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Sentenza

La condotta di vilipendio punita dall'art. 408 cod. pen. - che deve avvenire «i...
La condotta di vilipendio punita dall'art. 408 cod. pen. - che deve avvenire «in cimiteri o altri luoghi di sepoltura» - ha ad oggetto «tombe, sepolcri o urne», oppure «cose destinate al culto dei defunti», quali croci, cappelle, immagini, lampade, fiori e tutti gli oggetti finalizzati alla memoria del defunto, ovvero cose destinate «a difesa o ad ornamento dei cimiteri», come muri, porte, monumenti, piante dei viali.
Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 24271 Anno 2024
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: CORBETTA STEFANO
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
O.F.E., nato a U. il 
P. M. A. , nato a L.  il 
avverso la sentenza del 11/07/2023 della Corte di appello di Trieste
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Corbetta;
letta la requisitoria redatta ai sensi dell'art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, dal
Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro Molino,
che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
lette memoria e le conclusioni del difensore degli imputati, avv. Daniele Vidal del
foro di Udine, che insiste per l'accoglimento dei ricorsi;
lette la memoria e le conclusioni del difensore della parte civile Istituto del Nastro
Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare, avv. Laura Ferretti del foro di
Pordenone, che chiede la conferma della sentenza impugnata, con condanna degli
imputati al pagamento delle spese processuali, come da nota spese allegata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'impugnata sentenza, la Corte di appello di Trieste ha confermato la
pronuncia emessa dal Tribunale di Gorizia all'esito di giudizio abbreviato e appel-
lata dagli imputati, la quale aveva condannato E.O.F.  e M. A. P. alla pena ritenuta di giustizia, condizionalmente sospesa subor-
dinatamente alla corresponsione del risarcimento del danno liquidato in favore
della costituita parte civile, in relazione al delitto di cui agli artt. 110, 408 cod.
pen., perché, in concorso tra loro, in assenza di qualsivoglia autorizzazione, rea-
lizzando ed interpretando un video musicale che li ritraeva mentre erano intenti a
ballare e a cantare una canzone dal titolo "CSI - Chi sbaglia paga" all'interno
dell'area del Sacrario militare di Redipuglia, ed, in particolare, sopra i gradoni ove
sono sepolti i resti dei soldati caduti nella prima guerra mondale, e, in seguito,
pubblicandolo on line su un canale YouTube, vilipendevano le tombe e il luogo che
è destinato a mantenere viva ed onorata la memoria dei militari caduti.
2. Avverso l'indicata sentenza, gli imputati, per il ministero del comune difen-
sore di fiducia, con il medesimo atto hanno proposto ricorso per cassazione, de-
ducendo:
- con un primo motivo, la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod.
proc. pen. in relazione all'art. 408 cod. pen. per errata valutazione dell'elemento
soggettivo, in quanto la Corte di merito non ha affatto motivato in ordine alla
sussistenza del dolo, essendosi unicamente focalizzata sulla conclamata sacralità
del luogo in cui si è tenuta la condotta, e considerando la finalità di espressione
artistica - e non già offensiva - che ha animato gli imputati;
- con un secondo motivo, la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod.
proc. pen. in relazione all'art. 408 cod. pen. per errata valutazione dell'elemento
oggettivo, mancando una condotta di vilipendio, posto che i gli imputati si sono
limitati a cantare una canzone, il cui contenuto, peraltro, non ha nulla di offensivo
o di dispregiativo;
- con un terzo motivo, la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen. in relazione all'art. 408 cod. pen., avendo la Corte d'appello fondato l'affer-
mazione della penale responsabilità su elementi inconferenti, quali il pericolo di
emulazione e la mancanza di autorizzazione alle riprese;
- con un quarto motivo, l'illogicità della motivazione in relazione al diniego
delle circostanze attenuanti generiche, trattandosi di soggetti incensurati e non
avendo la Corte di merito valutato la condotta dell'imputato O., il quale, in
seguito, sui canali social, ha manifestato le proprie scuse;
- con un quinto motivo, la mancata esclusione della parte civile Associazione
del Nastro Azzurro, la quale non ha alcuna specifica finalità connessa con il sacrario
di Redipuglia, né con la memoria dei caduti, e l'abnormità della quantificazione del
risarcimento del danno, che non è sorretta da alcuna motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono, nel complesso, infondati.
2. Cominciando dal secondo e dal terzo motivo - che rivestono priorità logica
essendo diretti a contestare la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato - gli
stessi sono infondati.
3. Il bene tutelato dalle fattispecie delittuose racchiuse nel Capo II del Titolo
IV del Libro II del codice penale - ove è collocato l'art. 408 cod. pen. - va indivi-
duato, come chiaramente emerge dalla stessa intitolazione della rubrica, nella
"pietà dei defunti", da intendersi nel senso di pietas: locuzione che designa quel
diffuso e sentimento, individuale e collettivo, il quale si manifesta nel rispetto tri-
butato ai defunti ed alle cose destinate al loro culto nei cimiteri e nei luoghi di
sepoltura.
La pietas per i defunti, in particolare, è un sentimento che attiene all'essere
umano in quanto tale anche quando ha cessato di vivere, come proiezione ultrae-
sistenziale della persona, e ciò indipendentemente dall'adesione a un particolare
credo religioso, come, del resto, lascia chiaramente intendere la suddivisione dei
Capi contenuti in questo Titolo, che distingue, appunto, i "Delitti contro le confes-
sioni religiose" - rubrica introdotta dall'art. 10, comma 2, I. 24 febbraio 2006, n.
85, che ha sostituto la precedente "Delitti contro la religione dello Stato e dei culti
ammessi" - dai "Delitti contro la pietà dei defunti".
Se l'intero Capo ruota attorno al medesimo bene giuridico, emerge una par-
tizione interna tra le prime incriminazioni (artt. 407 - 409 cod. pen.), il cui oggetto
materiale è legato al culto dei defunti ed al sentimento di pietà che esso suscita,
e le fattispecie successive (artt. 410-413 cod. pen.), poste a salvaguardia delle
spoglie mortali e, quindi, del medesimo sentimento che le stesse evocano.
In particolare, la condotta di vilipendio punita dall'art. 408 cod. pen. - che
deve avvenire «in cimiteri o altri luoghi di sepoltura» - ha ad oggetto «tombe,
sepolcri o urne», oppure «cose destinate al culto dei defunti», quali croci, cappelle,
immagini, lampade, fiori e tutti gli oggetti finalizzati alla memoria del defunto,
ovvero cose destinate «a difesa o ad ornamento dei cimiteri», come muri, porte,
monumenti, piante dei viali.
Di conseguenza, oggetto specifico della tutela apprestata dall'art. 408 cod.
pen. è quel profilo della pietà dei defunti, che si declina attraverso il rispetto della
sacralità del luogo di sepoltura e delle cose mortuarie destinate al ricordo dei de-
funti.
4. L'elemento oggettivo del reato consiste in un'azione di "vilipendio", termine
che compare in diverse disposizioni codicistiche di parte speciale - specie tra i
delitti contro la personalità interna dello Stato (artt. 290, 291, 292), oltre che,
appunto, tra i delitti raggruppati nel Titolo IV (oltre all'art. 402, dichiarato costi-
tuzionalmente illegittimo con sentenza n. 508 del 2000, gli artt. 403, 404 e 410)-
, di cui però la legge non offre, in nessuna disposizione, la nozione.
Come suggerito dalla Corte costituzionale con riferimento alla fattispecie pre-
vista dall'art. 290 cod. pen., il termine "vilipendio" va inteso "secondo la comune
accezione del termine", e "consiste nel tenere a vile", il che significa, con riferi-
mento al delitto di vilipendio della Repubblica, "ricusare qualsiasi valore etico o
sociale o politico all'entità contro cui la manifestazione è diretta sì da negarle ogni
prestigio, rispetto, fiducia, in modo idoneo a indurre i destinatari della manifesta-
zione (sent. n. 20 del 1974).
Se, dunque, il vilipendio deve essere inteso nel suo significato letterale, le
fattispecie che lo prevedono come elemento costitutivo del fatto sono delineate
come reati a forma libera, stante la molteplicità di condotte attraverso cui può
manifestarsi il sentimento di disprezzo, scherno o dileggio, cambiando unica-
mente, a seconda delle diverse disposizioni incriminatrici, l'oggetto su cui deve
incidere la condotta di vilipendio.
5. Con specifico riguardo al delitto qui al vaglio, come questa Corte ha già
avuto modo di rilevare, rientra certamente nell'ambito di operatività della fattispe-
cie di cui all'art. 408 cod. pen. il compimento di atti di disprezzo su cose deposte
nei luoghi destinati a dimora dei defunti ed aventi la funzione di evocare il senti-
mento di pietà nei loro confronti che rechino danno alle stesse, le lordino o vi
imprimano segni grafici vilipendiosi ovvero ne comportino la rimozione, anche par-
ziale, con eventuale sostituzione con altre diverse per significato, origine e rile-
vanza sociale (Sez. 3, n. 43093 del 30/09/2021, Albertario, Rv. 282298-01; Sez.
3 n. 4038, del 29/03/1985, Moraschi, Rv. 168901).
Inoltre, come si desume dalla locuzione impiegata nell'art. 408 cod. pen. - la
quale incrimina il vilipendio "di", e non "su", tombe, sepolcri o urne, cose destinate
al culto dei defunti, ovvero a difesa o ad ornamento dei cimiteri - assumono penale
rilevanza anche semplici espressioni verbali o comportamenti che non ricadano
sulla cosa in modo tale da produrne una modificazione esteriore visibile, purché,
ovviamente, meritino l'appellativo di "vilipendio", ossia esprimano disprezzo o pro-
fanazione verso le cose poste nei luoghi di sepoltura indicate dalla norma.
6. Va doverosamente precisato che spetta al giudice il compito di uniformare
la previsione astratta di reato al principio di offensività: esigenza tanto più avver-
tita quanto più la condotta punibile sia individuata dal legislatore mediante l'im-
piego di termini aventi un'ampia latitudine semantica, quale certamente è il "vili-
pendio".
Come costantemente predicato dalla Corte costituzionale, il principio di offen-
sività - la cui matrice costituzionale è ricavabile dall'art. 25, secondo comma, Cost.
(sentenza n. 211 del 2022), in una lettura sistematica cui fa da sfondo l'«insieme
dei valori connessi alla dignità umana» (sentenze n. 225 del 2008 e n. 263 del
2000) - opera su due piani distinti: da un lato (offensività "in astratto"), come
precetto rivolto al legislatore, il quale non può sottoporre a pena fatti che, nella
loro configurazione astratta, non esprimano un contenuto offensivo di beni o inte-
ressi ritenuti meritevoli di protezione; dall'altro (offensività "in concreto"), come
criterio interpretativo-applicativo affidato al giudice, il quale, nella verifica della
riconducibilità della singola fattispecie concreta al paradigma punitivo astratto,
deve escludere dall'area del penalmente rilevante quei fatti che, sebbene formal-
mente conformi al tipo legale, in concreto si rilevino inidonei a ledere o a mettere
in pericolo il bene tutelato (cfr., ex multis, sentenze n. 139 del 2023, n. 211 del
2022, n. 278 e n. 141 del 2019, n. 109 del 2016, n. 265 del 2005, n. 263 del 2000
e n. 360 del 1995).
Di conseguenza, come affermato la Corte costituzionale, «il compito di uni-
formare la figura criminosa al principio di offensività nella concretezza applicativa
resta affidato al giudice ordinario, nell'esercizio del proprio potere ermeneutico
(offensività "in concreto"). Esso - rimanendo impegnato ad una lettura "teleologi-
camente orientata" degli elementi di fattispecie, tanto più attenta quanto più le
formule verbali impiegate dal legislatore appaiano, in sé, anodine o polisense -
dovrà segnatamente evitare che l'area di operatività dell'incriminazione si espanda
a condotte prive di un'apprezzabile potenzialità lesiva» (sentenza n. 225 del
2008).
Nella ricognizione, nel singolo caso, del "vilipendio" penalmente rilevante ai
sensi dell'art. 408 cod. pen., il giudice deve perciò valutare la condotta con riferi-
mento al bene giuridico tutelato dalla norma, come sopra definito, e accertare che
i gesti o le espressioni, anche se non diretti immediatamente contro le res con-
template dalla norma, producano, in concreto, la lesione del rispetto del luogo di
sepoltura e delle cose mortuarie, e, quindi, del senso di pietà ispirato dal ricordo
del defunto che necessariamente ad esso consegue.
7. Venendo al caso in esame, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione
dei principi indicati, avendo ravvisato il "vilipendio" di tombe nel fatto — insinda-
cabilmente accertato nel giudizio di merito - che due imputati aveva posto in es-
sere un ballo a ritmo di rap sopra le tombe di centomila caduti di guerra, che
trovano la loro collocazione funeraria nel sacrario di Redipuglia.
Si tratta, all'evidenza, di una condotta che, anche in relazione alla specificità
del luogo, avente natura di monumento nazionale della Grande Guerra, appare
chiaramente e inequivocabilmente espressiva di un sentimento di disprezzo di quel
luogo di sepoltura, concretamente lesivo del senso di pietà ispirato dal ricordo
delle migliaia di soldati caduti in guerra, le cui spoglie ivi riposano.
8. In conclusione, deve perciò ritenersi che integra il delitto di cui all'art. 408
cod. pen. la condotta di chi, all'interno di un sacrario militare monumentale, pone
in essere un ballo a ritmo di rap sopra le tombe dei caduti cantando una canzone
al fine di realizzare ed interpretare un video musicale poi diffuso attraverso Inter-
net.
9. Il primo motivo è parimenti infondato.
9.1. Si rammenta che, come condivisibilmente affermato da questa Sezione,
il reato di vilipendio delle tombe di cui all'art. 408 cod. pen. è punito a titolo di
dolo generico, sicché basta la coscienza e volontà del vilipendio stesso insieme con
la consapevolezza del particolare carattere del luogo richiesto dalla norma, quale
cimitero o altro luogo di sepoltura, essendo pertanto irrilevante il movente dell'a-
zione, né essendo necessaria l'intenzione di offendere la memoria di un determi-
nato defunto (Sez. 3, n. 43093 del 30/09/2021, Albertario, Rv. 282298-02), e la
circostanza che la condotta sia avvenuta non per arrecare offesa al defunto, ma
alla persona che aveva fatto sistemare la tomba per onorarlo e ricordarlo (Sez. 3
n. 4038, del 29/03/1985, Moraschi, cit.).
Invero, nella descrizione del fatto oggetto di incriminazione non compaiono
segni linguistici che denotano il dolo specifico ("al fine di", "allo scopo di"), di talché
la finalità perseguita dall'agente risulta del tutto ininfluente ai fini della sussistenza
del reato, così come irrilevante è il movente dell'azione, che rimane confinato nella
sfera interiore dell'agente e che può rilevare ex art. 133, comma 2, n. 1 cod. pen.
Oltre a ciò, l'agente deve rappresentarsi che l'azione di vilipendio sulle res
indicate dalla norma avviene «in cimiteri o altri luoghi di sepoltura», come espres-
samente prevede il testo dell'art. 408 cod. pen.
9.2. Facendo corretta applicazione del principio ora richiamato, la Corte di
merito, con una motivazione che certamente non può dirsi manifestamente illo-
gica, ha ravvisato il dolo, evidenziando che il contesto di particolare solennità del
monumento, ricco di riferimenti storici ai fatti per i quali è stato istituito, non con-
sente di ipotizzare che i due imputati potessero ignorare che ivi riposano migliaia
di salme, alla cui memoria, appunto, è stato edificato il sacrario, e, dunque, che
non avessero consapevolezza di trovarsi in un luogo di sepoltura, e del fatto che
l'azione dagli stessi compiuta - ossia il ballare a ritmo di rap - era posta in essere
sulle tombe dei soldati, a nulla rilevando l'asserita finalità di espressione artistica
che avrebbe animato gli imputati.
10. Il quarto motivo è inammissibile.
La Corte di merito ha motivatamente escluso i presupposti integranti i pre-
supposti delle circostanze attenuanti ex art. 62-bis cod. pen., non ravvisando, nel
caso concreto, alcun elemento tale da giustificare una mitigazione della pena, in
ciò facendo corretta applicazione del principio, qui da confermare, secondo cui
l'applicazione delle circostanze in esame non costituisce un diritto conseguente
all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede
elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di
concessione delle stesse (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, De Crescenzo, Rv.
281590).
Sul punto, il motivo è, oltretutto, generico, in quanto, per un verso, l'incen-
suratezza, per espresso dettato normativo, non può da sola giustificare l'applica-
zione delle attenuanti in esame, e, per altro verso, la circostanza che l'imputato
avrebbe manifestato delle scuse tramite i canali social è smentito da quanto
emerge dalla sentenza (cfr. p. 7), secondo cui, invece, gli imputati non hanno
mostrato alcun segno di resipiscenza per l'accaduto, esprimendo, in più occasioni,
la scarsa consapevolezza delle loro azioni.
11. Il quinto motivo è inammissibile.
Invero, premesso che non risulta - né i ricorrenti l'hanno anche solo allegato
- che, con l'atto di appello, era stata impugnata l'ordinanza di ammissione di co-
stituzione di parte civile, in ogni caso la Corte di merito ha evidenziato che lo
statuto dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare,
eretto in Ente Morale con R.D. 31 maggio 1928, n. 1308, riporta, tra le finalità
proprie dell'ente, la tutela delle virtù militari italiane, dell'amore per la Patria e la
sensibilizzazione della coscienza dei doveri verso la Patria delle giovani genera-
zioni, e, nell'ambito di tali scopi, rientra certamente la tutela del ricordo dei caduti
per la Patria, oltre che il rispetto dei luoghi in cui sono sepolti i militari caduti per
la Patria stessa.
Quanto, infine, alla contestazione del quantum del danno, la Corte di merito,
con una valutazione di fatto certamente non illogica, né arbitraria, ha ribadito la
congruità dell'importo liquidato dal Tribunale sulla base sia dei connotati di grave
offensività della condotta, realizzata all'interno di un momento storico nazionale,
sia del fatto che il video, ritraente l'azione vilipendiosa, è stato poi diffuso sul web
e così proposto a un numero illimitato di persone, con il rischio di condotte di
emulazione.
In ogni caso, i ricorrenti deducono censure di contenuto fattuale e, comun-
que, generiche, che, quindi, non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità
12. Al rigetto dei ricorsi consegue, come per legge, la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese del procedimento, nonché delle spese in favore della
parte civile, che liquida in complessivi 3.686,00 euro, oltre oneri di legge.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese in favore della parte civile,
che liquida in complessivi 3.686,00 euro, oltre oneri di legge.
Così deciso il 09/05/2024.
Avv. Antonino Sugamele

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