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Sentenza

L'ufficiale si salva perche la Cassazione ha confermato la particolare tenutità ...
L'ufficiale si salva perche la Cassazione ha confermato la particolare tenutità del fatto. La Corte militare di appello, aveva infatti precisato che l'Ufficiale della Marina Militare aveva agito senza la coscienza e la volontà di offendere l'onore e la dignità dell'inferiore, intendendo egli, piuttosto, indottrinare i militari, richiamandoli alla delicatezza dei loro compiti.
Cassazione Penale Sent. Sez. 1 Num. 26828 Anno 2024
Presidente: MOGINI STEFANO
Relatore: CAPPUCCIO DANIELE
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI ROMA
nel procedimento a carico di:
S.F.  nato a N.  il .....
nel procedimento a carico di quest'ultimo
avverso la sentenza del 08/06/2023 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CAPPUCCIO;
udito il Pubblico Ministero, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità di
entrambi i ricorsi.
udito il difensore, avvocato Dulvi Corcione, il quale conclude chiedendo dichiararsi
l'inammissibilità del ricorso del PG e l'accoglimento di quello dell'imputato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza dell'8 giugno 2023, la Corte militare di appello, in parziale
riforma di quella emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale
militare di Napoli il 18 novembre 2022, ha dichiarato non doversi procedere a
carico di F.S. in ordine al reato militare di ingiuria ad inferiore,
limitatamente all'episodio verificatosi il 10 novembre 2021, essendo esclusa la
punibilità per la particolare tenuità del fatto, ed ha, invece, confermato la
decisione di primo grado, di non luogo a procedere per insussistenza
dell'addebito, in relazione al fatto verificatosi il 7 novembre 2021.
2. Il procedimento penale nell'ambito del quale sono state emesse le
sentenze testé menzionate è scaturito dal contegno serbato da F.S. ,
ufficiale della Marina militare in servizio presso la Capitaneria di Porto di Napoli,
nei confronti di V.E. , assegnata allo stesso ufficio e sua sottoposta,
concretatosi:
- nel chiederle insistentemente, la sera del 7 novembre 2021, di vedere un
film insieme a lui e nell'agitare, per mera celia, al suo indirizzo, una bottiglietta
d'acqua, condotta che i giudici di merito hanno concordemente stimato priva di
connotazione ed attitudine ingiuriose;
- nell'offendere la E. (la quale, il 10 novembre 2021, avendo appreso
dell'esito positivo di un concorso da lei sostenuto, si era lasciata andare, mentre
l'unità era impegnata in una delicata operazione di soccorso, ad una vivace
esclamazione) intimando, alla sua presenza, al personale insieme a cui egli
aveva effettuato una serie di flessioni a terra sulle braccia di pronunciare, ad
ogni piegamento, le parole «Grazie Vanda» per poi affermare, al termine
dell'esercizio, «mentre il peso di un soccorso gravava sulle mie spalle vi era
qualcuno che starnazzava per lungo periodo al Corpo di Guardia; un applauso a
Vanda che, nel frattempo, vince il concorso».
Con riferimento all'episodio più recente, la Corte militare di appello, andando
in contrario avviso rispetto al primo giudice — a cui giudizio S. aveva agito
senza la coscienza e la volontà di offendere l'onore e la dignità dell'inferiore,
intendendo egli, piuttosto, indottrinare i militari, richiamandoli alla delicatezza
dei loro compiti — ha ritenuto che l'iniziativa dell'imputato, vagliata alla luce di
quanto accaduto tre giorni prima, ha costituito plateale manifestazione di
risentimento nei confronti della E., che egli ha inteso, anche attraverso
l'applauso finale, malizioso e privo dei tratti di autentico compiacimento ed
apprezzamento, mettere alla berlina.
La Corte militare di appello ha, nondimeno, disatteso la richiesta,
ribadita dal pubblico ministero, di rinvio a giudizio dell'ufficiale, perché ha
reputato la particolare tenuità del fatto, che ha desunto sia dalla circostanza
che le parole che i militari sono stati indotti a pronunciare durante le
flessioni («grazie Vanda»), pur spiacevoli, non appaiono eccessivamente
lesive e che l'applauso tendeva solo a mettere a disagio la vittima, sia dalla
brevità e occasionalità della condotta, posta in essere da soggetto
incensurato e mai protagonista, in passato, di analoghi comportamenti e
produttiva di un danno parimenti esiguo.
3. Il Procuratore generale militare della Repubblica presso la Corte
militare di appello propone ricorso per cassazione affidato ad un unico
motivo, con il quale eccepisce violazione di legge, sostanziale e processuale,
sul rilievo dell'erronea qualificazione del fatto commesso da S. come reato
militare.
Sostiene, al riguardo, che la condotta dell'imputato, in quanto del tutto
scollegata dall'area degli interessi connessi alla tutela del servizio e della
disciplina, integra, con specifico riferimento alla costrizione dei militari ad un
facere — tipica manifestazione del deprecabile fenomeno comunemente
inteso come «nonnismo» — il reato comune di violenza privata.
Ne discende, aggiunge, il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria
militare, che avrebbe dovuto declinarla e trasmettere gli atti a quella
ordinaria.
4. F.S.  propone, a sua volta, ricorso per cassazione,
sottoscritto dall'avv. Michele Durvi Corcione e pure vertente su unico
motivo, con il quale lamenta violazione di legge.
Ascrive al giudice di appello di avere travisato le risultanze istruttorie,
univocamente attestanti che l'iniziativa da lui assunta la sera del 10
novembre 2021 è stata originata dall'atteggiamento tenuto dalla E.
poche ore prima anziché dal rifiuto delle avances da lui implicitamente
rivoltele il precedente giorno 7, cui egli, nei tre giorni medio tempore
decorsi, non aveva in alcun modo replicato.
Segnala, al riguardo, di avere agito allo scopo di svolgere opera di
indottrinamento nei confronti dei militari, invitandoli a riporre la dovuta
attenzione alla delicatezza dei compiti loro demandati all'interno della
Capitaneria di Porto ed alla necessità che tutti cooperino lealmente per il
buon esito delle operazioni.
Deduce, ulteriormente, che le sue parole non hanno gettato discredito sulla
persona menzionata ma hanno rappresentato l'espressione di critica per il
contegno da lei tenuto poche ora prima, frutto di un approccio non adeguato al
servizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Entrambi i ricorsi sono inammissibili perché vertenti su censure
manifestamente infondate.
2. Il Procuratore generale militare adombra il difetto di giurisdizione del
giudice militare derivante, a suo giudizio, dalla criminosità, sotto un profilo
diverso da quello considerato dai giudici di merito, del comportamento di S. il
quale, nella circostanza, ha costretto gli astanti (fatta eccezione per la E.)
ad effettuare una serie di flessioni sulle braccia, comportamento che - in quanto
privo di apprezzabile collegamento con l'area degli interessi connessi alla tutela
del servizio ed alla disciplina - integra, a suo modo di vedere, il reato comune di
violenza privata.
La doglianza è priva di pregio, atteso che il collegamento tra le flessioni (che
lo stesso S. ha personalmente eseguito, insieme ai commilitoni) ed il servizio
è, sia pur latannente, ravvisabile e, in ogni caso, che l'episodio non appare, nella
sua dimensione complessiva, portato di gratuita e deliberata prevaricazione in
pregiudizio dei sottoposti ma, semmai, di una personale concezione dello spirito
di corpo.
Tanto, peraltro, in coerenza con le determinazioni assunte dal pubblico
ministero, che ha esercitato l'azione penale con riferimento alla sola offesa alla
dignità della E., consistita nel qualificarla — in maniera implicita ma
univoca — come oca, in tal modo denigrandola, e nel far ripetere agli altri le
parole «grazie Vanda», fonte di sicuro, non marginale disagio per la vittima,
esposta, in sostanza, al ludibrio dei commilitoni.
3. A valutazioni non dissimili deve pervenirsi per quanto concerne il ricorso
dell'imputato, il quale, posto al cospetto di una motivazione esente da fratture
razionali e conseguente al ponderato apprezzamento delle emergenze istruttorie,
sollecita una rivisitazione delle evidenze disponibili, da effettuarsi, a suo modo di
vedere, nella prospettiva del richiamo ai doveri militari ed al puntuale
espletamento delle mansioni assegnata a ciascuno degli appartenenti all'unità.
Così facendo, S. trascura come il ragionamento sotteso alla decisione
impugnata, lungi dall'imperniarsi su mere illazioni o non riscontrate supposizioni,
trova fondamentale riscontro nell'impiego, da parte sua, di espressioni verbali
(quale il verbo «starnazzare») la cui attitudine offensiva è autoevidente, nonché
nell'esercizio delle facoltà derivanti dal grado e, in ultimo, del potere di comando
in forme tali — specificamente, invitando i sottoposti a pronunziare, alla fine di
ogni piegamento, le parole «grazie Vanda», idonee a mettere a disagio la vittima
ed in alcun modo correlabili alla finalità che, a dire del ricorrente, egli intendeva,
nell'occasione, perseguire — da ledere la dignità della persona offesa.
La decisione impugnata appare, pertanto, ineccepibile nella parte in cui la
Corte militare di appello sottopone a revisione critica le conclusioni in proposito
raggiunte dal giudice di primo grado, che ribalta con argomentazioni scevre dal
benché minimo deficit logico.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere,
pertanto, dichiarati inammissibili. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n.
186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono
elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria
dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen. e
limitatamente al ricorso dell'iputato, l'onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativarnente fissata in 3.000,00 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore generale militare.
Dichiara inammissibile il ricorso di S.F. che condanna al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore
della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/03/2024
Avv. Antonino Sugamele

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