso da
inserire, è emblematica dell'essenzialità dell'appoggio fornito da M..
I giudici di merito hanno sottolineato come C. fosse un impiegato civile
del Ministero della Difesa e, all'interno dell'aeroporto di Ciampino, era addetto alla
falegnameria, tant'è che non era neppure autorizzato ad accedere ai locali del
Reparto Lavori del genio dell'Aeronautica Militare.
Le intercettazioni richiamate nelle sentenze di merito danno ampiamente atto
di come M. sia in più occasioni intervenuto per consentire a C. di entrare
nell'ufficio ove si trovava la cassaforte che custodiva i documenti afferenti alle gare
di appalto, il che dimostra ampiamente il costante e stabile collegamento
funzionale tra il ruolo di M. e l'attività materiale posta in essere da C..
Ne consegue che, con motivazione logica e immune da censure, i giudici di
merito hanno correttamente ricostruito l'articolata modalità operativa
dell'associazione, ritenendo che l'attività di C. - sicuramente indispensabile ai
fini dell'alterazione delle procedure di gara - non sarebbe stata in alcun modo
possibile senza l'ausilio prestato dal M..
L'intrinseco collegamento funzionale tra le due condotte e la necessità del
coordinamento tra i predetti associati consente di ritenere che la prova logica posta
a fondamento dell'accertamento dei reati fine è immune da censure in questa
sede.
3.1. La difesa ha eccepito che il ragionamento indiziario seguito dai giudici di
merito sarebbe partito dall'accertata sussistenza del reato associativo per
desumerne la responsabilità per i singoli reati-fine, invertendo l'ordine logico che
avrebbe imposto di accertare prima il ruolo svolto da ciascun correo nelle diverse
ipotesi di corruzione e turbativa d'asta contestati.
Secondo un risalente principio giurisprudenziale, la sola appartenenza ad una
associazione è di per sè inidonea a far ritenere responsabile come partecipe dei
reati fine il singolo associato, in mancanza di prove sicure circa il suo volontario
apporto causale alla commissione del fatto (Sez.1, n.2407 dell'8/6/1987, Romeo,
Rv. 176563).
Il principio è stato ribadito in epoca più recente sia pur con specifico
riferimento alle associazioni di tipo mafioso, essendosi ritenuto che la sola
appartenenza all'organismo centrale di un'organizzazione criminale, investita del
potere di deliberare in ordine alla commissione dei cosiddetti "omicidi eccellenti",
pur costituendo un indizio rilevante, non ha, tuttavia, valenza dimostrativa univoca
del contributo di ciascuno dei componenti alla realizzazione del reato-fine, essendo
necessario che ciascuno di questi, informato in ordine alla delibera da assumere,
presti il proprio consenso, anche tacito, alla pianificazione dello specifico reato (da
ultimo, Sez. 5, n. 40274 del 5/10/2021, Catalano, Rv. 282090).
Si tratta di affermazioni che, concernendo le regole di giudizio applicabili a
fronte di prove indiziarie, hanno una rilevanza generale necessariamente
condizionata dalle specifiche fattispecie esaminate.
Ciò comporta che i principi affermati con riguardo alle associazioni mafiose,
per loro natura aventi una struttura complessa e finalizzata alla commissione di
una serie indeterminata di reati fine, non sono compatibili con la fattispecie in
esame, connotata da un'associazione fondata su un numero ristretto di partecipi,
ciascuno dei quali avente un ruolo ben determinato e funzionalmente collegato a
quello degli altri correi e, soprattutto, operante con riguardo ad una categoria di
illeciti assolutamente circoscritta.
Il dato indiziario che non può essere sottovalutato deve essere ravvisato nella
circostanza secondo cui l'associazione era finalizzata a commettere reati di
corruzione e turbativa d'asta, in un settore delimitato e coincidente con le funzioni
pubblicistiche svolte da M., secondo schemi operativi costanti e fondati sul
necessario apporto di ciascun correo.
In buona sostanza, il contributo di M.era necessario e funzionale alla
commissione delle corruzioni e delle conseguenti turbative d'asta, sicchè non è
ipotizzabile che le attività materiali concretamente svolte da C. potessero
inserirsi in un contesto che non presupponesse la piena complicità di M..
Deve, pertanto, affermarsi il principio secondo cui in materia di associazione
per delinquere, la prova che i reati fine siano stati progettati ed eseguiti dall'intera
organizzazione, con la piena consapevolezza e condivisione da parte dei singoli
associati del progetto delittuoso e delle connesse modalità esecutive, può essere
desunta dall'ambito circoscritto del settore di operatività del sodalizio e dalla
commissione dei reati fine secondo modalità consolidate, implicanti il necessario
apporto funzionale di tutti i partecipi.
4. Il quarto motivo di ricorso proposto da M. è manifestamente
infondato.
Si deduce la carenza di motivazione sul presupposto che in sentenza vi è una
frase (pg.31) monca, con conseguente impossibilità di comprenderne il significato.
Invero, la lettura della frase in questione, inserita nel complesso
motivazionale, consente l'agevole comprensione del significato. Si deduce, infatti,
che la Corte di appello ha affermato che i reati fine erano stati tutti commessi
nell'ambito funzionale nel quale M. operava e la sua capacità di interferenza
doveva ritenersi sussistente anche nelle procedure nelle quali non era stato
formalmente "incaricato di presiedere le commissione di gara". Quest'ultimo
inciso, evidentemente per effetto di un mero errore materiale, non è riportato in
sentenza, ma è l'unico che conferisce senso compiuto alla frase, per come inserita
nella complessiva motivazione.
Ne consegue che la sia pur formale carenza della conclusione della frase non
è tale da impedire la comprensione del suo significato e, quindi, deve escludersi la
sussistenza del vizio denunciato dal ricorrente.
Del resto, ove pure si omettesse integralmente di considerare la frase in
questione, il senso complessivo del ragionamento probatorio non muterebbe.
5:11 ricorso proposto nell'interesse di R. è parzialmente fondato.
5.1. I primi tre motivi sono inammissibili, nella misura in cui sottopongono
all'esame della Corte questioni di merito, concernenti la valutazione del compendio
probatorio e della rilevanza delle condotte accertate in capo alla ricorrente, senza
enucleare vizi di manifesta illogicità o contraddittorietà della sentenza impugnata.
In entrambe le sentenze di merito è stato evidenziato un coinvolgimento
diretto della ricorrente, nonchè una piena consapevolezza circa l'attività illecita
svolta dal marito (C.), rispetto alla quale forniva un apporto quanto meno
agevolativo.
Nella specifica vicenda relativa oggetto dell'imputazione di corruzione di cui al
capo 8), la tesi difensiva si sostanzia in una deduzione in fatto circa la
qualificazione della condotta in termini di mera connivenza, in tal modo
erroneamente svalutando l'apporto causale fornito dalla ricorrente, la quale, sia
pur in base alle indicazioni datele dal C., forniva le necessarie indicazione al
privato corruttore (B.) circa la percentuale di ribasso che avrebbe dovuto
inserire nell'offerta al fine di aggiudicarsi l'appalto.
È di tutta evidenza come la condotta - per come accertata dai giudici di merito
- non è in alcun riconducibile alla mera connivenza, essendo consistita in un
apporto causalmente rilevante rispetto alla complessiva vicenda corruttiva e di
turbativa d'asta.
5.2. È, invece, fondato il quarto motivo relativo alla confisca.
Nei confronti della ricorrente, infatti, risulta confermata la sentenza di
condanna con riguardo al solo capo 8), relativa ad un'ipotesi di corruzione rispetto
alla quale vi è stata la sola promessa di dazione del denaro, non seguita
dall'effettiva consegna e, quindi, non è configurabile un profitto del reato
direttamente collegabile a tale fattispecie.
L'importo della confisca pari a €71.000 disposta fin dal primo grado, riguarda
il profitto di reati per i quali R. non è stata condanna, con la conseguente
impossibilità di disporre la misura ablativa anche nei suoi confronti.
6. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso di R. può essere accolto
limitatamente alla disposta confisca, mentre il ricorso proposto da M. va
rigettato con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di R.A.M. limitatamente alla disposta confisca nei suoi confronti rigettando nel resto il ricorso.
Rigetta il ricorso nei confronti di M. G. che condanna al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 9 ottobre 2024
Il Consigliere estensore Il Présidente
Avv. Antonino Sugamele

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