Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Militare Trapani

Sentenza

AISE. Servizi. Procedura di restituzione all'Amministrazione di provenienza....
AISE. Servizi. Procedura di restituzione all'Amministrazione di provenienza.
T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., (ud. 12-04-2017) 10-06-2017, n. 6874
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11896 del 2015, proposto da:

-OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Martella, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Magliano Sabina, 22;

contro

Ministero della Difesa-Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

-OMISSIS-non costituiti in giudizio;

per l'accertamento del diritto

al pagamento in favore del ricorrente di un credito residuo netto di E. 17.652,75 oltre interessi legali e rivalutazione per riduzione stipendiale al 50%.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2017 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Il ricorrente, Appuntato dell'Arma dei Carabinieri, con DPCM del 21.11.2008 è stato distaccato presso il DIS ed inquadrato nel ruolo unico del contingente speciale del personale del sistema di informazioni e sicurezza presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e conseguentemente collocato in congedo illimitato di pari data con DD del Comando Generale dell'Arma; a seguito di coinvolgimento in procedimento penale è stato restituito all'Amministrazione di provenienza con decreto n. 39122/6.4.9.(8124/28) del 2.4.2013 del Direttore Generale del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza con decorrenza degli effetti giuridici ed economici dal decimo giorno successivo a quello di notifica; provvedimento comunicato con nota il provvedimento dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - AISE n. 2013AISI.0039583 del 6 maggio 2013 (notificato il giorno successivo), con conseguente decorrenza economica e giuridica dal 17.5.2013.

Conseguentemente, a seguito della restituzione ai ruoli di provenienza disposta dal DF del DIS, con determinazione del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri n. 2/2013 del 23.9.2013, in applicazione dell'art. 32 co. 1 lett. B) e art. 96 co. 1 del D.P.C.M. n. 1 del 2011, è stata determinata la riammissione in servizio del ricorrente nel proprio grado di Appuntato a decorrere dal 17.5.2013. Al rientro il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, con atto n. 1/28-16-2002 -S del 18.6.2013 ha disposto il "trasferimento d'autorità" del ricorrente (rectius: assegnazione) all'8 Reggimento Carabinieri Lazio, quale addetto.

A seguito di ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal GIP del Tribunale di Roma per "corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio" - misura cautelare eseguita in data 28.6.2013 - il ricorrente è stato sospeso dal servizio a decorrere dal 28.6.2013 ai sensi dell'art. 915, co. 1 lett. B) del D.Lgs. n. 66 del 2010 con provvedimento del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri n. 308279/D-1-5 del 20.9.2013.

Con ricorso n. 123/2014 il ricorrente ha impugnato il predetto decreto del 2.4.2013 con cui veniva disposto il rientro nell'Amministrazione di provenienza (nonché, quali atti presupposti, la nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna prot. n. (...) del 25 marzo 2013; la proposta di restituzione all'Amministrazione di provenienza del ricorrente prot. n. (...) del 25 marzo 2013; il verbale n. 36 della riunione del 27 marzo 2013 del Consiglio di Amministrazione del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza) nonché i provvedimenti concernenti la reintegrazione nell'Amministrazione di provenienza e la sospensione dal servizio, chiedendone l'annullamento; nonché, in subordine, chiedeva l'accertamento dell'avvenuto conseguimento del grado di maresciallo capo dell'Arma dei (Carabinieri o comunque del grado spettante per legge).

Successivamente, il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri con Det. n. 308279/D-I-22 del 12 agosto 2014, a seguito della revoca della misura cautelare in data 19.5.2014, considerato che la revoca non era stata disposta per carenza di gravi indizi di colpevolezza e che la condotta addebitava era grave ed atta a comportare la perdita del grado, ritenuto che la riammissione del servizio avrebbe comportato pregiudizio per il prestigio dell'Arma e gravi turbative allo svolgimento dei compiti istituzionali, ha disposto la sospensione del servizio a decorrere dal 19.5.2014 ai sensi dell'art. 915, co. 2 e dell'art. 916 del D.Lgs. n. 66 del 2010.

Quest'ultimo provvedimento, a quanto consta al Collegio, non risulta essere stato impugnato.

Con il ricorso in esame il ricorrente non contesta l'an della sospensione cautelare, ma, piuttosto, il quantum dell'assegno cautelare corrisposto ai sensi dell'art. 920 D.Lgs. n. 66 del 2010: egli, infatti, agisce in giudizio esclusivamente al fine di reclamare le differenze stipendiali (pari a Euro. 17.652,75) tra quanto corrisposto dalla resistente a titolo di assegno alimentare ex art. 920 del D.Lgs. n. 66 del 2010 - pari a Euro. 923,29 mensili per il periodo dicembre 2013- gennaio 2014 fino al settembre 2015 - e quanto, a suo avviso, spettante sulla base dello "stipendio complessivo spettante (.....) acquisito e maturato quale dipendente della Presidenza del Consiglio dei Ministri", ammontante a Euro. 1994,88, oltre alle indennità (Euro. 759,33 mensili) ed all'assegno per carico di famiglia (circa Euro. 50 mensili) ed all'indennità per malattia riconosciuta quale causa di servizio; per un totale di Euro. 2.754 mensili, su cui operare la riduzione del 50% (ammontare finale pari a Euro. 1.377,00).

Il ricorrente afferma che non sia ravvisabile alcuna "soluzione di continuità stipendiale" con il periodo di servizio presso il DIS, sostenendo di aver "acquisito indiscutibili ed immodificabili diritti economici" per cui "alcuna modifica in pejus del trattamento economico è giuridicamente sancita", invocando il principio di irriducibilità della retribuzione.

L'Amministrazione si è costituita in giudizio, depositando gli atti dispositivi n. 15640 e 15641 (all. 5 e 6) con cui sono state determinate le spettanze dal novembre 2013 ("primo mese utile al riaggancio amministrativo dell'Arma dei Carabinieri") accompagnato da un documentato rapporto difensivo in cui difende il proprio operato evidenziando che di aver determinato gli importi in contestazione in applicazione della normativa che disciplina gli emolumenti spettanti per il grado di Appuntato dell'Arma dei Carabinieri dall'art. 25 co. 2 del D.P.R. n. 51 del 2009 (recepimento dell'Accordo sindacale per le Forze di Polizia) - che fa riferimento alla tabella prevede la misura dello stipendio annuo lordo e relativi incrementi mensili lordi (Appuntato: 108,00.....91.80....17.787,60) - art. 8 co. 2 e 10 del D.P.R. n. 184 del 2010 - con cui detti importi sono stati incrementati a 18.651,60 e l'indennità pensionabile portata a 562,40- operando successivamente le riduzioni previste dall'art. 920 del D.Lgs. n. 66 del 2010.

Con ordinanza collegiale n. 4465/2016 sono stati disposti incombenti istruttori volti a chiarire l'effettiva sussistenza del presupposto del periculumin mora richiesto per la concessione della misura cautelare, relativi alla situazione reddituale del ricorrente.

Con ordinanza n. 2858/2016, vista la documentazione medica e reddituale e ritenuto sussistente il danno grave ed irreparabile, è stata accolta in parte l'istanza cautelare al solo fine di consentire al ricorrente di conseguire gli assegni di famiglia e le indennità per malattia.

In vista della trattazione del merito sono stati depositati scritti conclusionali.

Alla udienza pubblica del 12.4.2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

La questione sottoposta all'esame del Collegio concerne l'applicazione della normativa dettata dall'art. 920 del D.Lgs. n. 66 del 2010 al militare "distaccato" presso i Servizi di Informazione e Sicurezza che sia stato restituito all'Amministrazione di provenienza per motivi connessi a procedimenti penali per i quali sia stata disposta la sospensione cautelare.

La difesa della resistente fa riferimento unicamente alla disciplina vigente per il militare in servizio presso l'Amministrazione della Difesa, puntualmente richiamata (e disponibile sulle banche dati), senza replicare sulle questioni sollevate dal ricorrente che, invece, riguardano la possibilità di conservare, anche dopo il rientro nell'Arma, il trattamento stipendiale goduto presso il DIS, che è disciplinato da una normativa speciale, che non è disponibile in quanto è stata pubblicata sulla G.U. solo in forma di "comunicato".

L'Amministrazione si limita ad asserire che la pretesa del ricorrente ad una particolare modulazione delle spettanze stipendiali previste dall'art. 920 del D.Lgs. n. 66 del 2010 non trovi alcun fondamento nella disciplina del trattamento economico del personale dei Servizi rientrato nel ruolo di provenienza. Il ricorrente non replica alcunchè al riguardo, limitandosi ad invocare genericamente il principio di irriducibilità del trattamento economico ed il connesso divieto di reformatio in pejus.

Giova richiamare brevemente il quadro normativo e la sua ratio come chiarita dalla giurisprudenza in materia.

L'art. 920 del D.Lgs. n. 66 del 2010 (che sintetizza la normativa dettata dagli artt. 28, co. 2, 29, co. 6, e 32, L. n. 113 del 1954, per gli Ufficiali; 19, co. 2 e 3, e 22, L. n. 599 del 1954, per i Sottufficiali; 9, co. 5, e 11, L. n. 1168 del 1961, per gli Appuntati e Carabinieri; 26, co. 6 e 7, D.Lgs. n. 196 del 1995, per i Volontari in servizio permanente) nel dettare le "Norme comuni in materia di sospensione dall'impiego" prevede le conseguenze economiche della sospensione cautelare, stabilendo che "al militare durante la sospensione dall'impiego compete la metà degli assegni a carattere fisso e continuativo". La finalità della normativa soprarichiamata, è quella di assicurare la soddisfazione dei bisogni primari grazie alla corresponsione di un assegno alimentare al militare sospeso cautelarmente dal servizio. Ciò al fine di evitare che il provvedimento di sospensione, finalizzato a "salvaguardare il prestigio dell'Arma dei Carabinieri ed evitare il turbamento dell'opinione pubblica", finisca per comportare effetti particolarmente afflittivi inducendo in stato di indigenza l'interessato ed il suo nucleo familiare - conseguenze, appunto, evitate mediante la corresponsione dell'assegno alimentare - nel caso in cui siano contestati fatti penalmente rilevanti che potrebbero poi risultare non sussistenti. Ciò in analogia a quanto disposto per gli impiegati civili dello Stato dagli articoli 92, u. co., e 82 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in cui, ugualmente, è previsto che all'impiegato sospeso dal servizio è concesso un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio, oltre agli assegni per carico di famiglia.

Nel caso di esito positivo del procedimento penale - che si concluda con sentenza definitiva che dichiari che il fatto non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso - spetta al Militare la restitutio ad integrum: ilsuccessivo art. 921, infatti, prevede la ricostruzione di carriera (nonché il rimborso delle spese sostenute) per il caso di revoca della sospensione, ai sensi dell'articolo 918, comma 1, con diritto a recuperare tutti gli assegni non percepiti, a causa della disposta sospensione, escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario, dedotto l'assegno alimentare corrisposto e l'eventuale aliunde perceptum.

Per quanto riguarda lo stato giuridico ed economico del contingente speciale del personale addetto al DIS e ai servizi di informazione per la sicurezza presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 21 della L. 3 agosto 2007, n. 124 esso è disciplinato dal Regolamento adottato con D.P.C.M. 23 marzo 2011, n. 1.

L'art. 21 delle L. n. 124 del 2007, nel demandare all'emanando regolamento la determinazione del trattamento economico e previdenziale del personale addetto ai servizi di informazione per la sicurezza (oltre al regime di pubblicità del regolamento stesso), in particolare: "m) i criteri e le modalità relativi al trattamento giuridico ed economico del personale che rientra nell'amministrazione di provenienza al fine del riconoscimento delle professionalità acquisite e degli avanzamenti di carriera conseguiti" - questione che costituisce oggetto di controversia nel ricorso n. 123/2014 (ancora pendente) - precisando che "il trattamento economico onnicomprensivo (.....) costituito dallo stipendio, dall'indennità integrativa speciale, dagli assegni familiari e da una indennità di funzione, da attribuire in relazione al grado, alla qualifica e al profilo rivestiti e alle funzioni svolte - al comma 7 espressamente sancisce che "In caso di rientro nell'amministrazione di appartenenza o di trasferimento presso altra pubblica amministrazione, è escluso il mantenimento del trattamento economico principale e accessorio maturato alle dipendenze dei servizi di informazione per la sicurezza, fatte salve le misure eventualmente disposte ai sensi della lettera m) del comma 2".

Anche se tale Regolamento non è disponibile, il Collegio ritiene che la disciplina dettata dalla legge soprarichiamata sia sufficiente a dirimere la controversia. È infatti lo stesso legislatore ad escludere espressamente, nel caso di restituzione all'Amministrazione di provenienza, la conservazione del trattamento economico spettante per l'impiego nei Servizi di Sicurezza, sicchè il divieto della reformatio in peius invocato dal ricorrente - peraltro espunto dalla disciplina generale sul pubblico impiego dall' art. 1 co. 458 L. n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) - contrasta con l'espresso disposto normativo soprarichiamato.

Ciò è sufficiente a dirimere i dubbi, quanto al diritto applicabile, sulla spettanza al ricorrente del trattamento economico previsto per i Militari dell'Arma dei Carabinieri - come risulta dai DPR richiamati dall'Amministrazione resistente - anziché di quello previsto per il personale dei Servizi di Sicurezza.

Ed infatti, dalla cronologia degli avvenimenti riportata nella parte in fatto, si può stabilire che, al momento in cui è intervenuta la sospensione - cioè dal momento in cui doveva essere operata la riduzione del 50% sul trattamento economico ai sensi dell'art. 920 COM - il ricorrente non faceva più parte del contingente speciale di cui all'art. 21 della L. 3 agosto 2007, n. 124. L'appartenenza a tale ruolo speciale del ricorrente è cessata a seguito del provvedimento di restituzione all'Amministrazione di provenienza con decreto del 2.4.2013, i cui effetti giuridici ed economici si sono prodotti, in conformità alla natura recettizia del provvedimento in questione, a partire dal 17.5.2013, stante l'espressa previsione della decorrenza "a partire dal decimo giorno successivo a quello di notifica" del provvedimento, che, appunto, è avvenuta in data 7.5.2013. Correttamente, pertanto, l'Amministrazione ha preso a riferimento il trattamento economico spettante al ricorrente come Carabiniere, Arma nel quale egli è stato reinserito con determinazione del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri del 23.9.2013 proprio a decorrere dal 17.5.2013.

In conclusione, la pretesa del ricorrente a percepire, oltre tale data, il trattamento previsto per il personale addetto ai servizi di informazione per la sicurezza risulta infondata.

Quanto alle restanti questioni, relative, alle altre voci oggetto di contestazione, cioè delle somme che il ricorrente reclama a titolo di assegno per carico di famiglia e di indennità per malattia dipendente da causa di servizio, va osservato che la resistente non ne contesta la spettanza, limitandosi a rilevare, rispettivamente, problemi di compilazione dei relativi moduli, per la prima voce, e la mancata produzione della documentazione sanitaria a supporto, per la seconda voce; tant'è che la stessa resistente ha invitato il ricorrente a presentare la documentazione attestante l'esistenza delle condizioni prescritte per conseguire il beneficio in questione con nota del 15.9.2015. Ne consegue che, per tale parte, non vi è materia del contendere e che, allo stato, non essendosi l'Amministrazione ancora pronunciata sulle relative istanze, il Collegio non può pronunciarsi, stante il divieto sancito dall'art. 34 D.Lgs. n. 104 del 2010.

In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra svolte, il ricorso va respinto.

Sussistono tuttavia giusti motivi, viste le condizioni personali e familiari del ricorrente, per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:

Concetta Anastasi, Presidente

Floriana Rizzetto, Consigliere, Estensore

Roberto Vitanza, Primo Referendario
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza