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Sentenza

Caporale Magg. Capo Scelto dell'Esercito italiano, del 132° Regg. Carri, ome...
Caporale Magg. Capo Scelto dell'Esercito italiano, del 132° Regg. Carri, omette di comunicare al comando l'esercizio di noleggio auto. Imputato di truffa viene assolto, ma avendo svolto l'attività in nero il MInistero gli chiede il danno subito pari a 10.460.- Il Consiglio di Stato conferma la condanna erariale.
Consiglio di Stato  in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) N. 09564/2023REG.PROV.COLL.
Pubblicato il 06/11/2023

N. 09564/2023REG.PROV.COLL.

N. 08787/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8787 del 2021, proposto da
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

-OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato Enrico Antonio Cleopazzo, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Maniago, n. 35;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione Prima, n.-OMISSIS-resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 settembre 2023 il Cons. Alessandro Enrico Basilico e udito per l'appellato l'avvocato Enrico Antonio Cleopazzo.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il Ministero impugna la sentenza che ha annullato il provvedimento emesso nei confronti dell'odierno appellato per il recupero della somma di 10.460 euro, da questi percepita nello svolgimento di un'attività extraprofessionale non autorizzata (noleggio di automobili ad altri miliari).

2. In punto di fatto si rileva che, all'epoca in cui il procedimento è stato avviato, l'appellato era Caporale Maggiore Capo Scelto dell'Esercito italiano, in servizio effettivo presso il 132° Reggimento Carri di stanza a-OMISSIS- (-OMISSIS-).

3. Su segnalazione del Comandante del Reggimento egli è stato deferito alla Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale Militare di Verona, quindi imputato per il reato di truffa militare pluriaggravata, di cui agli artt. 81 cod. pen., 234, co. 1 e 2, e 47, n. 2, cod. pen. mil. pace, commesso in-OMISSIS- (-OMISSIS-) dal 2013 al 2017, perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con artifici e raggiri consistiti nell'omettere di comunicare al comando di appartenenza – e quindi con silenzio maliziosamente serbato – di esercitare attività commerciale (attività di noleggio autovetture, con e senza conducente, esercitata in maniera intensa e continuativa), incompatibile con il servizio prestato presso il Ministero della Difesa, induceva in errore il datore di lavoro pubblico, procurando a sé un ingiusto profitto (consistente nella prosecuzione dell'attività lavorativa senza essere costretto a scegliere tra il cessare l'attività commerciale, priva di autorizzazione datoriale, ovvero l'incorrere nella sanzione della decadenza dall'impiego), con relativo danno dell'Amministrazione militare (privata del potere di attivare la procedura finalizzata al ripristino dell'esclusività della prestazione lavorativa istituzionale ovvero alla sanzione della decadenza dall'impiego); con l'aggravante di essere rivestito di un grado e dell'essere il fatto commesso a danno dell'Amministrazione militare.

4. Con sentenza n. 2 del 16 gennaio 2019 il Tribunale militare ha assolto l'odierno appellato con la formula "perché il fatto non sussiste", all'esito di una perizia che aveva accertato la non remuneratività dell'attività svolta e quindi la mancanza del carattere di professionalità della stessa, con la conseguenza che questa non avrebbe potuto essere considerata un'attività lavorativa ulteriore rispetto al rapporto di servizio e che non vi era necessità di comunicare il suo svolgimento all'Amministrazione.

5. In seguito, incaricata di svolgere una verifica sullo svolgimento d'incarichi retribuiti non conferiti o previamente autorizzati dall'Amministrazione di appartenenza, la Guardia di Finanza con relazione del 30 ottobre 2020 ha appurato, anche alla luce degli elementi acquisiti nel corso del processo dinanzi al Tribunale militare, che questi aveva intrapreso un'attività commerciale consistente nel «noleggio di veicoli con e senza conducente, completamente "a nero", senza licenze, nei confronti della collettività e del personale dell'amministrazione di appartenenza, in violazione dell'obbligo di esclusività in essere con l'amministrazione presso la quale prestava servizio» dalla quale «ha percepito compensi per l'ammontare complessivo di € 10.460», priva di rilievo penale, ma comunque sussumibile nell'ambito di applicazione dell'art. 53, co. 7, del d.lgs. n. 165 del 2001.

6. Con provvedimento prot. 214965 del 03 maggio 2021, notificato l'11 maggio 2021, il Ministero ha contestato al militare di aver svolto l'attività di noleggio auto senza conducente, in violazione dell'art. 894 cod. ord. mil., percependo compensi pari a 10.460 euro, di cui ha chiesto il pagamento ai sensi dell'art. 53, co. 7, del d.lgs. n. 165 del 2001.

7. L'interessato ha impugnato il provvedimento dinanzi al TAR.

8. Il Tribunale ha accolto il ricorso, annullando l'atto, ritenuto viziato da eccesso di potere per travisamento dei fatti, e condannato l'Amministrazione al pagamento delle spese del grado: in particolare, qualificata come sanzione la misura di cui all'art. 53, co. 7, del d.lgs. n. 165 del 2001, il Tribunale ha considerato dirimente l'assoluzione con la formula "il fatto non sussiste", stante il disposto dell'art. 653 cod. proc. pen., e comunque rilevante l'accertamento della non redditività dell'attività svolta operato nell'ambito del giudizio penale.

9. La pronuncia è stata impugnata dal Ministero, che ne ha chiesto l'annullamento ovvero la riforma, con vittoria di spese.

10. Nel giudizio di appello si è costituito il militare, chiedendo il rigetto del gravame.

11. All'udienza pubblica del 19 settembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

12. L'appello dell'Amministrazione si fonda su tre motivi.

13. Con il primo si deduce: nullità della sentenza appellata per difetto di giurisdizione.

Secondo il Ministero, il co. 7-bis dell'art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 condurrebbe ad affermare la giurisdizione esclusiva del giudice contabile sull'azione di recupero del compenso indebitamente percepito dal dipendente e non versato all'Amministrazione di appartenenza, con la conseguenza che la sentenza di primo grado dovrebbe essere annullata perché pronunciata in difetto di giurisdizione.

14. Il motivo è infondato.

L'art. 53, co. 7, del d.lgs. n. 165 del 2001 stabilisce che «i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza», aggiungendo che «in caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti».

Il successivo co. 7-bis, inserito dalla legge n. 190 del 2012, precisa che «l'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti».

Dalla lettura delle due disposizioni si evince che lo svolgimento di attività professionali extraistituzionali non autorizzate può comportare diverse conseguenze: l'eventuale responsabilità penale; la responsabilità disciplinare; l'obbligo di riversare le somme percepite all'Amministrazione di appartenenza, cui corrisponde il diritto di quest'ultima alla loro corresponsione; in caso d'inadempimento, la responsabilità contabile.

Tali responsabilità hanno natura e presupposti in parte differenti, dunque sono in linea di principio autonome l'una rispetto all'altra: in particolare la giurisprudenza della Corte regolatrice ha precisato che l'azione contabile, esercitata dal Procuratore Generale della Corte dei Conti quale pubblico ministero portatore di obiettivi interessi di giustizia nell'esercizio di una funzione neutrale riconducibile al rispetto dell'ordinamento giuridico nei suoi aspetti generali e indifferenziati, ha una funzione prevalentemente sanzionatoria, mentre l'azione proposta dall'Amministrazione interessata in sede civile o penale è finalizzata al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria e integralmente compensativa, a protezione dell'interesse particolare e concreto di cui questa è portatrice; pertanto «va ribadita l'autonomia del giudizio amministrativo contabile. e quindi dell'azione di responsabilità esercitata dal Procuratore presso la Corte dei Conti, rispetto ai giudizi civili, amministrativi e disciplinari che possono intercorrere tra i soggetti passivi dell'azione contabile ed i soggetti danneggiati e che l'amministrazione può promuovere anche nei confronti di terzi ad essa estranei, autori del danno, per farne valere la responsabilità anche solidale (citata, Cass., S.U., 16722 del 2020 e la giurisprudenza di legittimità nella stessa richiamata, Cass., S.U., n. 20701 del 2013); con l'unico limite del divieto di duplicazione delle pretese risarcitorie, che impone di tener conto, con effetto decurtante, di quanto già liquidato in sede contabile, che il debitore potrà far valere, se del caso, anche in fase di esecuzione" (Cass. S.U., n. 14632 del 2015, n. 32929 del 2018)» (Cass. civ., ss.uu., sent. n. 4871 del 2022, la quale ha confermato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia promossa da un professore universitario della Facoltà di Medicina per contestare le trattenute alla retribuzione disposte dall'Ateneo per recuperare le somme indebitamente incassate come compenso per attività professionale svolta in violazione del regime di intramoenia).

15. La sussistenza del presupposto processuale della giurisdizione consente di esaminare gli altri motivi di appello, che attengono al merito della controversia.

16. Con il secondo motivo, si deduce: inapplicabilità dell'art. 653 cod. proc. pen..

Secondo il Ministero, il provvedimento emesso dall'Amministrazione ai sensi del co. 7 dell'art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 non avrebbe natura disciplinare, ma sarebbe una misura compensativa di natura reale; pertanto, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, non sarebbe applicabile al caso di specie l'art. 653 cod. proc. pen..

17. Il motivo è fondato.

L'art. 653 cod. proc. pen. stabilisce che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione «ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso».

A differenza di quanto ritenuto dal giudice di prime cure, il provvedimento con cui l'Amministrazione intima il pagamento dei compensi percepiti, ai sensi dell'art. 53, co. 7, del d.lgs n. 165 del 2001, non ha natura sanzionatoria, bensì «compensativa della condotta irregolare del dipendente» che, nello svolgere incarichi extraistituzionali non consentiti, ha violato uno degli obblighi connessi al rapporto di lavoro e rappresenta «una misura reale di destinazione dei compensi in assenza di una preventiva autorizzazione», adottata nell'esercizio di un potere di autotutela esecutoria per il recupero di un credito che sorge di diritto in conseguenza dell'inosservanza del lavoratore (Cons. St., sez. IV, sent. n. 4669 del 2021, il quale precisa che «la tutela risarcitoria dell'Amministrazione resta invece affidata alle previsioni del successivo comma 7 bis del medesimo articolo, il quale prevede che la percezione irregolare di compensi per attività extraprofessionali, ove costituente anche danno erariale (da provare a cura della Procura presso la Corte dei conti, titolare della relativa azione: gravità dell'inadempimento, sussistenza di un danno, profilo psicologico), sia soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti»; negli stessi termini si v. anche Cons. St., sez. VI, sent. n. 4590 del 2016).

Pertanto, non venendo in rilievo un provvedimento disciplinare, la sentenza del Tribunale penale militare di Verona non spiega l'efficacia di giudicato ai sensi dell'art. 653 cod. proc. pen. e tanto l'Amministrazione, prima, quanto il giudice amministrativo, poi, possono accertare e valutare autonomamente i fatti.

Per completezza si osserva che dalla sentenza del Tribunale veronese non deriva alcun vincolo nemmeno ai sensi dell'art. 652, co. 1, cod. proc. pen. – secondo cui «la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell'interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l'azione in sede civile» – dato che il Ministero non ha preso parte al giudizio penale militare.

18. Con il terzo motivo si deduce: sussistenza di un'attività professionale ai sensi dell'art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001.

Secondo il Ministero, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, ai fini dell'obbligo di versamento delle somme percepite non rileverebbe la remuneratività dell'attività svolta, ma unicamente il fatto che questa sia stata posta in essere dietro corrispettivo, come avvenuto nella specie: vi sarebbero quindi tutti i presupposti per procedere al recupero dei compensi indebitamente conseguiti dal dipendente.

19. Il motivo è fondato.

In via preliminare, occorre osservare che, sebbene la sentenza del Tribunale penale militare non vincoli il giudice amministrativo, questi può liberamente apprezzarne il contenuto quale prova atipica, così come può fare con gli altri atti del procedimento penale (sul punto si v., tra le tante, Cons. St., sez. V, sent. n. 3282 del 2014).

Si è accertato in quella sede – senza essere specificamente e motivatamente contestato in questa – che l'odierno appellato «disponeva di più autovetture (con 7 posti ciascuna) e che le metteva a disposizione per viaggi nel Sud Italia dietro pagamento da parte dei passeggeri di una somma di circa € 40,00 per un viaggio di sola andata da parte di ognuno» (così la sentenza penale, doc. 4 del fascicolo di primo grado del ricorrente, p. 14).

A differenza di quanto ritenuto dal TAR, le caratteristiche dell'attività, come in concreto effettuata, secondo quanto emerso nell'istruttoria e nel procedimento penale, conducono a qualificarla come imprenditoriale.

20. Secondo l'art. 2082 cod. civ., «è imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi».

Caratteristiche dell'attività d'impresa, secondo la consolidata ricostruzione che ne hanno dato scienza giuridica e giurisprudenza e nei limiti di quanto rileva per la soluzione della presente controversia, sono l'economicità, la professionalità e l'organizzazione della stessa.

Dal primo punto di vista, occorre che l'attività sia condotta con metodo economico, ossia secondo modalità che consentano la tendenziale copertura dei costi con i ricavi e assicurino l'autosufficienza economica. Naturalmente non rileva in concreto l'effettivo conseguimento del pareggio di bilancio – prospettiva che condurrebbe, paradossalmente, a escludere la natura imprenditoriale nei casi di crisi aziendale – quanto piuttosto l'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi: proprio per questo, la giurisprudenza civile ritiene che tale requisito debba essere escluso «solo ove l'attività sia svolta in modo del tutto gratuito» (tra le più recenti, si v. Cass. civ., sez. VI, sent. n. 4418 del 2022 e precedenti ivi richiamati).

Non rileva invece lo scopo di lucro, che caratterizza la causa del contratto di società ai sensi degli artt. 2247 e 2265 cod. civ., ma non è richiamato dall'art. 2082 cod. civ. (in questi termini, si v. Cass. Civ., sez. I, sent. n. 25478 del 2019 e gli arresti ivi citati).

Quanto alla professionalità e all'organizzazione dell'attività, tali caratteristiche comportano che questa sia svolta in modo stabile e non occasionale, mediante la sistematica aggregazione dei vari fattori produttivi, la cui quantità e qualità in concreto dipende dalle caratteristiche e dalle necessità della produzione, potendovi essere casi in cui non sono necessari mezzi materiali e personali rilevanti (Cass. civ., sez. I, sentt. n. 1466 del 2019 e n. 9102 del 2002, sez. VI, sent. n. 12338 del 2017 e sez. II, sent. n. 7626 del 2010).

21. I requisiti descritti sussistono tutti nel caso di specie.

Non vi sono dubbi sulla ricorrenza, nell'attività svolta dall'appellato, dei caratteri della professionalità e dell'organizzazione.

Dal primo punto di vista questi ha messo a disposizione dei commilitoni interessati le autovetture in suo possesso per lo svolgimento di viaggi di andata e ritorno dal Friuli-Venezia Giulia alla Campania per un periodo durato diversi anni, avvalendosi della mediazione della piattaforma web "BlaBlaCar" (la quale mette in contatto conducenti e passeggeri che, dovendo affrontare lo stesso itinerario, si accordano per dividere le spese): proprio dai dati acquisiti nel corso dell'indagine dalla società che gestisce il sito è emerso che dal 2014 al 2017 all'utenza dell'appellato sono riconducibili 217 viaggi, mentre a quella della moglie (a sua volta intestataria di diverse vetture) ne sono riferibili ulteriori 28, da e per la Campania.

Quanto all'organizzazione l'appellato ha acquistato più autovetture da sette posti (in luogo di quelle, più diffuse, da cinque posti, che sarebbero state sufficienti a soddisfare i normali bisogni della famiglia, composta dai coniugi e da due figli), si è iscritto alla piattaforma web "BlaBlaCar", ha strutturato una tariffa di diverso ammontare a seconda del tragitto (si v. le dichiarazioni del teste Squitieri, come riportate nella sentenza penale, pp. 8-9, il quale ha riferito che «mentre per i commilitoni, i quali arrivavano in Campania, la tariffa era di 40 euro, per lui, che si recava nel Lazio, venivano richiesti solo 35 euro»), predisposto servizi accessori (la relazione della Guarda di Finanza del 30 ottobre 2020, doc. 2 del fascicolo di primo grado del ricorrente, richiamandosi alle dichiarazioni rilasciate dai testi Guarracino ed Esposito nel corso delle indagini, dà conto del fatto che il veicolo veniva consegnato «pronto per il viaggio, con il serbatoio pieno ed un panino con una bottiglia d'acqua per ogni occupante»), mantenuto sotto controllo i costi dei singoli viaggi (si v. le dichiarazioni del teste -OMISSIS- come riportate nella sentenza penale, p. 8, secondo cui «durante il viaggio, l'imputato chiamava per informarsi sulla posizione del veicolo e sul carburante presente in serbatoio, dando indicazioni molto precise sulle stazioni di servizio ove effettuare rifornimenti, nonché sulla quantità di gasolio da acquistare») e fatto pubblicità presso i potenziali clienti, mediante biglietti da visita consegnati ai commilitoni appena giunti presso il reparto (si v. le dichiarazioni del teste -OMISSIS- come riportate nella sentenza penale, p. 9, secondo cui «in caserma, era a tutti nota la possibilità di ottenere passaggi in auto verso la Campania al prezzo di 40 euro, usufruendo di un servizio organizzato dall'imputato»).

22. È presente anche il requisito dell'economicità.

A tal proposito si deve osservare che la stessa perizia elaborata nel corso del processo penale (doc. 5 del fascicolo di primo grado del ricorrente) non nega che l'attività venisse svolta con modalità tali da perseguire la copertura dei costi con i ricavi, ma esclude solamente che l'appellato ne abbia tratto dei profitti.

Infatti, dopo aver stimato i costi e i ricavi per ciascun viaggio, deducendone che dalla differenza tra i primi e i secondi «l'attività risulterebbe antieconomica», lo stesso consulente ha precisato che «si può ragionevolmente ipotizzare che [l'odierno appellato] abbia recuperato in larga parte le perdite sopra evidenziate rivolgendosi, per le riparazioni straordinarie, ad autofficine di sua conoscenza (ottenendo buoni sconto) ed eventualmente utilizzando ricambi usati, reperibili via internet più facilmente rispetto al passato» (pp. 13).

Lo stesso militare, nel corso del dibattimento, ha affermato che «questa sua attività veniva svolta senza scopo di lucro e per gentilezza verso gli altri militari, ricevendo del denaro che aveva il solo scopo di permettergli di recuperare le spese» (si v. la sentenza penale, p. 10).

Benché sia peraltro presumibile che, come eccepito dall'Amministrazione, i costi realmente sostenuti dall'appellato siano stati persino inferiori a quelli stimati nella perizia – la quale prende come riferimento del prezzo del carburante i valori medi nazionali, senza considerare che il militare beneficiava degli sconti di cui godono i residenti nella Provincia di Pordenone – e che quindi il margine di differenza rispetto ai ricavi sia diverso (più vantaggioso per il militare) da quello ipotizzato dal perito, è dirimente il fatto che l'attività avesse l'attitudine a consentire la remunerazione dei fattori produttivi impiegati (rimanendo invece irrilevante, ai fini della sua qualificazione come imprenditoriale, il perseguimento di uno scopo di lucro e, a maggior ragione, l'effettivo conseguimento di un guadagno).

L'economicità è del resto dimostrata dal fatto che questi, grazie ai servizi effettuati, ha acquistato ulteriori auto per ampliare il proprio giro d'affari, costituendo così un vero e proprio parco macchine del tutto sovradimensionato rispetto alle esigenze personali e familiari, che non avrebbe potuto essere creato e mantenuto con la sola retribuzione.

23. È dunque condivisibile la tesi del Ministero secondo cui lo svolgimento, da parte dell'appellato, di un'attività d'impresa costituisce violazione dell'art. 894, co. 2, cod. ord. mil., secondo cui la professione di militare è incompatibile con l'esercizio dell'industria e del commercio, con conseguente applicabilità del rimedio reale e compensativo del versamento di quanto percepito all'Amministrazione di appartenenza, ai sensi dell'art. 53, co. 7, del d.lgs. n. 165 del 2001.

24. In conclusione, l'appello merita di essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.

25. L'esito del processo, da un lato, e la complessità delle questioni dedotte dalle parti, dall'altro, conducono a compensare le spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado; compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellato e i testimoni del processo penale.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Maria Stella Boscarino, Consigliere

Alessandro Enrico Basilico, Consigliere, Estensore

Stefano Filippini, Consigliere

Francesco Cocomile, Consigliere

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
Alessandro Enrico Basilico		Carlo Saltelli
 		
 		
 		
 		
 		

IL SEGRETARIO
Avv. Antonino Sugamele

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