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Sentenza

L'ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto, istituto applica...
L'ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto, istituto applicabile anche ai reati militari (così Sez. 1, n. 30694 del 05/06/2017, Corda, Rv. 270845 - 01), ha natura decisoria e, come tale, è assimilabile a una sentenza, sempre ricorribile per cassazione per violazione di legge ai sensi dell'art. 111, comma settimo, Cost.
Cass. Penale Sent. Sez. 5 Num. 7824 Anno 2025
Presidente: PEZZULLO ROSA
Relatore: RENOLDI CARLO
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.F. nato a C. il ...........
avverso l'ordinanza del 5/09/2024 del GIP del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CARLO RENOLDI;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale VINCENZO SENATORE, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 5 settembre 2024, il Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Vibo Valentia ha disposto, in accoglimento della richiesta del locale
Pubblico ministero, l'archiviazione del procedimento per particolare tenuità del
fatto ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen. in relazione al contestato delitto di
«minaccia aggravata» previsto dall'art. 612, secondo comma, cod. pen. Secondo
il Giudice procedente, infatti, la minaccia risultava «connotata da debole carica
intimidatrice, seppure in minima parte presente in quanto l'autore trattasi di
militare in servizio con arma».
2. F.P.  ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto
provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, avv. Giorgio Carta, deducendo
due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente
necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1,
lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge
penale per violazione del principio di specialità e, al contempo, reitera l'eccezione
di difetto di giurisdizione in capo all'autorità giudiziaria ordinaria, per essere stato
il fatto commesso nell'ambito di un rapporto di servizio militare, essendosi al
cospetto di una condotta posta in essere da un militare in danno di altro militare.
Inoltre, si deduce che dal medesimo fatto storico sarebbe scaturita un'ulteriore e
autonoma contestazione da parte della Procura militare di Napoli in relazione al
reato di disobbedienza di cui all'art. 173 cod. pen. mil . pace e al reato di
insubordinazione con minaccia di cui all'art. 189, comma primo, cod. pen. mil .
pace; e il relativo giudizio sarebbe stato definito con sentenza di assoluzione
perché il fatto non sussiste emessa dal Tribunale militare di Napoli del 26 ottobre
2023, irrevocabile 1'8 gennaio 2024, con conseguente violazione dell'art. 649 cod.
proc. pen. Proprio in relazione al reato previsto dall'art. 189, primo comma, cod.
pen. mil . pace, la difesa rileva l'esistenza del rapporto di specialità rispetto al
delitto di minaccia di cui all'art. 612, comma secondo, cod. pen. contestato dalla
Procura ordinaria di Vibo Valentia, considerato che i fatti contestati a P.
sarebbero «strettamente attinenti al rapporto di servizio» e costituirebbero,
«quindi, atti di insubordinazione», sicché sarebbe ravvisabile il difetto di
giurisdizione in favore dell'autorità giudiziaria militare. Pur non essendo il
provvedimento di archiviazione impugnabile nel merito, la difesa ne afferma la
ricorribilità per cassazione per violazione di legge ex art. 111, settimo comma,
Cost., trattandosi di un provvedimento che incide sulla libertà personale e avendo
esso, in concreto, natura di sentenza, generalmente riconosciuta ai provvedimenti
decisori «per particolare tenuità del fatto».
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b),
cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell'art. 649 cod. proc.
pen. per violazione del principio del ne bis in idem atteso che il provvedimento
impugnato contrasterebbe con la sentenza assolutoria, irrevocabile 1'8 gennaio
2024, emessa «perché il fatto non sussiste» dal Tribunale militare di Napoli per gli
stessi fatti, qualificati come «insubordinazione con minaccia pluriaggravata ex artt.
189, comma 1, 47, n. 2, cod. pen. mil . pace. Secondo la giurisprudenza di
legittimità, infatti, la locuzione «medesimo fatto» contenuta nell'art. 649 cod.
proc. pen. il divieto agisce nel caso in cui vi sia una coincidenza di tutte le
componenti della fattispecie concreta, sicché tale espressione fa riferimento
all'identità storico-naturalistica del reato, in tutti i suoi elementi costitutivi
identificati nella condotta, nell'evento e nel rapporto di causalità, in riferimento
alle stesse condizioni di tempo, di luogo di persona. L'improcedibilità dell'azione
potrebbe essere eccepita anche dall'interessato, che avrebbe l'onere di fornire la
prova per consentire al giudice di verificarla oppure potrebbe essere rilevata anche
d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio e, pertanto, anche dal giudice delle
indagini preliminari. In ogni caso, la violazione del divieto di bis in idem sarebbe
deducibile anche dinanzi al Giudice di legittimità, allorché non fosse stato possibile
dedurla prima a causa del passaggio in giudicato della sentenza successivamente
all'altro giudizio, come accaduto nel caso di specie.
3. In data 14 novembre 2024 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta
del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stata chiesta la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.
4. In data 23 dicembre 2024, l'avv. Giorgio Carta ha fatto pervenire in
Cancelleria via PEC la copia della sentenza n. 56 del 26 ottobre 2023 emessa dal
Tribunale militare di Napoli (depositata il 16 novembre 2023 e divenuta
irrevocabile 1'8 gennaio 2024) nonché la copia dell'ordinanza di archiviazione
impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Preliminarmente deve osservarsi che l'ordinanza di archiviazione per
particolare tenuità del fatto, istituto applicabile anche ai reati militari (così Sez. 1,
n. 30694 del 05/06/2017, Corda, Rv. 270845 - 01), ha natura decisoria e, come
tale, è assimilabile a una sentenza, sempre ricorribile per cassazione per violazione
di legge ai sensi dell'art. 111, comma settimo, Cost. (Sez. 5, n. 36468 del
31/05/2023, Tramo, Rv. 285076 - 01; Sez. 3, n. 5454 del 27/10/2022, dep. 2023,
Pandolfi, Rv. 284139 - 01). Come rilevato dal Procuratore generale in sede di
requisitoria, la giurisprudenza di legittimità ha talvolta affermato che l'ordinanza
di archiviazione per la particolare tenuità del fatto emessa, ai sensi dell'art. 411,
comma 1-bis, cod. proc. pen., a seguito di opposizione della persona offesa, è
ricorribile per cassazione per violazione di legge ex art. 111, comma settimo,
Cost., per effetto delle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 122, a
condizione che sia stato allegato un interesse concreto e attuale alla rimozione del
provvedimento (così Sez. 6, n. 611 del 22/11/2023, dep. 2024, Conforti, Rv.
285604 - 01). Un interesse che, nel caso di specie, deve ritenersi certamente
ravvisabile. Premesso, infatti, che la presenza di una pronuncia pienamente
assolutoria per insussistenza del fatto rappresenta una situazione giuridica più
favorevole rispetto a una mera declaratoria di non punibilità, che, come detto,
presuppone l'esistenza del reato in tutte le sue componenti, oggettive e
soggettive, e che agisce, per così dire, dall'esterno rispetto alla fattispecie di reato,
va, del resto, ricordato che secondo la giurisprudenza di legittimità sussiste
l'interesse dell'imputato ad impugnare la sentenza che esclude la punibilità di un
reato militare in applicazione dell'art. 131-bis cod. pen., trattandosi di pronuncia
che ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto,
della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso; e
tenuto conto che essa è soggetta ad iscrizione nel casellario giudiziale e può ostare
alla futura applicazione della medesima causa di non punibilità ai sensi del comma
3 della medesima disposizione (Sez. 1, n. 459 del 02/12/2020, dep. 2021, De
Venuto, Rv. 280226 - 01).
3. Tanto premesso, come detto, il ricorso prospetta una violazione di legge
sotto un duplice versante, ovvero per difetto di giurisdizione, essendosi al cospetto
di un reato militare rispetto al quale il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Vibo Valentia non avrebbe potuto pronunciarsi; e per violazione del
divieto di bis in idem, dal momento che, per il medesimo fatto, P. sarebbe stato
assolto, con sentenza irrevocabile, proprio dal giudice militare (e precisamente dal
Tribunale militare di Napoli).
3.1. Ora, non vi è alcun dubbio sulla fondatezza, in primis, della questione di
giurisdizione, deducibile o rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del
procedimento, ai sensi dell'art. 20 cod. proc. pen. Ciò emerge per tabulas dal capo
di imputazione dei due procedimenti, che richiamano l'episodio occorso in data 18
gennaio 2021, allorché durante l'espletamento di un turno della Squadra di
vigilanza e servizio del Battaglione dei Carabinieri, P. appuntato dei Carabinieri,
aveva rivolto all'indirizzo del luogotenente dei Carabinieri Letterio Salvatore Di
Pietro, suo superiore di grado, in presenza di altri militari, l'espressione «non alzi
la voce». Sul punto, va, infatti, rilevato che la condotta era stata tenuta da un
carabiniere in servizio armato ai danni del superiore gerarchico, ciò che, appunto,
giustificava, dal punto di vista della astratta qualificazione, la contestazione del
reato militare di insubordinazione con minaccia pluriaggravata ai sensi degli artt.
189, comma 1 e 47, n. 2, cod. pen. mil pace, a mente del quale è punibile «il
militare, che minaccia un ingiusto danno ad un superiore in sua presenza» e
avendo la giurisprudenza escluso il reato, ai sensi dell'art. 199 cod. pen. mil pace
soltanto quanto la minaccia o l'offesa all'onore di un superiore sia rivolta dal
militare appartenente alle forze armate al di fuori dell'attività di servizio attivo e
non sia obiettivamente correlata all'area degli interessi connessi alla tutela della
disciplina (ex plurimis Sez. 1, n. 25353 del 15/01/2019, Ursino, Rv. 276484 - 01).
3.2. Tale questione, logicamente pregiudiziale, dovrebbe comportare
l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato in quanto emesso in
difetto di giurisdizione. E ciò anche tenuto conto del principio recentemente
espresso dalle Sezioni unite di questa Corte in relazione ai rapporti tra la
giurisdizione ordinaria e quella militare, essendo stato affermato che e il riparto di
potestà tra giudice ordinario e giudice militare attiene alla giurisdizione e che,
dunque, la sua violazione integra un difetto di giurisdizione (Sez. U, n. 8193 del
25/11/2021, dep. 2022, Bionda, Rv. 282847 - 01). Tuttavia, in occasione di tale
arresto le Sezioni unite hanno anche ribadito il principio in passato espresso,
stavolta dalle Sezioni semplici, secondo il quale l'eventuale rilievo del difetto di
giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice militare, non preclude
l'immediata declaratoria di una causa di non punibilità del reato militare, ai sensi
dell'art. 129 cod. proc. pen, poiché la Corte di legittimità ha giurisdizione anche in
ordine ai reati militari (Sez. 1, n. 12943 del 29/01/2014, Bausone, Rv. 260132 -
01).
4. Consegue alle considerazioni che precedono che ove, come nel caso in
esame, venga in rilievo una causa di proscioglimento ai sensi dell'art. 649 cod.
proc. pen., la stessa Corte di cassazione, avendo giurisdizione anche sui reati
militari, possa pronunciarsi direttamente sulla relativa questione.
4.1. Sul tema della deducibilità del difetto di giurisdizione in sede di legittimità
si registrano, in sintesi, due opinioni principali.
La prima, più risalente, sostiene che essendo la violazione del divieto di bis in
idem una questione di fatto, riservata alla valutazione del giudice di merito, essa
non possa essere dedotta, per la prima volta, davanti al Giudice di legittimità (Sez.
2, n. 6179 del 15/01/2021, Pane, Rv. 280648 - 01; Sez. 2, n. 18559 del
13/03/2019, Zindato, Rv. 276122 - 02; Sez. 7, n. 41572 del 13/09/2016, Tassone,
Rv. 268282 - 01; Sez. 3, n. 20885 del 15/04/2015, Calo', Rv. 264096 - 01; Sez.
3, n. 20887 del 15/04/2015, Aumenta, Rv. 263407 - 01; Sez. 5, n. 43485 del
5Corte di Cassazione - copia non ufficiale
07/04/2014, Bandu, Rv. 260828 - 01; Sez. 2, n. 2662 del 15/10/2013, dep. 2014,
Galiano, Rv. 258593 - 01; Sez. 4, n. 4958 del 08/10/2013, dep. 2014, De
Bernardi, Rv. 258611 - 01; Sez. 4, n. 35831 del 27/06/2013, Maini, Rv. 256883 -
01; Sez. 5, n. 9825 del 10/01/2013, Di Martino, Rv. 255219 - 01; Sez. 5, n. 5099
del 11/12/2012, dep. 2013, Bisconti, Rv. 254654 - 01; Sez. 5, n. 24954 del
06/05/2011, Brunetto, Rv. 250920 - 01; Sez. 4, n. 48575 del 03/12/2009,
Bersani, Rv. 245740 - 01; Sez. 5, n. 9180 del 29/01/2007, Aloisio, Rv. 236259 -
01; Sez. 2, n. 41069 del 24/09/2004, Chiaberti, Rv. 230708 - 01; Sez. 6, n. 34955
del 05/06/2003, Rebeschi, Rv. 226365 - 01; Sez. 5, n. 10076 del 24/09/1998,
dep. 1999, Burgio, Rv. 213979 - 01; Sez. 6, n. 9301 del 19/04/1995, Scarpa, Rv.
203081 - 01).
La seconda opinione, invece, ritiene che la preclusione del giudicato formatosi
sul medesimo fatto sia sempre deducibile nel giudizio di cassazione, atteso che la
violazione del divieto del bis in idem si risolve in un error in procedendo che, in
quanto tale, consente al giudice di legittimità l'accertamento di fatto dei relativi
presupposti (Sez. 5, n. 30845 del 07/04/2017, Cattaneo, Rv. 270871 - 01; Sez.
2, n. 33720 del 08/07/2014, Nerini, Rv. 260346 - 01; Sez. 6, n. 44632 del
31/10/2013, Pironti, Rv. 257809 - 01; Sez. 6, n. 14991 del 30/01/2013, Barbato,
Rv. 256221 - 01; Sez. 6, n. 47983 del 27/11/2012, D'Alessandro, Rv. 254279 -
01; Sez. 1, n. 26827 del 05/05/2011, Santoro, Rv. 250796 - 01; Sez. 6, n. 44484
del 30/09/2009, P., Rv. 244856 - 01).
All'interno, del primo orientamento, poi, si è anche sostenuto che la violazione
del divieto di bis in idem possa essere, comunque, dedotta per la prima volta in
sede di legittimità ove non fosse stato possibile dedurla in grado di appello perché
la sentenza di riferimento non era ancora passata in giudicato e fosse divenuta
irrevocabile dopo quel giudizio (Sez. 1, n. 31123 del 14/05/2004, Cascella, Rv.
229283 - 01; Sez. 5, n. 7953 del 30/03/1998, Sparacino, Rv. 211535 - 01).
Mentre all'interno del secondo indirizzo, nella evidente prospettiva di tenere
conto del primo orientamento, si è precisato che la possibilità di dedurre la
violazione del divieto del ne bis in idem deve, comunque, essere esclusa quando
la decisione della relativa questione comporti la necessità di accertamenti di fatto,
nel qual caso la stessa deve essere proposta davanti al giudice dell'esecuzione
(Sez. 6, n. 29188 del 15/05/2024, B., Rv. 286759 - 01; Sez. 1, n. 37282 del
24/06/2021, De Santis, Rv. 282044 - 01; Sez. 2, n. 21462 del 20/03/2019, Manco,
Rv. 276532 - 01; Sez. 2, n. 5772 del 10/01/2019, Percontra, Rv. 276319 - 01;
Sez. 6, n. 598 del 05/12/2017, dep. 2018, B., Rv. 271764 - 01; Sez. 3, n. 35394
del 07/04/2016, Caligara, Rv. 267997 - 01; Sez. 5, n. 2807 del 06/11/2014, dep.
2015, Verde, Rv. 262586 - 01; Sez. 5, n. 44854 del 23/09/2014, Gentile, Rv.
261311 - 01; Sez. 5, n. 1131 del 29/11/2012, dep. 2013, Siano, Rv. 254837 -
01). Di modo che si reputa necessaria, al fine di potersi ritenere ammissibile la
relativa deduzione, una chiara rappresentazione della corrispondenza storico-
naturalistica dei fatti, che debbono risultare di evidente constatazione alla stregua
della lettura degli atti, non potendo trovare ingresso riletture dei fatti, sia pure
mediate dall'esame delle contestazioni.
4.2. Tanto osservato, deve innanzitutto rilevarsi che, nel caso di specie, la
questione di giurisdizione non è stata proposta per la prima volta in sede di
legittimità, atteso che essa, come documentato dalla Difesa del ricorrente, era già
stata dedotta davanti al Giudice per le indagini preliminari in sede di opposizione
alla richiesta di archiviazione, senza che vi fosse stata alcuna decisione sul punto.
Inoltre, anche a voler ritenere che il silenzio sulla questione fosse legittimo in
ragione del mancato passaggio in giudicato della sentenza di proscioglimento da
parte del Tribunale militare, la questione sarebbe comunque deducibile per la
prima volta in sede di legittimità, alla luce del già richiamato indirizzo secondo cui
il limite alla deducibilità in tale sede viene meno quando la questione non avrebbe
potuto essere dedotta prima in ragione del mancato passaggio in giudicato
dell'altra sentenza. Né la verifica dei presupposti per la declaratoria di non doversi
procedere per ne bis in idem impone, nel caso di specie, accertamenti fattuali,
essendo all'uopo sufficiente, come si dirà, il mero raffronto dei capi di imputazione.
5. Venendo, quindi, al merito della questione dedotta, deve premettersi che la
verifica della dedotta violazione del divieto di bis in idem è finalizzata a verificare
se i due procedimenti in rilievo abbiano riguardato il «medesimo fatto» e che, a
tal fine, deve verificarsi «la corrispondenza storico-naturalistica nella
configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta,
evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di
persona» (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, Donati, Rv. 231799 - 01).
Ora, nel caso in esame, la Difesa ha provveduto a trasmettere, come anticipato
(v. supra § 4. del «ritenuto in fatto») copia della sentenza di proscioglimento,
adempiendo all'onere sulla stessa incombente di fornire la prova della propria
asserzione, in modo da porre il giudice nella condizione di verificare la sussistenza
delle condizioni necessarie per l'accoglimento dell'eccezione (così Sez. 2, n. 31542
del 30/05/2017, Di Giorgio, Rv. 270552 - 01; Sez. 3, n. 3217 del 23/10/2014,
dep. 2015, Nsib, Rv. 262012 - 01; Sez. 4, n. 10097 del 3/05/2006, dep. 2007,
Cacciani, Rv. 236092 - 01; Sez. 4, n. 1789 del 15/01/1990, Allegro, Rv. 183263 -
01). E dalla piana lettura delle due imputazioni emerge che l'episodio oggetto dei
due procedimenti era il medesimo, facendosi in entrambi i casi riferimento a
quanto avvenuto in data 18 gennaio 2021, allorché durante l'espletamento di un
turno della Squadra di vigilanza e servizio del Battaglione dei Carabinieri,
F.P. appuntato dell'Arma dei Carabinieri, aveva rivolto all'indirizzo del
luogotenente, L. S. D.P., anch'egli in forza all'Arma dei
Carabinieri e suo superiore di grado, l'espressione «non alzi la voce», proferita alla
presenza di altri militari e dopo essersi avvicinato alla persona offesa sino a
sfiorargli il viso e sollevando entrambi i pugni. Ciò che, pertanto, consente di
ravvisare la dedotta violazione del divieto di secondo giudizio e,
conseguentemente, di pervenire alla declaratoria di non doversi procedere ai sensi
dell'art. 649 cod. proc. pen.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto,
sicché la sentenza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, per identità del
fatto oggetto del presente giudizio con quello già giudicato con sentenza del
Tribunale militare di Napoli n. 56 del 26 ottobre 2023, irrevocabile in data 8
gennaio 2024.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per identità del fatto oggetto
del presente giudizio con quello già giudicato con sentenza del Tribunale militare
di Napoli n. 56 del 26.10.2023 irrev. 1'8.1.2024.
Così deciso in data 9 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Avv. Antonino Sugamele

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