Non è configurabile il delitto di omessa o ritardata denuncia, nei
confronti di un appartenente all'Arma dei carabinieri, che venga a conoscenza di
notizie relative ad un fatto di reato a seguito di una conversazione di natura
privata, svoltasi al di fuori dell'esercizio delle funzioni e non connessa in alcun
modo ad esse .
Cassazione Penale Sent. Sez. 6 Num. 3067 Anno 2025
Presidente: APRILE ERCOLE
Relatore: DI GERONIMO PAOLO
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
A.M., nato a T. .....
avverso la sentenza del 27/3/2024 emessa dalla Corte di appello di Lecce, Sez.
dist. di Taranto
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo;
udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale Perla
Lori, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste;
udito l'Avvocato Massimiliano Strampanelli che ha chiesto l'accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello confermava la condanna del ricorrente in ordine al reato
di cui all'art. 361 cod. pen., cui il Tribunale era pervenuto previa derubricazione
dell'imputazione di omissione di atti d'ufficio originariamente contestata.
Secondo la prospettazione recepita dai giudici di merito, A. - in qualità
di Comandante della Stazione dei Carabinieri di Rotondella - aveva appreso dalla
moglie la possibile commissione del reato di abuso d'ufficio ai danni della predetta,
la quale sarebbe stata illegittimamente esclusa da una graduatoria per docenti
predisposta dal dirigente di un istituto scolastico. L'imputato, anziché comunicare
tempestivamente la notizia di reato appresa fin dal 25 novembre 2019, procedeva
ad una verifica preliminare dei fatti, anche mediante l'acquisizione di atti, per poi
procedere alla comunicazione solo nel febbraio 2020.
2. Avverso tale sentenza, il ricorrente ha formulato quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione degli artt. 49, 361 cod. pen. e
347 cod. proc. pen. Si evidenzia che il reato di cui l'imputato aveva avuto
conoscenza, tramite la coniuge, era quello di abuso d'ufficio, la cui configurabilità
non poteva essere di immediata percezione, essendo strettamente legato alla
disciplina amministrativa prevista in relazione alla formazione delle graduatorie
dei docenti presso gli istituti scolastici.
Ne conseguirebbe che, al momento della prima informazione ricevuta dal
ricorrente, l'imputato non avrebbe potuto procedere alla comunicazione di notizia
di reato, in quanto solo a fine gennaio 2020, dopo aver appreso che il soggetto
collocatosi utilmente in graduatoria era legato da un rapporto parentale con la
vicepreside della scuola, disponeva degli elementi minimi per poter informare
l'autorità giudiziaria. In ogni caso, la presunta tardività della comunicazione della
notizia di reato risulterebbe totalmente priva di offensività, non avendo arrecato
alcun pregiudizio all'attività di indagine relativa al reato di abuso d'ufficio.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione di legge in ordine
all'attribuzione della qualifica soggettiva richiesta dall'art. 361 cod. pen., sul
presupposto che l'appartenente all'Arma dei Carabinieri, ove apprenda la notizia
di reato al di fuori dell'esercizio delle funzioni, non avrebbe alcun obbligo di
denuncia.
2.3. Con il terzo motivo, deduce la violazione di legge in ordine alla
sussistenza dell'elemento soggettivo, in presenza della causa di non punibilità di
cui all'art. 47, comma terzo, cod. pen., nonché per errore scusabile su norma extra
penale, individuata nella previsione dell'art. 425 cod. proc. pen.
2.4. Con il quarto motivo, infine, il ricorrente si duole del mancato
riconoscimento della particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen.
Si sottolinea come la tenuità del fatto sia stata esclusa ipotizzando una
strumentalizzazione della funzione al fine di acquisire elementi probatori al di fuori
del controllo dell'autorità giudiziaria, senza che tale affermazione trovi effettiva
conferma, posto che l'aver cercato di verificare la legittimità dell'operato della
pubblica amministrazione non può costituire una condotta incompatibile con il
riconoscimento della minima offensività del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. La questione dirimente attiene all'accertamento della qualifica soggettiva
dell'imputato e alla conseguente possibilità di affermare che l'acquisizione della
notizia di reato sia avvenuta nello svolgimento delle funzioni di pubblico ufficiale,
comportante l'obbligo di denuncia ex art. 361 cod. pen.
Si tratta di una problematica già affrontata in due pronunce di questa Corte,
secondo le quali non è configurabile il delitto di omessa o ritardata denuncia, nei
confronti di un appartenente alla Polizia di Stato, che venga a conoscenza di notizie
relative ad un fatto di reato a seguito di una conversazione di natura privata,
svoltasi al di fuori dell'esercizio delle funzioni e non connessa in alcun modo ad
esse, in quanto, pur se in servizio permanente di pubblica scurezza, fuori
dall'esercizio effettivo delle funzioni gli appartenenti alla Polizia di Stato non sono
tenuti agli obblighi correlati alla qualità di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria
(Sez.6, n. 44423 del 30/9/2022, Ferrante, Rv. 284003; conf. Sez.6, n. 29836 del
2/7/2012, Bellavista, Rv.253181, quest'ultima, invero sembra attribuire rilievo alla
natura non militare della Polizia di Stato).
2.1. La Corte di appello ha espressamente disatteso tale soluzione,
richiamando i plurimi precedenti secondo cui gli ufficiali e gli agenti di polizia
giudiziaria sono considerati in servizio permanente, non cessando dalla loro
qualifica pur se liberi dal servizio, posto che, anche in tali circostanze, sono tenuti
a esercitare le proprie funzioni, ove si verifichino i presupposti di legge. (Sez.5, n.
35691 del 20/7/2022, Rv. 283595; Sez.6, n. 42639 del 22/9/2009, Kosovel, Rv.
245002; Sez.6, n. 52005 del 9/12/2014, Calabrese, Rv. 261669).
Invero, tali pronunce sono tutte relative a ipotesi di reato diverse da quella di
cui all'art. 361 cod. pen. e concernenti condotte di resistenza a pubblico ufficiale,
rispetto alle quali veniva in rilievo l'esercizio della funzione di pubblica sicurezza,
per la quale la normativa di riferimento prevede espressamente la permanenza
del servizio nei confronti degli appartenenti alle forze dell'ordine.
2.2. La soluzione recepita dalla Corte di appello non si è confrontata con la
specifica distinzione tra le diverse funzioni pubbliche esercitate dagli appartenenti
all'Arma dei Carabinieri e sulle limitazioni connesse al cosiddetto "servizio
permanente" svolto dai predetti.
Ritiene la Corte che la soluzione del quesito presuppone il compiuto esame
della normativa di riferimento.
L'art. 155, d.lgs. n. 66 del 2010, rubricato "Istituzione e funzioni dell'Arma
dei carabinieri", stabilisce che «L'Arma dei carabinieri ha collocazione autonoma
nell'ambito del Ministero della difesa, con rango di Forza armata ed è forza militare
di polizia a competenza generale e in servizio permanente di pubblica sicurezza,
con le speciali prerogative conferite dalla normativa vigente».
Al contempo, l'art. 161 (Funzioni di polizia giudiziaria, di sicurezza pubblica e
di polizia forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri) prevede
che che l'Arma dei Carabinieri esercita, ai sensi della normativa vigente:
a) funzioni di polizia giudiziaria;
b) funzioni di sicurezza pubblica.
L'art. 178 (Qualifiche di polizia giudiziaria) stabilisce che:
«1. Agli appartenenti ai ruoli degli ufficiali, esclusi gli ufficiali generali, degli
ispettori e dei sovrintendenti è attribuita la qualifica di ufficiale di polizia
giudiziaria.
2. Agli appartenenti al ruolo degli appuntati e carabinieri è attribuita la
qualifica di agente di polizia giudiziaria.
3. Gli appuntati, limitatamente al periodo in cui hanno l'effettivo comando di
una stazione dell'Arma, sono ufficiali di polizia giudiziaria.
4. Gli appartenenti all'Arma dei carabinieri, in base alle qualifiche di polizia
giudiziaria loro attribuite, adempiono verso l'autorità giudiziaria agli obblighi di
legge che loro incombono, osservate le disposizioni che regolano i propri rapporti
interni di dipendenza gerarchica».
Inoltre, per le funzioni di polizia giudiziaria vale quanto previsto dall'art. 57
lett.b) cod. proc. pen. che riconosce la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria agli
ufficiali e sottufficiali dei Carabinieri.
Le norme sopra richiamate consentono di individuare una fondamentale
distinzione tra le due funzioni pubbliche rivestite dagli appartenenti ai Carabinieri,
posto che l'art. 155 cit. specifica che i militari sono in "servizio permanente" solo
con riferimento alle funzioni di pubblica sicurezza, mentre analoga previsione non
è contemplata con riguardo alle funzioni di polizia giudiziaria.
È opportuno sottolinearsi, peraltro, come su tale aspetto non incida in alcun
modo la collocazione dell'Arma dei carabinieri tra le forze armate, posto che la
natura militare non si traduce, in difetto di una espressa previsione normativa,
nella permanenza in servizio con riguardo a tutte le funzioni istituzionalmente
svolte.
Ne consegue che, sotto tale specifico aspetto, non vi è alcuna differenza tra
gli appartenenti alla Polizia di Stato e ai Carabinieri, posto che per entrambi la
normativa di settore specifica che sono in servizio permanente di pubblica
sicurezza, il che consente di escludere - argomentando a contrario - che la
permanenza delle funzioni attiene anche ai compiti di polizia giudiziaria e, più in
generale, alle funzioni collegate alla qualifica di pubblici ufficiali.
2.2. A fronte del richiamato quadro normativo, deve procedersi ad esaminare
la distinzione tra l'attribuzione astratta della qualifica di ufficiale di polizia
giudiziaria, rispetto all'esercizio in concreto della funzione.
Le norme che individuano i soggetti che possono assumere la qualifica fanno
riferimento all'attribuzione della funzione, ma nulla aggiungono in merito allo
svolgimento della stessa.
Il soggetto che è titolare di una determinata qualifica pubblicistica non può
per ciò solo ritenersi sempre onerato dell'esercizio delle corrispondenti funzioni, in
relazione alle quali occorre verificare se queste siano permanenti, ovvero se
l'attribuzione sia strettamente collegata all'ambito temporale e territoriale entro il
quale il servizio viene svolto.
Applicando tali principi al caso di specie, si rileva che il cosiddetto "esercizio
permanente" è riferito dall'art. 155, d.lgs. n. 66 del 2010, alle sole funzioni di
pubblica sicurezza, mentre, per le ulteriori funzioni pubblicistiche, ivi comprese
quelle di polizia giudiziaria, occorre verificare se l'atto compiuto si inserisca o meno
nell'effettivo svolgimento delle stesse.
In definitiva, quindi, gli appartenenti all'Arma dei Carabinieri hanno la qualifica
di pubblici ufficiali, nonché di ufficiali di polizia giudiziaria, tuttavia, sono in servizio
permanente solo con riguardo alle funzioni concernenti la pubblica sicurezza.
Viceversa, le funzioni genericamente derivante dalla qualifica di pubblico
ufficiali, come pure gli obblighi inerenti alle funzioni di polizia giudiziaria, sono
svolte esclusivamente allorchè l'appartenente all'Arma è in servizio.
2.3. La richiamata distinzione diviene dirimente ai fini dell'accertamento del
reato di omessa denuncia, in quanto l'art. 361 cod. pen. prevede espressamente
che l'obbligo di denuncia consegua unicamente al caso in cui la notizia di reato sia
acquisita "nell'esercizio o a causa delle sue funzioni", requisito riferibile anche
all'omissione posta in essere da un ufficiale o agente di p.g. di cui al secondo
comma, trattandosi di ipotesi aggravata rispetto a quella prevista dal primo
comma (Sez.6, n. 10272 del 30/1/2001, D'Aolisio, Rv. 219155).
Quanto detto comporta che se la notizia di reato è appresa al di fuori
dell'esercizio delle funzioni, il reato di omessa denuncia non è neppure in astratto
configurabile.
All'esito di tale disamina, pertanto, deve affermarsi il principio di diritto
secondo cui non è configurabile il delitto di omessa o ritardata denuncia, nei
confronti di un appartenente all'Arma dei carabinieri, che venga a conoscenza di
notizie relative ad un fatto di reato a seguito di una conversazione di natura
privata, svoltasi al di fuori dell'esercizio delle funzioni e non connessa in alcun
modo ad esse, in quanto, pur se in servizio permanente di pubblica sicurezza, fuori
dall'esercizio effettivo delle funzioni i Carabinieri non sono tenuti agli obblighi
correlati alla qualità di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria.
2.4. Nel caso di specie, è pacifico che l'imputato ha appreso della notizia di
reato - peraltro generica e priva di quei requisiti minimi che ne avrebbero
consentito l'immediato riferimento all'autorità giudiziaria - da parte della moglie
e, quindi, non già per ragioni di servizio, bensì in virtù del rapporto di coniugio.
Si tratta, pertanto, di una notizia di reato del tutto avulsa dall'esercizio delle
funzioni e, rispetto alla quale, si poteva al più sindacare la legittimità delle verifiche
compiute dall'imputato, ma non ipotizzare la commissione del reato di cui all'art.
361 cod. pen., proprio perché difettava il necessario presupposto costituito
dall'acquisizione della notizia nell'ambito dello svolgimento delle funzioni di
pubblico ufficiale.
3. Alla luce di tali considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata
senza rinvio perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il fatto non sussiste.
Così deciso il 20 novembre 2024.
06-06-2025 04:54
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