Carenza di interesse
Cassazione Penale Ord. Sez. 7 Num. 4896 Anno 2025
Presidente: CALASELICE BARBARA
Relatore: MASI PAOLA
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
P.L.A. nato a F. il
......
avverso l'ordinanza del 12/09/2024 del TRIB.SORV.MILITARE di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere PAOLA MASI;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con ordinanza emessa in data 12 settembre 2024 il Tribuhale militare di
sorveglianza di Roma ha dichiarato non luogo a provvedere nel giudizio di rinvio
conseguente alla sentenza della Corte di cassazione n. 22951/2024, con cui la
Corte aveva annullato l'ordinanza di revoca dell'affidamento in prova prima
concesso a L.A.P. , limitatamente al rigetto dell'istanza di
detenzione domiciliare da lui avanzata in via subordinata.
Il Tribunale ha preso atto della sopravvenuta concessione della grazia
presidenziale per i reati da lui commessi, con conseguente condono integrale
della pena e scarcerazione dell'istante, ed ha ritenuto essere sopravvenuta la
carenza di interesse al giudizio di rinvio, essendo venuto meno un interesse
concreto ed attuale alla valutazione di concedibilità della detenzione domiciliare,
anche con riferimento alla possibilità di revoca di diritto della grazia in caso di
nuova condanna a pena detentiva per un delitto non colposo commesso entro
cinque anni, trattandosi di ipotesi futura e solo eventuale.
2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso L.A.P., a mezzo
del difensore avv. Gianluca Brionne, deducendo l'illegittimità del provvedimento
con riferimento alla possibilità di assicurare un profilo indennitario/risarcitorio.
Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, sussiste un interesse legittimo
alla decisione, relativo anche alle spese di mantenimento nell'istituto
penitenziario. Il ricorrente è rimasto detenuto in carcere per il lungo periodo
intercorso tra il deposito del ricorso e la sua decisione, ed il provvedimento
richiesto avrebbe dimostrato la sussistenza dell'interesse legittimo vantato, in
relazione al quale egli avrebbe potuto agire civilisticamente per far accertare un
danno derivante dall'illegittimità del provvedimento impugnato davanti alla Corte
di cassazione.
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per carenza di interesse.
L'ordinanza impugnata ha correttamente valutato la mancanza di un interesse
concreto ed immediato all'ottenimento di una decisione sulla concedibilità o
meno della detenzione domiciliare, essendo stato il ricorrente scarcerato già
antecedentemente al deposito della motivazione della decisione della corte di
cassazione, per effetto della concessione della grazia presidenziale, con
conseguente estinzione della pena. L'interesse indicato dal ricorrente, a
promuovere una eventuale azione civilistica per ottenere il recupero delle spese
sostenute per il mantenimento in carcere nel periodo antecedente a tale
scarcerazione, costituisce manifestamente un interesse solo eventuale, non
concreto né immediato, in quanto presuppone l'esito a lui favorevole della
decisione non assunta dal tribunale militare di sorveglianza, ed un esito
favorevole di un giudizio civile la cui instaurazione è al momento futura ed
eventuale: l'interesse prospettato per la presente impugnazione, pertanto, è del
tutto privo di concretezza e di attualità, in quanto conseguente a decisioni
favorevoli puramente ipotetiche.
Deve, pertanto, applicarsi il consolidato principio secondo cui «In tema di
impugnazioni, il riconoscimento del diritto al gravame è subordinato alla
presenza di un interesse immediato, concreto ed attuale a rimuovere una
situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale di cui
si contesta la correttezza e a conseguire un'utilità, ossia una decisione dalla
quale derivi per il ricorrente un risultato più vantaggioso» (Sez. 5, n. 2747 del
06/10/2021, dep. 2022, Rv. 282542). Nessuno svantaggio immediato, concreto
ed attuale può derivare dalla decisione qui impugnata, né un simile pregiudizio è
stato addotto dal ricorrente, per cui la sua impugnazione deve essere dichiarata
inammissibile ai sensi dell'art. 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell'art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che
si ritiene congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente
01-03-2025 17:10
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